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mercoledì 19 ottobre 2016

Siria, il conflitto spiegato da fra Firas Lutfi


Paceinterra, 17 ottobre 2016

L’ultimo missile è caduto la scorsa settimana. 2 metri e mezzo di lunghezza, si è adagiato sul terreno a pochi passi dal convento francescano di Aleppo, senza esplodere. Poteva essere una strage. «Non c’è zona al sicuro qui ad Aleppo», ci dice dalla Siria padre Firas Lutfi, frate francescano. Ha vissuto ad Aleppo dal 2004 al 2011, poi una pausa per studiare in Italia e infine, nel 2015, la decisione di tornare ad Aleppo nonostante la guerra. Lo tratteniamo un’ora al telefono dalla città che le Nazioni Unite hanno definito “la più pericolosa del mondo”. «Come sta padre Firas?», gli chiediamo per salutarlo. E lui ci risponde con una serena risata: «Grazie al Signore sto bene».

Padre Firas, si può ridere ancora ad Aleppo?
È la fede che ci sostiene. Vivere ad Aleppo oggi è una grande sfida, è un martirio quotidiano. Non si vede ancora una minima soluzione e senza un appoggio divino perderemmo la testa e la ragione, le speranze verrebbero esaurite. Invece la fede dà una riposta. Non dobbiamo chiedere “perché?”, ma “per chi?”.
La guerra è in continua evoluzione. Cosa sta succedendo?
La situazione qui ad Aleppo sta persino peggiorando perché si vedono i raggruppamenti delle milizie, si fa sempre più concreto un intervento militare degli Stati Uniti e dei suoi alleati contro basi dell’esercito siriano. La Russia ha minacciato che chi tocca le basi siriane tocca quelle russe. Non è un mistero che qui si sta giocando una partita internazionale. Qui c’è in gioco la Turchia, la Russia, l’Arabia Saudita, l’Iran, gli Stati Uniti, la Francia, la Gran Bretagna, il Qatar. Tutti vogliono un pezzo di Siria. Per usare le parole di san Paolo ai romani, «tutti hanno peccato» in Siria, perché tutti hanno contribuito alla distruzione.
Chi ha voluto questa guerra?
Già dagli inizi si capiva che la Siria non è la causa della guerra. La guerra è nata in Afghanistan e la Primavera araba ha nascosto tanti interessi, era un pacchetto preconfezionato. All’inizio si pensava che qui fosse scoppiata una rivoluzione per chiedere più democrazia, ma presto ci siamo resi conto che siamo finiti nella palude di una guerra che ci vede vittima di interessi internazionali. Adesso le ragioni sono più chiare: l’intento fin dall’inizio era spezzare il Medio Oriente, in base alla religioni, alle etnie. Qui non si combattono i governi, ma gruppi interni. Studi americani parlavano di scontro di civiltà già nel 1993, non stanno facendo altro che metterli in atto. Ora stiamo rischiando di diventare come la Somalia, ma con tutto il rispetto, la Siria non è la Somalia. Le donne qui avevano già da tempo un ruolo anche politico, mentre in altri stati le donne non possono nemmeno guidare la macchina. Abbiamo poco tempo, altrimenti avremo perso tutto. Se non troviamo una soluzione politica rischiamo di perdere un patrimonio di tutta l’umanità. Damasco è una delle capitali più antiche del mondo, qui ci sono le basi del cristianesimo. Già parte del patrimonio è distrutto come a Palmira. Eravamo il granaio dell’Impero romano, ora stiamo diventando un cumulo di macerie. Noi speriamo che non avvenga lo scontro corpo a corpo tra russi e americani. Il pericolo non è solo una battaglia tra i giganti del mondo sul territorio siriano, una terza guerra mondiale, ma la perdita della nostra identità.
L’Europa ha un ruolo nel conflitto?
L’Europa sembra impotente e spero che l’Europa non si renda complice del sangue siriano. Gas, petrolio, la nostra posizione geografica, tutte le nostre risorse sono diventate la nostra condanna. Temiamo che Francia e Gran Bretagna possano avere nostalgie coloniali. Non crediamo all’intervento innocente. “Formiamo il Comitato Amici della Siria”, dicono. Si dichiarano amici e ci mandano i terroristi, ripetono di essere amici e ci mandano armi. Che amici sono questi? Non tutta l’Europa è però uguale. Guardiamo con occhio diverso l’Italia, ma sappiamo comunque che è parte della Nato ed è alleata degli Stati Uniti, di cui ormai noi diffidiamo.
Israele è ancora in conflitto con la Siria per il Golan. Quali interessi ha?
Cosa stia facendo Israele è enigmatico. Sappiamo che ha offerto cure ai ribelli, che l’esercito israeliano ha violato il nostro territorio. Il fatto che non parli non vuol dire che non agisca. L’interesse di Israele è avere un esercito siriano debole, in modo da poter controllare meglio il confine.
Quanto Isis c’è ad Aleppo?
La capitale dell’Isis è al-Raqqa, che dista 200 chilometri ad Est di Aleppo. L’Isis taglia spesso la strada che collega Aleppo a Damasco. Nella città invece c’è Al-Nusra e altre milizie. La Russia ha smascherato il petrolio siriano venduto illegalmente al confine turco, così l’Isis si arricchiva e comprava armi. Questo è tema di scontro tra Usa e Russia.
Cosa vede attorno a sé?
