Traduci

sabato 20 giugno 2015

Papa Francesco e Patriarca Aphrem II: Il sangue dei martiri è seme di unità della Chiesa

Con il patriarca siro-ortodosso di Antiochia il Papa torna a denunciare il martirio dei cristiani 


Osservatore romano, 19 giugno 2015

Di fronte alle «terribili sofferenze provocate dalla guerra e dalle persecuzioni» contro i cristiani in Medio oriente e all’incapacità di «trovare soluzioni» da parte dei potenti del mondo, Papa Francesco torna a levare alta la voce, invitando a pregare «per le vittime di questa efferata violenza». 
Ricevendo in Vaticano venerdì mattina 19 giugno il patriarca siro-ortodosso Aphrem II, il Pontefice ha rilanciato il grido di dolore delle tante vittime innocenti di tutte le situazioni di conflitto presenti in varie regioni della terra. «Chiediamo anche al Signore — ha aggiunto — la grazia di essere sempre pronti al perdono e operatori di riconciliazione e di pace». Perché, ha spiegato, è questo «ciò che anima la testimonianza dei martiri».
Il Papa ha anche ricordato i due arcivescovi cristiani rapiti insieme in Siria più di due anni fa, così come i sacerdoti e le tante persone, di diversi gruppi, private della libertà. Da qui l’esortazione, rivolta al capo della Chiesa siro-ortodossa «in questo momento di dura prova e di dolore», a rafforzare «ancora di più i legami di amicizia e di fraternità», affrettando i «passi sul cammino comune» e scambiando i tesori delle rispettive tradizioni «come doni spirituali, perché ciò che ci unisce è ben superiore a ciò che ci divide».
DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
A SUA SANTITÀ MOR IGNATIUS APHREM II,
PATRIARCA SIRO-ORTODOSSO DI ANTIOCHIA E TUTTO L'ORIENTE
Venerdì, 19 giugno 2015

leggi qui:


E il patriarca siro-ortodosso gli parla di genocidio, paesi che finanziano il terrorismo, zona franca per i cristiani


Nella sua prima visita ufficiale in Vaticano, il patriarca Mor Ignatius Aphrem II ha portato con sé le tribolazioni e le attese di tutti i cristiani in Medio oriente, in particolare della Siria. «Giungiamo da Damasco — ha detto al Papa — portando con noi la sofferenza e le aspirazioni della gente» che «sta chiedendo a voce alta la pace»
......
leggi qui: 

-----------------

«Cristiani e musulmani: insieme per contrastare la violenza perpetrata in nome della religione»


 Messaggio del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso ai Musulmani per il mese del Ramadan e ‘Id al-Fitr 1436 H. / 2015 A.D., 19.06.2015


Cari fratelli e sorelle musulmani,
1. Sono lieto di porgervi, sia a nome dei cattolici di tutto il mondo, sia personalmente, i migliori auguri di una serena e gioiosa celebrazione di ’Id al-Fitr. Nel mese di Ramadan osservate molte pratiche religiose e sociali, come il digiuno, la preghiera, l’elemosina, l’aiuto ai poveri, visite a parenti ed amici.
Spero e prego che i frutti di queste buone opere possano arricchire la vostra vita!
........
leggi qui: 

giovedì 18 giugno 2015

Quanto pesano il petrolio e le armi

Alla Roaco il Pontefice torna a denunciare la drammatica situazione dei cristiani in Medio oriente 

Aleppo, 18 giugno 2015

L'Osservatore Romano , 15 giugno 2015

In Medio Oriente c’è bisogno di uno sforzo «per eliminare quelli che appaiono come taciti accordi per i quali la vita di migliaia e migliaia di famiglie — donne, uomini, bambini, anziani — sulla bilancia degli interessi sembra pesare meno del petrolio e delle armi». 
È quanto ha affermato Papa Francesco rivolgendosi ai partecipanti alla ottantottesima Riunione delle opere per l’aiuto alle Chiese orientali (Roaco), ricevuti lunedì mattina 15 giugno, nella Sala Clementina.
Nel ricordare il viaggio compiuto in Terra santa nel maggio 2014 e il successivo incontro di preghiera svoltosi in Vaticano alla presenza dei presidenti israeliano e palestinese, il Pontefice ha constatato che in questi mesi non tutti i frutti di riconciliazione sperati si sono realizzati. «Altri eventi che hanno ulteriormente sconvolto il Medio oriente, da anni segnato da conflitti, ci fanno sentire il freddo di un inverno e di un gelo nel cuore degli uomini che sembra non finire».
Quella terra, ha aggiunto, «è solcata dai passi di quanti cercano rifugio e irrigata dal sangue di tanti uomini e donne, tra i quali numerosi cristiani perseguitati a causa della loro fede».
Cristiane irachene fuggite da Mosul durante una messa celebrata ad Arbil (Afp)Pur riconoscendo che negli ultimi tempi il mondo ha avuto «un sussulto di coscienza» di fronte a questo dramma, Francesco ha invitato a «un ulteriore sforzo», chiedendo alla Roaco di intensificare «il servizio della carità cristiana» e di continuare a «denunciare ciò che calpesta la dignità dell’uomo».
Il Papa ha fatto cenno anche alla situazione di Etiopia, Eritrea e Armenia — all’ordine del giorno dei lavori dell’assemblea — raccomandando di «aiutare queste antichissime comunità cristiane a sentirsi partecipi dalla missione evangelizzatrice e ad offrire, soprattutto ai giovani, un orizzonte di speranza e di crescita». Senza questo impegno, ha ribadito, «non potrà arrestarsi il flusso migratorio che vede tanti figli e figlie di quella regione mettersi in cammino per giungere alle coste del Mediterraneo, a rischio della vita». 

