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giovedì 7 luglio 2016

Amnesty International denuncia rapimenti, torture e uccisioni sommarie da parte dei gruppi armati ribelli sostenuti da Occidente



Amnesty International ha denunciato oggi un'agghiacciante ondata di rapimenti, torture e uccisioni sommarie da parte dei gruppi armati che agiscono nelle province di AleppoIdlib e in altre zone del nord della Siria
Alcuni di questi gruppi, nonostante si rendano responsabili di violazioni delle leggi di guerra, sono sostenuti da paesi quali Arabia Saudita, Qatar, Stati Uniti d'America e Turchia.

La denuncia di Amnesty International fornisce una fotografia di come si vive nelle zone controllate dai gruppi armati, in cui sono state create istituzioni amministrative e semi-giudiziarie. "Buona parte della popolazione vive nel terrore di subire rapimenti se vengono espresse critiche verso i gruppi armati o non ci si conforma alle rigide regole da questi imposte" - ha spiegato Philip Luther, direttore del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International.

"Oggi ad Aleppo e Idlib i gruppi armati sono liberi di commettere crimini di guerra e altre violazioni del diritto internazionale umanitario nella più completa impunità, ricorrendo persino agli stessi metodi di tortura utilizzati abitualmente dal governo siriano" - ha proseguito Luther. "Gli stati che fanno parte del Gruppo internazionale di supporto alla Siria, tra cui Arabia Saudita, Qatar, Stati Uniti d'America e Turchia, devono sollecitare i gruppi armati a porre fine agli abusi e a rispettare le leggi di guerra e devono inoltre cessare di fornire armi o altre forme di sostegno a gruppi implicati in crimini di guerra e altre gravi violazioni dei diritti umani" - ha dichiarato Luther.

Il documento reso pubblico oggi da Amnesty International si concentra sull'operato di cinque gruppi armati che, dal 2012, controllano parti delle province di Aleppo e Idlib: il Movimento Nour al-Dine Zinki, il Fronte al-Shamia, la Divisione 16, il Fronte al-Nusra e il Movimento islamico Ahrar al-Sham di Idlib. Questi gruppi, in diversi momenti del 2015, si sono aggregati alla coalizione Conquista di Aleppo (Fatah Halab).


Alcuni di questi gruppi, come il Fronte al-Nusra, il Fronte al-Shamia e il Movimento islamico Ahrar al-Sham hanno istituito un loro "sistema giudiziario" basato sulla legge islamica (shari'a), che si avvale di uffici della procura, forze di polizia e centri di detenzione. I "giudici", in alcuni casi, non hanno alcun rudimento della shari'a. Il Fronte al-Nusra e il Movimento islamico Ahrar al-Sham, applicando una rigida interpretazione della shari'a, hanno introdotto sanzioni equivalenti a maltrattamenti e torture.

Il documento di Amnesty International descrive i casi di 24 persone rapite tra il 2012 e il 2016 nelle zone di Aleppo e Idlib (tra cui attivisti pacifici, esponenti delle minoranze religiose e persino minorenni) e cinque casi di persone torturate dopo il rapimento, tra il 2014 e il 2015, da parte del Fronte al-Nusra e del Movimento Nour al-Dine Zinki.

Rapimenti e torture

"Ibrahim" (i nomi reali sono celati per motivi di sicurezza), un attivista politico rapito nell'aprile 2015 ad Aleppo dal Fronte al-Nusra, ha raccontato di essere stato torturato per tre giorni di seguito. Ritiene di essere stato preso di mira per aver organizzato manifestazioni pacifiche a sostegno della rivolta del 2011.

"Mi hanno portato nella stanza delle torture. Mi hanno appeso al soffitto per le caviglie, a testa in giù, nella posizione dello 'shabeh' [sospensione] e mi hanno picchiato su ogni parte del corpo. Poi sono passati alla tecnica del 'dulab' [pneumatico]: hanno stretto il mio corpo fino a farlo entrare all'interno di uno pneumatico e mi hanno colpito con bastoni di legno". L'uomo è stato successivamente rilasciato e abbandonato sul bordo di una strada.

"Halim", un operatore umanitario, è stato rapito dal Movimento Nour al-Dine Zinki nel luglio 2014 mentre stava supervisionando un progetto ospedaliero ad Aleppo. Lo hanno tenuto in completo isolamento per circa due mesi e lo hanno costretto a "confessare" sotto tortura: "Ogni volta che rifiutavo di firmare la guardia ordinava di torturarmi con la tecnica del 'bisat ah-rih' [tappeto volante]. Mentre avevo le mani sopra la testa, mi sollevavano le gambe in posizione perpendicolare e poi iniziavano a picchiarmi sulle piante dei piedi. Quando non ce l'ho fatta più, ho deciso di firmare".

Alcuni dei giornalisti e dei media-attivisti locali che raccolgono informazioni sulle violazioni dei diritti umani hanno raccontato di essere stati rapiti perché avevano criticato l'operato dei gruppi armati. Molti di loro sono stati poi rilasciati, a quanto pare a seguito delle proteste della popolazione.
"Issa", un media-attivista di 24 anni, ha cessato di pubblicare post su Facebook dopo aver ricevuto minacce dal Fronte al-Nusra. "Loro controllano quello che possiamo e non possiamo dire. O accetti le loro regole sociali o svanisci nel nulla. Negli ultimi due anni, quelli del Fronte al-Nusra mi hanno minacciato tre volte dopo che li avevo criticati su Facebook".

"Imad", un altro media-attivista, ha descritto il raid compiuto dal Fronte al-Nusra nel gennaio 2016 negli studi di Radio Fresh, nella provincia di Idlib. Due persone che lavoravano nella radio sono state rapite e trattenute per due giorni solo perché avevano mandato in onda musica giudicata offensiva nei confronti dell'Islam. I media-attivisti di Aleppo hanno raccontato di aver ricevuto minacce scritte e a voce da parte del Fronte al-Shamia e del Movimento Nour al-Dine Zinki per aver criticato questi gruppi armati o averli accusati di corruzione su Facebook.

