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domenica 17 gennaio 2016

In Italia Claude Zerez, il siriano che scrisse a Hollande



In Italia Claude Zerez, il siriano che scrisse a Hollande

E' in Italia Claude Zerez. Nel 2012 scrisse ad Hollande: “Che si sente ad Aleppo?: Dopo la Siria, l’Europa.”
E’ in Italia il cristiano siriano Claude Zerez, padre di Pascale Zerez uccisa su un  bus pubblico di Homs il 9 ottobre 2012 da un attacco dell’ Esercito Libero Siriano, l’ opposizione armata al governo di Damasco sostenuta dall’ Occidente. Pascale aveva 20 anni ed era sposata da tre mesi. Pochi giorni dopo la tragica morte della figlia, Claude scrisse una lettera aperta ad Hollande e un appello al popolo francese che furono pubblicati da molti giornali francesi.
Claude Zerez terrà alcuni incontri in Lombardia e a Firenze su  “ La condizione dei cristiani perseguitati all’ interno del conflitto siriano”.
Il 14 ottobre 2012, pochi giorni dopo la tragica morte di Pascale, Claude Zerez scrisse una lettera aperta al Presidente della Repubblica Francese Hollande e al ministro degli Affari Esteri. La lettera fu pubblicata da molti giornali francesi.
Ai due importanti esponenti della Repubblica Francese, Claude spiegò che gli autori dell’ attacco mortale in cui aveva perso la vita sua figlia appartenevano ad un gruppo considerato parte dell’ Esercito Libero Siriano, gruppo armato sostenuto dall’ occidente e che il “..movimento porta con sé i semi di una nuova dittatura che sicuramente farà rimpiangere la precedente”.
“…Sotto lo slogan di libertà e di democrazia e di partecipazione al potere…., Lei con i suoi alleati, ha incoraggiato l’ introduzione nel nostro territorio di gruppi estremisti salafiti e altri elementi del movimento di Al Qaeda che vengono ad uccidere e ad essere uccisi qui da noi, distruggendo ciò che possono sulla loro strada; perchè dunque averceli inviati ?”
Continuava poi affermando che “in Siria la vostra politica …ha introdotto l’arbitrarietà, così si può riassumere in un altro slogan: libertà ed uguaglianza in Siria, mentre in Qatar oligarchia e privilegi…..Può essere certo che gli sconvolgimenti che viviamo noi, li verrete a vivere al più presto anche Voi.
Che cosa si sente echeggiare per le strade di Aleppo? Dopo la Siria, L’Europa.”
Invita quindi la Repubblica Francese a cessare il “ …sostegno agli elementi armati che non obbediscono a nessuna legge…”
Nello stesso giorno indirizza un appello al popolo di Francia introdotto da queste parole (traduzione del Cntro di Iniziativa per la Verità e la Giustizia, IVG)
“Colpito personalmente il 9 ottobre 2012 dalla morte di Pascale, mia figlia di 20 anni, mi rivolgo alle amate popolazioni della Francia, a nome mio ed a nome di tutti i miei fratelli e sorelle di Siria feriti dalla guerra.”
Nell’ appello al popolo francese invitava i “cari amici e fratelli” a valutare con attenzione le informazioni “ che Vi forniscono” e spiegava come il suo appello fosse una richiesta urgente di sostenere i cristiani siriani. “ Noi vogliamo continuare a vivere pacificamente con l’Islam, ma la guerra e i suoi ideatori stanno cercando di distruggere questo”. Chiede inoltre ai cristiani di Francia e a tutto il popolo francese: “…perchè l’avvio della solidarietà è così lento ? “.
Negli ultimi tempi Claude ha continuato il suo percorso di fede e perdono, che è indispensabile per una riconciliazione in Siria e in tutto il Medio Oriente. Ma porta sempre avanti anche una forte denuncia per la tragica situazione dei cristiani in tutto il Medio Oriente e chiede agli europei, soprattutto agli europei cristiani, solidarietà concreta per i credenti perseguitati.
I prossimi incontri di Claude Zerez in Italia
“La condizione dei cristiani perseguitati all’ interno del conflitto siriano”
 Testimonianza di Claude Zerez, ora rifugiato in Francia. Dal dramma dell’ uccisione della figlia Pascale ad Aleppo alla forza della fede.
-  Firenze, giovedì 21 gennaio 2016, ore 21.00
Convento della S.S. Annunziata di Firenze
Via Cesare Battisti, 6
- Bergamo, venerdì 22 gennaio 2016, ore 21.00
Casa del Giovane – Sala Nembrini
Via Gavazzeni, 13
- Voghera, sabato 23 gennaio 2016,
- Bresso (MI), domenica 24 gennaio 2016, ore 18.00
sala Ludovico Conti, c/o libreria Il Girasole
Centro Culturale Alessandro Manzoni
Via Roma, 66
Il testo integrale della lettera aperta ad Hollande lo trovate al link:
 E’ possibile leggere l’ appello al popolo francese al link:
Marco Palombo

giovedì 14 gennaio 2016

Padre Jacques Mourad ripercorre la sua esperienza: "Lui mi guardò rammaricato. Sa… dovremo ucciderla…"

“La mia miracolosa  fuga dall’Isis”


