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lunedì 11 luglio 2016

Padre Ibrahim Alsabbagh: la guerra in Siria è per il potere in Medio Oriente

La situazione di Aleppo e della Siria nelle parole di fra ibrahim a R. Vaticana:
"Siamo proprio nel mirino del caos, perché non si trova una via d’uscita diplomatica e neanche militare."


Pesantissimo bilancio dei bombardamenti in corso sui quartieri di Aleppo nella zona governativa. Da tre giorni alNusra e altri gruppi jihadisti lanciano senza sosta missili di ogni tipo, causando morti , feriti e distruzioni immani nei quartieri siriaci.


D. – Cosa blocca la pace?
R. – La mancanza di un accordo internazionale. Come diceva il Papa, è una guerra mondiale a pezzi in Medio Oriente, è più che una guerra civile. Quindi, per arrivare a una pace bisogna arrivare a un accordo ed è quello che ci manca oggi.

D. – Che interessi si confrontano, in Siria?
R. – Prima di tutto, l’interesse economico, che è molto importante, perché ci sono questi grandissimi pozzi di petrolio e di gas. Ma oltre a questo e legato all’elemento economico c’è la posizione geografica della Siria e il passaggio del gas: è la fonte di quel passaggio del gas che è argomento di discussione tra diversi Paesi. Poi, c’è l’elemento religioso: dal mio personale punto di vista è soltanto secondario. Il primo è l’elemento economico e legato a questo c’è un altro elemento imponente, che è quello del dominio, del potere: chi dovrà controllare tutto il Medio Oriente …

D. – Qual è la situazione sul campo?
R. – Sempre secondo il mio punto di vista, la Siria si trova divisa, oggi; divisa in diverse grandi parti. C’è a ovest la forza dell’esercito regolare, ma poi anche la parte della Russia, mentre nel nordest c’è la presenza di curdi e la presenza, anche, dell’Isis. Noi ad Aleppo, con la nostra posizione siamo al centro, nell’occhio del ciclone, a una distanza di 70 km dalla frontiera turca, lunga oltre 240 km, da dove passa oggi il 55% di questi gruppi militari.

D. – La Turchia, quindi, lascia passare questi gruppi paramilitari?
R. – Non sappiamo se con intenzione o se ha la difficoltà che ha dichiarato in passato di controllare tutta questa lunga frontiera. Ma il dato di fatto è che il 95% di questi gruppi militari organizzati, armati fino ai denti passano di là ogni volta che l’esercito regolare vuole fare qualche mossa.

D. – Chi sono questi gruppi paramilitiari? Chi li arma?
R. – E’ quella la domanda fa, oggi, a tutto il mondo e insiste molto su questo elemento. Perché un “mostro” – o diversi “mostri” di decine di migliaia di persone addestrate e organizzata e armate – un mostro simile non può essere creato senza un padre e una madre. E la domanda dell’origine è proprio questa. Oggi tantissimi Paesi fanno la guerra in delega: alcuni di questi Paesi fanno la delega a questi gruppi armati.

D. – Aleppo  in che situazione è, in questo momento?
R. – La città è divisa: da una parte, nella parte est, ci sono questi gruppi militari e dall’altra parte noi, come comunità cristiane, viviamo nella parte ovest con le diverse altre comunità, sia quella sunnita sia quella sciita, sia quella dei curdi, come abbiamo vissuto una volta. E questa parte ovest è controllata dall’esercito regolare, però è praticamente circondata da questi gruppi di militari che di continuo lanciano i missili sulla popolazione: sulle chiese, sulle moschee, sugli ospedali, sulle scuole e sulle abitazioni della povera gente e sulle strade.

D. – Chi ha interesse a cancellare la Siria?
R. – Direi che ci sono tante parti che hanno interesse. Posso dire soltanto che chi ha interesse di continuare questa guerra è in numero maggiore di chi ha interesse a fare la pace. Sono stati spesi miliardi e miliardi per far avanzare questa guerra. E quelli che hanno interesse in questa guerra, sono in numero maggiore di quelli che hanno interesse a far pace.