Vedo una città quasi morta. Vedo sfiducia, depressione nell’animo degli aleppini, perché aspettiamo la pace, ma non si vede, non c’è. Non vedo solo demolizione materiale, delle pietre. Dove vivo tanto è cambiato. Non ci sono zone di Aleppo dove si possa vivere in pace e serenità. L’altro giorno 4 studentesse di una scuola elementare sono state uccise alle 8.30, proprio mentre andavano a lezione. Sembrava una giornata tranquilla, ma le bombe non hanno smesso dal mattino fino a tarda sera. Noi cristiani viviamo nei quartieri occidentali che sono sotto il controllo dell’esercito siriano, ma questa zona non è mai stata esente da scontri. A maggio, un missile ha ucciso una donna anziana. Noi abbiamo offerto ospitalità alla famiglia perché l’edificio dove viveva la sua famiglia era distrutto. La settimana scorsa un altro missile di 2 metri e mezzo è caduto nell’area interna del nostro convento e per fortuna non è esploso. Ecco cosa vedo: cittadini in agonia e sfiduciati dalla comunità internazionale incapace di risolvere questo conflitto. Diffidiamo di tutte le promesse, ci restano solo tante domande.
Quali?
Vogliamo sapere perché ci hanno abbandonati. Perché ci trattano da numeri e non da persone? Perché non c’è la volontà di trovare una accordo di pace? Aleppo è una città martire, la gente scappa. Mi domando con gli altri francescani come venire incontro a come venire incontro alle necessità della popolazione. Stiamo entrando nel sesto anno di guerra e qui serve acqua, elettricità, ma anche piccole cose per gestire la vita ordinaria. Come fa chi ha perso un lavoro a tenere la famiglia? Ci sono aziende fallite, come possono rinascere? A queste domande l’unica risposta è la preghiera, l’affidamento alla Provvidenza, che in questo momento non è mai mancata.
Quanto è grande la comunità cristiana di Aleppo?
I cristiani erano 150mila ora sono 30mila. Il numero continua a calare drasticamente. Questa era la seconda città della Siria. Era la città dell’economia, della finanza, era la città che non dormiva, la città delle luci. 3,5 milioni di abitanti prima della guerra, ora siamo meno della metà, un milione e mezzo in totale. Le persone scappano in altre città dove c’è possibilità di lavorare, o in Libano. Altri in Europa, con vie illegali, rischiando la morte in mare. Tutto questo alla comunità internazionale non sembra interessare.
Vi aspettate che la comunità internazionale crei corridoi umanitari?
Noi vogliamo la soluzione totale. Se poi deve passare per soluzioni parziali allora possono servire. Qui ogni tregua fino ad oggi è stata solo l’occasione per comprare nuove armi e riprendere la guerra. I corridoi umanitari vengono sfruttati dai terroristi per muoversi, questo è il problema.
Perché e a quali condizioni si decide di restare oggi ad Aleppo?
Chi resta lo fa per due ragioni: o non ha più soldi nemmeno per viaggiare, oppure fa una scelta. Le ambasciate non sono aperte ai profughi, così o prendi la via del mare con il rischio di morire, o semplicemente non puoi affrontare il viaggio. Si resta a costo di morire sotto le bombe. Poi ci sono quelli che sono convinti di rimanere, come noi religiosi. Non siamo qui non per caso, ma vogliamo testimoniare la nostra fede, testimoniare il Vangelo. Centinaia di religiosi sono ancora qui per guidare una comunità in agonia. Soffriamo con loro, hanno bisogno di pastori.
Come si sopravvive ad Aleppo?
I servizi ci sono ma sono molto costosi. Per parecchi mesi non avevamo elettricità. Adesso il problema è l’acqua. Abbiamo scavato pozzi per adattarci a questa situazione. Per il telefono usiamo internet, ma il costo è di 100 euro al mese e per noi siriani è tantissimo. Per l’elettricità delle 800 famiglie della nostra parrocchia abbiamo pagato l’abbonamento ad un generatore elettrico dove possono collegare una lavatrice, avere un po’ di luce per studiare. Dobbiamo dare risposte concrete. Un’operazione per un malato o un ferito può costare decine di migliaia di dollari. Nel nostro piccolo facciamo di tutto perché la nostra gente possa restare. Non possiamo abbandonarli perché già si sentono abbandonati dal mondo, ma noi come pastori non possiamo far venire meno la nostra mano. Ogni giorno riusciamo ad avere qualcosa per aiutarli.
Molti media hanno detto che Aleppo rischia di rimanere senza ospedali. È vero?
Distinguerei tra parte occidentale (sotto controllo di Assad) e orientale sotto controllo dei ribelli. Già prima della guerra la periferia Est era più trascurata, quindi non è una novità che ci siano più difficoltà. Quando la periferia è diventata base dei ribelli i soldati e infermieri non potevano più entrare nella parte Est e si sono arrangiati con le risorse già scarse che avevano. Le bombe “intelligenti” non distinguono tra ospedali, scuole o basi militari. Colpiscono ovunque e le vittime sono i civili. Il problema è che i media fanno emergere notizie secondo gli interessi. Se sono gestiti da persone vicine ai ribelli diranno che Assad ha colpito gli ospedali con l’unico medico per i bambini rimasti ad Aleppo. È vero o no? Nessuno può dirlo. Ci sono informazioni fabbricate. C’è molta disinformazione, come è accaduto con le armi chimiche. Avevano accusato l’esercito siriano di averle usate per poi rendersi conto che non era possibile. In tempo di guerra è davvero difficile essere oggettivi e prendere una posizione. Io mi occupo di servire i più deboli, i più poveri, non sono un esperto militare. Io prendo solo le conseguenze di questo martirio che sta subendo la mia comunità.
Mi racconta la sua giornata di sacerdote?
Mi alzo presto e cerco di dire le mie preghiere perché sono un frate. Poi inizio a prendere contatti. Ho gli incontri con i parrocchiani, porto la Comunione ai malati. Poi lascio sempre spazio alle emergenze. Ci chiamano per dirci che è caduta una bomba che ha distrutto una casa, oppure se hanno bisogno di pagare tasse, o se ci sono feriti negli ospedali. Arrivo a casa che sono sfinito.