------------------

Il messaggio di sostegno di Madre Agnès-Mariam de la Croix, superiora del  monastero Saint-Jacques le Mutilé a Qara, alla manifestazione  del 20 giugno a Parigi in sostegno dei Cristiani d' Oriente 

Cari amici che parteciperete alla manifestazione,

con tutto il cuore vi ringrazio per la vostra solidarietà con le genti perseguitate del Medio Oriente, e particolarmente le più fragili: quelli che sono morti per odio alla fede o per disprezzo verso la loro umanità; quelli che sono stati scacciati, spogliati di ogni cosa, malmenati, ridotti in schiavitù, venduti come bestiame, violentati o ridotti a oggetto di godimento bestiale.
Famiglie intere hanno dovuto prendere il cammino dell'esilio nell'insicurezza, la paura, la penuria.
Ci si domanda: perché?
Il patrimonio più prezioso dell'umanità è consegnato a delle orde del terrore. È la terra di Abramo, quel patriarca obbediente e così amato da Dio. La nostra regione invece di essere un'oasi di pace, una riserva di spiritualità in cui regnano la pace e la concordia, ecco che  diviene il campo di battaglia della più crudele delle aggressioni che cerca di distruggerla ed instaurarvi il terrore.
Che i martiri, morti in odio alla Fede, intercedano per noi: quelli della Palestina, del Libano, dell'Iraq, dell'Iran, di Siria, di Egitto, di Turchia, di Cipro, della Libia, della Nigeria, del Sudan, eccetera.

Come mai guerre sofisticate lanciate con un grande rinforzo mediatico contro il terrorismo producono l'effetto contrario: non vi è mai stato maggiore terrore che nei nostri giorni?
I dirigenti del 'mondo libero' dicono una cosa e fanno il contrario.
Si appicca un fuoco e si annuncia che lo si spegnerà ed esso non diviene altro che più forte!

È tempo di domandare ai responsabili che uniscano gli atti alle loro parole e che essi facciano passare la dignità della persona umana -creata a immagine di Dio- e la salvaguardia delle risorse dei popoli davanti ai loro interessi materiali.
Senza la loro sovranità i popoli non esistono e non possono optare per la pace nè lavorare al bene comune. E allora, che sia salvaguardata la sovranità dei popoli.
Da quando il Medio Oriente e l'Africa del Nord sono distrutti, la terra è meno bella, più inospitale.

Io so che molti dei nostri fratelli ebrei e musulmani sono solidali con noi perché cessino la discriminazione religiosa e l'uso della religione come un mezzo di dividere per regnare.
Insieme diciamo:
Fermate il flusso di armi e di jihadisti in Siria, in Iraq e ovunque altrove.
No a una coalizione con quelli stessi che finanziano il terrore.
No a quelli che hanno aperto il vaso di Pandora nel Medio Oriente e altrove: esso ha spruzzato il sangue fino al cuore di Parigi.
No ai pompieri piromani.
No a quelli che dicono una cosa e ne fanno un'altra.
No alla disinformazione.
No all'espulsione.
No al primato degli interessi economici sulla vita e sulla dignità delle creature di Dio.

Grazie per la vostra solidarietà e perché voi non avete paura di dire NO!
Mère Agnès-Mariam de la Croix

(traduz. FMG)

mercoledì 17 giugno 2015

Card Scola: "L'Occidente miope davanti al dramma dei cristiani in Medio Oriente"

Incontro con il Sinodo Maronita
Presenza cristiana in Libano e Medio Oriente. Comunione e solidarietà tra le Chiese



Bkerke, 17 giugno 2015


Beatitudine Eminentissima,

desidero prima di tutto ringraziarLa di cuore per l’invito a partecipare a questo Sinodo e con l’occasione salutare tutti i fratelli nell’Episcopato che vi prendono parte. Sono molto grato per la possibilità che mi è offerta di toccare con mano in Libano, e nei prossimi giorni in Kurdistan, la realtà di questa tormentata regione, secondo quello spirito di comunione ecclesiale a cui da sempre s’ispira la Chiesa di Milano e il centro Oasis, del cui comitato promotore Vostra Beatitudine fa parte.
L’ultima volta che mi sono recato in Libano è stato nel giugno 2010, per un incontro dedicato all’educazione. Da allora quante cose sono cambiate, nel giro di cinque soli anni, e purtroppo generalmente in peggio! Il paesaggio umano è sconvolto, tanto da risultare a tratti irriconoscibile, e di fronte alla prova che le comunità cristiane stanno vivendo soprattutto in Siria e Iraq, ma più in generale in tutto il Medio Oriente, mancano le parole. Ma poiché tacere sarebbe fare il gioco dei persecutori, mi arrischio a condividere con voi tre pensieri.

Martirio
Il primo pensiero è una profonda gratitudine per la testimonianza di attaccamento a Cristo che le chiese orientali, cattoliche e non cattoliche, stanno rendendo di fronte al mondo. È una testimonianza che giunge non di rado fino al martirio e i cui effetti, nella Chiesa e fuori di essa, non possiamo ora misurare. I mezzi di comunicazione, che tante volte si trasformano in strumenti di propaganda terroristica, consapevole o inconsapevole, diffondono questi acta martyrum contemporanei con un’immediatezza (e una crudezza a volte) che le narrazioni dei primi secoli ci facevano solo intuire. Quasi un anno fa, presiedendo la messa dei Santi Protomartiri Romani, Papa Francesco già affermava:

Oggi ci sono tanti martiri, nella Chiesa, tanti cristiani perseguitati. Pensiamo al Medio Oriente, cristiani che devono fuggire dalle persecuzioni, cristiani uccisi dai persecutori. Anche i cristiani cacciati via in modo elegante, con i guanti bianchi: anche quella è una persecuzione. Oggi ci sono più testimoni, più martiri nella Chiesa che nei primi secoli1.

Proprio alla luce dei numerosi interventi del Santo Padre in materia, mi sembra essenziale che non vada perduta la memoria del sangue versato. Già la propositio 29 presentata a Papa Benedetto al termine del Sinodo per il Medio Oriente il 26 ottobre 2010, suggeriva di

Istituire una festa comune annuale dei martiri per le Chiese d’Oriente e domandare ad ogni Chiesa orientale di stabilire una lista dei propri martiri, testimoni della fede.