D. – Colpisce tutto il popolo siriano, non soltanto la popolazione cristiana…
R. – Certamente. Tante volte ci sentiamo bersaglio per esempio dei colpi di missili come popolo. Qualche volta, però, sentiamo un odio mirato contro i cristiani.

sabato 9 luglio 2016

Lettera da Aleppo, a ferro e fuoco

8 luglio '16: 24 civili morti tra cui 12 bambini e più di 140 feriti, per i missili lanciati dai miliziani jihadisti sulle zone governative della città.
Lettera dei Maristi di Aleppo 

La guerra ci invade.
Si siede a tavola con noi, entra nei nostri cuori e spiriti. Si invita nel nostro quotidiano e lo trasforma…
C’è la guerra
Ci annuncia la sofferenza e la morte. Ci annuncia che bisogna odiare, distruggere ponti e relazioni…
C’è la guerra
I suoi motori funzionano a pieno regime, i suoi tamburi hanno un suono forte
Viene a trasformare le nostre notti in un lampo e il calore dei nostri giorni in una fornace…
C’è la guerra
Sporca le nostre mani…
Obbliga tanti ragazzi che erano innocenti a prendere le armi, sparare, bombardare, uccidere e sopprimere l’altro…
C’è la guerra
Si è messa alla guida di marchingegni infernali
Viaggia verso destini di morte
Non si ferma
Vomita la morte e continua a marciare blaterando.
C’è la guerra
Raduna i giovani in camionette, stretti come scatole di sardine, ammucchiati, bruciati dalla voglia di uccidere. Non arriverà loro l’eco delle lacrime delle madri, delle urla dei bambini…
Giocheranno a fare gli eroi
Alcuni festeggeranno nelle ambulanze
Altri faranno festa coricati sulle rovine della non vita.
C’è la guerra.
Viene a dirci: «Non vi lascio, vi amo tanto, ho voglia di voi. Vi invito al mio banchetto, non perdete l’appuntamento.»
Ecco l’indirizzo: Aleppo, via della Vergogna, palazzo della Miseria, piano della Sofferenza.
La guerra è il nostro quotidiano.
Noi rifiutiamo di partecipare al suo banchetto. Scegliamo la vita. Scegliamo l’altro, nella sua miseria e nella sua volontà di vivere e sopravvivere.
Per ogni bambino, ogni donna e ogni uomo, per tutti coloro che soffrono a causa di questa guerra, scegliamo di tendere la nostra mano, costruire un ponte, abbattere un muro di vergogna e di esclusione. Scegliamo di dare, di darci. Scegliamo di essere strumento del dono di Dio. Scegliamo il sentiero che porta alla vita.

Mohammed è un bambino del progetto «Voglio imparare». Dalla fine dell’anno scolastico, lavora. Come tutti i giorni mi ha appena chiamato per avere nostre notizie. 
 Mercoledì 1 giugno 2016 (giornata mondiale di preghiera per i bambini siriani), ho scritto per lui il messaggio che segue.
«Ci hai appena rinfrancati, alla fonte della pace: “Buongiorno, vorrei parlare con frère George!”. Non dimenticherò mai la tua voce. Mi chiamavi per chiedere notizie, per sapere se stavamo bene. In realtà, avrei dovuto farlo io piuttosto. Chiamarti e chiederti: «Come avete passato la notte? Siete stati in cantina? Per caso è caduto un colpo di mortaio vicino alla vostra casa? Come stanno Omar e Doha? Hanno dormito? E tu, piccolo amico di dieci anni, come stai? Hai avuto di che mangiare oggi? Sei andato a prendere l’acqua per lavarvi e pulire la casa? Quanti bidoni hai portato? E il pane, chi è andato a cercarlo? E poi come fate per il gas?
So che stai lavorando. Non mi scandalizzo per questo. So che lavorando, tu e tuo fratello, aiutate la mamma. Lavorare tanto. Più di dieci ore al giorno. Da quando è finito il progetto educativo, tu lavori…Non oso dire niente. Per provvedere ai bisogni minimi della famiglia, dovete lavorare. Il tuo sorriso rimane. Illumini la nostra vita. Vieni a dirci la felicità del mondo. Vieni a rinfrancarci alla fonte della pace.
Buongiorno Mohammad, voglio annunciarti la buona novella: oggi sei presente nella preghiera di tanti amici. Non solo tu, ma tutti i bambini della Siria. Penso a Georges, il piccolo che è stato appena battezzato, a Elias che è stato ucciso da un mortaio, a Hussein che è andato via, lontano dall’inferno di Aleppo. Penso a Israa che era tanto triste quando ha dovuto lasciare la scuola materna dei maristi. Penso ai bambini che tutti i giorni vengono a mangiare da noi, a Moufid, sua mamma mi ha appena confidato che il piccolo ha una fobia che lo paralizza, penso agli uni o agli altri bambini epilettici e a tanti altri i cui genitori vengono a chiedere aiuto…Mohammed, tu e tanti altri, siete il centro del mondo. Molte persone nel mondo stanno pregando per voi in questo momento.
E noi i Maristi, che sogniamo con te un mondo di pace e giustizia, vogliamo dirtelo: per te continueremo il cammino della solidarietà; per te costruiremo un mondo senza guerre, faremo il possibile perché la tua vita sia un canto alla pace!»
Per lui, per i suoi genitori e per tante famiglie, queste scelte si traducono nei nostri diversi progetti.
I panieri alimentari sono regolarmente distribuiti. Ogni famiglia riceve anche un paniere sanitario e 4.000 lire che coprono l’abbonamento per un mese a un generatore di elettricità. All’inizio dell’estate ogni membro delle famiglie che seguiamo ha ricevuto un paio di calzature nuove.
Il progetto «civili feriti di guerra» ha potuto salvare in quest’ultimo mese molte persone colpite dai proiettili di mortaio piovuti in abbondanza.
Malgrado le difficoltà di approvvigionamento riguardo al latte, soprattutto quello per i bambini di meno di un anno, siamo riusciti ad assicurarlo regolarmente ai destinatari del programma «goccia di latte».
Molte famiglie vengono a chiederci un sostegno per trovare una casa in affitto, quando sono obbligate a lasciare il quartiere diventato troppo rischioso.
La città ha subito diverse penurie idriche. Le nostre quattro camionette percorrono i quartieri e distribuiscono periodicamente 500 litri per ogni appartamento.
Dopo un periodo di sosta per il mese del ramadan, il progetto «Mit» lancia un nuovo programma di formazione per i mesi di luglio e agosto.