Avvocati, attivisti politici e altre persone sono finite nel mirino del Fronte al-Shamia, del Fronte al-Nusra e del Movimento islamico Ahrar al-Sham a causa delle loro attività, delle opinioni politiche o della fede religiosa.
"Bassel", un avvocato di Idlib, è stato rapito nella sua abitazione nel novembre 2015 dopo che aveva criticato il Fronte al-Nusra. "Ero felice di essere libero dalle ingiustizie del governo siriano ma ora è peggio. Avevo scritto sul mio profilo Facebook un post critico nei confronti del Fronte al-Nusra. La mattina dopo sono venuti a prendermi".
L'avvocato è stato tenuto per 10 giorni in una casa abbandonata ed è stato liberato solo dopo essere stato costretto a lasciare la professione; in caso contrario, non avrebbe più rivisto i suoi familiari.
Un'attivista politica ha raccontato ad Amnesty International di essere stata rapita a un posto di blocco del Movimento islamico Ahrar al-Sham perché non indossava il velo ed era dunque sospettata di essere legata al governo siriano.

Amnesty International ha documentato anche i rapimenti di almeno tre minorenni di 14, 15 e 16 anni da parte del Fronte al-Nusra e del Movimento islamico Ahrar al-Sham, tra il 2012 e il 2015. Al 28 giugno 2016, due di loro risultavano ancora scomparsi.

Curdi del quartiere aleppino di Sheikh Maqsoud e sacerdoti cristiani sono stati rapiti a causa della loro religione. "Tutti i gruppi armati, soprattutto quelli che operano nelle province di Aleppo e Idlib, devono rilasciare immediatamente e senza condizioni tutte le persone trattenute solo a causa delle loro opinioni politiche, della loro religione o della loro etnia" - ha affermato Luther.

"I leader dei gruppi armati che operano nel nord della Siria hanno il dovere di porre fine alle violazioni del diritto internazionale umanitario, compresi i crimini di guerra. Devono condannare pubblicamente queste azioni e rendere noto ai loro subordinati che tali crimini non saranno tollerati" - ha proseguito Luther.

Uccisioni sommarie

Il documento di Amnesty International contiene prove di uccisioni sommarie compiute dal Fronte al-Nusra, dal Fronte al-Shamia, dai "tribunali" affiliati a questi gruppi o dal Consiglio supremo giudiziario, un organismo che ha sede nella provincia di Aleppo e la cui competenza è riconosciuta da svariati gruppi armati come l'unica autorità giudiziaria locale.

L'elenco delle persone uccise comprende un ragazzo di 17 anni accusato di essere omosessuale, una donna accusata di adulteriosoldati dell'esercito siriano o membri delle "shabiha" (le milizie filo-governative), combattenti dello Stato islamico e di altre formazioni armate rivali. In alcuni casi, le uccisioni avvengono in pubblico di fronte alla folla. L'uccisione deliberata di persone fatte prigioniere è vietata dal diritto internazionale umanitario e costituisce un crimine di guerra.

"Saleh", arrestato dal Fronte al-Nusma nel dicembre 2014, ha raccontato di aver incrociato cinque donne accusate di adulterio che, secondo una guardia, sarebbero state "perdonate solo con la morte". In seguito ha visto un video in cui uomini del Fronte al-Nusra mettevano a morte una delle donne in pubblico. Secondo il Codice unico arabo, una serie di norme basate sulla shari'a seguite dal Consiglio supremo giudiziario e dal "tribunale" del Fronte al-Shamia, determinati reati come l'omicidio e l'apostasia sono punibili con la morte.

"Emettere ed eseguire sentenze senza il giudizio di un tribunale regolarmente costituito e in assenza di garanzie giudiziarie è una grave violazione del diritto internazionale umanitario, equivalente a un crimine di guerra" - ha commentato Luther.

Negli ultimi cinque anni, Amnesty International ha ampiamente documentato i crimini di guerra e contro l'umanità commessi su scala massiccia dalle forze governative siriane così come gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, crimini di guerra inclusi, ad opera dello Stato islamico e di altri gruppi armati.

"Sebbene alcune parti della popolazione civile nelle aree finite nelle mani dei gruppi armati di opposizione possa aver inizialmente esultato per la fine del brutale dominio del governo siriano, le speranze che quei gruppi armati avrebbero rispettato i diritti umani sono svanite man mano che assumevano il controllo della situazione" - ha spiegato Luther. "Ora è fondamentale che nel corso dei colloqui di Ginevra Russia, Stati Uniti e l'Inviato speciale delle Nazioni Unite in Siria si concentrino sulla situazione delle persone detenute nelle carceri governative e di quelle rapite dai gruppi armati. Da parte sua, il Consiglio di sicurezza dovrebbe imporre sanzioni mirate nei confronti dei capi dei gruppi armati responsabili di crimini di guerra".

FINE DEL COMUNICATO          
Roma, 5 luglio 2016


link al rapporto completo:  http://www.amnesty.it/flex/cm/pages/ServeAttachment.php/L/IT/D/0%252F8%252F2%252FD.dc86ee198b8d0f062e8a/P/BLOB%3AID%3D8459

martedì 5 luglio 2016

“La pace in Siria è possibile”: videomessaggio di Papa Francesco #peacepossible4syria



Cari fratelli e sorelle,
oggi desidero parlarvi di qualcosa che rattrista molto il mio cuore: la guerra in Siria, oramai entrata nel suo quinto anno. E’ una situazione di indicibile sofferenza di cui è vittima il popolo siriano, costretto a sopravvivere sotto le bombe o a trovare vie di fuga verso altri paesi o zone della Siria meno dilaniate dalla guerra: lasciare le loro case, tutto... 

Penso anche alle comunità cristiane, a cui va tutto il mio sostegno a causa delle discriminazioni che devono sopportare.
Ecco, desidero rivolgermi a tutti i fedeli e a coloro i quali sono impegnati, con Caritas, nella costruzione di una società più giusta. 