Gian Micalessin

Gli Occhi della Guerra, 14 gennaio 2016

Padre Jacques Murad spezza il pane, recita il Padre Nostro in arabo, poi fissa la famiglia, gli amici riuniti intorno alla tavola imbandita. “Non speravo di sopravvivere, figuratevi rivedere Roma e i miei amici siriani. Me l’avessero detto mesi fa non ci avrei creduto”.  Padre Jacques Murad una volta era un prete. Oggi è l’incarnazione di un miracolo. Un’incarnazione ancora incredula di fronte alla propria sorte, alla propria sopravvivenza.
«Pochi sono riusciti a farsi liberare dallo Stato Islamico. Ancora meno a sfuggirgli vivi. Solo il Signore m’ha concesso entrambe le cose». Padre Jacques guarda Samaan, l’amico siriano, il confratello con moglie e figli ritrovato nella capitale italiana. Si conoscono da oltre 15 anni, da quando Samaan frequentava Mar Musa, il monastero messo in piedi da padre Jacques e padre Paolo Dall’Oglio. Così in questo pranzo a Roma  Padre Jacques dà fondo ai ricordi e alle riflessioni della prigionia. Le più travagliate riguardano Padre Dall’Oglio, l’amico comune di Jacques e Samaan, l’amico scomparso nel nulla il 29 luglio 2013, quando raggiunse Raqqa appena occupata per incontrare i capi dello Stato Islamico.   «Ci ho pensato da quando mi hanno chiuso in quel bagno di Raqqa dove sono rimasto per 83 giorni. Non una galera con altri prigionieri, ma un semplice bagno, dove incontravo solo i miei carcerieri. La mia impressione è che nessuno, oltre a loro, dovesse sapere di me. Per questo mi sono convinto che Dall’Oglio possa essere ancora vivo. Che per qualche imperscrutabile ragione, chiara solo a chi dirige quel mostro chiamato Daesh, Paolo sia un asso nella manica da tirare fuori al momento opportuno».
Prende fiato, si spiega meglio. «Dentro Daesh nulla succede per caso. Al Baghdadi, o chi per lui, decide anche il più banale dettaglio. E nessuno piglia iniziative senza sue disposizioni. Padre Dall’Oglio non può esser stato ucciso senza un suo ordine. E soprattutto senza un motivo. L’avessero ammazzato ne avrebbero spiegato la ragione. Lo fanno sempre. Io in Siria non sono un personaggio chiave, ma ogni fase del mio rapimento dalla preparazione al rilascio, è stata approvata ai massimi livelli. E per ragioni ben precise. Quando mi hanno preso il 21 maggio sapevano già a cosa gli servivo. Mi sorvegliavano da settimane, erano pronti a conquistare il villaggio. Dovevano solo eliminare chi come me parlava con i musulmani, chi mediava e impediva allo Stato Islamico di conquistarsi il consenso. Gli amici musulmani me l’avevano detto: Daesh è già dentro, vattene finché sei in tempo. Ma io non potevo abbandonare. Quando mi hanno rapito non è stata una sorpresa. La vera sorpresa a Raqqa è stato l’incontro con lo sceicco saudita che m’interrogava. Era gentile, beneducato. Spiegava con un sorriso le cose più terribili. Mi ordinò di convertirmi. Io dissi: Mai. Lui mi guardo rammaricato. Sa… dovremo ucciderla…. Lo so bene, ma non mi convertirò mai. Lui sorrise. In fondo – disse – la capisco». 
Da quel momento padre Jacques è confuso. «Pensavo a quando mi avrebbero decapitato, ma capivo anche di non essere un semplice prigioniero. Ero una pedina in un gioco più grande di me e di chi m’interrogava. Ero uno strumento per l’occasione più opportuna». L’occasione arriva ad agosto, subito dopo la caduta di Qaryatayn e di 250 cristiani, nelle mani di Daesh. Padre Jacques non sa quel che succede, ma intuisce che per lui qualcosa sta cambiando. Ricorda la visita di un iracheno incappucciato che parla a nome di Al Baghdadi.
«Il Califfo ha considerato il suo caso e quello dei 250 cristiani catturati nel suo villaggio e ha deciso in base a quattro possibilità. Può farvi tutti schiavi, uccidere gli uomini e tenere schiave le donne, oppure farvi scegliere tra conversione e decapitazione. Ma la quarta possibilità, quella scelta dal Califfo, è di farvi dono della vita. In cambio dovrete pagare la jizya, la tassa che consente ai cristiani di vivere nelle terre del Califfato».   Così dopo tre mesi di prigionia a Raqqa, padre Jacques si ritrova scortato dai miliziani jihadisti in viaggio verso Qaryatayn
«Appena arrivati mi hanno portato dai miei fedeli. Ero felice, ma al tempo stesso ho capito perché mi avevano lasciato in vita. Mi avevano preso, tenuto vivo e riportato al villaggio per piegare non solo il Qaryatayn, ma tutti i cristiani di Siria alle loro regole». La consapevolezza di essere uno strumento nelle mani dei propri carcerieri diventa ancor più dolorosa quando Padre Jacques tenta inutilmente di fermare il ratto di alcune ragazze cristiane, strappate alle famiglie per venir date in sposa ai militanti di Daesh.
«In quel momento tutto mi diventa chiaro. Capisco che restando lì diventerei la giustificazione vivente delle loro nefandezze. Per questo comincio a pianificare la mia fuga e quella dei miei confratelli. La mia fortuna sono i miei vecchi amici musulmani e quelli beduini. Un musulmano viene a prendermi in moto e mi porta fuori travestito dal villaggio. Poi nei giorni successivi i beduini nascondono sui loro carri e sui camion più di duecento cristiani». Sono loro, i musulmani e i beduini, a portarli fuori dal villaggio, a farli passare sotto gli occhi dei miliziani e dei check point.  «Oggi in quel villaggio non ci sono più cristiani.  Sono tutti salvi.  Il vero miracolo del Signore non è stata la mia salvezza, ma quella di tutti i miei confratelli»

martedì 12 gennaio 2016

Arabia Saudita, perché il gigante è malato


AVVENIRE, 10 gennaio 2016
di Giorgio Ferrari

Da quando nel 1938 il pozzo Dammam numero 7 cominciò a pompare petrolio, l’Arabia dominata dalla famiglia Saud si trovò a possedere la più grande riserva mondiale di petrolio e una delle più vaste di gas naturale: sotto la sabbia del deserto, sotto le fondamenta dei faraonici palazzi del potere di Riad si nascondono riserve di greggio per almeno 267 miliardi di barili, solo recentemente superate nelle stime dai 297 miliardi del Venezuela. In realtà il petrolio, che rappresenta tuttora il 95% delle esportazioni e il 70% delle entrate del regno, si annida principalmente nella provincia orientale di Al-Sharqiyya, da cui si ricava quasi l’80% del greggio saudita. Un greggio a buonissimo mercato, visto che produrlo costa solo 2 dollari al barile. Cuore della provincia è la città di al-Qatif, il più grande crocevia di oleodotti del mondo, a due passi da Dhahran – sede della Aramco, la compagnia petrolifera nazionale – e dall’immenso terminal petrolifero di Ras Tanura.

Da qui parte ogni giorno per il mondo l’oro nero saudita. È importante porre l’attenzione su questo spicchio del regno di re Salman: i suoi quattro milioni di abitanti sono in prevalenza sciiti, come sciita di al-Qatif era l’imam Nimr al-Nimr, decapitato qualche giorno fa. Al-Nimr, considerato il meno radicale fra gli sciiti sauditi, aveva capeggiato le proteste del 2011, l’anno delle primavere arabe e della rivolta nel Bahrein, ma per Riad era soprattutto un leader ritenuto pericoloso per l’unità territoriale del regno: «Tutto quel petrolio, quel gas naturale, quella ricchezza, insomma su cui vive e prospera da decenni l’Arabia Saudita – dice Mansour Alnoigadan, direttore del Centro studi e ricerche al-Mesbar di Dubai – sta sotto le scarpe di una minoranza sciita. Una minoranza che comincia a far paura, perché tutti sanno che negli appetiti di Teheran c’è proprio la zona petrolifera delle province orientali. Chi avesse in mano quella, avrebbe in mano il mondo ». Ed è esorcizzando questo timore che Riad soffia sul settarismo sciita provocando la reazione di Teheran.

«A dangerous sectarian game» , un gioco settario pericoloso, come ha scritto il New York Times, ma è l’unico gioco che in questo momento l’Arabia Saudita, gigante malato del tormentato scacchiere mediorientale, è in grado di condurre. Perché quella che in questi giorni di altissima tensione fra l’Iran sciita e l’Arabia Saudita culla dell’ortodossia sunnita appare come la fiammata estrema di una guerra di religione non è forse altro che una guerra combattuta con l’arma del petrolio. La coltre della diaspora millenaria fra le due anime dell’islam non basta infatti a celare il nocciolo duro dei veri interessi che da un anno a questa parte agitano i sonni dell’ottantenne Salman bin Abd al-Aziz Al Saud, salito sul trono esattamente un anno fa. Un anno vissuto pericolosamente e altrettanto pericolosamente scarno di successi: a picco le relazioni con lo storico alleato americano, in difficoltà nelle campagne militari contro gli Houti nello Yemen e contro gli sciiti hezbollah in Siria, e soprattutto con un’economia messa a dura prova dal crollo dei prezzi del petrolio, tanto da aver costretto il sovrano a tagliare sussidi, a imporre tasse e imposte un tempo sconosciute e a una stretta di cinghia assolutamente inedita nell’Arabia Felix.