Questa giornata dei martiri mi sembra ora più che mai urgente. Essa non potrebbe che essere una festa comune alle diverse chiese della regione, caratterizzata da due dimensioni: da un lato, celebrare la memoria dei martiri moderni che, nella varietà della loro appartenenza alle diverse chiese e comunità cristiane, pagano con la vita la loro fedeltà a Cristo ai giorni nostri e in questa terra. È l’ecumenismo del sangue di cui parla così di frequente Papa Francesco. Dall’altro, la giornata sarebbe anche un’occasione provvidenziale di domandare perdono per le divisioni tra le chiese, divisioni che nel passato hanno condotto anche a uccisioni tra i fedeli cristiani. Sono convinto che, se ben studiata e spiegata, questa giornata potrebbe preparare la strada per la riconciliazione e assumere un valore esemplare per tutta la Chiesa universale. Una storia passata fatta di contrasti in gran parte politici non deve impedire di godere dei frutti che lo Spirito dona oggi.
È noto l’adagio di Tertulliano: il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani. C’è una cosa, e una soltanto, che può impedire questa generazione: è la divisione tra i discepoli. Il momento tragico che investe la regione può diventare allora un’occasione propizia per accantonare quanto separa e ricercare quello che unisce.

Vittoria
Il secondo pensiero riguarda la parola vittoria. Oggi in Medio Oriente, e non soltanto, si cerca ovunque la vittoria attraverso la sopraffazione e l’annientamento dell’avversario. Ma vediamo bene che questa via conduce solo a morte e distruzione. Molti politici e uomini di religione mirano a costruire una società completamente omogenea. E così in Iraq e Siria i miliziani jihadisti cacciano i cristiani e le altre minoranze religiose, quando non le eliminano fisicamente, e ne distruggono le tracce. Il problema è che il processo di “de-umanizzazione” non si ferma lì. Dopo i non-musulmani, è la volta dei musulmani di diversa confessione (sunniti contro sciiti e viceversa), poi dei musulmani “devianti”, perché magari appartengono agli ordini mistici, infine di tutti coloro che non possono esibire una perfetta ortoprassi, secondo uno schema d’intolleranza progressiva già visto molte volte all’opera.
Di fronte a questo progetto penso che i cristiani, e prima di tutti i cristiani orientali, debbano continuare a dire un chiaro “no!”. Non è questa la strada che Dio vuole per il Medio Oriente. Più omogeneità non significa meno conflitti, perché ci sarà sempre qualcuno “più fondamentalista di me” che cercherà di piegarmi al suo credo. È forse in pace la Somalia, per il fatto di essere al 100% musulmana sunnita? O l’Afghanistan dei talebani? Ha portato bene al Pakistan essersi prefissato l’obiettivo di creare uno Stato islamico? È saggia la politica israeliana che negli ultimi anni accentua a ogni costo l’ebraicità dello Stato? Credo che i cristiani abbiano l’obbligo di chiarire, prima di tutto a loro stessi e ai loro leaders politici, ma poi anche a tutto il resto del Medio Oriente, che non è questa la vittoria a cui tendere, anche sul piano temporale. La nostra vittoria è la Pasqua, è il Crocifisso Risorto che accetta di portare su di sé il peccato del mondo e con la sua obbedienza distrugge il corpo del peccato (cfr. Rm 6,6).
Il Medio Oriente di oggi si erge tragicamente in faccia a tutto il mondo come la prova provata che la politica della volontà di potenza portata agli estremi è fallimentare e che i suoi trionfi sono fallaci, vuoti e illusori. In questo frangente c’è una rilevanza culturale e politica della Croce che attende ancora di essere messa in luce. Questo tra l’altro potrebbe suggerire un modo nuovo di presentare tale punto capitale della nostra fede, da sempre «scandalo per i giudei, stoltezza per i pagani» (1Cor 1,23). In realtà infatti, la logica della Croce è l’unica capace di illuminare fino in fondo anche le scelte politiche di oggi. E chi se non i cristiani può e deve dirlo? Chi se non i cristiani orientali?
Non possiamo prevedere quale sarebbe la risposta dei non cristiani, in particolare dei musulmani, a questo invito a ripensare la politica della regione. Ma il Signore ci comanda di rivolgerlo comunque e ci istruisce chiaramente sul comportamento da tenere:

In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. […] Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo dinanzi, curate i malati che vi si trovano, e dite loro: Si è avvicinato a voi il regno di Dio. Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle piazze e dite: “Anche la polvere della vostra città che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”. Io vi dico che in quel giorno Sodoma sarà trattata meno duramente di quella città (Lc 10, 5-6.8-12)

Occidente
L’ultimo pensiero riguarda l’Occidente e i cristiani che vi vivono. Finora ho parlato di quello che le nostre comunità europee possono ricevere, e già ricevono, dall’eroica testimonianza di tanti fratelli in Medio Oriente e nelle altre regioni di persecuzione. Un tale dono suscita spontaneamente il desiderio di rispondere da parte nostra, facendo quanto è possibile per alleviare la sofferenza. Questo avviene su vari piani: l’aspetto materiale innanzitutto, perché alle chiese occidentali sta a cuore sostenere con ogni mezzo la presenza cristiana in questa regione. Non meno importante è l’aspetto spirituale, che in Italia ci ha visti riuniti in preghiera la vigilia di Pentecoste per tutti i cristiani perseguitati. E infine è fondamentale il compito di sensibilizzazione delle coscienze per arrestare il male, anche secondo il principio ricordato dal Papa per cui «fermare l’aggressore ingiusto è un diritto dell’umanità, ma è anche un diritto dell’aggressore, di essere fermato per non fare del male»2. Ma qui cominciano le difficoltà.
Sapete infatti bene che la chiesa in Occidente (Europa e Stati Uniti), pur conservando in alcune regioni una consistente presenza di popolo, manifesta una debolezza culturale che la rende spesso ininfluente rispetto alle decisioni politiche. Tutto lo zelo degli evangelicals americani per il Vangelo che effetto ha avuto in Medio Oriente? Dobbiamo ben chiedercelo. Sotto Obama non ha spostato di una virgola la politica americana, che solo due anni fa è stata a un passo dal fornire sostegno diretto a ISIS. E prima di Obama, il presidente Bush ha pianificato e guidato la fallimentare invasione dell’Iraq. Di fronte a questi fatti, e alla parallela latitanza dell’Europa, è inutile farsi illusioni: non ci sarà nessuna spedizione per salvare i cristiani orientali, come fu nel 1860 in Libano; al massimo, un misero incrociatore che, come il Guichen nel 1915, raccoglie i superstiti armeni del Mussa Dagh per trasportarli in Europa3. E sarebbe già molto, visti il vento che spira nell’attuale dibattito sui profughi.
Il fatto è che in Occidente esiste una reale difficoltà a comprendere quanto sta avvenendo in questa regione. Si pensa di sapere già, di avere la chiave per interpretare i fatti. E si commettono così errori grossolani di valutazione. Senza andare a scomodare Iraq e Siria, basta citare la persistente incapacità a leggere quanto sta avvenendo in Egitto se non nei termini di “elezioni tradite”. L’occidentale medio non è in grado di pensare una guerra di religione, anche per la sua storia passata, e ragiona unicamente secondo gli assoluti di democrazia e tirannide, senza percepire la necessità di cooperare con tutte quelle forze che si oppongono, per le più varie ragioni, al genocidio fisico e culturale perpetrato da ISIS e dagli Stati che, direttamente o indirettamente, la sostengono nel criminale progetto di un Medio Oriente mono-colore.
Per questo temo sia fatica sprecata cercare di porre la questione, anche con i governi occidentali, in termini di diritto a difendersi. L’unico linguaggio che mi pare resti utilizzabile è quello umanitario: raccontare le sofferenze. Suggerirei pertanto d’individuare alcuni casi particolarmente eclatanti su cui sollecitare un intervento internazionale. Penso in particolare ad Aleppo, che è già diventata la nuova Sarajevo del XXI secolo. La proposta di aprire un corridoio umanitario per alleviare le sofferenze di questa città, prima che finisca anch’essa in mano a ISIS, potrebbe avere qualche possibilità di successo anche a livello mediatico. Di più, realisticamente, non mi pare possibile sperare, nel quadro d’immobilismo internazionale imbarazzante e miope che purtroppo domina.

