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mercoledì 8 giugno 2022

9 giugno: memoria di Sant’Efrem, il Siro

È fra i più antichi scrittori di lingua siriaca e il più importante fra essi. Nacque a Nisibi, sentinella avanzata dell'impero romano nella Siria orientale, fra il 306 e il 307 (Treccani)
 

UDIENZA GENERALE DI BENEDETTO XVI

Cari fratelli e sorelle,

secondo l’opinione comune di oggi, il cristianesimo sarebbe una religione europea, che avrebbe poi esportato la cultura di questo Continente in altri Paesi. Ma la realtà è molto più complessa, poiché la radice della religione cristiana si trova nell’Antico Testamento e quindi a Gerusalemme e nel mondo semitico. Il cristianesimo si nutre sempre a questa radice dell’Antico Testamento. Anche la sua espansione nei primi secoli si è avuta sia verso occidente – verso il mondo greco-latino, dove ha poi ispirato la cultura europea – sia verso oriente, fino alla Persia, all’India, contribuendo così a suscitare una specifica cultura, in lingue semitiche, con una propria identità. Per mostrare questa pluriformità culturale dell’unica fede cristiana degli inizi, nella catechesi di mercoledì scorso ho parlato di un rappresentante di questo altro cristianesimo, Afraate il saggio persiano, da noi quasi sconosciuto. Nella stessa linea vorrei parlare oggi di sant’Efrem Siro, nato a Nisibi attorno al 306 in una famiglia cristiana. Egli fu il più insigne rappresentante del cristianesimo di lingua siriaca e riuscì a conciliare in modo unico la vocazione del teologo e quella del poeta. Si formò e crebbe accanto a Giacomo, Vescovo di Nisibi (303-338), e insieme a lui fondò la scuola teologica della sua città. Ordinato diacono, visse intensamente la vita della locale comunità cristiana fino al 363, anno in cui Nisibi cadde nelle mani dei Persiani. Efrem allora emigrò a Edessa, dove proseguì la sua attività di predicatore. Morì in questa città l’anno 373, vittima del contagio contratto nella cura degli ammalati di peste. Non si sa con certezza se era monaco, ma in ogni caso è sicuro che è rimasto diacono per tutta la sua vita e che ha abbracciato la verginità e la povertà. Così appare nella specificità della sua espressione culturale la comune e fondamentale identità cristiana: la fede, la speranza – questa speranza che permette di vivere povero e casto nel mondo, ponendo ogni aspettativa nel Signore – e infine la carità, fino al dono di se stesso nella cura degli ammalati di peste.

Sant’Efrem ci ha lasciato una grande eredità teologica. La sua considerevole produzione si può raggruppare in quattro categorie: opere scritte in prosa ordinaria (le sue opere polemiche, oppure i commenti biblici); opere in prosa poetica; omelie in versi; infine gli inni, sicuramente l’opera più ampia di Efrem. Egli è un autore ricco e interessante per molti aspetti, ma specialmente sotto il profilo teologico. La specificità del suo lavoro è che in esso si incontrano teologia e poesia. Volendoci accostare alla sua dottrina, dobbiamo insistere fin dall’inizio su questo: sul fatto cioè che egli fa teologia in forma poetica. La poesia gli permette di approfondire la riflessione teologica attraverso paradossi e immagini. Nello stesso tempo la sua teologia diventa liturgia, diventa musica: egli era infatti un grande compositore, un musicista. Teologia, riflessione sulla fede, poesia, canto, lode di Dio vanno insieme; ed è proprio in questo carattere liturgico che nella teologia di Efrem appare con limpidezza la verità divina. Nella sua ricerca di Dio, nel suo fare teologia, egli segue il cammino del paradosso e del simbolo. Le immagini contrapposte sono da lui largamente privilegiate, perché gli servono per sottolineare il mistero di Dio.

Non posso adesso presentare molto di lui, anche perché la poesia è difficilmente traducibile, ma per dare almeno un’idea della sua teologia poetica vorrei citare in parte due inni. Innanzitutto, anche in vista del prossimo Avvento, vi propongo alcune splendide immagini tratte dagli Inni sulla natività di Cristo. Davanti alla Vergine Efrem manifesta con tono ispirato la sua meraviglia:

«Il Signore venne in lei
per farsi servo.
Il Verbo venne in lei
per tacere nel suo seno.
Il fulmine venne in lei
per non fare rumore alcuno.
Il Pastore venne in lei
ed ecco l’Agnello nato, che sommessamente piange.
Poiché il seno di Maria
ha capovolto i ruoli:
Colui che creò tutte le cose
ne è entrato in possesso, ma povero.
L’Altissimo venne in lei (Maria),
ma vi entrò umile.
Lo splendore venne in lei,
ma vestito con panni umili.
Colui che elargisce tutte le cose
conobbe la fame.
Colui che abbevera tutti
conobbe la sete.
Nudo e spogliato uscì da lei,
Egli che riveste (di bellezza) tutte le cose»
(Inno sulla Natività11, 6-8).

Per esprimere il mistero di Cristo, Efrem usa una grande diversità di temi, di espressioni, di immagini. In uno dei suoi inni, egli collega in modo efficace Adamo (nel paradiso) a Cristo (nell’Eucaristia):

«Fu chiudendo
con la spada del cherubino,
che fu chiuso
il cammino dell’albero della vita.
Ma per i popoli,
il Signore di quest’albero
si è dato come cibo
lui stesso nell’oblazione (eucaristica).
Gli alberi dell’Eden
furono dati come alimento
al primo Adamo.
Per noi, il giardiniere
del Giardino in persona
si è fatto alimento
per le nostre anime.
Infatti tutti noi eravamo usciti
dal Paradiso assieme con Adamo,
che lo lasciò indietro.
Adesso che la spada è stata tolta
laggiù (sulla croce) dalla lancia
noi possiamo ritornarvi»
(Inno 49,9-11).

Per parlare dell’Eucaristia, Efrem si serve di due immagini: la brace o il carbone ardente e la perla. Il tema della brace è preso dal profeta Isaia (cfr 6,6). E’ l’immagine del serafino, che prende la brace con le pinze, e semplicemente sfiora le labbra del profeta per purificarle; il cristiano, invece, tocca e consuma la Brace, che è Cristo stesso:

«Nel tuo pane si nasconde lo Spirito,
che non può essere consumato;
nel tuo vino c’è il fuoco, che non si può bere.
Lo Spirito nel tuo pane, il fuoco nel tuo vino:
ecco una meraviglia accolta dalle nostre labbra.
Il serafino non poteva avvicinare le sue dita alla brace,
che fu avvicinata soltanto alla bocca di Isaia;
né le dita l’hanno presa, né le labbra l’hanno inghiottita;
ma a noi il Signore ha concesso di fare ambedue cose.
Il fuoco discese con ira per distruggere i peccatori,
ma il fuoco della grazia discende sul pane e vi rimane.
Invece del fuoco che distrusse l’uomo,
abbiamo mangiato il fuoco nel pane
e siamo stati vivificati»
(Inno sulla fede10,8-10).

Ed ecco ancora un ultimo esempio degli inni di sant’Efrem, dove egli parla della perla quale simbolo della ricchezza e della bellezza della fede:

«Posi (la perla), fratelli miei, sul palmo della mia mano,
per poterla esaminare.
Mi misi ad osservarla dall’uno e dall’altro lato:
aveva un solo aspetto da tutti i lati.
(Così) è la ricerca del Figlio, imperscrutabile,
perché essa è tutta luce.
Nella sua limpidezza, io vidi il Limpido,
che non diventa opaco;
e nella sua purezza,
il simbolo grande del corpo di nostro Signore,
che è puro.
Nella sua indivisibilità, io vidi la verità,
che è indivisibile»
(Inno sulla perla 1,2-3).

La figura di Efrem è ancora pienamente attuale per la vita delle varie Chiese cristiane. Lo scopriamo in primo luogo come teologo, che a partire dalla Sacra Scrittura riflette poeticamente sul mistero della redenzione dell’uomo operata da Cristo, Verbo di Dio incarnato. La sua è una riflessione teologica espressa con immagini e simboli presi dalla natura, dalla vita quotidiana e dalla Bibbia. Alla poesia e agli inni per la liturgia, Efrem conferisce un carattere didattico e catechetico; si tratta di inni teologici e insieme adatti per la recita o il canto liturgico. Efrem si serve di questi inni per diffondere, in occasione delle feste liturgiche, la dottrina della Chiesa. Nel tempo essi si sono rivelati un mezzo catechetico estremamente efficace per la comunità cristiana.

