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giovedì 26 febbraio 2015

Nei villaggi cristiani lungo il fiume Khabur, fonti confermano il rapimento di civili, la liberazione di alcuni e la distruzione di chiese. Il ruolo della Turchia.


Ultim'ora:  «Siamo riusciti a liberare le donne, i vecchi e i bambini cristiani rapiti dallo Stato islamico»

TEMPI, 25 febbraio
di Leone Grotti

Aggiornamento delle 18.00: Appena contattato da tempi.it, padre Ayvazian Antranig, responsabile dell’eparchia armeno-cattolica di Qamishli e rappresentante del WFP delle Nazioni Unite nel Nord Est della Siria, ha dichiarato: «Tre minuti fa mi ha chiamato un mio uomo, che ho inviato a trattare con i terroristi: siamo riusciti a liberare le donne, i vecchi e i bambini rapiti dallo Stato islamico. Siccome però gli scontri continuano, non siamo ancora riusciti ad andarli a prendere per non metterli in pericolo. Dovremmo riuscirci domani. Si trovano ora a 57 chilometri dal primo posto sicuro, nel villaggio di Msherfe. In tutto sono state rapite 163 persone. Di queste, 72 restano nelle mani dell’Isis a Mafluja mentre 26 o 28 a Habbade. Come li abbiamo liberati è un po' un segreto, ma loro ci rispettano». Domani l’intervista integrale.
http://www.tempi.it/siria-isis-ha-ucciso-milad-conquistato-villaggi-cristiani#.VO4jdGB0wqS

"Vogliono svuotare il Medio oriente dei cristiani e creare molti piccoli Stati confessionali."

AsiaNews , 25-02-2015


......
"Si parla di oltre 90 fedeli rapiti, ma secondo alcuni il numero ancora più grande, forse 150; una chiesa è stata distrutta, almeno tre villaggi di rito assiro sono stati occupati, la gente è dovuta scappare. Non abbiamo ancora notizie esatte, ma dalle prime testimonianze la situazione è drammatica". È quanto afferma ad AsiaNews il vicario apostolico di Aleppo dei Latini, mons. Georges Abou Khazen, commentando l'attacco sferrato il 23 febbraio scorso dallo Stato islamico contro alcuni villaggi cristiani assiri nel nord-est della Siria. Colpiti numerosi centri fra cui Tel Tamar, Tel Shamiran, Tel Hermuz, Tel Goran e Tel Khareta...

Il vicario apostolico di Aleppo si rivolge all'Occidente e alla comunità internazionale affermando con forza che "l'intervento militare contro lo Stato islamico non è la via giusta" per risolvere la crisi e restituire pace e sicurezza alla Siria e all'Iraq. "Non ho mai creduto nella guerra - precisa - perché essa crea ancora più odio e divisioni". 
L'Occidente, prosegue il prelato, dice di combattere questi gruppi "ma li aiuta dall'altra parte. Chi compra il loro petrolio, chi vende loro le armi, chi è coinvolto nel traffico di reperti archeologici, di beni antichi di inestimabile valore?". 
Mons. Georges Abou Khazen vede molta "ipocrisia" nella lotta ai terroristi, "che non si risolverà certo con le bombe, ma smettendola di finanziarli a livello economico e militare. Quello che chiediamo è di non aiutare questa gente, non vendere loro le armi, lo diciamo da tempo ma nessuno ci ascolta". 
Il prelato ricorda inoltre che la comunità assira sotto attacco vive "da migliaia di anni nella zona, con le proprie tradizioni e riti antichissimi. Li hanno sradicati senza difesa alcuna. Si fanno campagne per salvare gli animali in via di estinzione, per lasciarli nel loro habitat - accusa - e per noi cosa si sta facendo davvero?".
Fra i fedeli c'è un sentimento di paura, conferma mons. Georges, "tanti vogliono scappare ed è un segnale molto pericoloso. Svuotare queste terre del cristianesimo è una disgrazia per tutti quanti. Forse si vuole dar vita a un altro Afghanistan, nelle mani dei nuovi talebani". 
Questa è la nostra lettura, conclude il prelato, vogliono "svuotare il Medio oriente dei cristiani e creare molti piccoli Stati confessionali. Noi cristiani siamo gli unici sparsi per tutto il territorio di Siria e Iraq, siamo il solo elemento che difende l'unità del Paese e mantiene vivo il valore del pluralismo... un elemento che vogliono sempre più distruggere".