Spero di non aver abusato del vostro tempo e della vostra pazienza nel presentarvi questi tre pensieri. E vi ringrazio ancora per la possibilità di chinarci insieme a leggere questa drammatica circostanza. Essa è un appello che il Signore rivolge, attraverso di voi, alla Chiesa tutta per la conversione di ciascuno.

+ Card. Angelo Scola
Arcivescovo di Milano


1 Omelia alla S. Messa, 30 giugno 2014.
2 Conferenza Stampa di Papa Francesco nel volo di ritorno dalla Repubblica di Corea, lunedì 18 agosto 2014.

3 Cfr. Franz Werfel, I quaranta giorni del Mussa Dagh, prima edizione 1933.

lunedì 15 giugno 2015

Sanguinoso attacco senza precedenti sui quartieri civili di Aleppo


Notizia che ci giunge dai Maristi di Aleppo:

Dalle ore 11 di lunedì 15 giugno e fino a questo momento (20:30 ora locale), colpi di mortaio, bombe e razzi continuano a cadere su tutti i quartieri di Aleppo, senza eccezioni. Lanciati dai ribelli armati. 
Hanno provocato, secondo un rapporto provvisorio, 22 morti e oltre 150 feriti. Alcuni edifici sono crollati sui loro occupanti. Le strade sono vuote, a parte le ambulanze incessantemente al lavoro. 
Inoltre, raffiche di mitragliatrici pesanti sono udite ovunque.
 Perché? si chiedono gli Aleppini in preda a panico e paura.
Chiediamo preghiere per questa popolazione stremata.






Particolarmente disastrati due isolati delle vie Faisal e Nilo e il quartiere di Syriane: 

domenica 14 giugno 2015

"Madre, offro le mie sofferenze per la Siria e l'Iraq , e per tutti i cristiani perseguitati": il dono della vita di sr M Elisabeth

Pubblichiamo la lettera di Madre Annachiara, superiora della Trappa di Mvanda, Congo, a Md. Marta Luisa, Superiora della Trappa di Azeir, Siria, in occasione della morte improvvisa di una giovane professa di Mvanda che aveva offerto la sua sofferenza per la Siria e i cristiani perseguitati.

Sr Marie-Elisabeth Durin, nata ad Aubergenville (Francia) l’8 agosto 1981, era entrata in Mvanda il 12 giugno 2010, aveva iniziato il noviziato il 19 marzo 2012, e aveva fatto professione temporanea il 19 marzo 2014; ha raggiunto l’abbraccio del Padre il 22 novembre 2014 a Parigi, all’età di 33 anni, dopo una malattia folgorante.

Sr. Marie Elisabeth, Mvanda (1981-2014)

Da 'Vita Nostra' , n°1- 2015
Rivista periodica dell'Associazione "Nuova Citeaux"

Carissima Madre Marta e sorelle tutte,

sì, le ultime parole che Marie-Elisabeth mi ha detto al telefono sono state proprio:
« Madre, j'offre mes douleurs pour la Syrie et l'Iraq et tous les chrétiens persécutés...ça ira…".