preghiera per la pace dei bambini di Marmarita












Si parla molto dei bambini di Aleppo. Cosa fate per loro?
Gli adulti hanno fallito totalmente, la nostra speranza è che i bambini possono parlare al cuore degli adulti. La scorsa settimana noi francescani abbiamo accolto 800 bambini per pregare per la pace. Quante case distrutte e bambini morti sotto le macerie di questa guerra ingiusta. Quando vedi morire bambini solo perché vanno a scuola, allora capisci che solo la Provvidenza sta aiutando i bambini che sopravvivono.
Papa Francesco fa sentire spesso la sua voce per favorire la pace in Siria. Quanto peso hanno le sue parole?
Il Papa è un uomo di pace e si sta occupando seriamente della pace in Siria. Il Papa agisce con la Chiesa. Noi siamo suoi portavoce e operiamo come operatori di pace. Tutto il bene che fa la Chiesa è come se lo facesse il Papa. I suoi appelli per noi sono la prova di una presenza paterna. Quando dice “Se volete la pace non vendete le armi”, tocca il primo mercato che alimenta questa guerra. Francesco lavora e prega per la Siria. Ricordo a settembre di tre anni fa , quando a San Pietro aveva riunito per una giornata di digiuno e preghiera, e abbiamo scampato l’attacco imminente degli Stati Uniti. E dal quel momento si iniziò a parlare di una soluzione politica, mentre prima l’unica soluzione sul tavolo era militare. Il Papa invoca la pace, perché la pace è un dono di Dio, ma si sta mobilitando anche nel corpo diplomatico. «Beati gli operatori di pace» dice il Vangelo.
Come fa a tenersi in contatto con gli altri frati?
Qui in Siria siamo una quindicina di frati. Il telefono è l’unico vero strumento per tenersi in contatto perché le strade che collegano i nostri conventi sono spesso chiuse o sono pericolose. Abbiamo un convento al confine con la Turchia, zona sotto controllo straniero e dove era stato sequestrato padre Dhiya Azziz. Nonostante le difficoltà, tra noi c’è una bella relazione soprattutto per migliorare il servizio verso le nostre comunità.
Padre Francesco Patton, Custode di Terra Santa, in occasione della sua nomina a maggio ci disse che avrebbe fatto di tutto per la Siria. È già al lavoro?
Il Custode è venuto da noi rischiando la vita, appena hanno riaperto la strada da Aleppo e Damasco. È stato qui ad Aleppo dal 16 al 19 agosto. Io ricordo il suo coraggio. È venuto non solo a trovare noi frati ma tutta la comunità. Io l’ho accompagnato da Aleppo a Damasco. Ci ha detto che valeva la pena correre il rischio e ha mantenuto la promessa.
In conclusione, la pace in Siria è davvero impossibile?
Nella parte costiera, dove c’è la base militare russa, non sembra nemmeno che ci sia la guerra. Homs, tra Aleppo e Damasco, è stata distrutta, ma ora sono riusciti a portare via gli uomini armati. La pace non avverrà mai passivamente. Non basta commuoversi vedendo i bambini morti. Se smettiamo di vendere armi allora la guerra finirà, dobbiamo andare oltre gli interessi economici. Come diceva san Giovanni Paolo II, la pace per quanto costosa avrà un prezzo inferiore della guerra. Non devono fare in Siria come fanno in Africa: danno armi a persone che non hanno nemmeno da mangiare. La logica di sfruttamento è talmente fatale che non lascia spazio alla ragione. Dovrebbero creare università, fare contratti, invece vogliono solo sfruttarci, senza aiutarci a svilupparci. C’è tanta ingiustizia. Io sono un uomo di fede e speranza. Se la pace è stata possibile dopo altre guerre, allora perché non dovrebbe essere possibile in Siria?

http://www.paceinterra.it/siria-il-conflitto-spiegato-da-frate-firas-lutfi-aleppo-e-quasi-morta-ma-la-pace-arrivera/

domenica 16 ottobre 2016

La stragrande maggioranza degli abitanti di Aleppo plaude vivamente all’offensiva dell’Esercito siriano. Mons Audo: "A poco a poco sarà la fine di questa bella comunità cristiana di Aleppo"

ancora una volta colpito dai jihadisti il quartiere armeno 

Aleppo città martire


di Nabil Antaki
Pubblicato nella rivista Témoignage Chrétien il 6 ottobre 2016

Nonostante la guerra fosse iniziata in Siria nel marzo del 2011, essa effettivamente si propagò in Aleppo nel luglio 2012, quando i «ribelli» armati occuparono alcuni quartieri della zona est, provocando lo sfollamento di cinquecentomila abitanti che non volevano vivere sotto il controllo degli islamisti. Da quel momento, la città è divisa in due parti: la zona est, con il 25% della superficie totale, dove vivono oggi duecentomila abitanti, mentre il resto ha cercato rifugio nella zona occidentale, sotto la protezione dello Stato siriano, che comprende il 75% del territorio complessivo ed è abitata da un milione e mezzo di abitanti.

Dal 2012, i ribelli islamisti lanciano quotidianamente proiettili di mortaio e bombole di gas, riempite di chiodi ed esplosivo, sui quartieri ovest di Aleppo, causando morti e feriti gravi. Due anni fa, hanno anche interrotto l’approvvigionamento idrico (le autorità cittadine hanno fatto scavare trecento pozzi in pieno centro per sostituire l’acqua corrente.) e l’alimentazione elettrica, e più volte hanno imposto blocchi per impedire il rifornimento di derrate alimentari, oli combustibili e altri generi di prima necessità, con conseguenze gravissime.

L’Esercito siriano, con l’appoggio dei suoi alleati, lotta da quattro anni per liberare Aleppo est dai ribelli armati e restituirla all’amministrazione dello Stato, ma senza esito positivo. Da una parte e dall’altra, bombardamenti e cecchini hanno causato migliaia di vittime e, da quattro anni, la vita in città è un inferno.
Un mese fa, i ribelli armati hanno preso il controllo dell’unica strada che collega Aleppo ovest al resto del mondo, impedendo, come molte volte negli anni scorsi, agli abitanti di lasciare la città o di rientrarvi e causando gravi penurie. Dopo tre settimane di combattimenti, le truppe governative sono riuscite a riconquistarla ed hanno messo sotto assedio i quartieri est. Da due settimane, i ribelli sono quindi bloccati insieme agli abitanti che hanno scelto di non allontanarsi.