I bambini di «Voglio imparare» hanno trascorso una settimana di vacanze in colonia. Per la prima volta.
I giovani adolescenti hanno ripreso le attività nel quadro del progetto «Skill School». Una possibilità di «sognare ed essere creativi».

Il 6 giugno abbiamo inaugurato il nostro nuovo Spazio-Estate dove tutti i pomeriggi un centinaio di famiglie viene da noi, a rinfrancarsi. I bambini usano il campo da giochi che abbiamo appena risistemato, gli adulti si ritrovano per respirare un po’ d’aria fresca, prendere un caffè e soprattutto stare in un luogo sicuro.


Voglio terminare con le parole di Frère Emili, il nostro superiore generale, il quale rivolto ai ragazzi della «Skill School» ha detto: 
«Voi, ragazzi, siete chiamati ad ascoltare i vostri cuori per scoprire quale sia il vostro sogno… Avete bisogno di momenti di silenzio. Non lasciate che i signori della guerra rubino i vostri sogni!»
Aleppo,  27 giugno 2016,

Frère Georges SABE
per i Maristi blu

giovedì 7 luglio 2016

Amnesty International denuncia rapimenti, torture e uccisioni sommarie da parte dei gruppi armati ribelli sostenuti da Occidente



Amnesty International ha denunciato oggi un'agghiacciante ondata di rapimenti, torture e uccisioni sommarie da parte dei gruppi armati che agiscono nelle province di AleppoIdlib e in altre zone del nord della Siria
Alcuni di questi gruppi, nonostante si rendano responsabili di violazioni delle leggi di guerra, sono sostenuti da paesi quali Arabia Saudita, Qatar, Stati Uniti d'America e Turchia.

La denuncia di Amnesty International fornisce una fotografia di come si vive nelle zone controllate dai gruppi armati, in cui sono state create istituzioni amministrative e semi-giudiziarie. "Buona parte della popolazione vive nel terrore di subire rapimenti se vengono espresse critiche verso i gruppi armati o non ci si conforma alle rigide regole da questi imposte" - ha spiegato Philip Luther, direttore del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International.

"Oggi ad Aleppo e Idlib i gruppi armati sono liberi di commettere crimini di guerra e altre violazioni del diritto internazionale umanitario nella più completa impunità, ricorrendo persino agli stessi metodi di tortura utilizzati abitualmente dal governo siriano" - ha proseguito Luther. "Gli stati che fanno parte del Gruppo internazionale di supporto alla Siria, tra cui Arabia Saudita, Qatar, Stati Uniti d'America e Turchia, devono sollecitare i gruppi armati a porre fine agli abusi e a rispettare le leggi di guerra e devono inoltre cessare di fornire armi o altre forme di sostegno a gruppi implicati in crimini di guerra e altre gravi violazioni dei diritti umani" - ha dichiarato Luther.