Marie Elisabeth è partita per la Francia il 13 Novembre (festa dei santi benedettini) per poter rivedere i genitori dopo quattro anni. Accusava un dolore alla gamba, forse al nervo sciatico. Volevo che fosse visitata a Kinshasa, ma poiché il papà (agnostico) l'attendeva con impazienza, ha preferito dirgli di prenderle un appuntamento il venerdì pomeriggio giorno del suo arrivo. Cosa che il papà ha fatto. Il medico di base ha trovato che aveva un’infezione ai polmoni, il polso bassissimo e l'ha immediatamente fatta ricoverare in ospedale, dove l'hanno messa in coma artificiale (pare sia una prassi di routine). 
Grazia Maria e Paola mi hanno spiegato che il coma artificiale rende fragili i vasi. Paola ha parlato col medico della rianimazione, sabato 15, e lui aveva detto che le condizioni erano gravissime (e da noi è partita in buone condizioni di salute, tranne per il nervo sciatico! Che choc terribile!) ed era intrasportabile. Avevamo suggerito di portarla in elicottero ad Anversa, al centro di malattie tropicali, specialisti di tutti i virus congolesi, ma non era trasportabile. Nella notte i medici l'hanno comunque trasferita nel migliore ospedale di Parigi, clinica universitaria per emorragia celebrale. 
Un filo tenuissimo di vita e lunedì sera già il cervello era piatto. Io avevo preparato tutto per partire, ma ho avuto un crollo e non ero capace di muovermi: la testa funzionava, ma il corpo era KO! Così, Patrizia che si trovava in Svizzera, a Grandchamp, per una sessione, ha preso immediatamente il TGV per Parigi e quattro ore dopo era al capezzale di Marie-Elisabeth. I medici, anche se lei respirava ancora, e sembrava viva, assicuravano che era già al di là della vita terrena! La mamma, pastore calvinista, ha chiesto di tenerla in vita per poter donare gli organi. Elisabeth aveva espresso questa volontà prima di venire in Monastero. E cosi da martedi a sabato l'hanno tenuta in vita, ma lei era già dal 18 senza attività celebrale. Il 22 alle 11,45 i medici hanno desistito e detto a Patrizia e a papà e mamma che dovevano staccare la spina: il corpo era tutto gonfio e diventava nero.
Patrizia l'ha vestita con un camice da prete, perché l'abito monastico non entrava, il velo nero e lo scapolare, con lei c'era solo un’infermiera. L'indomani, domenica, la Messa in rito cattolico-maronita, è stata celebrata da un suo intimo amico maronita, la consacrazione era in aramaico: Elisabeth conosceva a memoria i quattro Vangeli e leggeva aramaico, ebraico e greco, per arrivare più intimamente alle parole di Gesù e degli Apostoli.
Il lunedì, la Comunità di Westmalle ha inviato il carro funebre e la cassa di legno scuro, per il trasporto alla nostra Casa Madre. Patrizia sempre con lei e l'autista (un italiano che lavora in Belgio) in quattro ore sono arrivati in Belgio. Intanto io mi sono un po' ripresa e sono arrivata a Westmalle il mercoledi mattina. 
Sabato abbiamo celebrato i funerali in quattro lingue: canti in Kikongo (sette fratelli di Kasanza sono per gli studi in Belgio), Kyriale in latino (lei l'amava molto!), parte dialogata in fiammingo, lingua della comunità e parole di commemorazione in Francese. Una cerimonia sobria, dolce, intima, intensa, erano presenti tanti missionari amici di Mvanda, il papà e la mamma di sr. Elisabeth, sconvolti e solo alla fine di tutto più pacificati, la Comunità dei fratelli di Westmalle e le sorelle di Nazareth tutti in cocolla bianca e, tenerezza di Dio, sepoltura nel cimitero all'esterno della Chiesa con un raggio di sole e una temperatura quasi possibile, mentre il freddo dei giorni prima era terribile!
Prima di mettere la terra, benedizione dei presenti alla bara, fiori da Mvanda e biglietti indirizzati a M. Elisabeth dalle sorelle e dagli operai e amici di Mvanda, sparsi sulla bara in un grande silenzio carico di commozione e di speranza.
Poi tutti in foresteria a condividere quanto la Comunità aveva preparato con tanta delicatezza. Solo papà e mamma non si sono sentiti di rimanere e sono partiti per ritornare in Francia con l'abbraccio di noi tutti e la promessa di continuare l'amicizia che ormai ci lega per sempre nella comunione dei santi. Ecco, ho scritto di getto e senza riflettere, mi perdonerete.

Marie-Elisabeth certamente è nella gioia e veglierà su tutti noi, soprattutto per voi in Siria e il suo amato Libano. 
Vi voglio bene e grazie per la prossimità che sentiamo cosi forte.

Md Annachiara

_______________________________________________________________________

Una Pasqua inattesa

Le esequie di sr Marie Elisabeth (Mvanda)


Dall’Omelia di Padre Benoit de Tiberiade. Kikwit

SCARICA IL PDF

venerdì 12 giugno 2015

Comunicato finale dell'incontro dei cinque Patriarchi di Antiochia , svoltosi a Damasco l'8 giugno scorso