Ma è soprattutto con il petrolio che Riad ha giocato duro, producendone in eccesso nonostante la contrarietà, le suppliche e perfino le minacce degli altri membri dell’Opec, tanto da far crollare le quotazioni fino a far giungere il barile sotto la soglia dei 30 dollari con un danno complessivo per i 13 Paesi del cartello attorno ai 500 miliardi di dollari e un previsto decremento del Pil nei prossimi due anni di 10 punti per l’Oman, 5 per gli Emirati e il Qatar e una cifra incalcolabile per il Venezuela. Il che non ha certo aumentato la simpatia dei produttori di petrolio per l’ingombrante leader saudita. In realtà però l’uso dell’arma del greggio aveva un duplice disegno. All’origine sembrava avere un scopo puramente commerciale: rendere troppo onerosa l’estrazione di shale gas, il gas di scisto argilloso di cui gli americani hanno incrementato la produzione raggiungendo così una sostanziale indipendenza energetica. Sul piano della concorrenza Riad si sentiva al sicuro: dei loro oltre 150 miliardi di barili di riserve gli iraniani potevano fare ben poco, dal momento che le sanzioni del 2012 gli impedivano di esportare greggio. Ma con gli accordi di Vienna fra Teheran e Washington sul nucleare e la revoca delle sanzioni l’Iran rischia di ritornare ad essere il peggior competitor di Riad, essendo di nuovo in grado di produrre 3–4 milioni di barili al giorno esportandone 2,5 milioni e il fatto non è più soltanto commerciale ma anche e soprattutto politico.

Ritorniamo dunque all’Arabia Saudita. La prova muscolare sul mercato del greggio, le guerre maldestre in Siria e Yemen, le esecuzioni capitali in massa non valgono a nascondere – come dice Bernard-Henri Lévy in un editoriale su Le Point – «un regime instaurato da un secolo ma che tutti gli osservatori sono concordi nel definire corrotto, guasto, in declino, sempre più evidentemente inadeguato ad assicurare la propria durata nel tempo». Il grande malato, insomma. Dal quale si comincia a prendere le distanze. E le contromisure.

http://www.avvenire.it/Mondo/Pagine/Arabia-Saudita-gigante-malato-.aspx

lunedì 11 gennaio 2016

Riccardi: Medio Oriente senza cristiani sotto i colpi dell'islamismo

Presepe che fino alla fine di gennaio sarà esposto nella chiesa abbaziale del S.S. Salvatore a Bologna.  Si è inteso onorare, pregare, riflettere sulla persecuzione dei cristiani, in Siria-Iraq-Egitto e tutto medio-oriente senza dimenticare il Pakistan e l'Africa che stanno pagando un tributo all'indifferenza delle potenze occidentali ormai paragonabile se non superiore alla shoah ebraica. Questo presepe non ha la mangiatoia, ma Gesù bambino è sulla croce, al centro, al posto della paglia ci sono le spine, la Madonna offre una corona di spine. Ogni statua regge le foto di alcuni che non hanno temuto nè sono scappati, ma sono tutti morti a causa della loro identità cristiana, spesso dopo gesti di autentico eroismo umano.  Particolarmente presente la "passione" del popolo siriano. (M.S)

Un'analisi di Andrea Riccardi 

sul Corriere della Sera  21 dicembre 2015 


A Bagdad,  il patriarca Sako ha aperto la Porta Santa nella cattedrale caldea, parlando di cristiani «tribolati, ma non schiacciati». Ha ricordato un dramma nella tragedia mediorientale: quello dei cristiani. Soffrono come il resto della popolazione. Ma sono colpiti in modo particolare: da quelli uccisi negli attentati a Bagdad fino ai cristiani assiri utilizzati come scudi umani nella capitale del Califfato, Rakka.

Il Medio Oriente, tra breve, sarà senza cristiani. Erano circa il 10% dei siriani e il 3,5% degli iracheni. Nel 1948, gli ebrei furono scacciati dagli Stati arabi, mentre i cristiani restarono fedeli al nazionalismo arabo. Nella loro storia bimillenaria, questi hanno resistito a invasioni e violenze per convertirli: dagli arabi ai mongoli e agli ottomani. Nella notte tra i1 6 e i1 7 agosto 2014, di fronte a Daesh incalzante in Iraq, ben 120.000 cristiani sono fuggiti dalla piana di Ninive: nessuno si è convertito all'Islam per restare. Ora la guerra, l'islamismo e il vuoto di prospettive spingono i cristiani a andare in Occidente. I vescovi, a lungo critici sull'abbandono delle terre storiche, sono oggi possibilisti verso l`emigrazione. Il loro grido d'allarme per un intervento dell`Occidente (non molto realizzabile) non ha dato risultati. Qualche patriarca si è spinto a chiedere l`intervento armato.
Per decenni, le minoranze cristiane hanno vissuto sotto la protezione dei regimi baathisti, siriano e iracheno, che garantivano un po' di laicità e un freno all'islamismo. Del resto il Baath fu fondato nel 1947 da un cristiano (ortodosso), Michel Aflaq, morto nel 1989 (Saddam lo onorò, parlandone come di un convertito all'Islam, fatto poco certo). Quel mondo è stato travolto dalla guerra occidentale all'Iraq (osteggiata dai cristiani) e dalla crisi del regime di Assad (difeso dai patriarchi).

I cristiani hanno creduto alla causa araba, lavorando perché l'arabità non s'identificasse con l`Islam, preoccupati di uno Stato religioso. Alcuni hanno avuto posti di rilievo, come il ministro degli Esteri di Saddam, Tareq Aziz. Giulio Andreotti, ben noto nel mondo arabo, aveva tra i suoi interlocutori alcuni cristiani come il patriarca melkita, Maximos Hakim. Le élite cristiane hanno tanto lavorato per la convivenza, certo fragile. Tutto poi è crollato. I leader ecclesiastici non hanno elaborato un disegno alternativo. Hanno rifiutato dal 2006 l'idea di una zona protetta per i cristiani nella piana di Ninive, sostenuta dagli americani, considerandola un ghetto. La vita però era impossibile a Bagdad. 
Oggi le aree di rifugio sono Kurdistan, Giordania e Libano. Quest'ultimo resiste, ma è a rischio: Daesh vuole portarvi lo scontro come si è visto con gli attentati contro gli sciiti. Il Libano, ultimo ridotto dei cristiani (almeno il 35% dei libanesi), non può accoglierne stabilmente altri. Il Kurdistan ha ricevuto i cristiani in fuga e ne ospita più di 100.000. Il governo locale si presenta aperto al pluralismo: ha fatto memoria persino dell`espulsione degli ebrei dal Paese. Ha costruito un edificio per il patriarca assiro, che abiterà qui. I curdi siriani, nelle zone da loro controllate, proteggono i residui cristiani. Ma i cristiani sono in genere perplessi verso i curdi, memori delle stragi di cent`anni fa e degli scontri successivi. 
I cristiani, senza prospettive, vogliono lasciare il Medio Oriente. Ambienti neoprotestanti li favoriscono con operazioni come «New Ninive», per portarli soprattutto negli Stati Uniti, che stanno diventando la nuova patria delle Chiese d`Oriente. Gli ambienti cattolici, che seguono la vicenda con tanti interventi di solidarietà, non hanno avuto la possibilità o la capacità di elaborare una visione del futuro né di suggerirla agli orientali. Il nuovo Oriente finirà per essere l`Occidente americano? Si sta spegnendo drammaticamente, sotto i colpi dell`islamismo, quel mondo cristiano orientale che ha avuto una funzione originale nell`incontro tra Islam e modernità e nell`orizzonte del cristianesimo. Si prepara uno sconvolgimento nell`ecologia umana del Mediterraneo: la fine di un`antichissima presenza. È ancora tempo di fare qualcosa?
Forse solo la pace in Siria potrebbe mutare questo destino.