E’ importante la riflessione di Efrem sul tema di Dio creatore: niente nella creazione è isolato, e il mondo è, accanto alla Sacra Scrittura, una Bibbia di Dio. Usando in modo sbagliato la sua libertà, l’uomo capovolge l’ordine del cosmo. Per Efrem è rilevante il ruolo della donna. Il modo in cui egli ne parla è sempre ispirato a sensibilità e rispetto: la dimora di Gesù nel seno di Maria ha innalzato grandemente la dignità della donna. Per Efrem, come non c’è redenzione senza Gesù, così non c’è incarnazione senza Maria. Le dimensioni divine e umane del mistero della nostra redenzione si trovano già nei testi di Efrem; in modo poetico e con immagini fondamentalmente scritturistiche, egli anticipa lo sfondo teologico e in qualche modo lo stesso linguaggio delle grandi definizioni cristologiche dei Concili del V secolo.

Efrem, onorato dalla tradizione cristiana con il titolo di «cetra dello Spirito Santo», restò diacono della sua Chiesa per tutta la vita. Fu una scelta decisiva ed emblematica: egli fu diacono, cioè servitore, sia nel ministero liturgico, sia, più radicalmente, nell’amore a Cristo, da lui cantato in modo ineguagliabile, sia infine nella carità verso i fratelli, che introdusse con rara maestria nella conoscenza della divina Rivelazione.

https://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/audiences/2007/documents/hf_ben-xvi_aud_20071128.html

mercoledì 4 dicembre 2013

4 dicembre: memoria di San Giovanni Damasceno


 Padre Nostro in aramaico
con i suoi tremila abitanti, Maalula è uno degli ultimi posti al mondo in cui si parla aramaico, la lingua utilizzata quotidianamente anche da Gesù...

San Giovanni Damasceno Sacerdote e dottore della Chiesa 

Damasco, 650 – 749 


Cari fratelli e sorelle,
vorrei parlare oggi di Giovanni Damasceno, un personaggio di prima grandezza nella storia della teologia bizantina, un grande dottore nella storia della Chiesa universale. Egli è soprattutto un testimone oculare del trapasso dalla cultura cristiana greca e siriaca, condivisa dalla parte orientale dell’Impero bizantino, alla cultura dell’Islàm, che si fa spazio con le sue conquiste militari nel territorio riconosciuto abitualmente come Medio o Vicino Oriente. 
Giovanni, nato in una ricca famiglia cristiana, giovane ancora assunse la carica – rivestita forse già dal padre - di responsabile economico del califfato. Ben presto, però, insoddisfatto della vita di corte, maturò la scelta monastica, entrando nel monastero di san Saba, vicino a Gerusalemme. Si era intorno all’anno 700. Non allontanandosi mai dal monastero, si dedicò con tutte le sue forze all’ascesi e all’attività letteraria, non disdegnando una certa attività pastorale, di cui danno testimonianza soprattutto le sue numerose Omelie. La sua memoria liturgica è celebrata il 4 Dicembre. Papa Leone XIII lo proclamò Dottore della Chiesa universale nel 1890.
Di lui si ricordano in Oriente soprattutto i tre Discorsi contro coloro che calunniano le sante immagini, che furono condannati, dopo la sua morte, dal Concilio iconoclasta di Hieria (754). Questi discorsi, però, furono anche il motivo fondamentale della sua riabilitazione e canonizzazione da parte dei Padri ortodossi convocati nel II Concilio di Nicea (787), settimo ecumenico. In questi testi è possibile rintracciare i primi importanti tentativi teologici di legittimazione della venerazione delle immagini sacre, collegando queste al mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio nel seno della Vergine Maria.






















lunedì 11 febbraio 2013

Oremus pro Pontifice nostro Benedicto: Dominus conservet eum et vivificet eum et beatum faciat eum in terra et non tradat eum in animam inimicorum eius

Tutta la Chiesa d'Occidente e di Oriente si raccoglie in preghiera per Benedetto XVI

11 febbraio 2013: Nostra Signora di Lourdes

شكرا لكم، أيها الأب الأقدس، البابا بنديكت السادس عشر، من قبل الكنيسة كاملة من الغرب والشرق




Siria: le reazioni alla dimissioni del Papa dell'arcivescovo greco-melchita di Aleppo



"Benedetto XVI è stato un uomo coraggioso - afferma mons. Jean-Clément Jeanbart, arcivescovo di Aleppo per la Chiesa greco-melchita - che non ha avuto paura di difendere la verità di fronte al mondo. 
È stato il primo e per molti mesi l'unico a lanciare appelli per una fine della guerra in Siria, attraverso il dialogo e la diplomazia. Noi siamo molto grati per quello che ha fatto per la nostra Chiesa e per la nostra popolazione martoriata dal conflitto. La sua visita in Libano è stata un esempio emblematico della sua sincera vicinanza. Ci dispiace molto che abbia presentato le dimissioni, ma abbiamo fede nella sua saggezza e nella sua profonda spiritualità che lo ha portato a questa scelta. Negli anni di pontificato - afferma il presule - lui ha sempre mostrato un amore alla Chiesa e a Gesù Cristo senza mezze misure. Egli è stato un Papa straordinario in un momento molto difficile per il mondo e per i cattolici. Ha saputo esprimere ciò che la Chiesa  pensava. La volontà di Dio senza timidezza ed esitazione, anche con espressioni semplici e forti di verità, chiarezza e trasparenza. 
Nel suo discorso a Regensburg si è rivolto per la prima volta ai musulmani indicando la strada dei valori fondamentali e della ragione per un vero dialogo fra le fedi in grado di contrastare il dilagare del fondamentalismo islamico. 
Oggi, l'estremismo di cui parlava il Papa è diventata una realtà non più isolata. Esso dilaga e rischia di distruggere i Paesi del Medio Oriente, in particolare la Siria. Io ho avuto la fortuna di conoscerlo - afferma mons. Jeanbart - e di parlare insieme a lui in privato una volta sola. Avevo scritto un libro sulla vita di Giovanni Paolo II in arabo ed ero giunto a Roma per donarglielo. Sono stato commosso di essere ricevuto da lui, nonostante ci fossero dietro di me molti vescovi e persone importanti. Ricordo ancora con commozione quei momenti e soprattutto la sua capacità di ascoltare. 
In questi anni - conclude l'arcivescovo greco-melchita di Aleppo - egli è stato un vero padre e un pastore per tutti i vescovi e i sacerdoti, soprattutto per i cristiani del Medio Oriente". (R.P.)

Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/02/11/siria:_le_reazioni_alla_dimissioni_del_papa_dell'arcivescovo_greco-mel/it1-663969
del sito Radio Vaticana

domenica 20 gennaio 2013

Appello di Benedetto XVI all'Angelus

BENEDETTO XVI
ANGELUS
Piazza San Pietro
Domenica, 20 gennaio 2013
 
Cari fratelli e sorelle!
 
 
(...)
Cari amici, alla preghiera per l’unità dei cristiani vorrei aggiungere ancora una volta quella per la pace, perché, nei diversi conflitti purtroppo in atto, cessino le ignobili stragi di civili inermi, abbia fine ogni violenza, e si trovi il coraggio del dialogo e del negoziato. Per entrambe queste intenzioni, invochiamo l’intercessione di Maria Santissima, mediatrice di grazia.
 
Per chi desidera diffondere nella propria parrocchia o associazione o comunque fra conoscenti le notizie riportate da OraproSiria sulla situazione dei nostri fratelli cristiani in Siria, soprattutto in questa settimana in cui celebriamo la Settimana di preghiera per l'Unità dei Cristiani, abbiamo predisposto un piccolo foglio, facilmente stampabile in fronte/retro e piegabile per ottenere un agile pamplet, con una delle ultime notizie.
Lo potete scaricare qui.
 