Patriarcat grec-orthodoxe d'Antioche et de tout l'Orient 

1: L'8 giugno 2015, su invito di Sua Beatitudine il patriarca Giovanni X, patriarca di Antiochia e di tutto l'Oriente dei Greci Ortodossi, si sono riunite nella chiesa al-Maryamiah a Damasco le loro Beatitudini e Santità Mar Béchara Boutros Al Raï, patriarca di Antiochia e di tutto l'Oriente dei Maroniti, Mar Ignace Efram II, patriarca di Antiochia e di tutto l'Oriente dei siro ortodossi, capo supremo della Chiesa siriaca ortodossa nel mondo, Grégorios III Laham, patriarca di Antiochia e di tutto l'Oriente, di Alessandria e di Gerusalemme dei greco cattolici Melkiti e Mar Ignace Youssef III Younan, patriarca dei siro cattolici di Antiochia. Hanno partecipato a questa assemblea Sua eccellenza il Nunzio apostolico in Siria, l'arcivescovo Mario Zenari, e la gerarchia cristiana a Damasco, Il comunicato seguente è stato emesso alla fine di questo incontro spirituale
Ai nostri cari figli nel Signore delle chiese di Antiochia
2 :   "Grazia a voi e pace da parte di Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo, che ha dato se stesso per i nostri peccati, per strapparci da questo mondo perverso, secondo la volontà di Dio e Padre nostro,al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen." (Gal 1, 3-5)
Innanzi tutto noi ringraziamo il Signore che ci ha permesso di incontrarci, Noi  Patriarchi a cui è stata affidata la missione della protezione del popolo cristiano sparso nello spazio di Antiochia, a Damasco, questa città benedetta che ha accolto Paolo, l'apostolo dei gentili. Da questo Patriarcato fiorente che ha sempre difeso le giuste cause nel corso del tempo, noi eleviamo la voce e preghiamo continuamente Dio per voi perché in questi tempi tenebrosi “ voi conducete una vita degna del Vangelo” , voi testimoniate senza vergogna per il nostro Signore Gesù Cristo, “che ha annientato la morte e illuminato la vita “, voi sopportate le difficoltà fiduciosi della potenza di Dio e armati “dello spirito di forza, di carità e di discernimento “. Non è necessario chiedervi, cari figli, di pregare per noi vostri pastori, affinché il Signore ci dia la forza di “seguire con dirittura la Sua parola” e di glorificare nelle nostre azioni il suo nome santo mentre noi guidiamo il vascello della Chiesa in queste circostanze storiche esistenziali.
3 :  Dirigendoci a voi, vorremmo esprimervi che la nostra grande gioia dovuta a questo incontro fraterno si rinnova come si approfondisce attraverso il nostro scambio e si accresce attraverso la cooperazione per un' unica testimonianza cristiana antiochena perché è ad Antiochia che “ per la prima volta, i discepoli furono chiamati cristiani “ ( Atti degli Apostoli 11, 16) là dove Dio ha voluto che noi fossimo i suoi testimoni, Di conseguenza, nel quadro della vostra piena fedeltà alle vostre Chiese, alle sue dottrine e ai suoi insegnamenti, noi vi chiamiamo ad aiutarvi mutuamente, a servire i poveri con dedizione, a informarvi sul pensiero ricco delle nostre Chiese, a scoprire la luminosa santità che ne emana, a radicarvi nell'eredità Antiochena, a pregare per l'unità dei cristiani, a operare per questa unità tanto desiderata, voluta dal Signore, sperando che essa si realizzerà nel nostro mondo, a partire da Antiochia.
Noi vi chiediamo anche di portare le vostre patrie nel pensiero e nelle preghiere, di domandare con insistenza l'instaurazione della pace in esse, che tutti i nostri figli sperimentino la vera gioia e vivano insieme nella dignità dei “figli di Dio”. Non dimenticate di operare per l'unità dei vostri paesi, il loro ammodernamento e lo stabilirsi dello stato civile. Conservate la diversità in tutta la sua ricchezza e non perdete né la vostra unicità né la vostra differenza.
Andate a fondo nella fede e testimoniate per “la speranza in voi” in tutti gli ambiti della vostra vita. Non utilizzate mai la vostra fede come elemento di separazione o come schermo che nasconde lo splendore e la grandezza dell'altro.
4:    Noi vi invitiamo cari figli a continuare a intrattenere le migliori relazioni con i nostri fratelli musulmani, nostri compagni nella patria e nel destino, con i quali noi viviamo su questa terra e con cui condividiamo, in queste circostanze, le disgrazie della violenza e del terrorismo generati dal pensiero takfiri e dalla assurdità delle guerre che rinvigoriscono gli interessi dei grandi che strumentalizzano la religione sfigurandola. I nostri vicini sentono le vostre sofferenze e ne soffrono. Essi operano con le loro gerarchie religiose per sradicare le radici del pensiero takfiri che ha raccolto e non cessa di raccogliere sempre più decine di migliaia di esseri umani.  Con loro, con la fedeltà del compagno fedele, noi alziamo la voce ed annunciamo che è il tempo di affrontare il pensiero takfiri , di far seccare le sue sorgenti inculcando un'educazione religiosa che diffonda la cultura dell'apertura, della pace e della libertà religiosa. È necessario stabilire un pensiero critico che conduca ad annullare l'espressione “casa della guerra” e “soggetto non musulmano in uno Stato islamico” e a stabilire la cittadinanza.
5: Quale cattivo momento è il presente in cui i terroristi strumentalizzano il nome di Dio per servire le proprie passioni, i propri interessi e quelli dei grandi di questo mondo! In questo momento in cui dominano la paura, la violenza, la schiavitù della donna, il rapimento, il massacro, la distruzione e lo sfollamento forzato, dei criminali senza Dio né misericordia obbligano gli individui a convertirsi.  Essi non hanno compreso che per saggezza Dio ha creato i suoi adoratori nella pluralità. I vostri assassini non comprendono che assassinandovi essi si condannano alla miseria eterna e la loro patria al sottosviluppo. Al centro di questa crisi oppressiva, non dimenticate che il Signore ha promesso: “ non temere piccolo gregge, perché è piaciuto al vostro Padre di darvi il Regno” ( Luca 12. 32). Sì cari figli, in questi giorni difficili in cui si è raggiunto “l'apice della distruzione” e in cui si conducono le persone come gregge al mattatoio, siate forti e non disperate. Siate forti e potenti per la grazia che colma ogni debolezza. Custodite “la resistenza dell'anima “ che si basa sulla purificazione, il perdono e la carità. Seguite l'etica del Vangelo. Siate fiduciosi in Dio che ha vinto il male e la morte perché “ egli non si allontanerà da voi”. Egli è il vostro compagno sulle strade dell'esilio, della partenza e dell'emigrazione. Egli è il vostro sostegno nella povertà, la fame e il bisogno, Egli è la vostra consolazione quando i giorni diventano ingiusti, ogni aiuto svanisce e il dubbio che Dio abbia cura di voi aleggia tra di voi.
Egli vi salva nella tribolazione, Egli è la luce che vi guida nelle tenebre di questo mondo, Egli è la vostra resurrezione dalla disperazione e morte, Egli è la vostra vittoria sul cattivo, sui suoi trucchi e strumenti.
6:  In questo tempo di tribolazione, unitevi intorno alla Chiesa che è il prolungamento del Cristo Dio nel mondo. Seguite le vostre Chiese, perché lo spirito di responsabilità pastorale ci impegna a moltiplicare i nostri sforzi, a renderci solidali con le persone di buona volontà per intraprendere sempre più le iniziative necessarie per conservare la nostra presenza sulla nostra terra, a far fronte ai vostri bisogni familiari, esistenziali e a garantire un avvenire per i nostri giovani. Essi sono la forza vivente e promettente nelle nostre patrie. Noi esprimiamo i nostri ringraziamenti e la nostra stima a tutti i volontari che si dedicano al servizio della carità nelle nostre istituzioni. Riunitevi intorno alla Chiesa. Sollecitate l'intercessione dei martiri caduti per la difesa della fede. Seguite l'esempio dei martiri che hanno sofferto nel loro corpo per rafforzare questa fede. Pregate per i perseguitati e le persone rapite tra i vostri pastori e fratelli, in particolare per i due Vescovi di Aleppo, Boulos Yaziji et Youhanna Ibrahim, ma anche per i sacerdoti sequestrati tra cui recentemente il padre Jacques Mourad. Sostenetevi gli uni gli altri e condividete insieme le disgrazie e le sofferenze, la gioia e le lacrime. Occupatevi dei poveri nella loro disgrazia perché essi sono i prediletti di Cristo. Consolate le vedove e gli orfani. Condividete il pane con gli affamati. Alleviate la sofferenza degli sfollati, seguite l'opera caritativa delle vostre Chiese nella loro organizzazione e nel loro servizio sociale. Donate il vostro denaro con generosità e il vostro tempo in favore “ dei piccoli fratelli di Gesù”.
7:  In riferimento ai nostri figli siriani.
Dopo che il popolo innocente e pacifico della Siria è caduto sotto il giogo di un terrorismo che le forze di questo mondo utilizzano per frammentare la Siria, cancellare la sua civiltà, dominare i suoi abitanti e cacciarli dalla loro terra, noi confermiamo il nostro attaccamento alla unità di questo paese, al diritto dei suoi cittadini di vivere in sicurezza, in libertà e in dignità. Noi ci rivolgiamo al mondo perché operi seriamente per trovare una soluzione politica a questa guerra assurda che percorre la Siria, una soluzione che garantisca l'instaurazione della pace, il ritorno dei rapiti, degli sfollati all'interno e all'esterno del paese, il diritto del popolo siriano all'autodeterminazione, in piena libertà, lontano da ogni ingerenza straniera.
Per l'Iraq, Questo paese risente le ricadute di una successione di guerre che hanno sradicato popoli interi dal territorio dei loro antenati, come gli avvenimenti che si sono svolti lo scorso anno anno a Mossul e nei villaggi e città della valle di Ninive. Sono state commesse atrocità tali da ricordare al mondo intero le ferocie commesse nel corso dei secoli più antichi ma che continuano a distruggere civiltà antichissime allo scopo di servire progetti razzisti e confessionali, estranei alla cultura dei iracheni.
Ma per il Libano. Il paese è un messaggio. Noi invitiamo a consacrare ogni fedeltà a lui solo, a servirlo e a servire gli interessi del suo popolo, a eleggere un Presidente della Repubblica che ridia alle istituzioni costituzionali il regolare svolgimento e infine operare a costruire una patria che rallegri tutti i libanesi.
Ai nostri amati in Palestina. I Padri assicurano con insistenza che essi rimangono il centro della loro preoccupazione. La loro voce non smetterà mai di difenderli e di difendere la loro causa anche se il mondo intero tenta di ignorarla e di indebolirla suscitando guerre e conflitti, il cui scopo consiste nel lasciare i violentatori della terra palestinese vivere in pace e tranquillità,
8:  Noi domandiamo alla Comunità Internazionale di assumere la propria responsabilità fermando le guerre sulla nostra terra, di trovare soluzioni pacifiche e politiche ai conflitti, nell'operare con serietà ad aiutare gli sfollati e gli emigrati a recuperare le loro case e le loro proprietà e a proteggere i loro diritti come cittadini. Noi diciamo loro che noi siamo i proprietari fin dalle origini di questa terra, radicati in essa. Essa è stata irrigata dal sudore della fronte dei nostri padri ed antenati. Noi assicuriamo più che mai che noi vi restiamo per costruirla con i nostri compagni nella cittadinanza. Noi abbiamo la responsabilità di questa terra per la quale il nostro sangue è stato effuso per difenderla. Il sangue dei nostri martiri è santificato. Noi ci rivolgiamo a tutte le persone che vogliono occuparsi del nostro destino perché ci aiutino a restare e a radicarci nella nostra terra per lavorarla, svilupparla e godere dei suoi beni, e non a facilitare il furto del nostro patrimonio, dei nostri beni, non a distruggere la nostra cultura, non a sottomettere il nostro essere vivente alla schiavitù, non ad imporci il cammino dell'emigrazione. Lanciamo il nostro grido e rinnoviamo la domanda di mettere fine alla guerra sulla nostra terra e di sostenere le basi della stabilità in tutta la regione.
9O nostri prediletti. In questo momento in cui si uccide in nome di Dio, siamo chiamati a comprendere che “ la carità è più forte della morte”. Uccidere in nome di Dio è ferire Dio. La nostra fedeltà al nostro Cristo che dice: “ Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio” ci obbliga a diventare i messaggeri di pace in questo Levante. Il nostro compito consiste nell'affrontare ogni pensiero o ideologia che elevi al rango di sacro la violenza, il massacro e la vendetta.  La nostra fede in Dio non può manifestarsi che nella carità e pace verso l'umanità, la protezione della nostra terra e delle nostre Chiese nel quadro della libertà dei figli di Dio di cui uno dei più semplici fondamenti è il rispetto della diversità e della differenza.
10:   Da questa chiesa al-Maryamiyah noi invochiamo la Madre di Dio, nostra madre la cui intercessione è potente presso il Salvatore, perché ci salvi, e di salvare le nostre patrie dalle difficoltà che attraversiamo, di accordarci la forza per essere a sua immagine, persone che testimoniano per Cristo nella notte di questo mondo.
Che Dio vi accordi la benedizione e la forza per restare i Suoi testimoni in questa regione. La vostra vocazione consiste nell'essere "il sale del mondo e il piccolo lievito nel pane". Non trascurate questo invito per la liberazione del mondo.  Siate sicuri che in voi il Vangelo di Cristo resterà presente e operante nella chiesa di Antiochia.