di Andrea Riccardi

domenica 10 gennaio 2016

Siria: "NOTIZIE", RAPPORTI E LORO FONTI

Siria: la verità su Madaya


Sibialiria, 9 gennaio 16


Dilaga su tutti i media main stream la “notizia” dei bambini che muoiono di fame a Madaya, in Siria, assediata dall’esercito di Assad che impedisce l’invio di viveri. Ma quali sono le fonti di questa “notizia”? Sostanzialmente, una foto nella quale quelli che appaiono “ribelli”, per nulla denutriti, invocano con uno striscione il Papa per far cessare l’assedio a Madaya, alcune foto  risalenti ad anni fa e buone per tutte le occasioni,  e – ça va sans dire – l'Osservatorio siriano per i diritti umani.

Ma perché mai il governo di Damasco dovrebbe volere la morte di cittadini siriani ostaggio dei terroristi di al-Nusra? Ce lo chiedevamo già davanti alla “notizia” del “bombardamento russo sul mercato di Idlib”. E anche per Madaya una risposta può essere data consultando siti solitamente bene informati – in questo caso,  Al Manar,  attivisti presenti in Medio Oriente – come Vanessa Beeley della Rete No Syria Intervention – e la Croce Rossa Internazionale. E il quadro che, così, ne esce fuori è completamente diverso da quello descritto dai media main-stream (che sono arrivati a pubblicare – ovviamente Repubblica – “notizie” come questa).

L’attuale strategia dei miliziani jihadisti, per sfuggire ai bombardamenti russi e ai rastrellamenti dell’esercito siriano, è asserragliarsi in centri urbani facendosi scudo delle popolazioni. Una situazione che comporta assedi che, finora il governo di Damasco – checché ne dicano i nostrani media – ha affrontato con moderazione. Nel caso di Madaya (ma stesso discorso potrebbe essere fatto per altri villaggi), ad esempio, già l’anno scorso (non certo da oggi)  il governo di Damasco ha permesso a colonne di soccorso della Croce Rossa Internazionale di entrare in questo centro, posto a 1400 metri di altitudine, per portare aiuti umanitari. Aiuti umanitari  requisiti, per lo più, dai miliziani jihadisti. Probabile che questa situazione abbia comportato casi di inedia, tra l’altro diffusissimi in tutta la Siria.

Anche per scongiurare l’aggravamento della situazione, il governo di Damasco, già nell’agosto 2015, aderiva ad una proposta della Croce Rossa Internazionale di un “cessate il fuoco” e di un salvacondotto che prevedeva l’allontanamento da Madaya di miliziani jihadisti feriti. L’ultimo trasbordo di miliziani feriti è avvenuto nel dicembre 2015 tramite autoveicoli della Croce Rossa Internazionale entrati a Madaya con aiuti umanitari.
Ci sarebbe da domandarsi – per fare nostre le parole di Vanessa Beeley – perché mai la Croce Rossa Internazionale non avrebbe portato in salvo, oltre ai miliziani feriti, anche i bambini e le persone di Madaya che stavano morendo di fame.

La Redazione di Sibialiria

http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=3105

Patriarca Laham: Medaya ostaggio di bande armate e terroristi, a rischio la consegna di aiuti 


AsiaNews - Madaya è una città “presa in ostaggio da persone che vivono all’interno”, da bande armate e gruppi terroristi, oltre che da membri di Daesh [acronimo arabo per lo Stato islamico, SI], che usano i civili “come scudi umani”. È quanto afferma ad AsiaNews il Patriarca melchita Gregorio III Laham, il quale precisa che nella città siriana contesa fra governo e ribelli abitano “20mila, non 40mila abitanti come scritto in questi giorni sui media”. “Noi come Chiesa non abbiamo accesso a questa città - aggiunge - ma sappiamo che inviare aiuti è rischioso, perché spesso finiscono nelle mani, come già successo in altre parti, di bande criminali e gruppi terroristi”. ...

 leggi qui:  http://www.asianews.it/notizie-it/Patriarca-Laham:-Medaya-ostaggio-di-bande-armate-e-terroristi,-a-rischio-la-consegna-di-aiuti-36364.html

mercoledì 6 gennaio 2016

Padre Daniel: "Abiteranno sicuri, perché Egli sarà grande fino agli estremi confini della terra. Egli stesso sarà la pace!"


Qara, 1 gennaio  2016


L'arrivo dei pastori
Due giorni prima di Natale sono arrivati già i primi pastori qui. E’ un gruppo di francesi, che hanno incontrato Madre Agnès-Mariam in una conferenza di pace a Ginevra e desiderano conoscere la comunità. 
Sono musulmani molto entusiasti, entrambi sposati con donna algerina, fedeli pellegrini alla Mecca e vogliono riportare l'islam alla carità e alla fraternità. Ci hanno raccontato che masse di musulmani in Algeria ora ritornano alle loro radici e diventano cristiani. Hanno fondato un'associazione per l'unità di tutti i credenti amanti della pace. 
La mattina abbiamo preso una semplice colazione, ma molto accogliente. Eravamo cinque nella mia piccola stanza (che non è solo la mia camera da letto, ma anche sala di studio, aula, sala conferenze, refettorio, spazio per riunioni e foresteria per gli uomini, cioè “all rolled in one” ! ). Così abbiamo potuto ascoltare le loro ardenti testimonianze e viceversa abbiamo testimoniato la nostra fede cristiana e il vero significato di " ìl profeta di Dio", Gesù, l’unico Salvatore di tutti i popoli. Le loro lotte di vita sono contro tutte le forme di fanatismo nell'islam e soprattutto contro il wahabismo della Arabia Saudita. Quello rappresenta per loro l'abominio più alto. Hanno raccontato storie infinite sulla corruzione, l’ ipocrisia, l’arroganza della classe dirigente in Arabia Saudita. Hanno visto tanti giovani con la mano mozzata o addirittura il braccio mozzato, che hanno lavorato come schiavi per i loro padroni e solo perché hanno commesso un piccolo errore di lavoro sono stati mutilati in tal modo. Nel frattempo, questi principi rubano ovunque le ricchezze altrui, fanno giungere beni di lusso e champagne per sé per mezzo di elicotteri e girellano da una prostituta all' altra. Nel mondo intero erigono centri per sedurre genti al rigoroso wahabismo, presentandolo come la sola e vera dottrina islamica . Nel frattempo, l'Arabia Saudita è stata nominata capo della Commissione ufficiale ONU dei Diritti Umani. Il mondo è impazzito! In Occidente, le donne sono pagate per passeggiare con il burqua sulle strade in modo sempre più diffuso.
I nostri amici musulmani francesi hanno capito perchè il wahabismo e il sionismo collaborano così strettamente: si tratta dello stesso mondo di soldi e violenza, potere, arroganza, dominazione, razzismo e odio verso gli altri. 
I nostri musulmani francesi dicono che tutto quello che è umano nell’islam è stato distrutto dal wahabismo, ugualmente come fanno i sionisti che corrompono tutto quello che è prezioso della fede ebraica. Ci insegnano che il wahabismo effettivamente deriva dal sionismo. La loro testimonianza sulla Francia è stata notevole. Tra tante comunità musulmane in Algeria, Libano, Siria e altrove hanno sentito una profonda base di convivenza pacifica tra le diverse religioni e gruppi etnici. Beh, invece, da noi in Francia, dice uno, si sente sempre di più come le comunità musulmane sono trasformate dal wahabismo e crescono sempre di più nell'odio verso tutti gli altri. E così preparano tanti giovani a mirare verso "il più alto obiettivo", cioè di partecipare alla lotta qui in Siria o altrove, per uccidere il più possibile di 'infedeli' o di morire come martiri per guadagnare il cielo! Questi giovani così ingannati credono di arrivare in questo modo sicuramente in cielo..