Mentre il popolo soffre, incredibili quantità di denaro vengono spese per fornire le armi ai combattenti. E alcuni dei paesi fornitori di queste armi, sono anche fra quelli che parlano di pace. Come si può credere a chi con la mano destra ti accarezza e con la sinistra ti colpisce?
Incoraggio tutti, adulti e giovani, a vivere con entusiasmo quest’Anno della Misericordia per vincere l’indifferenza e proclamare con forza che la pace in Siria è possibile! La pace in Siria è possibile!
Per questo, siamo chiamati a incarnare questa Parola di Dio: «Io, infatti, conosco i progetti che ho fatto al vostro riguardo – dice il Signore – progetti di pace e non di sventura, per concedervi un futuro pieno di speranza» (Geremia 29,11).
L’invito è di pregare per la pace in Siria e per il suo popolo in occasione di veglie di preghiera, di iniziative di sensibilizzazione nei gruppi, nelle parrocchie e nelle comunità, per diffondere un messaggio di pace, un messaggio di unità e di speranza.
Alla preghiera, poi, seguano le opere di pace. Vi invito a rivolgervi a coloro i quali sono coinvolti nei negoziati di pace affinché prendano sul serio questi accordi e si impegnino ad agevolare l’accesso agli aiuti umanitari.
Tutti devono riconoscere che non c’è una soluzione militare per la Siria, ma solo una politica. La comunità internazionale deve pertanto sostenere i colloqui di pace verso la costruzione dì un governo di unità nazionale.
Uniamo le forze, a tutti i livelli, per far sì che la pace nell’amata Siria sia possibile.
Questo sì che sarà un grandioso esempio di misericordia e di amore vissuto per il bene di tutta la comunità internazionale!
Che il Signore vi benedica e la Madonna vi custodisca.
Grazie.


Il presidente della Caritas Internationalis, il cardinale Luis Antonio Tagle, che ha incontrato siriani in Libano e in Grecia, ha detto: “Non sono solo numeri, sono esseri umani. Dobbiamo dare loro speranza, dignità e pace. È necessario dare inizio ad un movimento mondiale per la pace. A nome di tutti coloro che sono colpiti da questo conflitto, lanciamo un appello a tutti per promuovere la pace in Siria”. #peacepossible4syria @iamCaritas


Sulla Campagna per la pace e il sostegno del Papa, R V. intervista il segretario generale di Caritas InternationalisMichel Roy:
R. – Sono più di cinque anni che la guerra continua a distruggere la Siria e il suo popolo. Abbiamo deciso allora di mettere un po’ più di voce, un po’ più di forza in questo impegno per la pace. Il primo punto è che di fronte ad una complessità così grande, crediamo che possa aiutarci il Signore: quindi il primo passo è pregare di più, in tutto il mondo! Non ci può essere indifferenza per ciò che succede in Medio Oriente! Il secondo punto: di fronte a tale sofferenza, manca molto aiuto: l’aiuto umanitario non arriva a tutta la gente che ha bisogno in Siria. Nei campi rifugiati c’è aiuto; ma all’interno della Siria gli sfollati sono molto numerosi – si parla di 7-8 milioni di persone – e c’è una crisi terribile. E  la Comunità internazionale non fa fronte a tutto questo. La terza tappa di questa Campagna, che è la più importante: domandare ai governi di tutto il mondo che si impegnino, in un modo o nell’altro, a facilitare, a pressare affinché ci sia la fine di questa guerra. Non si può lasciare tutto solamente ai grandi poteri – come la Russia, gli Stati Uniti o l’Unione Europea: ognuno deve impegnarsi!
D. – A sostegno di questa Campagna di Caritas Internationalis per la Siria c’è il Papa in prima persona, con un videomessaggio, forse anche per far sentire più forte la voce di Caritas Internationalis

R. – Sì, sicuramente. Siamo molto grati al Santo Padre e questo fa parte della sua visione, che abbiamo il dovere di rendere concreta. Lui ci invita a noi, a Caritas Internationalis, ma anche a tutti i cristiani, a tutta la gente di buona volontà, ad impegnarsi in questa Campagna. Non c’è mai troppo in questo campo! Sono sicuro che questo messaggio di Papa Francesco avrà un potere importante per far sì che qualcosa di nuovo venga fatto per porre fine alla guerra.

http://it.radiovaticana.va/news/2016/07/04/roy_francesco_sostiene_campagna_caritas_per_pace_in_siria/1241904

sabato 2 luglio 2016

Da Istanbul a Dacca: il sospetto di una regia


di Fulvio Scaglione

giovedì 30 giugno 2016

Commosso abbraccio a un pastore che ha dato la sua vita per il popolo affidatogli: padre Giuseppe Nazzaro


Con viva commozione, ieri 29 giugno 2016, abbiamo partecipato alla traslazione,  svolta in forma privata, di Mons Giuseppe Nazzaro ofm, dal cimitero locale alla chiesa madre di San Potito Ultra (AV).
Alla sera presso la Chiesa madre di S. Potito Ultra si è tenuta una Celebrazione Eucaristica ufficiata  da numerosi sacerdoti e confratelli, con la nutrita presenza dei devoti abitanti  del paese che ha dato i natali a padre Giuseppe.