Traduzione fatta dalla nunziatura apostolica a Damasco

(Traduzione dal francese di FMG)

martedì 9 giugno 2015

Chi finanzia l’Isis in Siria?

Ribelli moderati confiscano le case cristiane in Idlib
Gli ex residenti di Al-Ghassaniyah hanno riferito che le loro case, le imprese, e le chiese sono state tutte
sequestrate illegalmente dai membri del gruppo di Al-Qaeda in Siria "Jabhat al-Nusra" ed dai loro affiliati
 Harakat Al-Ahrar Sham e Ajnad Al-Sham; 
questi stessi militanti non solo hanno sfrattato
i restanti abitanti cristiani, ma anche, sommariamente giustiziato coloro che
non aderiscono alle loro politiche.









Intervista a Ghaleb Kandil, esperto di geopolitica libanese
di Naman Tarcha

ZENIT, 9 Giugno 2015

Ghaleb Kandil, giornalista libanese, è direttore dell’agenzia di stampa New Orient News, analista politico e membro della commissione per l’audiovisivo libanese, presidente del Centro Nuovo Medio Oriente per gli studi strategici di Beirut. ZENIT ha approfittato della presenza dell’illustre esperto di Medio Oriente, intervistandolo durante la sua visita in Italia, in occasione della quale è stato ospite dell’Associazione Amici del Libano.