Auguri di un Buon Anno Nuovo
Come ogni uomo, anche noi desideriamo la pace per poter vivere in amore e in gioia. Noi speriamo che quest'anno la Siria possa essere liberata da tutto il terrore e ritrovare la sua sovranità. E che poi possiamo essere in grado di continuare a contribuire effettivamente alla faticosa ricostruzione di questo paese e al recupero della sua società armoniosa, in cui i cristiani hanno sempre svolto un ruolo eccezionale. Questa era la loro terra, molto prima che l'islam nascesse. Ringraziamo tutti i benefattori che ci permettono di continuare ad aiutare la popolazione e i cristiani di Siria.
Noi stessi provenienti dall'Europa, abbiamo trovato qui in Siria la nostra seconda preziosa patria. Una volta, Europa e Russia erano strettamente collegate. Poi è arrivata la separazione tra l'Occidente libero e il blocco orientale sotto la dittatura comunista. Ora i ruoli si sono invertiti. I paesi europei sono diventati vassalli di America e la Russia ha riacquistato la sua identità e la sua sovranità. Mentre la Russia per forza si volge verso la Cina, si inaugura in Europa in modo solenne un immenso centro commerciale o un McDonald o un centro islamico. In Russia invece si celebra l'inaugurazione di una splendida iconostasi in una nuova Chiesa ortodossa.
I paesi europei non solo hanno negato le loro radici cristiane, ma anche la loro sovranità e i loro valori spirituali e umani, del tutto assorbiti da una globalizzazione schiacciante . Sono diventati paesi senza frontiere, senza valori, senza identità o storia. Il sogno di una maggiore prosperità è scacciato dalla realtà del sempre crescente impoverimento, e la promessa di una maggiore libertà è schiacciata da una crescente dittatura totalitaria. Abbiamo un' Europa della dissoluzione delle famiglie, del LBGT e delle Femen, l'Europa del consumismo, delle multinazionali e del divertimento. I sommi sacerdoti dell'abolizione di tutti i confini e dell’ abolizione di tutti i valori resteranno ancora un po' di tempo con successo al potere, finché si raggiungerà il fondo del burrone. I testimoni della verità e della vita resteranno per il momento ancora sul bordo come i "perdenti".
Mio desiderio e speranza è che questo gruppo perseveri e diventi sempre più numeroso. Un medico che aiuta una madre a portare suo figlio al mondo e che rifiuta l'aborto e rifiuta anche l'eutanasia, ma chi aiuta il moribondo a morire in modo umano nel momento e nel modo da Dio previsto (il vero significato del parole greco “eu-thanatos”), oggi può essere condannato all'imprigionamento. Invece una massa di opponenti autentici non sono più da incarcerare: è la mia speranza, che questa moltitudine di opponenti autentici come testimoni della verità, della vita e della fede cristiana cresca sempre di più.

Se vi piace una storia commovente di Natale sulla resistenza in Siria, leggete allora Ugarit Dandache, Syrie:du ciel à la terre, les hommes de Kweiris ont gagné leur pari,mondalisation.ca dec 2015. Per tre anni, i soldati dell'aeroporto militare a est di Aleppo, grande 25 km quadrati, hanno vissuto in mezzo a un territorio controllato da Daesh, con la morte davanti agli occhi ogni giorno. Ora loro testimoniano come sono sopravvissuti come fratelli, ogni momento pronti a dare la vita l’uno per l'altro e per il loro popolo. Alcuni sono morti, ma tutti rimasero fedeli nella lotta contro le bugie e l’omicidio.
Dove sono i cristiani in Europa che desiderano offrire resistenza come dicono le parole di san Paolo: "Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto”. (Romani 12, 2)?

Un Buon Natale e un Beato e Grato 2016.

P. Daniel
(trad A. Wilking)

http://www.maryakub.net/2015/12/26/merry-christmas-nativity-icon-explained/

martedì 5 gennaio 2016

Siria, bombe sui cristiani: "Sono attacchi mirati, ma noi siamo uniti"

Attentati, il lutto e la resistenza. Parla il capo dell'eparchia armeno-cattolica di Qamishli: “Siamo in lutto totale”




di Matteo Matzuzzi 
Il Foglio, | 04 Gennaio 2016 


“Un massacro terroristico senza precedenti”, ha detto il patriarca siro-cattolico Ignace Youssef III Younan, commentando quanto avvenuto il 30 dicembre scorso a Qamishli, nord della Siria, a non troppa distanza dai confini con la Turchia a settentrione e l’Iraq a oriente. Tre diversi attentati, subito rivendicati da gruppi che si sono richiamati alla dottrina dello Stato islamico, hanno lasciato a terra diciotto morti, tra cui tredici cristiani. Una quarantina i feriti, alcuni dei quali senza più gambe o braccia. 
“Quella sera ci si preparava con gioia ed entusiasmo a salutare l’anno nuovo, come da tradizione con le feste e il folclore tipico delle nostre comunità cristiane”, dice al Foglio monsignor Antranig Ayvazian, capo della eparchia cattolico-armena di Qamishli: “Quasi tutti i locali, ristoranti e club giovanili stavano portando a termine i preparativi per il giorno seguente. Alle 20.40, la prima esplosione, al Café Miami, forse per opera d’un attentatore suicida fattosi saltare in aria, ha riferito l’agenzia France Presse. Tre o quattro minuti dopo, la seconda, al ristorante Gabriel. Più tardi, l’attentato al Youth Restaurant, nella parte occidentale della città. Le bombe erano state nascoste all’interno di alcune valigie, posizionate qua e là tra i tavoli, in mezzo ai clienti che si preparavano a tornare a casa”. Il risultato? “Una macelleria. I morti sono tutti giovani e giovanissimi, novelli sposi o persone sposate da pochi anni, padri di bambini piccoli. Quasi tutti cristiani”. 
Da quattro giorni la città è in lutto, aggiunge il presule: “Un lutto totale”, precisa, al punto che nelle chiese e nei luoghi di ritrovo si sente spesso citare il passo biblico del profeta Geremia in cui “Rachele piange i suoi figli e, proprio perché essi non ci sono più, non può essere consolata”. Un lutto che ha unito tutti i cristiani di Qamishli, indipendentemente dal fatto che siano essi cattolici od ortodossi: “Le cerimonie di requiem sono state ecumeniche. Si è pregato nella cattedrale siro-ortodossa, dove i capi delle varie comunicate hanno portato parole di conforto. Quindi è stato letto il messaggio del presidente Bashar el Assad. Infine, tutte le vittime sono state sepolte nel cimitero cattolico. Insieme e in fila, l’una di seguito all’altra. Ora, per non dimenticare quel che è stato, si sta pensando di erigere un monumento dedicato a loro, i Martiri di Natale”.