Lo Stato siriano è ormai fermamente deciso a liberare una volta per tutte Aleppo dalle grinfie dei terroristi di al-Nusra, che occupano i quartieri est (al-Nusra è considerato unanimemente dalla comunità internazionale un gruppo terroristico al pari di Daesh).
Dato che l’Esercito siriano è riuscito ad assediare la parte ribelle di Aleppo, impiega bombardamenti aerei e combattimenti terrestri per raggiungere il suo obiettivo, ma prima di iniziare l’attacco ha lanciato volantini ed inviato messaggi SMS, chiedendo alla popolazione civile rimasta – la maggioranza ha abbandonato Aleppo est nel corso degli anni – di allontanarsi e rifugiarsi nella zona ovest. Ha aperto sette posti di passaggio e molti ne hanno approfittato rischiando la vita, poiché i gruppi armati li ostacolavano, per utilizzarli come scudi umani. Questi atti di guerra fanno naturalmente numerose vittime tra i terroristi, ma anche tra la popolazione civile.

D’altra parte, i terroristi di Aleppo est hanno intensificato i bombardamenti dei quartieri residenziali di Aleppo ovest, con decine di vittime quotidiane. Mercoledì 28 settembre, un diluvio di bombe e bombole è precipitato sul quartiere cristiano di Azizie, causando dieci morti e un numero doppio di feriti. Venerdì 30 settembre, tutti i quartieri di Aleppo sono stati sotto tiro dei ribelli con un bilancio gravissimo: trentasei morti e numerosi feriti gravi.

I media occidentali mostrano, però, soltanto immagini con le distruzioni, la sofferenza degli abitanti di Aleppo est e l’indignazione della comunità internazionale. Nessuna notizia, invece, sulla sofferenza degli abitanti di Aleppo ovest, sui morti e feriti causati dai bombardamenti dei ribelli.
I cristiani di Aleppo hanno vissuto da sempre nei quartieri del centro città e della zona occidentale. In quattro anni di guerra, tre quarti di loro hanno preso il cammino dell’esodo. Attualmente ne restano circa quarantamila, e i bombardamenti degli ultimi giorni li hanno colpiti deliberatamente.

La stragrande maggioranza dei cittadini di Aleppo ovest plaude vivamente all’offensiva dell’Esercito siriano. Durante quattro anni, hanno troppo sofferto per i tagli dell’acqua e dell’elettricità, per i numerosi blocchi e per i proiettili di mortaio che, ogni giorno, hanno falcidiato le loro donne, i loro mariti, i loro figli i loro amici ed hanno spinto all’esodo metà della popolazione. Essi pensano che è dovere dello Stato proteggere la popolazione e liberare le città.

Noi ripudiamo le inumane azioni di guerra, noi denunciamo i crimini di guerra, siamo atterriti per tutte le sofferenze patite, ma siamo anche indignati per la lettura parziale e distorta che i media fanno della guerra di Aleppo.
Tutti i Siriani, e particolarmente gli Aleppini, aspirano alla pace. Hanno nostalgia del loro bel Paese stabile, sicuro, prospero e laico dell’anteguerra. Nessuno desidera vivere sotto un regime islamista, e tutti vogliono che questa guerra – che ha generato trecentomila vittime, il doppio di feriti e mutilati, otto milioni di sfollati, tre milioni di rifugiati su una popolazione di ventitré milioni [quasi nove milioni di Siriani si sono riparati nelle zone controllate dal governo, n.d.r] – cessi mediante un processo politico e negoziato.

Nabil Antaki (Maristi blu)
Aleppo, 30 settembre 2016

P.S. Dal 30 settembre, il bilancio delle vittime di Aleppo ovest non cessa di aggravarsi e piangiamo ogni giorno numerose vittime.
Nabil Antaki

Traduzione : Maria Antonietta Carta


13 ottobre 2016, Sulaymaniyeh (quartiere cristiano di Aleppo ovest) missili ribelli colpiscono la scuola  elementare al-Ta'ai Grammar School : uccidono 4 bambini e moltissimi feriti


Radio Vaticana, 15 ottobre 

Ieri ha fatto il giro del mondo il disperato appello delle Carmelitane di Aleppo alla comunità internazionale affinché ponga fine a questa guerra. Per una testimonianza dalla martoriata città, Mons. Antoine Audo, presidente di Caritas Siria e vescovo caldeo di Aleppo:
  R. – Quella delle Carmelitane è una testimonianza seria, degna di fiducia. Si tratta di tre suore carmelitane francesi di grande qualità che sono qui da anni con altre religiose siriane. Io le conosco bene: ogni mercoledì mi reco da loro per celebrare la Messa e passare un po’ di tempo con loro. 
Per noi è importante far sapere che nella parte Ovest, dove ci sono due milioni di abitanti, ci sono molti cristiani che abitano nel loro quartiere, ma anche tanti che sono partiti. Nessuno parla di tutte queste bombe che cadono ovunque, anche sui cristiani.

D. - Fino a poco tempo fa le organizzazioni umanitarie operavano solo nella parte della città controllata dai miliziani…
R. - Noi come Caritas ci troviamo sul posto. Ci sono tanti gruppi che lavorano, come la Croce Rossa, si fa un lavoro organizzato ma il problema è che da noi questi bombardamenti ci sono ogni giorno dappertutto e nessuno ne parla. Ad esempio, ieri mattina hanno bombardato una scuola nel quartiere cristiano, hanno ucciso quattro o cinque bambini, una cinquantina di feriti. Una scuola!

D. - Perché secondo lei i mezzi di comunicazione non parlano di Aleppo Ovest?
R. - Penso che quelli che hanno il controllo delle informazioni dell’Occidente hanno un’agenda politica. Dobbiamo come cristiani, come gente onesta, chiedere chi c’è dietro questa manipolazione, questa strumentalizzazione dei media. Questo è molto chiaro per noi.