Il documento reso pubblico oggi da Amnesty International si concentra sull'operato di cinque gruppi armati che, dal 2012, controllano parti delle province di Aleppo e Idlib: il Movimento Nour al-Dine Zinki, il Fronte al-Shamia, la Divisione 16, il Fronte al-Nusra e il Movimento islamico Ahrar al-Sham di Idlib. Questi gruppi, in diversi momenti del 2015, si sono aggregati alla coalizione Conquista di Aleppo (Fatah Halab).


Alcuni di questi gruppi, come il Fronte al-Nusra, il Fronte al-Shamia e il Movimento islamico Ahrar al-Sham hanno istituito un loro "sistema giudiziario" basato sulla legge islamica (shari'a), che si avvale di uffici della procura, forze di polizia e centri di detenzione. I "giudici", in alcuni casi, non hanno alcun rudimento della shari'a. Il Fronte al-Nusra e il Movimento islamico Ahrar al-Sham, applicando una rigida interpretazione della shari'a, hanno introdotto sanzioni equivalenti a maltrattamenti e torture.

Il documento di Amnesty International descrive i casi di 24 persone rapite tra il 2012 e il 2016 nelle zone di Aleppo e Idlib (tra cui attivisti pacifici, esponenti delle minoranze religiose e persino minorenni) e cinque casi di persone torturate dopo il rapimento, tra il 2014 e il 2015, da parte del Fronte al-Nusra e del Movimento Nour al-Dine Zinki.

Rapimenti e torture

"Ibrahim" (i nomi reali sono celati per motivi di sicurezza), un attivista politico rapito nell'aprile 2015 ad Aleppo dal Fronte al-Nusra, ha raccontato di essere stato torturato per tre giorni di seguito. Ritiene di essere stato preso di mira per aver organizzato manifestazioni pacifiche a sostegno della rivolta del 2011.

"Mi hanno portato nella stanza delle torture. Mi hanno appeso al soffitto per le caviglie, a testa in giù, nella posizione dello 'shabeh' [sospensione] e mi hanno picchiato su ogni parte del corpo. Poi sono passati alla tecnica del 'dulab' [pneumatico]: hanno stretto il mio corpo fino a farlo entrare all'interno di uno pneumatico e mi hanno colpito con bastoni di legno". L'uomo è stato successivamente rilasciato e abbandonato sul bordo di una strada.

"Halim", un operatore umanitario, è stato rapito dal Movimento Nour al-Dine Zinki nel luglio 2014 mentre stava supervisionando un progetto ospedaliero ad Aleppo. Lo hanno tenuto in completo isolamento per circa due mesi e lo hanno costretto a "confessare" sotto tortura: "Ogni volta che rifiutavo di firmare la guardia ordinava di torturarmi con la tecnica del 'bisat ah-rih' [tappeto volante]. Mentre avevo le mani sopra la testa, mi sollevavano le gambe in posizione perpendicolare e poi iniziavano a picchiarmi sulle piante dei piedi. Quando non ce l'ho fatta più, ho deciso di firmare".

Alcuni dei giornalisti e dei media-attivisti locali che raccolgono informazioni sulle violazioni dei diritti umani hanno raccontato di essere stati rapiti perché avevano criticato l'operato dei gruppi armati. Molti di loro sono stati poi rilasciati, a quanto pare a seguito delle proteste della popolazione.
"Issa", un media-attivista di 24 anni, ha cessato di pubblicare post su Facebook dopo aver ricevuto minacce dal Fronte al-Nusra. "Loro controllano quello che possiamo e non possiamo dire. O accetti le loro regole sociali o svanisci nel nulla. Negli ultimi due anni, quelli del Fronte al-Nusra mi hanno minacciato tre volte dopo che li avevo criticati su Facebook".

"Imad", un altro media-attivista, ha descritto il raid compiuto dal Fronte al-Nusra nel gennaio 2016 negli studi di Radio Fresh, nella provincia di Idlib. Due persone che lavoravano nella radio sono state rapite e trattenute per due giorni solo perché avevano mandato in onda musica giudicata offensiva nei confronti dell'Islam. I media-attivisti di Aleppo hanno raccontato di aver ricevuto minacce scritte e a voce da parte del Fronte al-Shamia e del Movimento Nour al-Dine Zinki per aver criticato questi gruppi armati o averli accusati di corruzione su Facebook.