In futuro speriamo di potervi fornire altro materiale simile per la sensibilizzazione di tutti coloro che conosciamo, perché davvero i nostri fratelli in Siria abbiano al loro fianco un grande numero di fratelli che almeno li sostengono con la loro preghiera.
 


lunedì 7 gennaio 2013

Santo Padre agli Ambasciatori: "Rinnovo il mio appello affinché in Siria le armi siano deposte e quanto prima prevalga un dialogo costruttivo "

Sala stampa della Santa Sede

Alle ore 11 di questa mattina, nella Sala Regia del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in Udienza i Membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede per la presentazione degli auguri per il nuovo anno.



Il Vangelo di Luca racconta che, nella notte di Natale, i pastori odono i cori angelici che glorificano Dio e annunciano la pace sull’umanità. L’Evangelista sottolinea così la stretta relazione fra Dio e l’anelito profondo dell’uomo di ogni tempo a conoscere la verità, a praticare la giustizia e a vivere nella pace (cfr Giovanni XXIII, Pacem in terris: AAS 55 [1963], 257). Oggi si è indotti talvolta a pensare che la verità, la giustizia e la pace siano utopie e che esse si escludano mutuamente. Conoscere la verità sembra impossibile e gli sforzi per affermarla appaiono sfociare spesso nella violenza. D’altra parte, secondo una concezione ormai diffusa, l’impegno per la pace si riduce alla ricerca di compromessi che garantiscano la convivenza fra i Popoli, o fra i cittadini all’interno di una Nazione. Al contrario, nell’ottica cristiana esiste un’intima connessione tra la glorificazione di Dio e la pace degli uomini sulla terra, così che la pace non sorge da un mero sforzo umano, bensì partecipa dell’amore stesso di Dio. Ed è proprio l’oblio di Dio, e non la sua glorificazione, a generare la violenza. Infatti, quando si cessa di riferirsi a una verità oggettiva e trascendente, come è possibile realizzare un autentico dialogo? In tal caso come si può evitare che la violenza, dichiarata o nascosta, diventi la regola ultima dei rapporti umani? In realtà, senza un’apertura trascendente, l’uomo cade facile preda del relativismo e gli riesce poi difficile agire secondo giustizia e impegnarsi per la pace.
Alle manifestazioni contemporanee dell’oblio di Dio si possono associare quelle dovute all’ignoranza del suo vero volto, che è la causa di un pernicioso fanatismo di matrice religiosa, che anche nel 2012 ha mietuto vittime in alcuni Paesi qui rappresentati. Come ho avuto modo di dire, si tratta di una falsificazione della religione stessa, la quale, invece, mira a riconciliare l’uomo con Dio, a illuminare e purificare le coscienze e a rendere chiaro che ogni uomo è immagine del Creatore. Se, dunque, la glorificazione di Dio e la pace sulla terra sono fra loro strettamente congiunte, appare evidente che la pace è, ad un tempo, dono di Dio e compito dell’uomo, perché esige la sua risposta libera e consapevole.
Per tale ragione ho voluto intitolare l’annuale Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace: Beati gli operatori di pace. E’ anzitutto alle Autorità civili e politiche che incombe la grave responsabilità di operare per la pace. Esse per prime sono chiamate a risolvere i numerosi conflitti che continuano a insanguinare l’umanità, a cominciare da quella Regione privilegiata nel disegno di Dio, che è il Medio Oriente. 
Penso anzitutto alla Siria, dilaniata da continui massacri e teatro d’immani sofferenze fra la popolazione civile. Rinnovo il mio appello affinché le armi siano deposte e quanto prima prevalga un dialogo costruttivo per porre fine a un conflitto che, se perdura, non vedrà vincitori, ma solo sconfitti, lasciando dietro di sé soltanto una distesa di rovine. Permettetemi, Signore e Signori Ambasciatori, di domandarvi di continuare a sensibilizzare le vostre Autorità, affinché siano forniti con urgenza gli aiuti indispensabili per far fronte alla grave situazione umanitaria. 
Guardo poi con viva attenzione alla Terra Santa. In seguito al riconoscimento della Palestina quale Stato Osservatore non Membro delle Nazioni Unite, rinnovo l’auspicio che, con il sostegno della comunità internazionale, Israeliani e Palestinesi s’impegnino per una pacifica convivenza nell’ambito di due Stati sovrani, dove il rispetto della giustizia e delle legittime aspirazioni dei due Popoli sia tutelato e garantito. Gerusalemme, diventa ciò che il Tuo nome significa! Città della pace e non della divisione; profezia del Regno di Dio e non messaggio d’instabilità e di contrapposizione! Rivolgendo poi il pensiero alla cara popolazione irachena, auguro che essa percorra la via della riconciliazione, per giungere alla desiderata stabilità.
In Libano – dove, nello scorso mese di settembre, ho incontrato le sue diverse realtà costitutive - la pluralità delle tradizioni religiose sia una vera ricchezza per il Paese, come pure per tutta la Regione, e i cristiani offrano una testimonianza efficace per la costruzione di un futuro di pace con tutti gli uomini di buona volontà. 

Il Papa su Twitter:

Citta' del Vaticano, 7 gennaio. (Adnkronos) - 
''Vi chiedo di unirvi a me nella preghiera per la Siria, affinche' il dialogo costruttivo prenda il posto dell'orribile violenza''. E' quanto ha scritto il Papa in un nuovo tweet diffuso questa mattina dopo il discorso tenuto di fronte al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. 

martedì 25 dicembre 2012

Santo Padre Benedetto XVI: "C’è speranza nel mondo"

MESSAGGIO URBI ET ORBI DI BENEDETTO XVI-  NATALE 2012

ancora un appello per la Siria

 
 
 
"C’è nel mondo una terra che Dio ha preparato per venire ad abitare in mezzo a noi. Una dimora per la sua presenza nel mondo. Questa terra esiste, e anche oggi, nel 2012, da questa terra è germogliata la verità! Perciò c’è speranza nel mondo, una speranza affidabile, anche nei momenti e nelle situazioni più difficili. La verità è germogliata portando amore, giustizia e pace.
 Sì, la pace germogli per la popolazione siriana, profondamente ferita e divisa da un conflitto che non risparmia neanche gli inermi e miete vittime innocenti. Ancora una volta faccio appello perché cessi lo spargimento di sangue, si facilitino i soccorsi ai profughi e agli sfollati e, tramite il dialogo, si persegua una soluzione politica al conflitto.
La pace germogli nella Terra dove è nato il Redentore, ed Egli doni a Israeliani e Palestinesi il coraggio di porre fine a troppi anni di lotte e di divisioni, e di intraprendere con decisione il cammino del negoziato."....
 

Il card. Sarah: in Siria la gente patisce sofferenze atroci. La Chiesa auspica che azioni militari come quelle che si sono effettuate in Iraq, in Libia, in Costa d’Avorio, non si ripetano.

"Un conflitto che non risparmia neanche gli inermi e miete vittime innocenti". Così il Papa ha definito, durante la preghiera dell'Urbi et Orbi di questa mattina, il dramma che da troppo tempo sta vivendo la Siria, invocando per essa la possibilità di "una soluzione politica". Sia la Chiesa locale, sia Benedetto XVI in prima persona non hanno fatto mancare alla popolazione della Siria sostegno e solidarietà concreta. Ne parla in questa intervista il cardinale Robert Sarah, presidente del Pontifcio Consiglio Cor Unum, di recente testimone diretto della crisi tra i profughi siriani in Libano:

R. - Ho visitato gruppi di profughi nella valle della Bekaa il mese scorso e già allora la situazione era estremamente grave. Le loro condizioni di vita erano estremamente precarie, senza acqua, elettricità, servizi sanitari e l’igiene era disastrosa. Nonostante ciò, sono stato profondamente colpito dalla grande dignità di quegli uomini e quelle donne, profughi in un Paese straniero, rifugiati, costretti a lasciare le proprie case, il proprio villaggio, la loro amata madre Patria, la Siria, dopo un pericoloso viaggio di centinaia, talvolta di migliaia di chilometri. Ora, dopo la mia visita, la situazione è ulteriormente peggiorata. L’inverno è ormai cominciato, con le sue inevitabili conseguenze e il conflitto si inasprisce sempre più, con tutto il suo carico di violenze, di sofferenze atroci e di morte. I dati che vengono resi pubblici da varie fonti paiono concordi nel rilevare che si sarebbero superate le 40 mila vittime, senza contare i due milioni di sfollati all’interno della Siria e i 500 mila rifugiati che cercano protezione, sicurezza e una vita decente nei Paesi limitrofi. I nostri continui contatti con le Chiese del Medio Oriente e con varie realtà caritative locali, impegnate soprattutto nell’assistenza ai profughi dentro e al di fuori del Paese, ci trasmettono informazioni allarmanti sui nuovi fronti di guerra, sulle condizioni materiali, psicologiche e spirituali, di insicurezza, igienico-sanitarie in cui è ormai costretta a vivere la gran parte della popolazione, sugli abusi di ogni genere che subiscono, rendendoli in tal modo spesso doppiamente vittime.