D. - Secondo le stime più aggiornate i cristiani rimasti ad Aleppo sono appena 35mila. Che futuro per queste persone? Quali speranze?
R. - Penso che se la guerra va avanti nessuno rimarrà ad Aleppo. Questa è la mia convinzione. Chi può parte. Solo quelli che non possono, quindi i poveri e gli anziani rimangono qui. A poco a poco sarà la fine di questa bella comunità cristiana di Aleppo. Questo è il nostro dramma e questa è la nostra sofferenza. Cerchiamo di fare tutto quello che possiamo. Diciamo: “Pace! Pace! Pace”, ma dall’altra parte non c’è pace, bensì “ Guerra! Guerra! Guerra”. Fino alla distruzione. 

mercoledì 12 ottobre 2016

Le Carmelitane di Aleppo e l'altro versante della sofferenza

Le religiose del Carmelo di Aleppo scrivono ad 'Aiuto alla Chiesa che Soffre' questa lettera, testimonianza di ciò che le popolazioni vivono nel quotidiano.
Un appello che accompagna quelli già pubblicati nei giorni scorsi, dei Vescovi e dei Patriarchi delle diverse confessioni cristiane presenti in Siria e ad Aleppo in particolare. Parliamo di Mons. Jean-Clément Jeanbart, arcivescovo greco-melkita di Aleppo; Mons. Joseph Tobji arcivescovo maronita di Aleppo; Gregorio III Laham, patriarca cattolico siriano con doppia sede a Damasco e Beirut; Mons Samir Nassar Arcivescovo maronita di Damasco; Mons. Antoine Audo Vescovo caldeo di Aleppo, e altri...
Tutti loro raccontano angolature diverse di una storia che stride duramente con il racconto quotidiano dei media internazionali, in cui trovano spazio solamente le sofferenze della parte della città occupata dai jihadisti sottoposta ai bombardamenti siriani.
Le Suore del Carmelo di Aleppo che partecipano del quotidiano calvario della Siria e della loro città, accoratamente manifestano le stesse preoccupazioni dei Vescovi: 
supplichiamo insieme a loro la protezione della Vergine Maria per la conversione dei cuori e la fine delle atrocità.



ALEPPO: Non ne possiamo più!

11 ottobre 2016

«Come già sapete dalle informazioni fornite in Occidente, i bombardamenti su Aleppo est sono numerosi. Ma la situazione ad Aleppo ovest non è affatto migliore, sebbene i media non ne parlino. Questa parzialità delle notizie ci addolora molto, perché siamo tutti i giorni direttamente o indirettamente testimoni, per le notizie che riceviamo dai preti o da persone vicine e conosciute, di tutti i disagi vissuti in numerosi quartieri ovest della città: granate, missili ed armi sempre più sofisticate, senza parlare della mancanza totale di acqua e di elettricità, (tagliate dai gruppi armati nemici) che fanno sempre più vittime; i morti e i feriti si contano a decine tutti i giorni anche là».

«Da una settimana, questo prete non smette di seppellire vittime civili»

«L'altro giorno, un sacerdote che celebra per noi la messa una volta alla settimana è arrivato in lacrime: abita a Midan, un quartiere popolare che da tre anni, senza tregua, è obiettivo di attentati. Questo sacerdote, da una settimana, non smette di seppellire le vittime civili. In un altro quartiere molto popolare, quasi totalmente abitato da musulmani, vicino all'ospedale San Louis gestito dalle suore di San Giuseppe dell'Apparizione, alcuni obici hanno fatto qualche giorno fa una decina di morti e più di 70 feriti.

NON NE POSSIAMO PIU' e chiediamo INCESSANTEMENTE LA FINE DEI COMBATTIMENTI nella città e DOVUNQUE, insieme a una maggiore OBBIETTIVITA' nelle notizie, per semplice rispetto verso tutti questi poveri che soffrono (perché si tratta praticamente di famiglie molto modeste, se non poveri ed anche miserabili!).»

«Contemplative al cuore della violenza»

«Detto questo, non smettiamo di confidare che un giorno la verità trionferà e che il male, la menzogna e la corruzione, a qualunque parte appartengano, saranno presto sconfitte dalla verità, dalla riconciliazione e da veri progetti di pace, per la nostra conversione al Signore. Siamo le prime a riconoscere questo bisogno di conversione nel cuore di ciascuna di noi!

Ringraziamo per la preghiera affinché tutto ciò che viviamo nell'oscurità della nostra vita nascosta o nella nostra povera testimonianza di contemplative nel pieno cuore della violenza e della guerra, sia vissuto in umiltà, pace e verità.

In questo mese del Rosario, vi affidiamo tutti e tutte alla protezione materna, tutta tenerezza e misericordia della santa Madre di Dio, e Madre nostra, che ci conduca con il suo esempio e ci ottenga di amare col suo stesso cuore»

 (trad OpS)

domenica 9 ottobre 2016

L'accorato appello dell'arcivescovo cattolico greco-melkita di Aleppo, mons. Jean-Clément Jeanbart

Questo è ciò che accade ad ALEPPO  

 "Il mondo intero è terrorizzato alla vista dell'immagine di Aleppo che i mass media in questi ultimi giorni vi hanno rappresentato. Molti dei nostri amici all'estero sono preoccupati e vogliono sentirlo da noi. 