Avvocati, attivisti politici e altre persone sono finite nel mirino del Fronte al-Shamia, del Fronte al-Nusra e del Movimento islamico Ahrar al-Sham a causa delle loro attività, delle opinioni politiche o della fede religiosa.
"Bassel", un avvocato di Idlib, è stato rapito nella sua abitazione nel novembre 2015 dopo che aveva criticato il Fronte al-Nusra. "Ero felice di essere libero dalle ingiustizie del governo siriano ma ora è peggio. Avevo scritto sul mio profilo Facebook un post critico nei confronti del Fronte al-Nusra. La mattina dopo sono venuti a prendermi".
L'avvocato è stato tenuto per 10 giorni in una casa abbandonata ed è stato liberato solo dopo essere stato costretto a lasciare la professione; in caso contrario, non avrebbe più rivisto i suoi familiari.
Un'attivista politica ha raccontato ad Amnesty International di essere stata rapita a un posto di blocco del Movimento islamico Ahrar al-Sham perché non indossava il velo ed era dunque sospettata di essere legata al governo siriano.

Amnesty International ha documentato anche i rapimenti di almeno tre minorenni di 14, 15 e 16 anni da parte del Fronte al-Nusra e del Movimento islamico Ahrar al-Sham, tra il 2012 e il 2015. Al 28 giugno 2016, due di loro risultavano ancora scomparsi.

Curdi del quartiere aleppino di Sheikh Maqsoud e sacerdoti cristiani sono stati rapiti a causa della loro religione. "Tutti i gruppi armati, soprattutto quelli che operano nelle province di Aleppo e Idlib, devono rilasciare immediatamente e senza condizioni tutte le persone trattenute solo a causa delle loro opinioni politiche, della loro religione o della loro etnia" - ha affermato Luther.

"I leader dei gruppi armati che operano nel nord della Siria hanno il dovere di porre fine alle violazioni del diritto internazionale umanitario, compresi i crimini di guerra. Devono condannare pubblicamente queste azioni e rendere noto ai loro subordinati che tali crimini non saranno tollerati" - ha proseguito Luther.

Uccisioni sommarie

Il documento di Amnesty International contiene prove di uccisioni sommarie compiute dal Fronte al-Nusra, dal Fronte al-Shamia, dai "tribunali" affiliati a questi gruppi o dal Consiglio supremo giudiziario, un organismo che ha sede nella provincia di Aleppo e la cui competenza è riconosciuta da svariati gruppi armati come l'unica autorità giudiziaria locale.

L'elenco delle persone uccise comprende un ragazzo di 17 anni accusato di essere omosessuale, una donna accusata di adulteriosoldati dell'esercito siriano o membri delle "shabiha" (le milizie filo-governative), combattenti dello Stato islamico e di altre formazioni armate rivali. In alcuni casi, le uccisioni avvengono in pubblico di fronte alla folla. L'uccisione deliberata di persone fatte prigioniere è vietata dal diritto internazionale umanitario e costituisce un crimine di guerra.

"Saleh", arrestato dal Fronte al-Nusma nel dicembre 2014, ha raccontato di aver incrociato cinque donne accusate di adulterio che, secondo una guardia, sarebbero state "perdonate solo con la morte". In seguito ha visto un video in cui uomini del Fronte al-Nusra mettevano a morte una delle donne in pubblico. Secondo il Codice unico arabo, una serie di norme basate sulla shari'a seguite dal Consiglio supremo giudiziario e dal "tribunale" del Fronte al-Shamia, determinati reati come l'omicidio e l'apostasia sono punibili con la morte.

"Emettere ed eseguire sentenze senza il giudizio di un tribunale regolarmente costituito e in assenza di garanzie giudiziarie è una grave violazione del diritto internazionale umanitario, equivalente a un crimine di guerra" - ha commentato Luther.

Negli ultimi cinque anni, Amnesty International ha ampiamente documentato i crimini di guerra e contro l'umanità commessi su scala massiccia dalle forze governative siriane così come gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, crimini di guerra inclusi, ad opera dello Stato islamico e di altri gruppi armati.

"Sebbene alcune parti della popolazione civile nelle aree finite nelle mani dei gruppi armati di opposizione possa aver inizialmente esultato per la fine del brutale dominio del governo siriano, le speranze che quei gruppi armati avrebbero rispettato i diritti umani sono svanite man mano che assumevano il controllo della situazione" - ha spiegato Luther. "Ora è fondamentale che nel corso dei colloqui di Ginevra Russia, Stati Uniti e l'Inviato speciale delle Nazioni Unite in Siria si concentrino sulla situazione delle persone detenute nelle carceri governative e di quelle rapite dai gruppi armati. Da parte sua, il Consiglio di sicurezza dovrebbe imporre sanzioni mirate nei confronti dei capi dei gruppi armati responsabili di crimini di guerra".