http://www.asianews.it/notizie-it/Siria:-150-cristiani-rapiti-dallo-Stato-islamico,-donne-stuprate-e-uccise.-Vicario-di-Aleppo:-“situazione-drammatica”-33561.html

La barbarie dell'Isis e il ruolo ambiguo della Turchia

L'esercito turco ha violato la sovranità territoriale siriana per evacuare una statua in ricordo dell'Impero ottomano. Nessuna interferenza nella operazione da parte dell'Isis, che controlla la zona

ZENIT.ORG, 25 febbraio 2015
di Naman Tarcha 

Ancora una volta la storia si ripete. Negli stessi territori in cui, cento anni fa, i turchi commisero il primo genocidio ai danni dei cristiani mediorientali (armeni, siri, caldei e assiri), le stesse vittime sono oggi perseguitate dai terroristi dello Stato islamico.
I jihadisti hanno compiuto un nuovo feroce assalto a 30 villaggi siriani della comunità cristiana degli assiri nella provincia di Hasakah, nel nord-est della Siria. Il tentativo è stato quello di riconquistare terreno e trovare vie di fuga e rifornimenti, dato l'avanzamento delle Forze armate siriane a nord di Aleppo e la resistenza delle forze di difesa curde. Tal Hermez, Tal Tamer, Tal Shmeram, Tal Tawil sono solo alcuni dei villaggi sul fiume Khabur, assaltati dai miliziani con circa 40 mezzi armati all'alba di lunedì.
Jack Bahnam Hindo, vescovo della chiesa siro-cattolica a Hasakeh, ha confermato che la maggior parte degli abitanti sono stati sfollati nella città vicina di Qameshli, ma almeno 70 civili - per lo più donne e bambini - risultano in mano ai terroristi, portati in un luogo sconosciuto.
"Decine di cristiani assiri sono stati presi in ostaggio dai jihadisti, probabilmente allo scopo di usarli come scudi umani o merce di scambio con riscatto o rilascio”, sottolinea mons. Hindo. Il quale critica duramente la coalizione occidentale: "Voglio dire chiaramente che noi abbiamo la sensazione che siamo lasciati soli nelle mani di Daash (acronimo arabo di Stato islamico di Iraq e Levante ndr), i caccia americani sorvolavano la zona, ma non sono mai intervenuti".
Fonti locali riferiscono di case e abitazioni occupate e bruciate dall'Isis: quattro uomini delle guardie locali rimasti uccisi negli scontri, mentre é stata data alle fiamme la chiesa di Al Shamiye, una delle più antiche della Siria.
Gli attacchi dei terroristi sono avvenuti per rompere l'assedio imposto alla zona strategica, Ras Al-ain, cittadina di confine con la Turchia, e riconquistare l'autostrada che collega le città siriane di Qameshli e Hasakeh, lungo la quale si trova Al Raqaa, dichiarata capitale dello Stato islamico.
Le forze di difesa assire sostenute dai raid aerei dell'esercito siriano hanno respinto i terroristi e si preparano alla controffensiva, mentre le forze di difesa curde avevano già ripreso il controllo di 20 villaggi negli ultimi giorni.

Si registrano intanto tensioni anche tra la Siria e la Turchia. La scorsa notte l’esercito turco è entrato in territorio siriano per evacuare il mausoleo dedicato a Suleyman Shah, nonno di Osman, fondatore dell'Impero ottomano, che morì annegato, nel 1231, mentre attraversava il fiume Eufrate, vicino la fortezza di Jaabar. Malgrado la salma non fosse mai ritrovata, fu costruito un mausoleo in suo ricordo.
L’edificazione avvenne in un sito extraterritoriale, soggetto a sovranità turca a seguito di un accordo franco-turco del 1921 (durante l’epoca coloniale francese). Tuttavia la statua fu trasferita dalle autorità siriane nel 1972 dal luogo originale per consentire la costruzione della grande diga siriana.
L’intervento dei militari turchi a difesa della statua di Suleyman Shah è stato definito dal Governo di Damasco “una palese aggressione” per cui “Ankara ne risponderà”.
Da segnalare che i miliziani dell’Isis, nonostante abbiano fatto saltare in aria decine di santuari, mausolei e tombe sacre in Iraq e in Siria, hanno sempre risparmiato il mausoleo, l'unico rimasto in piedi, anche se dista solo 100 km dalla città siriana Al Raqaa, dichiarata capitale del cosiddetto Stato Islamico.
L'operazione dei militari turchi non è stata disturbata né da parte dei combattenti curdi di Kobane, né dall'Isis che controlla la zona, suscitando molti interrogativi.
La Turchia è stata ad oggi l'unico Paese in grado di liberare i propri ostaggi dalle mani del cosiddetto Stato islamico: 49 persone sono state tratte in salvo tra diplomatici e loro familiari, sequestrati presso il consolato turco a Mosul dopo l'assalto dell'organizzazione terroristica alla città irachena.
Il Governo turco ha subito precisato che quella della scorsa notte è solo un'operazione temporanea, e presto costruirà un mausoleo nuovo, sempre però sul territorio siriano, a 200 metri dal confine turco nei pressi di Ain Al-arab (Kobane).
Alla Turchia di Erdogan viene attribuito un ruolo ambiguo, visto il rifiuto di partecipare alla Coalizione guidata dagli Stati Uniti. Anche l'opposizione turca accusa Erdogan e il suo partito di condurre politiche dannose a scapito della stabilità e della sicurezza interna al Paese, attraverso il sostegno ai gruppi armati in Siria.