D. - Concretamente, cosa può fare la Chiesa in queste situazioni?
R. - Benedetto XVI in persona ha visitato il Libano in settembre, mantenendo un’attenzione a tutta la regione e non ha mancato di rinnovare le sue preghiere, i suoi richiami, la sua esplicita richiesta perché la pace torni quanto prima in Siria. In occasione del Santo Natale, con uno sguardo particolare ai bambini, non ha mancato di esprimere tutta la sua vicinanza spirituale e affettiva alle popolazioni e ha manifestato la sua preoccupazione per gli sviluppi e l’aggravamento della crisi siriana. Il rischio peraltro è che questo letale conflitto comprometta pericolosamente tutto il delicato equilibrio di una regione del mondo che gli sta particolarmente a cuore. Durante la mia visita in Libano e successivamente, mi sono convinto sempre più di quanto siano importanti le preghiere, le parole e le azioni. Gli appelli alla pace e alla riconciliazione, rivolti dal Santo Padre alle parti in guerra, alla comunità internazionale perché si attivi più efficacemente, sono stati sufficientemente chiari. La guerra e le distruzioni di vite umane e di infrastrutture non portano a una vera soluzione dei problemi socio-politici. Questo è possibile solo col dialogo e con la volontà di costruire insieme la Nazione nell’amore e nella solidarietà.

La Chiesa auspica che azioni militari come quelle che si sono effettuate in Iraq, in Libia, in Costa d’Avorio, non si ripetano. “Mai più la guerra”, ha gridato Paolo VI nel 1965 a New York. Benedetto XVI lancia oggi lo stesso grido. La Chiesa persegue le sue azioni umanitarie a favore delle vittime di questo conflitto attraverso l’attività eroica e generosa di numerosi organismi caritativi cattolici impegnati sul posto sin dal primo momento in cui il conflitto ha cominciato a mietere vittime innocenti. In qualche modo traducono la triplice missione della Chiesa in concretezza. Tutto quello che possiamo fare adesso concretamente per queste persone, dobbiamo farlo. Sia per il loro bene materiale, sia per il loro bene spirituale. Un aiuto aperto a tutti. Come ci insegna Papa Benedetto, nell’Enciclica Deus Caritas Est, l’amore del prossimo si estende alle persone che neppure conosciamo e questo può realizzarsi solo a partire dal nostro intimo incontro con Dio.

D. - Secondo lei, questa crisi è la punta di un iceberg molto più grande o è un caso a sé?
R. - Ogni guerra è diversa dalle altre e ha una storia, delle dinamiche specifiche di quella situazione. Anche gli attori che si mobilitano, locali e internazionali, hanno interessi propri. In questo senso anche la Siria è un caso unico, molto complesso, le cui cause e peculiarità vanno studiate e analizzate; e le azioni che mirano a ricostruire la pace, vanno condotte con la massima prudenza e attenzione. D’altro canto, non si può negare che in genere abbiamo raggiunto un livello di crisi umanitarie in tutto il mondo senza precedenti nella storia recente, sia per quanto riguarda il numero delle guerre e delle situazioni di conflittualità armata, sia per ciò che attiene alle calamità naturali. Sono circa 70 le crisi umanitarie in atto, un picco mai raggiunto dalla fine della Seconda Guerra mondiale fino ad oggi. Questo dato, confermato dalla testimonianza delle Chiese locali e dalle organizzazioni caritative cattoliche che quotidianamente si rivolgono a Cor Unum, con tutto il loro carico di sofferenze vissute accanto alle vittime di tali situazioni, risulta essere ancor più doloroso in un momento in cui il mondo dovrebbe invece gioire per la venuta del Signore Gesù, il “Dio-con-noi”. Lui è “la nostra pace”, distrugge le barriere che ci separano, e “sopprime nella sua carne l’odio”, come dice S. Paolo. Questa è la “bella notizia” che ci porta il Signore e che noi vorremmo offrire al mondo intero. Questo è il motivo per cui occorre alzare la nostra voce verso Dio, lanciarci, corpo e anima, in un impegno d’amore attivo e concreto verso ogni essere umano. E’ l’ora di una nuova “fantasia della carità” che si realizzi non solo con azioni pratiche ed efficaci, ma anche con la capacità di farsi prossimi, di essere solidali con chi soffre, è povero e debole, in modo tale che il gesto d’aiuto non umili, ma sia frutto di vera condivisione fraterna (Novo Millennio Ineunte, n. 50) ...

Così, in occasione della festa del Natale e in vista del nuovo anno, la carità delle opere darà una forza incomparabile alla carità delle parole. Buon Santo Natale e felice anno nuovo a tutti!
http://it.radiovaticana.va/news/2012/12/25/il_card._sarah:_in_siria_la_gente_patisce_sofferenze_atroci._la_chiesa/it1-650410

 

lunedì 3 dicembre 2012

Il cielo sopra Damasco


MMS da Damasco, il 7 novembre '12


4 dicembre: memoria di San Giovanni Damasceno, Vescovo e Dottore della Chiesa


Dalla Catechesi di Benedetto XVI all’udienza generale di mercoledì 6 maggio 2009


Cari fratelli e sorelle,

vorrei parlare oggi di Giovanni Damasceno, un personaggio di prima grandezza nella storia della teologia bizantina, un grande dottore nella storia della Chiesa universale. Egli è soprattutto un testimone oculare del trapasso dalla cultura cristiana greca e siriaca, condivisa dalla parte orientale dell’Impero bizantino, alla cultura dell’Islàm, che si fa spazio con le sue conquiste militari nel territorio riconosciuto abitualmente come Medio o Vicino Oriente.
Giovanni, nato in una ricca famiglia cristiana, giovane ancora assunse la carica – rivestita forse già dal padre - di responsabile economico del califfato. Ben presto, però, insoddisfatto della vita di corte, maturò la scelta monastica, entrando nel monastero di san Saba, vicino a Gerusalemme. Si era intorno all’anno 700. ..…
Dice Giovanni: "Bisogna lasciarsi riempire di stupore da tutte le opere della provvidenza, tutte lodarle e tutte accettarle, superando la tentazione di individuare in esse aspetti che a molti sembrano ingiusti o iniqui , e ammettendo invece che il progetto di Dio  va al di là della capacità conoscitiva e comprensiva  dell’uomo, mentre al contrario soltanto Lui conosce i nostri pensieri, le nostre azioni, e perfino il nostro futuro" . Già Platone, del resto, diceva che tutta la filosofia comincia con lo stupore: anche la nostra fede comincia con lo stupore della creazione, della bellezza di Dio che si fa visibile.
L’ottimismo della contemplazione naturale, di questo vedere nella creazione visibile il buono, il bello, il vero, questo ottimismo cristiano non è un ottimismo ingenuo: tiene conto della ferita inferta alla natura umana da una libertà di scelta voluta da Dio e utilizzata impropriamente dall’uomo, con tutte le conseguenze di disarmonia diffusa che ne sono derivate. Da qui l’esigenza, percepita chiaramente dal teologo di Damasco, che la natura nella quale si riflette la bontà e la bellezza di Dio, ferite dalla nostra colpa, "fosse rinforzata e rinnovata" dalla discesa del Figlio di Dio nella carne, dopo che in molti modi e in diverse occasioni Dio stesso aveva cercato di dimostrare che aveva creato l’uomo perché fosse non solo nell’ "essere", ma nel "bene-essere" . Con trasporto appassionato Giovanni spiega: "Era necessario che la natura fosse rinforzata e rinnovata e fosse indicata e insegnata concretamente la strada della virtù, che allontana dalla corruzione e conduce alla vita eterna… Apparve così all’orizzonte della storia il grande mare dell’amore di Dio per l’uomo…".
E’ una bella espressione. Vediamo, da una parte, la bellezza della creazione e, dall’altra, la distruzione fatta dalla colpa umana. Ma vediamo nel Figlio di Dio, che discende per rinnovare la natura, il mare dell’amore di Dio per l’uomo. Continua Giovanni Damasceno: "Egli stesso, il Creatore e il Signore, lottò per la sua creatura trasmettendole con l’esempio il suo insegnamento… E così il Figlio di Dio, pur sussistendo nella forma di Dio, abbassò i cieli e discese… presso i suoi servi… compiendo la cosa più nuova di tutte, l’unica cosa davvero nuova sotto il sole, attraverso cui si manifestò di fatto l’infinita potenza di Dio".
Possiamo immaginare il conforto e la gioia che diffondevano nel cuore dei fedeli queste parole ricche di immagini tanto affascinanti. Le ascoltiamo anche noi, oggi, condividendo gli stessi sentimenti dei cristiani di allora: Dio vuole riposare in noi, vuole rinnovare la natura anche tramite la nostra conversione, vuol farci partecipi della sua divinità.
Che il Signore ci aiuti a fare di queste parole sostanza della nostra vita.
 