Geppino Nazzaro era nato il 22 dicembre 1937 ed era entrato a 13 anni nel seminario minore della Custodia di Terra Santa, a Roma. Vestì il saio francescano nel 1956 ed emise la professione solenne nel ‘60. Ad Aleppo giunse per la prima volta nel 1966, un anno dopo l’ordinazione sacerdotale, avvenuta a Gerusalemme proprio 51 anni fa, il 29 giugno 1965. Vari incarichi in seno alla Custodia lo condussero a Roma (1968), ad Alessandria d’Egitto (1971) e al Cairo (1977).  Nel 1994 fondò, negli Stati Uniti d’America, la "Holy Land Foundation", per sensibilizzare i cattolici di quel Paese a sostenere la causa dei cristiani palestinesi.
Nel corso del Capitolo custodiale del 1986 venne nominato segretario della Custodia. È del 1992 la sua nomina a Custode di Terra Santa.  Al termine del mandato, nel 1998, fu trasferito in Italia, ma nel 2001 venne nuovamente inviato in Siria come Guardiano e Parroco del convento di S Antonio a Damasco (Salhieh). Un anno dopo venne scelto come vicario apostolico d’Aleppo da san Giovanni Paolo II e ordinato vescovo il 6 gennaio 2003 dal Papa stesso nella basilica di San Pietro. 
Indimenticabile ed indomito Pastore dei cattolici latini di Aleppo, mite eppure rigoroso difensore della Verità, continuò la sua opera pastorale e di aiuto alla popolazione, incurante dei pericoli, vivendo totalmente la propria responsabilità paterna verso la comunità cristiana della sua amata Siria.
Monsignor Nazzaro lasciò l’incarico nel 2013, al compimento dei 75 anni.  Tornato in Italia, spese le ultime energie della sua vita viaggiando, pronunciando discorsi e rilasciando interviste, con coraggio e senza cedimenti a opinioni 'politicamente corrette', per sensibilizzare l’opinione pubblica, i media e i politici sulla tragedia del popolo siriano, fino alla morte avvenuta il 26-10-2015.
Tutta la Siria gli resta profondamente grata, per essere stato egli l'ispiratore del gesto provvidenziale di Papa Francesco che il 7 settembre 2013, indicendo la veglia mondiale di preghiera per la pace in Siria, contribuì a fermare l'attacco annunciato da Obama.
Infinita è la riconoscenza affettuosa, e grande la nostalgia, che il nostro sito 'Ora pro Siria'  ha verso questo Padre che ci ha incoraggiato, corretto, illuminato nell'opera di informazione che, umilmente alla sua sequela, cerchiamo di svolgere; insieme alla certezza che egli continua dal Paradiso a vegliare e a intercedere per la sua cara Terra Santa e per la martoriata Aleppo in particolare.
Al Ciel! … nostro padre Giuseppe carissimo!
   la redazione di OpS





 Potete trovare qui i numerosi interventi di Mons Nazzaro  riportati sul nostri  sito :
http://oraprosiria.blogspot.it/search/label/Mons%20Nazzaro

 Inoltre qui una delle ultime conferenze pubbliche :
http://corrierefiorentino.corriere.it/firenze/notizie/cronaca/15_aprile_17/a-lezione-isis-vescovo-aleppo-normale-racconta-siria-oggi-92c4c458-e529-11e4-b285-48e62c192a8b.shtml?refresh_ce-cp

lunedì 27 giugno 2016

La proposta dei diplomatici USA: bombe su Assad (ossia guerra con Russia e consegnare la Siria alla sharia)



Analisi Difesa, 20 giugno 2016

Una “vera e propria rivolta”, come l’ha definita Ugo Caltagirone dell’Ansa. Oppure una “protesta senza precedenti”, come scrive il New York Times.
Ben 51 diplomatici americani hanno criticato duramente la strategia del presidente americano in Siria chiedendo con un documento  reso noto il 17 giugno a Barack Obama di autorizzare raid aerei contro il regime di Bashar Assad “per fermare le continue violazioni del cessate il fuoco da parte delle forze di Damasco”. La proposta propone un “uso giudizioso” di missili da crociera e raid aerei contro obiettivi del regime per spingere Assad a cercare una soluzione negoziata.
Il senso di malcontento e di frustrazione tra le feluche covava da tempo e alla fine il caso è esploso mettendo la Casa Bianca e il segretario di Stato John Kerry (nella foto sotto) in grande imbarazzo anche se lo stesso Kerry non solo non ha preso le distanze dai “ribelli” ma ha espresso pubblicamente apprezzamento per il testo firmato dai 51 diplomatici.

Del resto da tempo a Washington c’è un vero e proprio braccio di ferro sulla Siria.
Da una parte il Dipartimento di Stato che chiede un maggior interventismo per porre fine a una guerra civile che ha già fatto oltre 400 mila morti (secondo le stime statunitensi, per altri meno di 300 mila) e che crea grande instabilità nella regione.
Dall’altra il Pentagono e i vertici militari Usa che predicano cautela, viste le implicazioni dovute all’appoggio che la Russia continua a dare al regime siriano.
Finora Obama si è sempre schierato con i secondi, rifiutando ogni ipotesi di maggior coinvolgimento degli Usa nel conflitto.

Del resto il messaggio che è stato ribadito lo stesso giorno dal Cremlino è chiaro: “Rovesciare Bashar al-Assad in Siria potrebbe far sprofondare la regione nel caos più totale.
E difficilmente potrà essere d’aiuto per una lotta efficace contro il terrorismo”, sottolinea Dimitri Peskov, portavoce del presidente Vladimir Putin.
Il rischio di una escalation della guerra fredda tra Stati Uniti e Russia è dunque altissimo ma non sembra venga tenuto in grande considerazione dai diplomatici “ribelli”, tra cui l’ex vice ambasciatore americano a Damasco, che hanno firmato un memo interno inviato al cosiddetto ‘dissent channel’ del Dipartimento di Stato, una canale creato ai tempi della guerra del Vietnam attraverso il quale funzionari e diplomatici possono esprimere il loro dissenso sulle politiche dell’amministrazione senza il rischio di essere puniti disciplinarmente.

Nel documento si sottolinea come la politica americana in Siria sia stata sopraffatta da una violenza senza fine e si fa appello alla necessità di raid aerei mirati per convincere Assad a negoziare seriamente con le opposizioni.
Perché proseguendo sulla strada attuale “lo status quo in Siria continuerà a porre crescenti e disastrose sfide dal punto di vista umanitario, diplomatico e da quello del terrorismo”.