Il cosiddetto “Stato Islamico” ha occupato Palmira, un sito archeologico di grande importanza e una zona strategica per Damasco. Malgrado la Coalizione Usa, l’IS avanza, come mai?
Palmira è un punto importante per la prossima controffensiva dell’esercito siriano, che sta combattendo lo Stato Islamico su ogni fronte. Nella guerra ci sono obiettivi, ritiri, offensive e controffensive. Diverse zone sono state occupate dai terroristi e liberate dopo mesi. 
Quello che non viene riportato è il flusso di danaro, di armi e di jihadisti verso la Siria, attraverso il confine turco, giordano e libanese. Questo sostegno umano, militare e finanziario, proviene dalla Turchia, dal Qatar, dall’Arabia Saudita e dalla Giordania. Ogni volta che arriva questo supporto, lo Stato Islamico fa un passo avanti.


Chi finanzia lo Stato Islamico?
Oggi l’Isis è sostenuta finanziariamente dalla Turchia. Come accade? Lo Stato Islamico ruba il petrolio siriano e iracheno, lo trasporta tramite camion verso la Turchia, lo vende dai porti turchi nel mercato nero. Il denaro viene pagato attraverso società turche, alcune delle quali riconducibili perfino a parenti di Erdogan. Il gruppo che è al potere in Turchia prende la sua tangente e il resto di quei soldi finisce nelle casse dell’Isis. 
Questa operazione è in corso, sotto gli occhi degli Stati Uniti e dell’Onu. E accade ogni ora di ogni giorno. Dal Qatar e dall’Arabia Saudita poi un flusso di finanziamenti arriva all’IS ma anche ad Al Nusra e ai Fratelli Musulmani, che dopo la riconciliazione, fra Arabia Saudita e Turchia, promossa da Usa, hanno riunito i gruppi terroristici sotto il nome di Jaish al Fath, per una nuova escalation di attacchi contro la Siria. 


Come sta conducendo la battaglia contro i terroristi l’Esercito siriano?
L’esercito siriano agisce secondo i propri piani. Ha una lista di priorità dei suoi obiettivi, adeguata alle proprie capacità umane e pratiche. Cerca di contenere queste aggressioni e si prepara a lanciare le controffensive. L’esito della battaglia di Qalamon sarà decisivo, liberando la forza di migliaia di militari siriani che ora sono impegnati lì e sono appoggiati dalla resistenza libanese di Hezbollah, forte e al suo fianco, e in prima linea a difesa della Siria e del Libano.
lanciamissili turchi decisivi per la vittoria di al Nusra ad Idlib

Come si può raggiungere una soluzione per la crisi siriana?
Bisogna fermare ogni attività terroristica, ogni rifornimento di soldi e di armi ai terroristi. Se ciò accadesse l’esercito siriano ci metterebbe pochi mesi per spazzarli via tutti. Chi è che sta impedendo la risoluzione o l’applicazione della risoluzione del consiglio di sicurezza Onu? Gli Stati Uniti, con la strategia di una guerra di logoramento. 
Infatti tutte le soluzioni nasceranno dai pesi e dagli equilibri locali e dentro l’area. Non credo che con l'eventuale firma dell’accordo nucleare, l’Iran riuscirebbe ad imporre a Washington a rinunciare a questo progetto. Ci vorrebbe uno sforzo più ampio. Non basta l’Iran, insieme alla Russia o alla Cina, bisogna che si aggiungano voci europee.

La divisione della Siria in cantoni su base religiosa: uno stato sunnita, uno sciita, uno cristiano. Questa è una delle soluzioni promosse anche in Europa…
In Siria non ci sono i presupposti per una divisione o una spartizione. In Siria c’è una grande massa sunnita popolare che è al fianco del governo. Il presidente Assad non gode solo del consenso alawita o cristiano ma anche l’appoggio della comunità sunnita, perché in Siria c’è un vero stato nazionale. Ma poi c’è, da parte di Assad e del suo governo, una forte volontà politica a mantenere salda l’unità della nazione anche a costo di una lunghissima guerra.

Il Presidente Assad era il nemico da sconfiggere, ora invece, anche se l'Occidente non vuole ammetterlo, è un alleato nella lotta al terrorismo. Quanta ipocrisia c’è?
È vero, per l'Occidente lo Stato Islamico è terrorista, ma sottobanco, i potenti chiudono gli occhi riguardo l’appoggio di Erdogan ai terroristi dell' IS, e di Qatar e Arabia Saudita ad Al Nusra, oltre alle organizzazioni terroristiche sostenute e finanziate legate ai Fratelli Musulmani. 
I Fratelli Musulmani, dapprima legati ai servizi segreti britannici e ora insieme agli americani, sono il fulcro di queste organizzazioni terroristiche. Diversi gruppi di intelligence europei hanno preso contatti in segreto con Damasco, perché i loro governi sono incapaci, miopi, e senza visione.

domenica 7 giugno 2015

Incontro ecumenico a Damasco con il Patriarca Bechara Rai


lI patriarca maronita Rai è a Damasco.
Dalla cattedrale di sant' Antonio a Bab Tuma ha detto queste parole:
Il popolo siriano paga il prezzo e si chiede come e quando finirà .
Per questo domani ci riuniremo con i patriarchi di Antiochia.
Saremo sempre davanti e dietro di voi per proteggervi..
Portiamo la causa cristiana dovunque andiamo.
Chiediamo la pace : occorre trovare una soluzione politica e condannare chi fornisce armi ai gruppi in Siria”-
I cinque patriarchi sono: John Yazigi  patriarca greco-ortodosso di Antiochia e primate della Chiesa greco-ortodossa di Antiochia. Ignatius Ephrem II Patriarca di Antiochia e tutto l' oriente, capo supremo della Chiesa ortodossa siriaca nel mondo. Gregorios III Laham, Patriarca di Antiochia e tutto l'Oriente dei melchiti cattolici. Ignatius Joseph III Younan, Patriarca dei cattolici siriaci, oltre al Patriarca maronita cardinale Bechara Rai.

A Tartous la prima moschea del mondo islamico dedicata alla Vergine Maria


Il ministro siriano degli Affari Religiosi ha inaugurato

 il 
06/06/2015 la prima moschea nel mondo arabo e islamico

che porta il nome di "Vergine Maria",

nella città di Tartous.