“Signore, che nel Tuo Figlio ti sei mostrato Padre di tutti gli uomini, a qualunque popolo, lingua o cultura essi appartengano, infondi il Tuo Spirito su coloro che hanno in mano la sorte dei popoli, perché promuovano veramente la concordia, la giustizia e la dignità dell’uomo”.
Damasco dal Monte Qassioun

mercoledì 7 novembre 2012

Il Papa lancia un nuovo appello “a fare tutto il possibile per la Siria”

“Mentre elevo la mia preghiera a Dio, rinnovo l’invito alle parti in conflitto e a quanti hanno a cuore il bene della Siria a non risparmiare alcuno sforzo nella ricerca della pace e a perseguire, attraverso il dialogo, le strade che portano ad una giusta convivenza, in vista di un’adeguata soluzione politica del conflitto. Dobbiamo fare tutto il possibile perché un giorno potrebbe essere troppo tardi!".

"Continuo a seguire con particolare apprensione la tragica situazione di violenza in Siria, dove non cessa il rumore delle armi e aumenta ogni giorno il numero delle vittime e l’immane sofferenza della popolazione, in particolare di quanti hanno dovuto lasciare le loro case. Per manifestare la mia solidarietà e quella di tutta la Chiesa alla popolazione in Siria e la vicinanza spirituale alle comunità cristiane del Paese, era mio desiderio inviare una Delegazione di Padri Sinodali a Damasco. Purtroppo, diverse circostanze e sviluppi non hanno reso possibile l’iniziativa nelle modalità auspicate, e perciò ho deciso di affidare una missione speciale all’Em.mo Cardinale Robert Sarah, Presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum. Da oggi fino al 10 novembre corrente egli si trova in Libano, dove incontrerà Pastori e Fedeli delle Chiese che sono presenti in Siria; visiterà alcuni rifugiati provenienti da tale Paese e presiederà una riunione di coordinamento delle istituzioni caritative cattoliche, alle quali la Santa Sede ha chiesto un particolare impegno in favore della popolazione siriana, sia dentro che fuori del Paese."

Le parole del Santo Padre  in diretta da Radio Vaticana: http://media01.radiovaticana.va/audiomp3/00342400.MP3



Padre Lombardi: donazione del Papa e del Sinodo in favore della popolazione siriana

Il Papa invia in Siria un milione di dollari

...Manifestare la sentita partecipazione della Santa Sede e di tutta la Chiesa al processo di pacificazione, esprimere la vicinanza della Chiesa universale alle popolazioni duramente provate e rafforzare l’impegno umanitario della Chiesa cattolica nella regione”: queste, ha ricordato padre Lombardi, le finalità principali della “missione speciale” del card. Sarah in Libano.
“Dall’inizio della crisi siriana - ha ricordato il direttore della sala stampa vaticana - la Santa Sede è intervenuta più volte per una soluzione pacifica del conflitto”, e il Papa “ha chiesto ripetutamente che si interrompesse la spirale della violenza e si promuovesse la strada del dialogo e della riconciliazione”.

 Nota del direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi:
http://it.radiovaticana.va/news/2012/11/07/padre_lombardi:_donazione_del_papa_e_del_sinodo_in_favore_della_popola/it1-636564

Non ci lascia soli


Quali sono state le reazioni all’appello del Papa delle Chiese locali di Siria? Daniele Rocchi, per il SIR, lo ha chiesto ad alcuni parroci di Damasco, Aleppo e Lattakia.
Aleppo. “Un appello che abbiamo accolto con gioia. Aspettavamo con ansia la delegazione dei padri sinodali qui in Siria, ma ora questo appello, con la notizia dell’arrivo a Beirut del card. Robert Sarah, di Cor Unum, ci riempie di speranza” spiega da Aleppo, città tra le più colpite dal conflitto interno, padre Giorgio Abuhkazan, della parrocchia di san Francesco. “Ringraziamo di cuore il profondo interesse con cui il Santo Padre segue le tristi vicende del nostro Paese che mai come ora ha bisogno di parole di pace e di riconciliazione. Speriamo che siano ascoltate da chi può veramente mettere la parola fine alla violenza. Quella di Benedetto XVI - prosegue il parroco - è l’unica voce che parla di pace per la Siria. Le grandi potenze, che tutto hanno in mano, ascoltino questo invito e si diano da fare per promuovere il dialogo e la soluzione pacifica”. L’appello, fa notare padre Abuhkazan, “giunge nel giorno della rielezione di Barack Obama a presidente degli Usa. Che possa essere proprio lui il primo ad ascoltare Benedetto XVI. Ma ricordo anche che in questi giorni le opposizioni siriane sono in Qatar per loro consultazioni. Spero trovino un accordo per aprire un canale di dialogo con il governo di Assad”. Dal parroco arriva il punto sulla situazione in città: “Drammatica… Quasi tutti hanno perso il lavoro e le condizioni di vita si sono fatte molto dure. Siamo spettatori inermi della sistematica distruzione della città da parte di bande armate, integraliste, composte in buona parte da stranieri. Moltissime fabbriche, vanto di Aleppo, sono state distrutte o rese inutilizzabili. Le strade non sono sicure, si registrano rapimenti, violenze, la popolazione esce lo stretto indispensabile. Cerchiamo di dare aiuto materiale per quello che possiamo a feriti, sfollati, famiglie, ma non è facile. Spero che questo appello risvegli le coscienze di tanti anche per quello che riguarda solidarietà”.

Damasco. Soddisfazione anche a Damasco, la capitale, dove dalla parrocchia di sant’Antonio da Padova, si leva la voce di padre Giuseppe Costantin, siriano con origini della città di Antiochia. “Siamo felici per le parole del Papa. Lo ringraziamo per la sua vicinanza spirituale e il suo sostegno materiale. Non ci ha mai lasciati soli. Abbiamo apprezzato molto la sua visita in Libano e siamo adesso speranzosi che l’arrivo a Beirut della missione Cor Unum possa portare un miglioramento delle condizioni di vita di sfollati, rifugiati, famiglie e persone colpite dal conflitto”. Rispetto ad Aleppo la situazione a Damasco, appare migliore: “In città la vita sembra andare avanti normalmente, ma si sentono spari nelle zone più periferiche ed esterne dove grandi sono le difficoltà. Sappiamo che nel quartiere di Damasco di Bab-Touma, dove il 22 ottobre è stata perpetrata una strage (13 morti, ndr), la parrocchia locale cerca di dare sostegno alla popolazione colpita”. E da Bab-Touma giungono le parole di padre Raimondo Gerges, che invita alla preghiera “affinché ci sia qualcuno che possa ascoltare il Santo Padre. Il suo appello ci dona speranza per il futuro. Preghiamo perché non possiamo fare altro”.