Sorprende che proprio dei diplomatici non si rendano conto che attaccare le forze lealiste siriane significa entrare in guerra con Mosca, una guerra in prospettiva ben più grave, ampia e sanguinosa di quella siriana.
In secondo luogo, ma non per importanza, far cadere Bashar Assad significa oggi consegnare la Siria non certo a forze laiche e liberal democratiche ma alla sharia del Califfato e della coalizione islamica dell’Esercito della conquista che riunisce al-Qaeda (fronte al-Nusra), Fratelli Musulmani e Salafiti.
Difficile comunque che per il momento la Casa Bianca cambi direzione ed è molto probabile che per un eventuale cambio di strategia si debba aspettare il prossimo Commander in Chief.

http://www.analisidifesa.it/2016/06/bombe-su-assad-la-pazza-idea-dei-diplomatici-usa/

LEGGI ANCHE :
ISIS è in ritirata, perchè il mirino degli USA torna su Assad?
http://www.ilsussidiario.net/News/Esteri/2016/6/20/SIRIA-L-Isis-e-in-ritirata-perche-il-mirino-degli-Usa-torna-su-Assad-/711632/

sabato 25 giugno 2016

ARMENIA: Discorso del Santo Padre alle autorità civili e corpo diplomatico


Venerdì, 24 giugno 2016


È per me motivo di grande gioia poter essere qui, toccare il suolo di questa terra armena tanto cara, fare visita ad un popolo dalle antiche e ricche tradizioni, che ha testimoniato con coraggio la sua fede, che ha molto sofferto, ma che è sempre tornato a rinascere.
«Il nostro cielo turchese, le acque chiare, il lago di luce, il sole d’estate e d’inverno la fiera borea, […] la pietra dei millenni, […] i libri incisi con lo stilo, divenuti preghiera» (Elise Ciarenz, Ode all’Armenia). Sono queste alcune immagini potenti che un vostro illustre poeta ci offre per illuminarci sulla profondità della storia e sulla bellezza della natura dell’Armenia. Esse racchiudono in poche espressioni l’eco e la densità dell’esperienza gloriosa e drammatica di un popolo e lo struggente amore per la sua Patria.
Le sono vivamente grato, Signor Presidente, per le gentili espressioni di benvenuto che Ella mi ha rivolto a nome del Governo e degli abitanti dell’Armenia, e per avermi offerto la possibilità, grazie al Suo cortese invito, di contraccambiare la visita da Lei compiuta l’anno scorso in Vaticano, quando presenziò alla solenne celebrazione nella Basilica di San Pietro, insieme alle Loro Santità Karekin II, Patriarca Supremo e Catholicos di Tutti gli Armeni, e Aram I, Catholicos della Grande Casa di Cilicia, e a Sua Beatitudine Nerses Bedros XIX, Patriarca di Cilicia degli Armeni, recentemente scomparso. In quella occasione si è fatta memoria del centenario del Metz Yeghérn, il “Grande Male”, che colpì il vostro popolo e causò la morte di un’enorme moltitudine di persone. 
Quella tragedia, quel genocidio, inaugurò purtroppo il triste elenco delle immani catastrofi del secolo scorso, rese possibili da aberranti motivazioni razziali, ideologiche o religiose, che ottenebrarono la mente dei carnefici fino al punto di prefiggersi l’intento di annientare interi popoli. E’ tanto triste che – sia in questo come negli altri - le grandi potenze guardavano da un’altra parte.
Rendo onore al popolo armeno, che, illuminato dalla luce del Vangelo, anche nei momenti più tragici della sua storia, ha sempre trovato nella Croce e nella Risurrezione di Cristo la forza per risollevarsi e riprendere il cammino con dignità. Questo rivela quanto profonde siano le radici della fede cristiana e quale infinito tesoro di consolazione e di speranza essa racchiude. 
Avendo davanti ai nostri occhi gli esiti nefasti a cui condussero nel secolo scorso l’odio, il pregiudizio e lo sfrenato desiderio di dominio, auspico vivamente che l’umanità sappia trarre da quelle tragiche esperienze l’insegnamento ad agire con responsabilità e saggezza per prevenire i pericoli di ricadere in tali orrori. Si moltiplichino perciò, da parte di tutti, gli sforzi affinché nelle controversie internazionali prevalgano sempre il dialogo, la costante e genuina ricerca della pace, la collaborazione tra gli Stati e l’assiduo impegno degli organismi internazionali, al fine di costruire un clima di fiducia propizio al raggiungimento di accordi duraturi, che guardino al futuro.
La Chiesa Cattolica desidera collaborare attivamente con tutti coloro che hanno a cuore le sorti della civiltà e il rispetto dei diritti della persona umana, per far prevalere nel mondo i valori spirituali, smascherando quanti ne deturpano il significato e la bellezza. A questo proposito, è di vitale importanza che tutti coloro che dichiarano la loro fede in Dio uniscano le loro forze per isolare chiunque si serva della religione per portare avanti progetti di guerra, di sopraffazione e di persecuzione violenta, strumentalizzando e manipolando il Santo Nome di Dio.
Oggi, in particolare i cristiani, come e forse più che al tempo dei primi martiri, sono in alcuni luoghi discriminati e perseguitati per il solo fatto di professare la loro fede, mentre troppi conflitti in varie aree del mondo non trovano ancora soluzioni positive, causando lutti, distruzioni e migrazioni forzate di intere popolazioni. È indispensabile perciò che i responsabili delle sorti delle nazioni intraprendano con coraggio e senza indugi iniziative volte a porre termine a queste sofferenze, facendo della ricerca della pace, della difesa e dell’accoglienza di coloro che sono bersaglio di aggressioni e persecuzioni, della promozione della giustizia e di uno sviluppo sostenibile i loro obiettivi primari. 
Il popolo armeno ha sperimentato queste situazioni in prima persona; conosce la sofferenza e il dolore, conosce la persecuzione; conserva nella sua memoria non solo le ferite del passato, ma anche lo spirito che gli ha permesso, ogni volta, di ricominciare di nuovo. In tal senso, io lo incoraggio a non far mancare il suo prezioso contributo alla comunità internazionale.
Quest’anno ricorre il 25° anniversario dell’indipendenza dell’Armenia. È una felice circostanza per cui rallegrarsi e l’occasione per fare memoria dei traguardi raggiunti e per proporsi nuove mete a cui tendere. I festeggiamenti per questa lieta ricorrenza saranno tanto più significativi se diventeranno per tutti gli armeni, in Patria e nella diaspora, uno speciale momento nel quale raccogliere e coordinare le energie, allo scopo di favorire uno sviluppo civile e sociale del Paese, equo ed inclusivo. Si tratta di verificare costantemente che non si venga mai meno agli imperativi morali di eguale giustizia per tutti e di solidarietà con i deboli e i meno fortunati (cfr Giovanni Paolo II, Discorso di congedo dall’Armenia, 27 settembre 2001Insegnamenti XXIV, 2 [2001], 489). 
La storia del vostro Paese va di pari passo con la sua identità cristiana, custodita nel corso dei secoli. Tale identità cristiana, lungi dall’ostacolare la sana laicità dello Stato, piuttosto la richiede e la alimenta, favorendo la partecipe cittadinanza di tutti i membri della società, la libertà religiosa e il rispetto delle minoranze. La coesione di tutti gli armeni, e l’accresciuto impegno per individuare strade utili a superare le tensioni con alcuni Paesi vicini, renderanno più agevole realizzare questi importanti obiettivi, inaugurando per l’Armenia un’epoca di vera rinascita.
La Chiesa Cattolica, da parte sua, pur essendo presente nel Paese con limitate risorse umane, è lieta di poter offrire il suo contributo alla crescita della società, particolarmente nella sua azione rivolta verso i più deboli e i più poveri, nei campi sanitario ed educativo, e in quello specifico della carità, come testimoniano l’opera svolta ormai da venticinque anni dall’ospedale “Redemptoris Mater” ad Ashotsk, l’attività dell’istituto educativo a Yerevan, le iniziative di Caritas Armenia e le opere gestite dalle Congregazioni religiose.
Dio benedica e protegga l’Armenia, terra illuminata dalla fede, dal coraggio dei martiri, dalla speranza più forte di ogni dolore.