Viviamo momenti tragici della nostra storia e ciò che accade continua a far soffrire Aleppo e gli Aleppini che da più di cinque anni non hanno potuto avere pace, talmente sono stati assillati e massacrati dai gruppi armati venuti da ogni parte del mondo, per condurre una sedicente guerra santa, in un paese governato (secondo loro) da atei e da infedeli!
Da cinque anni a questa parte i terroristi dettano legge, là dove le autorità civili del paese non arrivano ad essere presenti. Hanno seminato dovunque il terrore, ucciso decine di migliaia di innocenti, distrutto migliaia di fabbriche, i commerci e le istituzioni dei servizi pubblici, saccheggiato le abitazioni e rubato senza preoccupazione alcuna i beni del paese e dei cittadini.
Hanno fatto un sacco di vittime innocenti, rapito e brutalmente assassinato innumerevoli persone pacifiche, tra suore, sacerdoti e anche vescovi.
Questo continua ancora oggi: questa mattina una dozzina di obici sono caduti in due delle nostre aree residenziali causando ulteriore distruzione e in un caso, facendo numerosi morti e feriti.
Alcune battaglie infuriano nelle periferie della città, i ribelli del fronte "Al-Nusra" provano a riprendere posizione nelle zone considerate come strategiche, spopolate quasi totalmente e quasi interamente distrutte, che occupavano fino allo scorso giugno nella periferia della città. Immagini di questi luoghi di desolazione totale sono diffuse largamente dalle catene di televisione. E' là che le grandi battaglie in corso hanno luogo attualmente.
Abbiamo messo grandi speranze sul cessate il fuoco deciso tre settimane fa, sperando che potesse consentire la pacificazione seguita da una riconciliazione nazionale e di una ripresa della vita normale nel paese!
Purtroppo questa tregua, indebolita dalle continue violazioni degli avversari radicali, è stata ufficialmente rotta in questi ultimi giorni, dopo i raid inaspettati della coalizione alleata dei ribelli a Deir-El-Zor.
Questi raid hanno raggiunto una base militare dell'esercito siriano e ucciso più di 90 soldati nelle loro caserme, per non parlare del numero non dichiarato di feriti. E' così che si possono fermare i combattimenti? 
Per questo speriamo e contiamo sulla grazia di Dio, l'unica capace di svegliare la coscienza dei grandi decisori. Lo spettacolo terrificante di ciò che accade ha di che scuotere ogni uomo che rispetta la sacralità della vita umana. Così se il signor Staffan de Mistura riesce a rilanciare il processo di pace già avviato, possiamo sperare in una schiarita e forse anche dei risultati concreti di pacificazione, preliminare indispensabile alle basi del dialogo tanto auspicato.
La cosa più difficile per i cristiani che sono attualmente presenti ad Aleppo sarebbe la prospettiva di dover vivere, mattina e sera, nell'ansietà per questa situazione di insicurezza destabilizzante e di incertezza sconcertante. Hanno paura dell'indomani, l'avvenire dei loro bambini li preoccupa enormemente. Immaginare che un giorno uno stato musulmano integralista verrebbe imposto a loro, è per essi un incubo insopportabile.
È per questo che ci rivolgiamo ai nostri fratelli in Francia e in tutto l'Occidente, e vi preghiamo di aiutarci a far sì che questo non accada. Non stiamo chiedendo a voi di fare la guerra per noi, ma solo di porre fine alle pretese ingiuste dei vostri alleati che ci vogliono imporre leggi antiquate, insopportabili per un uomo del XXI secolo che vuole essere libero di scegliere la sua cultura, il suo stile di vita e la sua fede.
Facciamo appello ai nostri fratelli in Francia di pregare per noi e perché tutte le donne e tutti gli uomini francesi preoccupati della dignità dell'essere umano ed innamorati della libertà, vengano in nostro soccorso per sottrarre il nostro caro Paese dal baratro del regime fondamentalista in cui si cerca di immergerci. Per favore, aiutateci a continuare a vivere dignitosamente su questa terra benedetta che ci ha visti nascere e crescere!"
Aleppo, 28 settembre 2016                                                                                                                   + Jean-Clément JEANBART,  Arcivescovo di Aleppo

venerdì 7 ottobre 2016

I bambini di Aleppo chiedono la pace





Mons. Georges Abou Khazen vuole dare risalto a un progetto che prende il via in questi giorni in tutta la Siria, e che coinvolge giovani cristiani e musulmani: “Stiamo promuovendo una campagna - racconta - che punta a raccogliere un milione di firme di ragazzi e ragazze siriani per la pace. L’iniziativa è sostenuta da enti, realtà, organizzazioni cristiane e musulmane e coinvolge tutto il Paese. Noi, con i giovani che frequentano la nostra chiesa ad Aleppo, li stiamo sensibilizzando sul tema, e loro rispondono realizzando disegni, opere e testi che raccontano come loro vedono la guerra, una testimonianza diretta dai loro occhi”. Queste opere, aggiunge, verranno presentate “agli organismi competenti delle Nazioni Unite e alla comunità internazionale”.
Ad Aleppo, conclude il prelato, “Il 6 ottobre è in calendario un grande incontro cui parteciperanno fra i 600 e i 700 bambini. Non solo cristiani, ma anche loro amici e conoscenti musulmani. In questo contesto rilanceremo il sostegno alla campagna di raccolta firme e distribuiremo alcuni piccoli regali, come la t-shirt per la pace”
http://www.asianews.it/notizie-it/Francescani:-in-Siria-%E2%80%9Czone-di-sicurezza-Onu.-Vicario-Aleppo:-dai-bambini-un-milione-di-firme-per-la-pace-38761.html










Anche nel giorno dell'iniziativa dei bambini a favore della pace, morti e feriti nei quartieri cristiani. Vescovo Audo: informazione occidentale manipolata

Agenzia Fides 7/10/2016

 Erano diverse centinaia i bambini e i ragazzi di Aleppo, cristiani e musulmani, che nella giornata di ieri, giovedì 6 ottobre, si sono radunati per chiedere con la preghiera e il canto che torni la pace in tutta la Siria. Il raduno si è svolto nell'ampio spazio davanti all'edificio dell'ex scuola francescana di Terrasanta. Analoghe manifestazioni si svolgeranno oggi nelle scuole di Damasco, Homs Yabroud, Tartus. 

Ad Aleppo, anche nel giorno dell'iniziativa dei bambini a favore della pace, colpi di artiglieria sono caduti in abbondanza anche sui quartieri controllati dal'esercito siriano, provocando morti e feriti.
 “Da settimane” riferisce all'Agenzia Fides Antoine Audo SJ, Vescovo caldeo di Aleppo, “siamo di nuovo in una situazione di terrore generale, anche se si cerca di mantenere aperte istituzioni pubbliche come l'università. Dai quartieri controllati dai ribelli arrivano ogni giorno colpi d'artiglieria con armi sofisticate, che seminano morte, anche se i ribelli non hanno gli aerei. Tra i soli cristiani, nelle ultime due settimane, ci sono stati più di venti morti. Ma di quello che succede da noi, i media occidentali non parlano. A noi che siamo qui, tutto il sistema mediatico globale appare manovrato da interessi geopolitici che manipolano l'informazione. Tutto diventa pretesto di propaganda. E si continua a nascondere il ruolo e le operazioni messe in atto da Paesi come la Turchia, il Qatar e l'Arabia Saudita”.