Lattakia. “Un appello importante che mi auguro trovi i cuori dei potenti, e delle parti in lotta, pronti ad ascoltarlo”, dichiara dalla parrocchia del Sacro Cuore di Gesù di Lattakia, padre Maroun Younan. “Qui in città e in tutta la zona costiera viviamo lontano dai fatti drammatici e violenti che colpiscono invece le zone interne del Paese e città come Homs, Aleppo, Damasco”. L’assenza di conflitto ha richiamato in questa zona migliaia di sfollati e rifugiati ai quali, spiega il parroco, “cerchiamo di dare assistenza, ma è difficile anche per la scarsità degli aiuti. Diamo quello che abbiamo. L’incontro a Beirut con il card. Sarah spero serva a migliorare l’organizzazione e a raggiungere più persone bisognose. Ascoltiamo le loro lamentele, parlano di promesse di aiuti non mantenute da parte della comunità internazionale”. Fiaccati nel fisico, ma non nel morale, sfollati e rifugiati, dice padre Younan, “accolgono appelli come quelli di Benedetto XVI con speranza. In loro c’è sempre la convinzione che ricostruire la Siria è possibile anche se sul futuro gravano incognite non di poco conto specialmente per quel che riguarda lo Stato. Le bande armate fondamentaliste che imperversano nel Paese minano, infatti, il futuro politico siriano e incutono timore”.

domenica 16 settembre 2012

"Ho saputo inoltre che ci sono tra noi dei giovani venuti dalla Siria. Voglio dirvi quanto ammiro il vostro coraggio. Dite a casa vostra, ai familiari e agli amici, che il Papa non vi dimentica. Dite attorno a voi che il Papa è triste a causa delle vostre sofferenze e dei vostri lutti. Egli non dimentica la Siria nelle sue preghiere e nelle sue preoccupazioni. Non dimentica i mediorientali che soffrono. E’ tempo che musulmani e cristiani si uniscano per mettere fine alla violenza e alle guerre."


La Siria nell'Angelus del Papa a Beirut,
16 settembre 2012

Cari fratelli e sorelle!
Rivolgiamoci ora a Maria, la Madre di Dio, Nostra Signora del Libano. A lei domandiamo di intercedere presso il suo Figlio divino per voi e, in modo particolare, per gli abitanti della Siria e dei Paesi vicini implorando il dono della pace. Voi conoscete bene la tragedia dei conflitti e della violenza che genera tante sofferenze. Purtroppo, il fragore delle armi continua a farsi sentire, come pure il grido delle vedove e degli orfani!
La violenza e l’odio invadono le strade la vita, e le donne e i bambini ne sono le prime vittime. Perché tanti orrori? Perché tanti morti? Faccio appello alla comunità internazionale! Faccio appello ai Paesi arabi affinché, come fratelli, propongano soluzioni praticabili che rispettino la dignità di ogni persona umana, i suoi diritti e la sua religione! Chi vuole costruire la pace deve smettere di vedere nell’altro un male da eliminare. Non è facile vedere nell’altro una persona da rispettare e da amare, eppure bisogna farlo, se si desidera costruire la pace, se si vuole la fraternità . Possa Dio concedere al vostro Paese, alla Siria e al Medio Oriente il dono della pace dei cuori, il silenzio delle armi e la cessazione di ogni violenza! Possano gli uomini comprendere che sono tutti fratelli! Maria, che è nostra Madre, comprende la nostra preoccupazione e le nostre necessità. Con i Patriarchi e i Vescovi presenti, pongo il Medio Oriente sotto la sua materna protezione. Che possiamo, con l’aiuto di Dio, convertirci per lavorare con ardore alla costruzione della pace necessaria ad una vita armoniosa tra fratelli, qualunque sia l’origine e la convinzione religiosa.
Ora preghiamo: Angelus Domini…


MONS. ZENARI: LE PAROLE DEL PAPA AI GIOVANI UN DONO PER I CRISTIANI
Forte l’emozione suscitata dalle parole di Benedetto XVI ai giovani siriani sulla drammatica situazione che il loro Paese sta vivendo. Lo conferma, al microfono del nostro inviato, Alessandro Gisotti, mons. Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria
R. - E’ stata una sorpresa emozionante, molto emozionante. Penso che abbia toccato il cuore dei giovani in Siria, dei cristiani, ma anche delle altre fedi; credo che abbia toccato anche le loro famiglie. Qui in Siria sto facendo l’esperienza di molti giovani, cristiani soprattutto, che si pongono l’interrogativo: “Qual è il nostro ruolo per uscire da questa crisi? Quale deve essere il nostro impegno?”. A livello parrocchiale ci sono anche begli esempi di impegno nel campo sociale con i profughi, così come anche a livello di associazioni varie. Credo che questo sia stata veramente - lo ripeto - una sorpresa molto, molto gradita e un dono del Santo Padre per i cristiani, i giovani in particolare, per le loro famiglie e per le loro parrocchie qui della Siria.
D. - Il Papa ha tenuto a sottolineare che è nel suo cuore, nelle sue preghiere e nelle sue preoccupazioni quello che succede in Siria e le sofferenze di tutti i siriani, cristiani e non cristiani…R. - Sì, sono nel cuore del Papa le persone di qualsiasi credo, che sono colpite da questa immane sofferenza, basta vedere le cifre dei rifugiati, degli sfollati; è gente che soffre così terribilmente in questi giorni e da un anno e mezzo in Siria. Credo che tutti loro abbiano un posto privilegiato nel cuore del Santo Padre. E’ stato bene che lo abbia anche espresso e detto, perché tutti lo sappiamo.

http://it.radiovaticana.va/news/2012/09/16/mons._zenari:_le_parole_del_papa_ai_giovani_un_dono_per_i_cristiani/it1-621605

domenica 9 settembre 2012

Angelus 9 settembre 2102 - Messaggio del Papa alla vigilia della sua partenza per il viaggio in Libano: IL CUORE DI UN PADRE

Dopo la recita dell'Angelus, rivolto alle quattromila persone presenti nel cortile del Palazzo apostolico di Castel Gandolfo, parlando in francese - e il Vaticano ha diffuso anche la traduzione in arabo - il Papa si è così rivolto ai presenti:

"Cari pellegrini qui presenti, o che partecipate all'Angelus attraverso la radio o la televisione, nei prossimi giorni, mi recherò in viaggio apostolico in Libano per firmare l'Esortazione apostolica post-sinodale, frutto dell'Assemblea speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, svoltosi nell'ottobre del 2010. Avrò la felice occasione di incontrare il popolo libanese e le sue autorità, oltre ai cristiani di questo caro paese e quelli provenienti dai paesi vicini".

"Non ignoro la situazione spesso drammatica vissuta dalle popolazioni di questa regione da troppo tempo straziata da incessanti conflitti. Comprendo l'angoscia dei molti medio-orientali quotidianamente immersi in sofferenze di ogni tipo, che affliggono tristemente, e talvolta mortalmente, la loro vita personale e familiare. Il mio preoccupato pensiero va a coloro che, alla ricerca di uno spazio di pace, abbandonano la loro vita familiare e professionale e sperimentano la precarietà degli esuli. Anche se sembra difficile trovare delle soluzioni ai diversi problemi che toccano la regione, non ci si può rassegnare alla violenza ed all'esasperazione delle tensioni. L'impegno per un dialogo e per la riconciliazione deve essere prioritario per tutte le parti coinvolte, e deve essere sostenuto dalla comunità internazionale, sempre più cosciente dell'importanza per tutto il mondo di una pace stabile e durevole nell'intera regione. Il mio viaggio apostolico in Libano, e per estensione nel Medio Oriente nel suo insieme, si colloca sotto il segno della pace, facendo riferimento alle parole del Cristo: "Vi dò la mia pace" (Giov. 14,27). Che Dio benedica il Libano ed il Medio Oriente!".
http://www.asianews.it/notizie-it/Papa:-in-Medio-Oriente-pace-e-riconcliazione-siano-impegno-delle-parti-in-causa-e-del-mondo-25766.html
 
8/09/12: Bombardati due luoghi religiosi ad Aleppo. Secondo Arabs Press, due obus si sono abbattuti sulla chiesa di Saint Mikhaïl e sul convento delle suorine nel quartiere aleppino de ‘Aziziyyé. Secondo il sito Shukumaku, i miliziani hanno colpito un altro convento, San Vartan nella regione Maydane. Gli abitanti del villaggio cristiano di Qassab, vicino a Lattakia, hanno dovuto lasciare il paese preso in ostaggio dall'ESL. 