giovedì 23 giugno 2016

Quali soluzioni al conflitto in Siria? parla il gesuita Ziad Hilal


Il paese dove  il giovane gesuita Ziad Hilal è nato 42 anni fa, è passato attraverso "cinque anni di guerra, una guerra dove tutti sono contro tutti", lamenta, con calma, nella sede di Montreal di Aiuto alla Chiesa che Soffre, un'organizzazione che sostiene finanziariamente i progetti che egli aveva iniziato a Homs, Aleppo e Damasco. Questa città, con il suo glorioso passato, ha visto violenti scontri prima della partenza di padre Hilal dalla Siria.
"La guerra ha fatto 5 milioni di rifugiati, 10 milioni di sfollati, 300.000 morti, più di 100.000 feriti, disabili e mutilati." Il gesuita lancia questi numeri di getto. Ed aggiunge che "i bambini hanno perso le loro scuole" e che "metà del paese è distrutto."
"E' questa la Siria oggi.".  Ma c'è una seconda immagine del paese, aggiunge il padre Hilal, che è raramente indicata nei media.  "Questo è un paese in cui la società civile è giorno e notte al lavoro per difendere il popolo, aiutarlo a sopravvivere, educare i bambini, ridurre le tensioni tra i gruppi militanti, cercare la pace e la riconciliazione".
"Questa crisi, per quanto mortale di fatto sia, mostra anche la bellezza del cuore dei Siriani", continua Ziad Hilal, abbozzando un sorriso furtivo.  Poi cita le parole del suo superiore, padre Frans van der Lugt. Il gesuita olandese assassinato nella sua casa a Homs, il 7 aprile 2014, ripeteva che "i siriani sono noti per la loro pazienza, e grazie a questa pazienza arriveranno un giorno a ritrovare la pace."
Il giovane gesuita ricorda che 900 metri lo separavano dal suo superiore, rimasto nella città vecchia di Homs quando questa parte della città fu assediata. "Non siamo riusciti a vederci gli uni gli altri per più di due anni. Lui era rimasto nella nostra casa. Comunicavamo per telefono.". L'assedio della città vecchia sarà tolto nel maggio 2014, poco dopo l'uccisione di Frans van der Lugt.    
"E' grazie a lui che siamo riusciti a tornare alla nostra residenza. L'omicidio di padre Frans è ciò che ha aperto le porte della città vecchia. E' la sua morte che ha fatto spostare la grande pietra, come dice il Vangelo. La casa è stata distrutta per metà, ma il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati ha installato una cucina che dà 2000 pasti caldi al giorno alle persone che hanno fatto ritorno ".
Le soluzioni?  
"Ogni guerra ha necessariamente una fine", dice il gesuita. Ma tre ingredienti sono essenziali per raggiungere questo obiettivo. Sono " il perdono, il dialogo e la riconciliazione, senza i quali si continuerà a uccidersi a vicenda."Parole che la comunità internazionale non capisce, egli crede.   "Le forze internazionali hanno iniziato a sostenere un gruppo contro l'altro. Esse non hanno favorito fin dall'inizio il dialogo tra tutte le parti e non possono accordarsi sulla risoluzione dei problemi." 
In questo paese devastato dalla guerra dove egli è nato, ogni paese coinvolto "cerca i suoi interessi personali." La prova di quello che dice? Il numero di armi che si trova oggi in Siria. "Alcuni paesi hanno aumentato la loro fortuna grazie o a causa, non so come dire, della guerra nel mio paese." 
Il Canada deve lavorare per la pace e la riconciliazione ", dice. "Non ci sono altre soluzioni. Dare armi o denaro per combattere è provocare la guerra. Se si continua ad alimentare la guerra, si giungerà davvero a distruggere la Siria ".
Ai primi di luglio, il padre Ziad Hilal tornerà a Homs?  Non lo sa ancora. "Aspetto la mia nuova missione," dice. Ma sarà nel suo paese.