http://www.fides.org/it/news/60922-ASIA_SIRIA_I_bambini_di_Aleppo_chiedono_la_pace_Il_Vescovo_caldeo_informazione_occidentale_manipolata#.V_etLPmLSM8

martedì 4 ottobre 2016

Pace per Aleppo, nella giustizia e nella verità

 Aleppo muore!”. Accendi la TV, ascolti un TG qualsiasi, anche TG2000, e sei investito da servizi che il fantomatico "Osservatorio per i diritti umani siriano" (ONDUS) con sede in Inghilterra ha puntualmente preparato per raccontarti l'orrore che i 100.000 bambini, sì proprio centomila su una popolazione totale di 250.000 persone rimaste ad Aleppo est, stanno patendo per colpa dell' "assedio" e dei bombardamenti di Russi e Siriani.
 Save the Children  addirittura dichiara: “I bambini di Aleppo orientale sono esposti a un tale livello di pericolo a causa delle cosiddette “bombe terremoto” o bombe anti-bunker che non possono nemmeno frequentare le scuole sotterranee”.

Anzitutto dico: fosse anche una sola persona a morire (bambino, vecchio, donna o soldato) per me non fa differenza. Il dolore è lo stesso perché ogni persona ha una famiglia e un valore immenso per chi la ama; ogni persona è una ricchezza anche per la propria gente e la propria nazione.
  Posto questo, bisogna che si dica che non da adesso Aleppo sta soffrendo e in buona misura morendo, nè i suoi guai sono iniziati con i bombardamenti siriani e russi. Il calvario di Aleppo è iniziato da più di 4 anni e cioè da quando i tagliagole jihadisti e takfiri salafiti di tutte le provenienze l'hanno invasa e ne hanno preso possesso per buona parte. Molti Cristiani hanno pagato con la vita la coerenza con la loro fede.  
  Hanno terrorizzato la popolazione con esecuzioni terribili ed esemplari, costringendo tutti ad assistere.  Da ormai 4 anni quotidianamente costoro scaricano su Aleppo ovest (in mano ai governativi) immani quantità di bombole piene di esplosivo, i cosiddetti "cannoni dell'inferno" che hanno causato migliaia di vittime civili intenzionali! 

Tutto questo calvario è stato continuamente accompagnato da innumerevoli appelli da parte dei Vescovi delle varie confessioni religiose presenti in Siria e ad Aleppo in particolare, perché la comunità internazionale facesse qualcosa di concreto per fermare il terrore.
Le richieste sono state sempre le stesse: bloccare i flussi di armi ai Jihadisti ed eliminare le sanzioni. Sanzioni che la comunità internazionale  ha comminato alla Siria per punire Assad della repressione attuata nel 2011 verso i manifestanti “pacifici” che, assieme allo slogan “Cristiani a Beirut, Alawiti nella tomba”, chiedevano “maggiore democrazia” e riforme. 
Leggete qua:  Vescovo maronita di Aleppo al Senato italiano: assediati dai terroristi, noi vittime dei ribelli

Quanto sopra, per dire chiaramente che:
1° I morti quotidiani nella parte occidentale valgono almeno quanto quelli della parte orientale, tenendo anche conto che la popolazione rimasta ad Aleppo est (da alcune fonti stimata ormai a poco più di 150mila) in  buona parte viene usata come scudo umano dai miliziani.
2° Occorre riconoscere chi sono gli aggrediti e chi sono gli aggressori. Distinzione che sembra obliata dalla totalità dei mezzi di informazione, ma dalla quale discendono conseguenze in ordine al diritto internazionale, non di poco conto (in primis il diritto a difendersi e a scegliersi alleati per combattere l’invasore).

Questa guerra deve finire al più presto, ma non è un cessate il fuoco unilaterale che la fermerà: ormai è chiaro che i “ribelli moderati” sono tali solo nella mente degli USA, nella realtà sono alleati o organici alle altre varie fazioni terroriste; dal momento che a queste milizie è stato offerta dai Russi e da parte governativa, in più occasioni, la scappatoia del salvacondotto per loro e le proprie famiglie (cosa accettata in almeno 700 altre località della Siria), il rifiuto è da considerarsi uno stratagemma: chiedere attenzione umanitaria alla comunità internazionale denunciando le crudeltà di chi legittimamente li vuole sloggiare.

Esistono altri modi per uscirne?
Una speranza, seppure flebile, arriva anche dalla richiesta alle Nazioni Unite da parte dei Francescani della Custodia di Terrasanta, per l’invio di una forza d’interposizione (caschi blu) ad Aleppo ed in altre parti della Siria per fermare i combattimenti e per arrivare a una pace duratura.
Su questa possibilità ho qualche riserva in quanto l’ONU ha dimostrato spesso di non essere affatto un organismo super partes e anche in altre occasioni (Africa e Balcani) non ha dato il meglio di sé.

Cosa possiamo fare noi? Innanzitutto pregare perché il popolo siriano abbia presto giustizia e pace. Rosari e Sante Messe non andranno sprecati.
 Insieme a questo dobbiamo parlare, facendo anche la fatica di cercare di capire sempre a chi giova la notizia: il vero e il falso sono spesso nascosti ad arte e a noi tocca la responsabilità di discernere al meglio.
 Pace ad Aleppo! Pace alla Siria! Pace al mondo intero nella giustizia e nella Verità.

  Gb. P.


Aleppo insanguinata

di Charlotte d’Ornellas -
29 settembre 2016
Il calvario di Aleppo è molto reale, da una parte e dall'altra dell'assurda frontiera creata dalla guerra.
Questo mercoledì mattina, da uno dei quartieri attualmente sotto il controllo dell'esercito siriano, Pierre le Corf mi dice:
Scusa, ora non posso parlarti, è appena caduta una bomba . Pierre è un giovane francese che, da oltre sei mesi, ha scelto di vivere tra gli Aleppini.
Dopo qualche minuto, posta una fotografia delle sue mani insanguinate, ma non è il suo sangue. E' di un uomo a cui un secondo proiettile ha strappato il braccio, mentre a pochi metri di distanza cercava di fuggire. L'uomo viene caricato in una macchina, e muore dopo pochi istanti.