FINE DEL COMUNICATO          
Roma, 5 luglio 2016


link al rapporto completo:  http://www.amnesty.it/flex/cm/pages/ServeAttachment.php/L/IT/D/0%252F8%252F2%252FD.dc86ee198b8d0f062e8a/P/BLOB%3AID%3D8459

martedì 5 luglio 2016

“La pace in Siria è possibile”: videomessaggio di Papa Francesco #peacepossible4syria



Cari fratelli e sorelle,
oggi desidero parlarvi di qualcosa che rattrista molto il mio cuore: la guerra in Siria, oramai entrata nel suo quinto anno. E’ una situazione di indicibile sofferenza di cui è vittima il popolo siriano, costretto a sopravvivere sotto le bombe o a trovare vie di fuga verso altri paesi o zone della Siria meno dilaniate dalla guerra: lasciare le loro case, tutto... 

Penso anche alle comunità cristiane, a cui va tutto il mio sostegno a causa delle discriminazioni che devono sopportare.
Ecco, desidero rivolgermi a tutti i fedeli e a coloro i quali sono impegnati, con Caritas, nella costruzione di una società più giusta. 

Mentre il popolo soffre, incredibili quantità di denaro vengono spese per fornire le armi ai combattenti. E alcuni dei paesi fornitori di queste armi, sono anche fra quelli che parlano di pace. Come si può credere a chi con la mano destra ti accarezza e con la sinistra ti colpisce?
Incoraggio tutti, adulti e giovani, a vivere con entusiasmo quest’Anno della Misericordia per vincere l’indifferenza e proclamare con forza che la pace in Siria è possibile! La pace in Siria è possibile!
Per questo, siamo chiamati a incarnare questa Parola di Dio: «Io, infatti, conosco i progetti che ho fatto al vostro riguardo – dice il Signore – progetti di pace e non di sventura, per concedervi un futuro pieno di speranza» (Geremia 29,11).
L’invito è di pregare per la pace in Siria e per il suo popolo in occasione di veglie di preghiera, di iniziative di sensibilizzazione nei gruppi, nelle parrocchie e nelle comunità, per diffondere un messaggio di pace, un messaggio di unità e di speranza.
Alla preghiera, poi, seguano le opere di pace. Vi invito a rivolgervi a coloro i quali sono coinvolti nei negoziati di pace affinché prendano sul serio questi accordi e si impegnino ad agevolare l’accesso agli aiuti umanitari.
Tutti devono riconoscere che non c’è una soluzione militare per la Siria, ma solo una politica. La comunità internazionale deve pertanto sostenere i colloqui di pace verso la costruzione dì un governo di unità nazionale.
Uniamo le forze, a tutti i livelli, per far sì che la pace nell’amata Siria sia possibile.
Questo sì che sarà un grandioso esempio di misericordia e di amore vissuto per il bene di tutta la comunità internazionale!
Che il Signore vi benedica e la Madonna vi custodisca.
Grazie.


Il presidente della Caritas Internationalis, il cardinale Luis Antonio Tagle, che ha incontrato siriani in Libano e in Grecia, ha detto: “Non sono solo numeri, sono esseri umani. Dobbiamo dare loro speranza, dignità e pace. È necessario dare inizio ad un movimento mondiale per la pace. A nome di tutti coloro che sono colpiti da questo conflitto, lanciamo un appello a tutti per promuovere la pace in Siria”. #peacepossible4syria @iamCaritas


Sulla Campagna per la pace e il sostegno del Papa, R V. intervista il segretario generale di Caritas InternationalisMichel Roy:
R. – Sono più di cinque anni che la guerra continua a distruggere la Siria e il suo popolo. Abbiamo deciso allora di mettere un po’ più di voce, un po’ più di forza in questo impegno per la pace. Il primo punto è che di fronte ad una complessità così grande, crediamo che possa aiutarci il Signore: quindi il primo passo è pregare di più, in tutto il mondo! Non ci può essere indifferenza per ciò che succede in Medio Oriente! Il secondo punto: di fronte a tale sofferenza, manca molto aiuto: l’aiuto umanitario non arriva a tutta la gente che ha bisogno in Siria. Nei campi rifugiati c’è aiuto; ma all’interno della Siria gli sfollati sono molto numerosi – si parla di 7-8 milioni di persone – e c’è una crisi terribile. E  la Comunità internazionale non fa fronte a tutto questo. La terza tappa di questa Campagna, che è la più importante: domandare ai governi di tutto il mondo che si impegnino, in un modo o nell’altro, a facilitare, a pressare affinché ci sia la fine di questa guerra. Non si può lasciare tutto solamente ai grandi poteri – come la Russia, gli Stati Uniti o l’Unione Europea: ognuno deve impegnarsi!
D. – A sostegno di questa Campagna di Caritas Internationalis per la Siria c’è il Papa in prima persona, con un videomessaggio, forse anche per far sentire più forte la voce di Caritas Internationalis