“Suoneremo le campane finché vivremo”
 E’ la prima volta che i cristiani della città all’estremo lembo settentrionale della Siria vengono presi di mira in modo così diretto. I miliziani fedeli al califfo ci avevano già provato lo scorso giugno, ma la resistenza (con il supporto delle Forze armate governative) avevano evitato a Qamishli il destino di tante altre città del paese, rese spettrali dalla guerra civile e dall’avanzata jihadista. Qamishli che, nel frattempo, aveva accolto milleottocento cristiani e più di quattrocento famiglie musulmane scappate da Hassaké, ottanta chilometri più a sud. 
Il luogo colpito a fine anno è simbolico, sottolinea mons. Ayvazian: “La nostra città, a differenza di altre, è un bastione cristiano di certo polietnico, ma altrettanto unito. E’ un mosaico di antiche chiese orientali, vecchie di storia quanto lo è il cristianesimo. Dal 2011 a oggi, Qamishli era rimasta ai margini della violenza che imperversa altrove, tant’è che migliaia di profughi venivano qui, avviando anche alcune piccole aziende per cominciare una nuova vita. L’armonia era il tratto caratterizzante: arabi, curdi, armeni, siriaci, caldei e assiri. Nessun problema, ci sono perfino quartieri popolari ‘misti’”, aggiunge il capo della locale eparchia cattolico-armena. La zona centrale, però, “è sempre stata a maggioranza cristiana e a difenderla c’erano gruppi di giovani miliziani anch’essi cristiani”. 
Il patriarca siro-cattolico, Younan III, vede nel duplice attentato “un messaggio cupo che i terroristi hanno voluto indirizzare ai cristiani di questa città, seminando morte e lacrime”.

Joint par téléphone Mgr Hindo a témoigné de sa colère :« C’est insupportable, l’année 2015 a commencé par le massacre des assyriens dans les 35 villages du Khabour et les 300 personnes kidnappés.Puis en juin, DAESH nous a attaqués et 40 jours ont été nécessaires pour les éloigner.Enfin l’année se termine par ce massacre. C’est insupportable ».
Aggiungi didascalia

Ancor più esplicito è stato monsignor Pascal Gollnisch, direttore generale dell’Oeuvre  d’Orient, l’istituzione creata in Francia a metà Ottocento per sostenere le chiese orientali: “Quasi venti cristiani sono stati assassinati in modo mirato”, ha scritto in un comunicato stampa diffuso ieri, chiarendo come sia “più che mai necessario adottare misure per fermare le violenze in Siria e Iraq”. 
Lo stesso Younan, del resto, solo qualche settimana fa aveva implorato  l’occidente, a cominciare dall’Amministrazione americana guidata da Barack Obama, di “fare di più per difendere i cristiani perseguitati nel vicino e medio oriente”. 

Il patriarca greco-ortodosso di Antiochia e di tutto l’oriente, Youhanna X Yazigi, ha fatto leggere nelle chiese che ricadono sotto la sua giurisdizione – a cominciare dalla cattedrale ortodossa di Damasco, la “Mariamita” – un messaggio in cui assicura che “non risparmieremo alcuno sforzo per difendere la nostra terra. Le nostre campane continueranno a suonare finché ci sarà sangue nelle nostre vene”.

domenica 3 gennaio 2016

Lettera aperta al mondo musulmano, di Abdennour Bidar



Abdennour Bidar è filosofo, specializzato in evoluzione contemporanea dell'Islam e delle teorie di secolarizzazione e post-secolarizzazione

Caro mondo musulmano, sono uno tra i tuoi figli allontanati, che ti guarda dal di fuori e da lontano, da questa Francia dove tanti dei tuoi figli vivono oggi. Ti guardo con occhi severi, occhi di un filosofo cresciuto con il taçawwuf (sufismo) e il pensiero occidentale. Ti guardo pertanto dalla mia posizione di barzakh, di istmo tra i due mari d'Oriente e d'Occidente.
E che cosa vedo? Che cosa vedo meglio che altri, siccome ti guardo da lontano con il distacco della distanza? Ti vedo in una condizione di miseria e di sofferenza che mi rende tremendamente triste, ma che rende ancora più duro il mio giudizio di filosofo! Questo poiché vedo che stai mettendo al mondo un mostro che preferisce essere chiamato Stato islamico e al quale qualcuno preferisce dare il nome di demonio: DAESH. La cosa peggiore è che ti vedo perdere il tuo tempo e il tuo onore, rifiutando di riconoscere che questo l'hai fatto nascere tu, è frutto dei tuoi vagabondaggi, delle tue contraddizioni, della tua interminabile scissione tra passato e presente, della tua duratura incapacità a trovare un posto nella civiltà umana.

Che cosa dici davanti a questo mostro? Qual è il tuo discorso? Tu urli "Non sono io!", "Non è l'Islam". Rifiuti che i crimini commessi da questo mostro siano commessi sotto tuo nome (hashtag #NotInMyName). Sei indignato davanti ad una tale mostruosità, insorgi quando il mostro usurpa la tua identità, e hai sicuramente ragione di farlo. È indispensabile che davanti al mondo proclami, ad alta voce che l'islam denuncia le barbarie. Ma è assolutamente insufficiente! Poiché tu ti rifugi nel riflesso dell'autodifesa senza assumerti anche, e soprattutto, la responsabilità dell'autocritica. Ti accontenti d'indignarti, quando invece questo momento storico sarebbe stata un'occasione incredibile per rimetterti in discussione! E come sempre, tu accusi invece di prenderti la tua responsabilità: "Smettetela, voi occidentali e tutti voi nemici dell'Islam, di associarci a questo mostro! Il terrorismo non è l'islam, il vero islam, l'islam buono che non vuole la guerra, ma la pace!".

Sento questo grido di rivolta che sale dentro di te e ti capisco, oh mio caro mondo musulmano. Si, hai ragione, come ciascuna delle grandi idee sacre del mondo, l'Islam durante la sua storia ha creato della Bellezza, della Giustizia, del Senso, del Bene, e ha potentemente illuminato l'essere umano nel cammino del mistero dell'esistenza... Combatto qua in Occidente, in ognuno dei miei libri, affinché tale saggezza dell'islam et di tutte le religioni non sia dimenticata e neanche disprezzata! Ma dalla mia posizione distante, vedo anche qualcos'altro, qualcosa che tu non riesci a vedere o che non vuoi vedere... E questo suscita in me una domanda, LA grande domanda: perché questo mostro ti ha rubato il volto? Perché questo mostro ignobile ha scelto il tuo viso e non un altro? Perché ha preso la maschera dell'islam e non un'altra? La verità è che dietro quest'immagine del mostro si nasconde un immenso problema che tu non sembri pronto a guardare in faccia. Tuttavia è necessario, è necessario che tu abbia il coraggio.