 

domenica 29 luglio 2012

Papa: Appello alla comunità internazionale per la pace in Siria

" Cari fratelli e sorelle, continuo a seguire con apprensione i tragici e crescenti episodi di violenza in Siria con la triste sequenza di morti e feriti, anche tra i civili, e un ingente numero di sfollati interni e di rifugiati nei Paesi limitrofi. Per questi chiedo che sia garantita la necessaria assistenza umanitaria e l’aiuto solidale. Nel rinnovare la mia vicinanza alla popolazione sofferente ed il ricordo nella preghiera, rinnovo un pressante appello, perché si ponga fine ad ogni violenza e spargimento di sangue. Chiedo a Dio la sapienza del cuore, in particolare per quanti hanno maggiori responsabilità, perché non venga risparmiato alcuno sforzo nella ricerca della pace, anche da parte della comunità internazionale, attraverso il dialogo e la riconciliazione, in vista di un’adeguata soluzione politica del conflitto. "
Castel Gandolfo (AsiaNews) - Nuovo accorato appello di Benedetto XVI per "i tragici e crescenti episodi di violenza in Siria con la triste sequenza di morti e feriti, anche tra i civili, e un ingente numero di sfollati interni e di rifugiati nei Paesi limitrofi". Alla fine dell'Angelus di oggi dal Palazzo apostolico di Castel Gandolfo, il papa ha detto che segue gli avvenimenti in Siria "con apprensione". "Chiedo a Dio - ha continuato il pontefice - la sapienza del cuore, in particolare per quanti hanno maggiori responsabilità, perché non venga risparmiato alcuno sforzo nella ricerca della pace, anche da parte della comunità internazionale, attraverso il dialogo e la riconciliazione, in vista di un'adeguata soluzione politica del conflitto".

Benedetto XVI ha anche ricordato la "cara Nazione irachena, colpita in questi ultimi giorni da numerosi e gravi attentati che hanno provocato molti morti e feriti. Possa questo grande Paese trovare la via della stabilità, della riconciliazione e della pace".
http://www.asianews.it/notizie-it/Papa:-Appello-alla-comunità-internazionale-per-la-pace-in-Siria-25413.html

“L’appello per la pace del Papa ha avuto ampia eco in Siria” dice l’Arcivescovo Metropolita di Aleppo per i Greco-cattolici
Damasco (Agenzia Fides)- “Siamo felici e ringraziamo il Santo Padre per l’appello alla pace in Siria lanciato all’Angelus di ieri” dice all’Agenzia Fides Sua Ecc. Mons. Jean-Clément Jeanbart, Arcivescovo Metropolita di Aleppo per i Greco-cattolici.
“L’appello del Papa ha avuto ampia eco sui media siriani che lo hanno qualificato come un fattore positivo. Le parole di Benedetto XVI erano tra le due più importanti notizie riferite dai media locali” aggiunge Mons. Jeanbart.
“Anche la riunione dell’opposizione a Roma che ha lanciato appello alla pacificazione e al rifiuto della violenza è stata giudicata positivamente qui” afferma Mons. Jeanbart. 
Per quanto riguarda la situazione di Aleppo, Mons. Jeanbart dice: “siamo molto preoccupati per quello che sta accedendo. Chiediamo a tutti di pregare per una soluzione di dialogo. Le diverse comunità cristiane di Aleppo (ortodossi, cattolici e protestanti) hanno deciso di unire le loro forze per venire incontro alle necessità dei profughi e di tutti coloro che si trovano in difficoltà”.
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39622&lan=ita


Arcivescovo armeno di Aleppo: le parole del Papa, segno di speranza per tutti i siriani
Mons. Marayati, commenta il messaggio del pontefice al popolo siriano pronunciato ieri all'Angelus. I cattolici di Aleppo affrontano la guerra pregando e digiunando per il dialogo e la riconciliazione. Fonti di AsiaNews sottolineano le gravi condizioni della popolazione. Alto il rischio di una catastrofe umanitaria.
Aleppo (AsiaNews) - "La vicinanza del Santo Padre al popolo siriano ci conforta e infonde speranza nei nostri cuori. Le sue parole richiamano tutti i cattolici di Siria a pregare per la pace e per la riconciliazione fra sunniti e alawiti". È quanto afferma ad AsiaNews mons. Boutros Marayati, arcivescovo cattolico-armeno di Aleppo. Il prelato racconta che il messaggio del Papa pronunciato ieri all'Angelus è già stato tradotto in arabo e nei prossimi giorni sarà diffuso nelle varie parrocchie e diocesi del Paese.
L'arcivescovo sottolinea che in questi giorni di guerra la popolazione ha paura e si sente impotente di fronte alle violenze in corso fra ribelli del Free Syrian Army ed esercito. Per i cristiani l'unico gesto che infonde ancora speranza è la preghiera. "Abbiamo chiesto ai nostri fedeli di fare digiuno - racconta - e di offrire le loro sofferenze per la pace e il dialogo".
http://www.asianews.it/notizie-it/Arcivescovo-armeno-di-Aleppo:-le-parole-del-Papa,-segno-di-speranza-per-tutti-i-siriani-25422.html

giovedì 21 giugno 2012

Benedetto XVI: appello per la pace in Siria

Riproponiamo l'appello di Benedetto XVI in video:

Pubblicato in data 21/giu/2012 da



Un appello per la pace in Siria è stato rivolto da Benedetto XVI nel discorso di stamattina (21 giugno 2012) ai partecipanti all'assemblea della Roaco, l'opera di aiuto per le Chiese orientali che fa parte della Congregazione per le Chiese Orientali. Benedetto XVI ha ricordato che il diritto alla libertà religiosa personale e comunitaria va garantito nella sua professione pubblica e non solo in termini cultuali, ma anche pastorali, educativi, assistenziali e sociali, tutti aspetti indispensabili al suo effettivo esercizio. Per quanto riguarda la Siria il papa si è rivolto alle autorità del paese ed alle istituzioni internazionali affinchè cessi ogni violenza.

Pressante e accorato appello del Papa per la Siria

La riconciliazione fermi una violenza che rischia di coinvolgere l'intera regione
Da Radio Vaticana 21-06-12
Benedetto XVI chiede che “non venga risparmiato alcuno sforzo, anche da parte della comunità internazionale, per far uscire la Siria dall’attuale situazione di violenza” e che “sia garantita la necessaria assistenza umanitaria”. L’accorato appello del Papa è contenuto nel discorso multilingue rivolto ai circa 80 partecipanti all’85.ma Assemblea della Roaco, Riunione delle Opere in aiuto alle Chiese Orientali, ricevuti stamani in udienza nella Sala Clementina, in Vaticano. La Roaco, lo ricordiamo, si è riunita in assemblea a Roma da lunedì scorso fino a ieri. 
Lo sguardo di Benedetto XVI abbraccia la Siria e le sue ferite. Nel discorso alla Roaco, guidata dal suo presidente, il cardinale Leonardo Sandri, anche prefetto della Congregazione per le Chiesa orientali, il Papa chiede aiuto per questo Paese martoriato:

“Que ne soit épargné aucun effort, également de la part de la communauté...
Non venga risparmiato alcuno sforzo, anche da parte della comunità internazionale, per far uscire la Siria dall’attuale situazione di violenza e di crisi, che dura già da molto tempo e rischia di diventare un conflitto generalizzato che avrebbe conseguenze fortemente negative per il Paese e per l’intera Regione”.

“J’élève aussi un pressant et douloureux appel pour que, face au besoin extrême…
Elevo anche un pressante e accorato appello perché, davanti al bisogno estremo della popolazione, sia garantita la necessaria assistenza umanitaria, anche a tante persone che hanno dovuto lasciare le loro case, alcune rifugiandosi nei Paesi vicini”.