R. – Sì, sicuramente. Siamo molto grati al Santo Padre e questo fa parte della sua visione, che abbiamo il dovere di rendere concreta. Lui ci invita a noi, a Caritas Internationalis, ma anche a tutti i cristiani, a tutta la gente di buona volontà, ad impegnarsi in questa Campagna. Non c’è mai troppo in questo campo! Sono sicuro che questo messaggio di Papa Francesco avrà un potere importante per far sì che qualcosa di nuovo venga fatto per porre fine alla guerra.

http://it.radiovaticana.va/news/2016/07/04/roy_francesco_sostiene_campagna_caritas_per_pace_in_siria/1241904

sabato 2 luglio 2016

Da Istanbul a Dacca: il sospetto di una regia


di Fulvio Scaglione

giovedì 30 giugno 2016

Commosso abbraccio a un pastore che ha dato la sua vita per il popolo affidatogli: padre Giuseppe Nazzaro


Con viva commozione, ieri 29 giugno 2016, abbiamo partecipato alla traslazione,  svolta in forma privata, di Mons Giuseppe Nazzaro ofm, dal cimitero locale alla chiesa madre di San Potito Ultra (AV).
Alla sera presso la Chiesa madre di S. Potito Ultra si è tenuta una Celebrazione Eucaristica ufficiata  da numerosi sacerdoti e confratelli, con la nutrita presenza dei devoti abitanti  del paese che ha dato i natali a padre Giuseppe.

Geppino Nazzaro era nato il 22 dicembre 1937 ed era entrato a 13 anni nel seminario minore della Custodia di Terra Santa, a Roma. Vestì il saio francescano nel 1956 ed emise la professione solenne nel ‘60. Ad Aleppo giunse per la prima volta nel 1966, un anno dopo l’ordinazione sacerdotale, avvenuta a Gerusalemme proprio 51 anni fa, il 29 giugno 1965. Vari incarichi in seno alla Custodia lo condussero a Roma (1968), ad Alessandria d’Egitto (1971) e al Cairo (1977).  Nel 1994 fondò, negli Stati Uniti d’America, la "Holy Land Foundation", per sensibilizzare i cattolici di quel Paese a sostenere la causa dei cristiani palestinesi.
Nel corso del Capitolo custodiale del 1986 venne nominato segretario della Custodia. È del 1992 la sua nomina a Custode di Terra Santa.  Al termine del mandato, nel 1998, fu trasferito in Italia, ma nel 2001 venne nuovamente inviato in Siria come Guardiano e Parroco del convento di S Antonio a Damasco (Salhieh). Un anno dopo venne scelto come vicario apostolico d’Aleppo da san Giovanni Paolo II e ordinato vescovo il 6 gennaio 2003 dal Papa stesso nella basilica di San Pietro. 
Indimenticabile ed indomito Pastore dei cattolici latini di Aleppo, mite eppure rigoroso difensore della Verità, continuò la sua opera pastorale e di aiuto alla popolazione, incurante dei pericoli, vivendo totalmente la propria responsabilità paterna verso la comunità cristiana della sua amata Siria.
Monsignor Nazzaro lasciò l’incarico nel 2013, al compimento dei 75 anni.  Tornato in Italia, spese le ultime energie della sua vita viaggiando, pronunciando discorsi e rilasciando interviste, con coraggio e senza cedimenti a opinioni 'politicamente corrette', per sensibilizzare l’opinione pubblica, i media e i politici sulla tragedia del popolo siriano, fino alla morte avvenuta il 26-10-2015.
Tutta la Siria gli resta profondamente grata, per essere stato egli l'ispiratore del gesto provvidenziale di Papa Francesco che il 7 settembre 2013, indicendo la veglia mondiale di preghiera per la pace in Siria, contribuì a fermare l'attacco annunciato da Obama.
Infinita è la riconoscenza affettuosa, e grande la nostalgia, che il nostro sito 'Ora pro Siria'  ha verso questo Padre che ci ha incoraggiato, corretto, illuminato nell'opera di informazione che, umilmente alla sua sequela, cerchiamo di svolgere; insieme alla certezza che egli continua dal Paradiso a vegliare e a intercedere per la sua cara Terra Santa e per la martoriata Aleppo in particolare.
Al Ciel! … nostro padre Giuseppe carissimo!
   la redazione di OpS