Questo problema è quello delle radici del male. Da dove provengono i crimini di questo cosi detto "Stato islamico"? Te lo dirò, amico mio. E questo non ti farà piacere, ma è mio dovere di filosofo. Le radici di questo male che oggi ti ruba il volto risiedono in te, il mostro è uscito dal tuo ventre, il cancro è nel tuo corpo. E cosi tanti nuovi mostri, peggiori di questi, usciranno ancora dal tuo ventre malato, fintanto che tu ti rifiuterai di guardare in faccia questa verità e che impiegherai del tempo a ammettere e ad attaccare finalmente questa radice del male!
Anche gli intellettuali occidentali, quando dico loro questo, lo vedono con difficoltà: la maggior parte ha talmente dimenticato che cos'è la potenza della religione, nel bene e nel male sulla vita e sulla morte, che mi dicono " no, il problema del mondo musulmano non è l'islam, non è la religione ma la politica, la storia, l'economia, etc.". Vivono in società cosi secolarizzate che non si ricordano per niente che la religione può essere il cuore del reattore di una civilizzazione umana! E che nel domani il futuro dell'umanità passerà, non soltanto attraverso la risoluzione della crisi finanziaria e economica, ma in maniera più essenziale anche attraverso la risoluzione della crisi spirituale che attraversa tutta la nostra umanità, senza precedenti! Sapremo unirci tutti, a livello planetare, per affrontare questa sfida fondamentale? La natura spirituale dell'uomo ha paura del vuoto, e se non trova nulla di nuovo per riempirlo lo farà domani con delle religioni sempre più inadatte al presente e si metteranno quindi a produrre dei mostri, come fa l'islam attualmente.

Vedo in te, o mondo musulmano, grandi energie pronte a liberarsi per contribuire a questo sforzo mondiale che consiste nel trovare una via spirituale per il XXI secolo! In effetti, malgrado la gravità della malattia e l'entità delle ombre d'oscurantismo che vogliono ricoprirti interamente, vedo in te una molteplicità straordinaria di donne e di uomini pronti a riformare l'islama ricreare il suo genio al di là delle se forme storiche e a partecipare ugualmente al completo rinnovamento del rapporto che l'umanità mantiene fino ad adesso con i suoi dei! Nei miei libri mi sono rivolto à tutti coloro, musulmani e non musulmani, che sperano tutti insieme nella rivoluzione spirituale! Per dare fiducia, con le mie parole da filoso, a quello che intravede la loro speranza.

Nella Oumma (comunità di musulmani) ci sono delle donne e degli uomini civilizzati che sostengono l'idea di un futuro spirituale per l'essere umano. Ma questi uomini non sono ancora abbastanza numerosi e la loro parola non è ancora cosi potente. Onoro la lucidità e il coraggio di tutti loro, i quali hanno capito perfettamente che la nascita dei mostri terroristici dal nome di Al Qaida, Al Nostra, AQMI o dello "Stato islamico" è il risultato della condizione generale della profonda malattia del mondo musulmano. Hanno capito bene che risiedono là, su di un immenso corpo malato, i sintomi più gravi e più visibili delle seguenti malattie croniche: incapacità di istituire delle democrazie durature nelle quali la libertà di coscienza sui dogmi della religione, è riconosciuta come un diritto morale e politico; prigione morale e sociale di una religione dogmatica, idiomatica et ogni tanto totalitaria; fatiche croniche nel migliorare la condizione delle donne riguardo a uguaglianza, responsabilità e libertà; incapacità di distinguere a sufficienza il potere politico dal suo controllo da parte dell'autorità religiosa; incapacità d'istituire un rispetto, una tolleranza e un vero riconoscimento del pluralismo religioso e delle minorità religiose.

Sarebbe pertanto tutto ciò un errore dell'Occidente? Quanto tempo prezioso, quanti anni cruciali perderai ancora, o mio caro mondo musulmano, a causa di questa accusa stupida alla quale tu stesso non credi più e dietro alla quale ti nascondi per continuare a mentire a te stesso? Se ti critico in modo cosi severo non è perché sono un filosofo "occidentale", ma perché sono uno tra i tuoi figli consapevoli di tutto ciò che hai perduto, della grandezza sbiadita da cosi tanto tempo che è diventata un mito!
In particolare dal XVIII secolo, è giunto il momento di confessartelo insomma, sei stato incapace di rispondere alla sfida dell'Occidente. O ti sei rifugiato nel passato in modo infantile e mortificato, con l'intollerante e cupa regressione del wahhabismo la quale continua a fare dei danni praticamente ovunque all'interno dei tuoi confini, un wahhabismo che tu diffondi a partire dai tuoi luoghi santi dell'Arabia Saudita come un cancro che partirebbe anch'esso dal tuo cuore. Oppure hai seguito il peggio di questo Occidente, producendo com'esso dei nazionalismi e un modernismo che è caricatura della modernità, voglio parlare di questa frenesia di consumo o meglio ancora di questo sviluppo tecnologico incoerente insieme ai loro arcaismi religiosi, che rende le tue ricchissime "élites" del Golfo soltanto delle vittime consenzienti della malattia oramai mondiale che è il culto del dio argento.

Che cos'hai di ammirevole oggi, amico mio? Che cosa rimane in te che sia degno di suscitare il rispetto e l'ammirazione degli altri popoli e civiltà della Terra? Dove sono le tue persone sagge? Hai ancora una saggezza da proporre al mondo? Dove sono i tuoi grandi uomini, chi sono i tuoi Mandela, i tuoi Gandhi, chi sono i tuoi Aung San Suu Kyi? Dove sono i tuoi grandi pensatori, i tuoi intellettuali i cui libri dovrebbero essere letti nel mondo intero come al tempo in cui i matematici e i filosofi arabi e persiani facevano riferimento dall'India alla Spagna? In realtà sei diventato cosi debole, cosi impotente dietro la certezza che risiede sempre in te... Non sai più chi sei né dove vuoi andare e ciò ti rende tanto infelice quanto aggressivo... Ti ostini a non ascoltare coloro che ti invitano a cambiare liberandoti finalmente dalla dominazione, che hai regalato alla religione, della vita intera. Hai scelto di considerare che Mohammed fosse profeta e re. Hai scelto di definire l'islam una religione politica, sociale, morale che deve regnare come un tiranno tanto sullo Stato quanto sulla vita civile, tanto per strada e in casa quanto all'interno di ciascuna coscienza. Hai scelto di credere e d'imporre che l'Islam significa sottomissione quando invece il Corano stesso proclama che "non c'è costrizione nella religione" (La ikraha fi Dîn). Tu hai fatto del suo Richiamo alla libertà l'impero della costrizione! Come può una civiltà tradire il suo testo sacro, fino a questo punto? Penso che sia il momento, nella civilizzazione dell'islam, di istituire questa libertà spirituale, la più sublime e difficile di tutte, al posto di tutte le leggi inventate da generazioni di teologici!