http://www.zenit.org/it/articles/la-barbarie-dell-isis-e-il-ruolo-ambiguo-della-turchia

martedì 24 febbraio 2015

Cristiani assiri attaccati, ostaggi dello Stato Islamico

'Hanno bruciato tutto'

Tel Hormuz historic church - AlHassaka

Agenzia Fides 24/2/2015

Alle prime ore di ieri, lunedì 23 febbraio, più di 40 pick-up con a bordo miliziani jihadisti del sedicente Stato Islamico (Is) hanno attaccato diversi villaggi cristiani assiri sul fiume Khabur, nella provincia siriana nordorientale di Jiazira. Decine di cristiani assiri sono stati presi in ostaggio dai jihadisti, mentre le chiese di alcuni villaggi sono state bruciate o danneggiate
 Lo conferma all'Agenzia Fides Jacques Behnan Hindo, Arcivescovo siro-cattolico di Hassaké-Nisibi. “I terroristi - riferisce l'Arcivescovo - hanno attaccato per primo il villaggio di Tel Tamar, poi hanno preso Tel Shamiran e tutti gli altri villaggi più piccoli, fino a Tel Hermuz, dove hanno dato fuoco a tutto. Sia a Tel Hormuz che a Tel Shamiran hanno preso decine di ostaggi, con l'intenzione forse di usarli per richiedere riscatti o per uno scambio di prigionieri. Ieri sera, alle 21,30, le milizie curde ci hanno detto di essere riuscite a riprendere Tel Hormuz, con l'ausilio dei battaglioni formati da cristiani siri. Ma non abbiamo ancora conferme di questo fatto”.
Secondo l'Arcivescovo Hindo, l'offensiva dei jihadisti ha messo in luce responsabilità e comportamenti deplorevoli da parte di diversi altri soggetti: “Voglio dire chiaramente - riferisce l'Arcivescovo - che abbiamo la sensazione di essere stati abbandonati nelle mani di quelli del Daesh (acronico arabo con cui si indicano i miliziani dell'Is, ndr). Ieri i bombardieri americani hanno sorvolato più volte l'area, ma non sono intervenuti. Abbiamo cento famiglie assire che hanno trovato rifugio ad Hassakè, ma non hanno ricevuto nessun aiuto dalla Mezzaluna Rossa e dagli organismi governativi siriani di assistenza, forse perchè sono cristiani. Anche l'organismo per i rifugiati dell'Onu è latitante”. 



AED, 24 febbraio 2015


Un centinaio di cristiani assiri del nord-est della Siria sono in questo momento prigionieri dello Stato Islamico che ieri mattina 23 febbraio  ha preso d'assalto numerosi villaggi assiri, provocando l'esodo di centinaia di persone verso Hassakè.