lunedì 20 giugno 2016

Padre Daniel: ma l'ultima parola è di un Altro, il Signore della storia


Qara, 10 giugno 2016

La benevolenza addolcisce la convivenza
Da secoli diversi gruppi etnici e religiosi convivono in Siria in armonia, mentre tutta la stampa Atlantica parla già da cinque anni di una 'guerra civile'. Tutti i tentativi di provocare una guerra civile sono falliti e falliranno. Nonostante la tragica paralisi del paese c’è una grande benevolenza e accoglienza nella vita quotidiana.
Sono dovuto andare dal dentista. Arriviamo in tre nella sala d’attesa, piena di donne e bambini. Delle quindici donne presenti, tre sono venute subito da noi. La prima donna era un' anziana che è stata con noi al nostro rifugio durante i drammatici attacchi nel nostro villaggio ed al nostro monastero nel novembre 2013. I militari avevano trovato questa donna sulla strada e l’hanno portata da noi per la sua sicurezza. Le altre due donne erano di Qusseir. Quando la loro casa è stata distrutta hanno vissuto nel nostro unico grande appartamento quasi completato nel nuovo blocco del monastero. In questo grande appartamento convivevano tre famiglie. Queste donne dimostravano ancora la gratitudine per l’alloggio poiché non avevano più casa. Il dentista è una donna mussulmana. Suo marito è un veterinario che aiuta come volontario attivo nella nostra squadra di soccorso. Lo studio della dentista è più piccolo e meno lussuoso di quelli in Belgio, ma c’è tutto il necessario. C’è una piccola scrivania con sedie ai due lati opposti. Sulla scrivania c’è un cellulare, uno specchio, sacchetti pieni di dentiere, una grande agenda e un computer. C’è anche una linea telefonica. Dietro la scrivania, c’è sempre seduto qualcuno, perché le persone entrano insieme. La porta principale come la porta del studio è sempre aperta. Gente entra anche per annunciare la presenza, mentre la dentista sta lavorando. Nel frattempo lei parla con tutti, corre da sinistra a destra senza mai perdere tempo e sempre sorridente.

Questa settimana è cominciato il “ramadan”, il digiuno annuale per i musulmani. La sera siamo andati a felicitare l’unica famiglia musulmana che è rimasta nel grande appartamento nel nuovo blocco del monastero. La madre con i 3 bambini vengono spesso ad aiutarci con i lavori e suo marito si occupa a pieno tempo del nostro grande terreno. Quando c’è una festività, loro vengono sempre a condividerla con una visita e così abbiamo anche noi fatto visita a loro per la loro festività. Ci hanno offerto caffè e datteri. Il padre di famiglia ci ha raccontato che durante la notte beve tantissima acqua perché dalle 3 fino 8 p.m. non prende niente. Comunque, lui lavora come sempre. Ci spiega che il ramadan non è solo un questione di non bere o non mangiare, ma anche un atteggiamento di umiltà e sottomissione a Dio. E' anche importante- secondo lui- di evitare parole, pensieri e atti che offendono e danneggiano gli altri.

Finalmente hanno portato un altro container questa settimana con cose per il monastero, che stanno già da qualche anno a Tartous. Due suore sono andate a Tartous per aiutare la famiglia responsabile a selezionare le cose che servono per il monastero al momento e cosi hanno riempito un container intero. Quando è arrivato il container, tanti volontari della regione sono venuto a dare un mano per scaricarlo. Dentro il container ci sono tutti tipi di carrozzine, carrelli, stampelle, tanti materiali per gli handicappati, mobili, tavoli, sedie, coperte e lenzuola, vestiti, giocattoli, materiali per la cucina etc. Sotto il sole ardente tutto è stato trasportato nel posto giusto del monastero. In seguito, quasi tutti hanno accettato il rinfresco e così si vede chi è musulmano o cristiano.
Ogni giovedì arrivano i bambini handicappati del villaggio al nostro monastero, ma questo giovedì arrivano solo alle 18.30 a causa del ramadan. Erano 15 con i loro 8 accompagnatori. Così potevamo distribuire tanti strumenti musicali: xilofoni, flauti dolci, nacchere, tamburi,…ed è cominciata in modo spontaneo una festa nell’ atrio con musica, canti e danza. Qualche bambino era piuttosto silenzioso e un altro era molto attivo. Verso le 19.30 abbiamo cenato insieme. Comunque dovevo prima benedire il pasto per loro. Un legame di amicizia sta crescendo sempre di più tra questi bambini e la nostra comunità per il bene di entrambi.

Dov’è Dio in questa guerra?
Tra tutta la benevolenza e l’armonia ci siamo spesso confrontati con una domanda insistente. Un musulmano ci ha chiesto : “Dov’è Dio in questa guerra? I terroristi sono aiutati e armati, ricevono cibo e soldi in abbondanza , mentre noi veniamo massacrati, le nostre case distrutte e ci tolgono le speranze di vita. Sopravviviamo a malapena e in più la comunità internazionale ci punisce con sanzioni economiche.”
Questa infatti è una domanda che un credente si è posta già nel Vecchio Testamento: perché ai cattivi le cose vanno bene e ai buoni vanno male? (il problema si pone solo se ci consideriamo fra i buoni)
In ogni notte oscura c’è sempre una stella che brilla. Infatti, in questa guerra Dio è presente in tutti gli incontri di cui abbiamo parlato prima. Dio vive negli uomini di buona volontà. Nonostante tutta la miseria, vediamo tanta bontà fra le persone. E soprattutto Dio è dalla parte delle vittime innocenti. Dio soffre con loro. Dio è comunque presente in tutti gli eventi di questa guerra, come Dio era presente alla nascita del cristianesimo. Come sovrano, l’imperatore romano Augusto determinava la vita di quasi tutti gli abitanti del mondo. Non si rendeva conto per niente che solo Dio, con la nascita di Gesù Cristo, determinava la storia in un modo unico e permanente - dove la megalomania di Augusto non valeva nemmeno una nota a piè di pagina.
Dopo la serie di imperatori e dopo la caduta dell’impero Romano, la croce e la chiesa invece sono rimaste in piedi. Alcune persona, infatti, non erano accecate dalla dimostrazione di un eccesso di potere e dall’ atrocità degli imperatori. Si chiamavano cristiani e seguaci di Cristo, il Figlio di Dio, diventato uomo, il Messia di Israele e Il Salvatore del mondo. Il dominio dell’imperatore Augusto era per loro una tempesta che rimuove i rami morti dagli alberi. Gli imperatori non potevano cambiare la vita dei cristiani con la loro onnipotenza, neanche uccidendoli. No, infatti alla fine furono i cristiani che hanno cambiato le leggi pagane. Precisamente in quel modo il nostro Dio è presente in questa tragedia Siriana e Dio ci invita a entrare nella storia vera e propria.
Questo richiede una conversione permanente e radicale. Anche i cristiani devono ancora impegnarsi nell’unità e ad un modus vivendi più autentico della fede cristiana.