Immaginate di essere pesci rossi in un vaso con il collo stretto, da cui è impossibile uscire, con acqua non sufficientemente torbida per nascondere il mondo che continua a girarvi intorno, ma abbastanza perchè il mondo non si accorga di voi”, scrive sulla sua pagina Facebook, dove è supportato da decine di commenti di Aleppini grati per le testimonianze che trasmette ai Francesi che scelgono di leggerle.

Ancora un'altra giornata molto dura per gli estenuati abitanti di Aleppo. Sul lato occidentale della linea del fronte, le bombe provocano esattamente gli stessi danni, e molti Siriani che vivono nell'area governativa sono amareggiati per la minore attenzione che i giornalisti occidentali riservano loro: come se le loro vite valessero meno di quelle dei compatrioti che vivono nelle zone "ribelli".

Tu non sei un giornalista, Pierre, racconti la verità priva di qualsiasi artificio”, commenta una giovanissima Aleppina.
Ma contrariamente a chi ha una visione semplicistica della realtà e vede la città divisa tra buoni e cattivi, gli Aleppini che affollano la zona lealista si preoccupano per i civili, loro fratelli, che muoiono dall'altra parte del fronte.

"Stasera, la mia preghiera è un grido al Cielo per i nostri fedeli ed anche per i civili che muoiono dall' altra parte"  confida fratel Georges Sabe, un fratello marista che si adopera da anni per la popolazione, e in particolare dagli inizi di questa orribile guerra.

Oggi, mercoledì sera, si trova al capezzale di Pamela: una bimba di sei anni in attesa di essere operata, perchè durante il pranzo una granata l'ha colpita alla colonna vertebrale, in un attentato che ha ucciso due persone.
Ancora un giorno di dolore”, commenta timidamente Padre Georges. Un'altra ancora, da quando i 'ribelli' penetrarono nella zona est della città nel luglio 2012.
Stasera, terrò una lampada accesa davanti all'icona della Santa Vergine” conclude, invocando tutte le persone di buona volontà a fare altrettanto ovunque sulla Terra.

Il calvario di Aleppo è palese da una parte e dall'altra di questa assurda frontiera creata dalla guerra. Anche da quella parte centinaia di migliaia di persone soffrono il martirio: sono gli abitanti dei quartieri ovest o gli sfollati dai quartieri est, fuggiti all'arrivo di 'ribelli' subito temuti come la peste. Altri provengono dai villaggi circostanti, abbandonati per lo stesso motivo.

Tutti hanno un unico e insopprimibile desiderio ormai: la pace. E come le sofferenze, anche questa aspirazione è sicuramente la stessa nei cuori dei civili dell'altro lato della città insanguinata.

Trad. Maria Antonietta Carta


I Francescani: fare di Aleppo una “Zona di Sicurezza” sotto il controllo dei Caschi Blu

Agenzia Fides 4/10/2016

 La comunità internazionale deve adoperarsi concretamente “per fare di Aleppo una Zona di Sicurezza” da porre sotto il controllo diretto “delle Forze di pace dell'Onu”, applicando alla tragica situazione siriana “le migliori soluzioni apprese in precedenti esperienze per garantire la massima collaborazione e la riuscita dell’iniziativa”.
Nel giorno in cui la Chiesa celebra la festa di San Francesco di Assisi, i Frati Minori – componente della Famiglia francescana di cui fa parte anche la Custodia di Terra Santa – lanciano un appello urgente e pieno di implicazioni operative per chiamare la comunità internazionale a fermare la carneficina in atto nella città martire e in altre aree della Siria. 

L'appello, co-firmato dal Ministro generale Fr. Michael A. Perry OFM e dal Custode di Terra Santa Fr. Francesco Patton OFM, richiama l'attenzione sul fatto che anche “altre zone di Sicurezza dovrebbero essere create in Siria, come parte integrante di un piano completo per garantire l’incolumità di tutti e raggiungere definitivamente la pace. Queste Zone – si legge nel testo dell'appello, pervenuto all'Agenzia Fides - dovrebbero essere poste sotto il controllo delle Forze di Pace dell’ONU, che opererebbero su mandato del Consiglio di Sicurezza e con la totale cooperazione delle diverse parti coinvolte nella guerra”. 
I superiori dell’ordine dei Frati Minori e della Custodia di Terra Santa chiedono a ”tutte le forze in campo e a tutti coloro che hanno responsabilità politiche, di mettere al primo posto il bene della popolazione inerme della Siria, di far immediatamente tacere le armi e di porre fine all’odio e a qualsiasi tipo di violenza, in modo tale che si possa davvero trovare e percorrere la via della pace, della riconciliazione e del perdono”. 
In particolare – fanno notare p. Perry e p. Patton - l'istituzione di una Zona di Sicurezza attorno ad Aleppo “permetterebbe alla popolazione tutta, provata dalle immani conseguenze del conflitto, senza discriminazione alcuna, di poter ricevere i necessari aiuti umanitari, ritrovare sicurezza e protezione e riscoprire la fiducia e la speranza in un futuro immediato abitato e animato solamente dalla pace”.
Un pensiero è rivolto dai due Superiori religiosi anche “ai nostri confratelli che con coraggio continuano a vivere in Siria e a testimoniare, come veri “buoni samaritani”, la loro vicinanza di servizio concreto a tutta la popolazione gravata dalle strazianti conseguenze del conflitto”.

Attualmente sono circa quindici i Frati Minori presenti in Siria. Tra loro – confermano a Fides fonti locali -, oltre ai religiosi dislocati a Damasco, Aleppo e Latakia, ci sono due frati che continuano a svolgere la loro opera pastorale a Knayeh, Yacoubieh e Jdeideh, i paesini della Valle dell’Oronte, sottoposti al dominio delle forze jihadiste, dove alcune centinaia di battezzati continuano a vivere, pregare e partecipare alle Messe celebrate nelle tre parrocchie cattoliche spogliate delle campane, delle croci e delle statue dei Santi. I due frati che stanno con loro sono gli unici sacerdoti e religiosi cristiani rimasti nelle terre dove dettano legge le milizie jihadiste.