Il valore della vita umana è un bene prezioso da tutelare sempre, ricorda infatti Benedetto XVI che esprime anche la sua vicinanza “alle grandi sofferenze dei fratelli e delle sorelle di Siria, in particolare dei piccoli innocenti e dei più indifesi”.

“Que notre prière, notre engagement et notre fraternité concrète dans le Christ, …
La nostra preghiera, il nostro impegno e la nostra fraternità concreta in Cristo, come olio di consolazione, li aiuti a non smarrire la luce della speranza in questi momenti di buio e ottenga da Dio la sapienza del cuore per chi ha responsabilità, affinché cessi ogni spargimento di sangue e la violenza, che porta solo dolore e morte, lasci spazio alla riconciliazione, alla concordia e alla pace”.

Il Papa rivolge quindi con forza l’esortazione a perseverare nel movimento di carità che la Congregazione segue affinché la Terra Santa e le altre regioni orientali ricevano “il necessario sostegno spirituale e materiale”. L’attuale congiuntura economico-sociale colpisce, in modo ancora più preoccupante, le aree del mondo più svantaggiate, nota il Pontefice. E questo processo coinvolge in modo particolare l’Oriente, “madrepatria di antiche tradizioni cristiane”, generando “insicurezza e instabilità anche a livello ecclesiale e in campo ecumenico e interreligioso”. “Si tratta di fattori – sottolinea ancora Benedetto XVI – che alimentano le endemiche ferite della storia e contribuiscono a rendere più fragili il dialogo, la pace e la convivenza fra i popoli, come pure il rispetto dei diritti umani, specialmente quello alla libertà religiosa personale e comunitaria”.

Tale diritto va garantito nella sua professione pubblica e non solo in termini cultuali, ma anche pastorali, educativi, assistenziali e sociali, tutti aspetti indispensabili al suo effettivo esercizio”.

Quindi, il Papa ribadisce il richiamo a essere “segni eloquenti della carità che sgorga dal cuore di Cristo” e “presenta al mondo la Chiesa nella sua più vera identità e missione, ponendola al servizio di Dio, che è Amore”. Benedetto XVI ricorda poi che l’Anno della Fede “offrirà fecondi orientamenti alle Opere di Aiuto alle Chiese Orientali” e chiede l’intercessione di Maria per le Chiese Orientali in madrepatria e nella diaspora:

“Sia Lei a vegliare anche sul prossimo Viaggio che – a Dio piacendo – compirò in Libano per porre il sigillo sull’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi”.

E il Papa conclude, infatti, con un abbraccio “di padre e di fratello” alla Chiesa e alla nazione libanese.

http://press.catholica.va/news_services/bulletin/news/29387.php?index=29387&lang=it#TRADUZIONE IN LINGUA ITALIANA
http://www.radiovaticana.org/IT1/articolo.asp?c=598374



AIUTO ALLA CHIESA CHE SOFFRE: URGENZA SIRIA 
Appello per la sopravvivenza di 500 famiglie cristiane rifugiate a Marmarita

I siriani sono in stato di shock. Hanno paura. Essi temono un "secondo Iraq". Secondo le stime dell'ONU, le rivolte arabe da marzo 2011 ad oggi, eufemisticamente descritte come primavera araba, sono costate oltre 8.000 vite. In Homs, le Brigate Faruq, parte del cosiddetto "esercito siriano libero" hanno massacrato da 350 a 400 persone inermi, secondo informazioni. Fonti ortodosse hanno riferito che queste brigate cacciavano specificamente i cristiani dalle loro case, poi vi si insediavano.  Ad oggi, ci sono 230 mila siriani che sono fuggiti dai combattimenti in Homs. Secondo il vescovo Nicolas Sawwaf, il vescovo greco-cattolico, 500 famiglie di profughi hanno cercato rifugio in Marmarita, vicino al confine libanese. Il vescovo ha fatto il possibile per fornire cibo e alloggi temporanei a loro disposizione.  I cristiani siriani vedono il futuro con ansia. Anche se rifiutano la brutalità di Assad, temono che il potere passi nelle mani degli estremisti islamici.  "I vescovi cattolici mettono in guardia contro una presa di potere da parte degli islamisti. Essi temono un'ondata ancora più grande di assalti e intimidazioni contro i cristiani, come quello che è successo in Iraq dopo la caduta di Saddam Hussein", possiamo leggere una lettera della Pontificia Missione a Beirut.
Su circa 300.000 cattolici caldei che vivono in Siria, 200.000 provengono dall'Iraq! Ora, il vescovo Sawwaf si fa carico non solo dei rifugiati, ma anche di 500 famiglie siriane che hanno bisogno di temporaneo alloggio, vitto e assistenza medica. Mentre i rifugiati musulmani sono supportati da stati arabi come l'Arabia Saudita e Qatar, la Chiesa rappresenta l'unica speranza dei rifugiati cristiani. In totale, circa 1.000 famiglie che aspettano un aiuto esterno.
Aiuto alla Chiesa che Soffre ha promesso  80 000. Tale somma può provvedere a 500 famiglie per sei mesi.
La Missione Pontificia stessa coordinerà gli aiuti alimentari.
Per sopravvivere, ciascuna delle 500 famiglie  ha bisogno di quasi $ 30 al mese per il cibo.
$ 30 X 500 (famiglie) X 6 (mesi) = $ 90.000 o circa € 80 000.
Hanno urgente bisogno del nostro aiuto!per versare il tuo contributo online :




Tregua a Homs, ma i civili non possono ancora lasciare la città
 Agenzia Fides 21/6/2012
Homs (Agenzia Fides) – E’ tregua fra esercito siriano e ribelli: dopo lunghi e difficili negoziati, è stato raggiunto un accordo di cessate-il-fuoco per consentire l’uscita dei civili intrappolati a Homs. Tuttavia, riferiscono fonti di Fides a Homs, l’evacuazione non è ancora iniziata perché i ribelli non hanno ancora dato il “via libera”, mentre testimoni locali riferiscono di colpi di mortaio sulla città anche questa mattina. Secondo l’accordo, la tregua dovrebbe durare per l’intera giornata di oggi e poi, nei prossimi giorni, per due ore al giorno, al mattino. Nel negoziato fra le parti sono coinvolte la Croce Rossa Internazionale, la Mezzaluna Rossa e alcuni sacerdoti cristiani vicini alle famiglie dei civili intrappolati, esponenti del movimento interreligioso per la riconciliazione “Mussalaha”. Come riferiscono fonti di Fides a Homs, i civili sono circa 800 (400 cristiani e 400 musulmani sunniti). nei quartieri di Hamidiyeh e Bustan Al Diwan, A costoro di aggiungono altre mille famiglie, tutte musulmane, che si trovano nell’area di Khalidiyeh, ma anche di Warcheh e Salibi.
I civili sono assistiti da alcuni sacerdoti cristiani cattolici e ortodossi, che intendono facilitare le operazioni di salvataggio. “La tregua ci dà una speranza, ci appelliamo ora a tutti perché possa iniziare la sospirata uscita dei civili, fra i quali donne, bambini sotto i dieci anni, anziani bisognosi di cure” dice a Fides il sacerdote greco cattolico p. Abdallah Amaz, che si trova ad Homs.
Da altri quartieri della città, intanto, molte famiglie stanno fuggendo, trasferendosi soprattutto a Jaramana, area residenziale alle porte di Homs, a maggioranza cristiana e drusa. La Chiesa siriana ha lanciato un appello per l’assistenza di almeno 500 famiglie di profughi cristiani fuggiti da Homs nei mesi scorsi, che hanno trovato rifugio a Marmarita, vicino al confine libanese, per i quali si sta facendo ogni sforzo per fornire cibo, alloggio temporaneo e assistenza medica. 



"LA GUERRA CIVILE NON E' L'UNICA SCELTA"




"Guardiamo all'Iraq, guardiamo alla Tunisia, guardiamo alla Libia, guardiamo in Egitto e non vogliamo diventare una tale situazione di anarchia o di estremismo", ha detto. Nel frattempo, egli sta esortando i cattolici di tutto il mondo a continuare a sostenere la Chiesa in Siria attraverso la preghiera, promuovendo l'informazione e un aiuto finanziario, se possibile.
http://www.catholicnewsagency.com/news/syrian-bishop-says-civil-war-not-the-only-option/