 Potete trovare qui i numerosi interventi di Mons Nazzaro  riportati sul nostri  sito :
http://oraprosiria.blogspot.it/search/label/Mons%20Nazzaro

 Inoltre qui una delle ultime conferenze pubbliche :
http://corrierefiorentino.corriere.it/firenze/notizie/cronaca/15_aprile_17/a-lezione-isis-vescovo-aleppo-normale-racconta-siria-oggi-92c4c458-e529-11e4-b285-48e62c192a8b.shtml?refresh_ce-cp

lunedì 27 giugno 2016

La proposta dei diplomatici USA: bombe su Assad (ossia guerra con Russia e consegnare la Siria alla sharia)



Analisi Difesa, 20 giugno 2016

Una “vera e propria rivolta”, come l’ha definita Ugo Caltagirone dell’Ansa. Oppure una “protesta senza precedenti”, come scrive il New York Times.
Ben 51 diplomatici americani hanno criticato duramente la strategia del presidente americano in Siria chiedendo con un documento  reso noto il 17 giugno a Barack Obama di autorizzare raid aerei contro il regime di Bashar Assad “per fermare le continue violazioni del cessate il fuoco da parte delle forze di Damasco”. La proposta propone un “uso giudizioso” di missili da crociera e raid aerei contro obiettivi del regime per spingere Assad a cercare una soluzione negoziata.
Il senso di malcontento e di frustrazione tra le feluche covava da tempo e alla fine il caso è esploso mettendo la Casa Bianca e il segretario di Stato John Kerry (nella foto sotto) in grande imbarazzo anche se lo stesso Kerry non solo non ha preso le distanze dai “ribelli” ma ha espresso pubblicamente apprezzamento per il testo firmato dai 51 diplomatici.

Del resto da tempo a Washington c’è un vero e proprio braccio di ferro sulla Siria.
Da una parte il Dipartimento di Stato che chiede un maggior interventismo per porre fine a una guerra civile che ha già fatto oltre 400 mila morti (secondo le stime statunitensi, per altri meno di 300 mila) e che crea grande instabilità nella regione.
Dall’altra il Pentagono e i vertici militari Usa che predicano cautela, viste le implicazioni dovute all’appoggio che la Russia continua a dare al regime siriano.
Finora Obama si è sempre schierato con i secondi, rifiutando ogni ipotesi di maggior coinvolgimento degli Usa nel conflitto.

Del resto il messaggio che è stato ribadito lo stesso giorno dal Cremlino è chiaro: “Rovesciare Bashar al-Assad in Siria potrebbe far sprofondare la regione nel caos più totale.
E difficilmente potrà essere d’aiuto per una lotta efficace contro il terrorismo”, sottolinea Dimitri Peskov, portavoce del presidente Vladimir Putin.
Il rischio di una escalation della guerra fredda tra Stati Uniti e Russia è dunque altissimo ma non sembra venga tenuto in grande considerazione dai diplomatici “ribelli”, tra cui l’ex vice ambasciatore americano a Damasco, che hanno firmato un memo interno inviato al cosiddetto ‘dissent channel’ del Dipartimento di Stato, una canale creato ai tempi della guerra del Vietnam attraverso il quale funzionari e diplomatici possono esprimere il loro dissenso sulle politiche dell’amministrazione senza il rischio di essere puniti disciplinarmente.

Nel documento si sottolinea come la politica americana in Siria sia stata sopraffatta da una violenza senza fine e si fa appello alla necessità di raid aerei mirati per convincere Assad a negoziare seriamente con le opposizioni.
Perché proseguendo sulla strada attuale “lo status quo in Siria continuerà a porre crescenti e disastrose sfide dal punto di vista umanitario, diplomatico e da quello del terrorismo”.

Sorprende che proprio dei diplomatici non si rendano conto che attaccare le forze lealiste siriane significa entrare in guerra con Mosca, una guerra in prospettiva ben più grave, ampia e sanguinosa di quella siriana.
In secondo luogo, ma non per importanza, far cadere Bashar Assad significa oggi consegnare la Siria non certo a forze laiche e liberal democratiche ma alla sharia del Califfato e della coalizione islamica dell’Esercito della conquista che riunisce al-Qaeda (fronte al-Nusra), Fratelli Musulmani e Salafiti.
Difficile comunque che per il momento la Casa Bianca cambi direzione ed è molto probabile che per un eventuale cambio di strategia si debba aspettare il prossimo Commander in Chief.

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