Oggi nella Oumma si sentono numerose voci che tu non vuoi sentire, che insorgono contro questo scandalo, che denunciano questo tabou di una religione autoritaria e indiscutibile di cui si servono i capi per diffondere la loro dominazione all'infinito... Al tal punto che troppi credenti hanno talmente interiorizzato una cultura della sottomissione alla tradizione e ai "maestri della religione" (imams, muftis, shouyoukhs, etc.), che non capiscono neanche che si parla loro di libertà spirituale et non ammettono che si osi parlare loro di scelte personali a proposito dei "pilastri" dell'islam. Tutto ciò costituisce per loro una "linea rossa", qualcosa di troppo sacro perché possano dare alla loro coscienza il permesso di rimetterlo in discussione! E ce ne sono tante di queste famiglie, di queste società musulmane nelle quali tale confusione tra spiritualità e servitù è radicata nelle loro menti dalla più giovane età e nelle quali l'educazione spirituale è talmente misera che tutto quello che riguarda la religione, in un modo o nell'altro, rimane pertanto qualcosa su cui non si discute!

Adesso questo non è sicuramente imposto dal terrorismo di qualche pazzo, da qualche gruppo di fanatici inviati dallo Stato islamico. No, questo problema è infinitamente più profondo e infinitamente più vasto! Ma chi lo vedrà e chi lo pronuncerà? Chi vuole ascoltarlo? C'è silenzio a questo proposito nel mondo musulmano e nei media occidentali si sente solo più parlare di questi specialisti del terrorismo che aumentano giorno dopo giorno la miopia generale! Bisogna fare in modo che tu, amico mio, non ti illuda credendo e facendo credere che quando si finirà con il terrorismo islamico, l'islam avrà risolto i suoi problemi! Poiché tutto quello che ho evocato, una religione tirannica, dogmatica, letteraria, formalista, maschilista, conservatrice, regressista, è troppo spesso, non sempre, ma troppo spesso, l'islam ordinario, l'islam quotidiano che soffre e fa soffrire troppe coscienze, l'islam della tradizione e del passato, l'islam deformato da tutti coloro i quali lo utilizzano politicamente, l'islam che riesce ancora a mettere a tacere le Primavere arabe e la voce di tutti i giovani che chiedono qualcos'altro. Allora quando farai la tua vera rivoluzione? Questa rivoluzione che nelle società e nelle coscienze farà definitivamente rimare religione con libertà, questa rivoluzione senza ritorno che si accorgerà che la religione è diventato un fatto sociale tra altri ovunque nel mondo, e che i suoi esorbitanti diritti non hanno più alcuna legittimità!

Sicuramente nel tuo immenso territorio ci sono degli isolotti di libertà spirituale: delle famiglie che trasmettono un islam di tolleranza, di scelta personale, di approfondimento spirituale; dei contesti sociali nei quali la gabbia della prigione religiosa si è aperta o semi-aperta; dei luoghi in cui l'islam da ancora il meglio di sé che corrisponde ad una cultura della condivisione, dell'onore, della ricerca di sapere e una spiritualità alla ricerca di questo luogo sacro dove s'incontrano l'essere umano e la realtà ultima chiamata Allah. In Terra islamica e ovunque nelle comunità musulmane del mondo ci sono delle coscienze forti e libere, ma esse sono condannate a vivere la loro libertà senza certezza, senza riconoscenza di un diritto veritiero, lasciate a loro rischio e pericolo di fronte al controllo comunitario o addirittura talvolta di fronte alla polizia religiosa. Fino ad ora non è mai stato riconosciuto il diritto di dire "Io scelgo il mio islam", "Ho il mio proprio rapporto con l'islam" da parte dell' "islam officiale" di coloro che hanno una dignità. Questi ultimi invece si ostinano a imporre che "la dottrina dell'islam è unica" e che "l'obbedienza ai pilastri dell'islam è la sola soluzione".

Questo rifiuto del diritto alla libertà religiosa è una delle fonti del dolore di cui tu soffri, o mio caro amico mondo musulmano, uno dei ventri oscuri dove crescono i mostri che fai infuriare da qualche anno davanti ai volti spaventati del mondo intero. Poiché questa religione del fare impone una violenza insostenibile interamente a tutte le tue società. Questa rinchiude sempre troppe delle tue figlie e tutti i tuoi figli in una gabbia di un Bene e di un Male, di un lecito (halâl) e di un illecito (harâm) che nessuno sceglie ma che tutti subiscono. Imprigiona le volontà, condiziona gli spiriti, impedisce o ostacola qualsiasi scelta di vita personale. In troppi dei tuoi paesi tu associ ancora religione e violenza, contro le donne, contro i "cattivi credenti", contro le minoranze cristiane o altre, contro i pensatori e gli spiriti liberi, contro i ribelli, in modo tale da arrivare a confondere questa religione e questa violenza , tra i più squilibrati e i più fragili dei tuoi figli, nella mostruosità del jihad!
Pertanto, ti prego, non ti stupire, non fare più finta di stupirti che dei demoni come il cosi detto Stato islamico ti abbiano rubato il volto! Poiché i mostri e i demoni rubano solo i volti già deformi a causa di troppe smorfie! E se vuoi sapere come fare per non mettere più al mondo tali mostri, te lo dirò. È allo stesso tempo semplice e molto difficile. Devi iniziare dal riformare tutta l'educazione che fornisci ai tuoi bambini, è necessario che tu riformi ciascuna delle tue scuola, ciascuno dei tuoi luoghi di sapere e di potere. È necessario che le riformi per dirigerle secondo dei principi universali (anche se non sei il solo a non rispettarli o a persistere nella loro ignoranza): la libertà di coscienza, la democrazia, la tolleranza e il diritto di cittadinanza per ogni diversità nella visione del mondo e nelle credenze, l'uguaglianza dei sessi e l'emancipazione delle donne sotto tutela maschile, la riflessione e la cultura critica del religioso nelle università, la letteratura, i media. Non puoi più tornare indietro, non puoi più fare di meno di tutto ciò! Non puoi più fare meno della rivoluzione spirituale la più completa! È il solo modo per te per non mettere più al mondo tali mostri e se non lo fai sarai ben presto distrutto dalla potenza della distruzione. Quando avrai correttamente portato a termine questo compito colossale, invece che rifugiarti ancora nella malafede e nell'accecamento volontario, allora più nessun mostro spregevole potrà venire a rubarti il volto.

Caro mondo musulmano... Sono solo un filosofo e come sempre alcuni diranno che il filosofo è un eretico. Pertanto io cerco soltanto di far risplendere di nuovo la luce, è il nome che mi hai dato ad ordinarmelo, Abdennour, «Serviteur de la Lumière».
Non sarei mai stato cosi severo in questa lettera se non credessi in te. Come si dice in francese: "Chi ama profondamente, castiga bene". Al contrario, tutti coloro i quali non sono abbastanza severi con te attualmente, che ti scusano sempre, che ti voglio considerare sempre una vittima, o che non vedono la tua responsabilità in quello che ti accade, tutti loro in realtà non ti fanno del bene! Credo in te, credo nel tuo contributo nel fare del nostro pianeta un universo più umano e allo stesso tempo più spirituale! Salâm, che la pace sia in te.