Capi ignoranti, ingenui o criminali, d’Europa
Giocare alla guerra con la Russia è l’occupazione centrale della NATO. Lo scorso 7 giugno è iniziata un' esercitazione militare mostruosa denominata “Anaconda”. L’anaconda è un serpente gigante dell’Amazzonia di circa 9 metri, si attorciglia intorno alla preda per soffocarla e divorarla. Il nome dell’esercitazione rivela esattamente – volutamente o meno - le intenzioni della NATO. Questa volta la Polonia era l’arena di 25.000 soldati provenienti di 19 paesi (USA, Germania, UK, Turchia,…) e 6 “partner” (Georgia, Ucraina, Kosovo,..) Naturalmente sotto la guida della Polonia (per quello hanno cambiato il c in k: operazione “Anakonda”) con il scopo di “impedire che la Russia si impadronisca della Polonia, come ha fatto con l’Ucraina !” Con questo vogliono far credere agli ignari cittadini europei che la Russia si sta preparando per invadere la Polonia, come se la Russia non avesse nient’altro da fare!! In realtà sono gli US che stanno manipolando il tutto con il scopo di promuovere gli interessi americani in Europa e nell’Eurasia. La propaganda militare contro la Russia ha raggiunto adesso l’apice ed è sostenuta dalle grande “democrazie” europee (fra l’altro dalla Turchia che non appartiene neanche all’Europa nè per ragioni geografiche o culturali o religiose. Nel frattempo hanno trasformato l’Hagia Sofia in una vera moschea durante il tempo del ramadan. I Turchi più fanatici hanno saltato di gioia!). Se gli USA sono capaci di provocare una guerra contro la Russia, avremo una guerra nucleare, dove le prime e più grandi vittime saranno gli Stati Europei stessi, grazie ai loro stessi capi ignoranti, ingenui o criminali.

L’ennesima nuova guerra contra la Siria
C’è di più: la Russia ha chiesto ripetutamente agli USA di garantire insieme “una tregua” e di eliminare con azioni coordinate lo stato islamico e anche Al-Qaida. Questo infatti era premesso come lo scopo finale. Adesso gli USA rifiutano pubblicamente di cooperare a questo piano. Nel loro arroganza senza limiti vanno ancora più lontano: gli USA hanno chiesto alla Russia di non bombardare i gruppi di Al-Qaida, nonostante questo ordine fosse incorporato in due risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Chi capisce ancora che sta succedendo? Ogni giorno la Siria ha dato informazione sui flussi illegali di soldi e armi ai terroristi e anche su attacchi terroristici, sostenuti dall' estero. Nessuna reazione ufficiale dalla comunità internazionale e neanche dall’ONU. E così la comunità internazionale e ONU hanno continuato ad accusare la Siria per tutte le uccisioni e distruzioni che sono state organizzate. La Russia ha fornito 5 rapporti su attività illegali (traffico di petrolio, recluta di terroristi all’estero, traffico in reperti archeologici, fornitura di armi e munizioni e fabbricazione di esplosivi). Anche i risultati di questi rapporti non sono menzionati da nessuna parte nei rapporti ufficiali. Ma dall’altra parte, questi rapporti continuano a chiedere alla Russia di fermare le sua attività militare. Nonostante il fatto che la Russia (insieme con Hezbollah e Iran) è l’unico paese che agisce in conformità con il diritto internazionale e che la Russia è l’unico paese che veramente e effettivamente combatte il terrorismo insieme con il paese stesso. Il 3 giugno la Russia ha fornito un video con una centinaia di camion pieno di terroristi, armi e munizioni, che stavano attraversando il confine della Turchia per entrare in Siria.
E’ chiaro che la Russia ha esaurito adesso tutte i mezzi politici per ottenere la pace: né gli USA né Obama e neanche l' EU vogliono la pace in Siria. Non vogliono per niente fermare l’ostilità contro la Siria. Vogliono distruggere la Siria completamente e nel frattempo giocano davanti al mondo intero un pezzo di teatro con grandi lacrime per la deplorevole situazione in Siria dove l’unico colpevole è la Siria stessa e la Russia.
Il 22 ottobre 2015, a Valdai, Vladimir Putin aveva annunciato in un discorso storico che su domanda esplicita del governo siriano, la Russia avrebbe collaborato per combattere il terrorismo. Putin ha spiegato le sue intenzioni e ha effettuato quello che ha detto, cioè combattere i terroristi in modo diretto ed efficiente. In seguito, Putin ha dichiarato: - secondo la sua propria esperienza - se ti vogliono fare la guerra, che tu non vuoi, è meglio di colpire per primo. Tutto questo vuol dire che stiamo di fronte ad una nuova guerra lunga o saranno le popolazioni d’occidente che si ribelleranno contro la follia di loro capi? Le elezioni presidenziali in America aggraveranno ancora la situazione in Siria o la diminuiranno? O lo scopo dei dominatori mondiali è di prolungare la miseria in Siria il più a lungo possibile finchè il paese crolli per arrivare comunque al loro scopo?

Prendiamo tutto, come cristiani, non dimentichiamo l'arma principale, la preghiera.
padre Daniel M.

( trad A.Wilking)

domenica 19 giugno 2016

Patriarca siro-ortodosso Efrem sfugge ad attentato a Qamishli


Un attentatore suicida si è fatto esplodere al passaggio del seguito del Patriarca siro-ortodosso Mar Ignazio Efrem II, in visita a Qamishli .
Una fonte del Comando di Polizia in Hasaka ha detto al corrispondente dell'agenzia Sana che l'attacco terroristico è avvenuto vicino al giardino di Al-Kindi nel quartiere di al-Wastani e che ha causato 3 morti e 5 feriti.