Ieri, 23 febbraio, l'organizzazione SI ha attaccato i villaggi del nord-est della Siria, nella regione di Khabour del governatorato di Hassakè. L'archimandrita Emanuel Youkhana, leader dei cristiani assiri e responsabile del CAPNI (Christian Aid Program Northern Iraq) racconta a AED maggiori dettagli sull'avanzata di Daesh e la situazione dei cristiani sul posto:
« J’ai pu parler par téléphone à l’un des contacts de CAPNI  à  Hasseke qui préfère rester anonyme. Les combats ont commencés lundi très tôt le matin à 4h00 du matin (heure syrienne) quand Daech a ouvert un front de combat de 40km  de Tel Shamiram à Tel Hormizd (voir la carte).  Daech a profité de l’engagement militaire du PYD (Parti démocratique de l’union Kurde) sur d’autre front pour avancer. Particulièrement à la frontière Irako-syrienne. C’est pourquoi il y a eu moins de résistance pour combattre les djihadistes. »


La situazione dei cristiani è estremamente  difficile :
«  Le nombre de ces familles n’est pas définitif mais plus de 600 ont réussi à fuir. La majorité a trouvé refuge à Hasseke où les gens sont hébergés dans l’église. Mgr Mar Aprem Athniel, que j’ai eu au téléphone, témoigne que l’église et la salle communautaire sont remplies de tous ces réfugiés. »
Altri sono a Qamishly.

Purtroppo,  spiega l’archimandrita Youkhana, « plusieurs personnes ne sont pas parvenues à s’enfuir et ont été capturées par Daech, selon notre source : 50 à Tel shamiran, 26 à Tel Gouran, 28 à Tell Jeziea et 14 jeunes (12 garçons et 2 filles) qui défendaient Tel Hormiz. Daech les a rassemblé puis à mis à part les femmes et les enfants. »
L’Archimandrita aggiunge: « Connaissant les habitudes barbares et brutales de Daech avec ses prisonniers, l’avenir de ces personnes est pour nous une grande source de préoccupation
Milad, un jeune homme de 17 ans, a été martyrisé. »

Secondo l’archimandrita Youkhana, le chiese di Tel Hormez e di Tel Shamiran  sono state date alle fiamme, ed altri incendi sono stati segnalati.

Nella regione di Khabour si trovano  35 villaggi assiri.
 Questi villaggi furono creati dagli  Assiri che erano fuggiti dal massacro dell' agosto 1933 in Irak e che si sono istallati in Syria nella speranza di ritornare un giorno nella loro patria dell’Irak. Secondo l’archimandrita, « jusqu’à présent, ils n’utilisent jamais le terme « village » ou « ville » pour leurs colonies dans Khabour. Ils insistent pour dire « camps » pour refléter le fait qu’ils sont installés là temporairement jusqu’à ce qu’ils retournent en Irak ».

Per Marc Fromager, direttore di AED France : « Cela fait 80 ans que ces familles chrétiennes essaient de survivre à des massacres et visiblement, leur chemin de croix n’est pas terminé ! Combien de morts faudra-t-il encore avant que nous ne réagissions ? »

http://www.aed-france.org/actualite/syrie-chretiens-assyriens-aux-prises-de-letat-islamique/

https://aidchurch.wordpress.com/2015/02/24/acn-press-release-syria-extremists-is-seize-christian-towns/




http://www.wca-ngo.org/humanrightsfiles/the-syria-crises/509-new-massive-assault-on-christian-villages-in-syria

lunedì 23 febbraio 2015

Si aprono le commemorazioni per il centenario del Genocidio

Il Patriarca siro-cattolico Mar Ignace Youssef III ha aperto le commemorazioni per il centenario del Genocidio assiro 

Agenzia Fides, 23/2/2015

Il Patriarca siro cattolico Mar Ignace Youssef III ha aperto le commemorazioni per il centenario del cosiddetto Genocidio assiro, presiedendo nella sera di sabato 21 febbraio una celebrazione nella Cattedrale di Nostra Signora dell'Annunciazione, a Beirut. Alla Messa hanno preso parte tra gli altri anche il Patriarca maronita Boutros Bechara Rai, il Patriarca greco-melchita Grégoire III e il Patriarca siro-ortodosso Ignace Aphrem II, insieme al Nunzio apostolico Gabriele Caccia. Folta anche la delegazione di rappresentanti delle diverse formazioni politiche libanesi.
Con la definizione di “Genocidio assiro” si indica la deportazione e l'eliminazione fisica di cristiani appartenenti a comunità assire, caldee e siriache compiute in territorio ottomano dal governo dei “Giovani Turchi”.
Nell'omelia, il cui testo è pervenuto all'Agenzia Fides, il Patriarca Ignace Youssef ha ricordato le vittime dello sterminio di cento anni fa, sottolineando come i discendenti di quelle vittime inermi non hanno mai cercato di vendicarsi delle violenze subite dai propri padri, e ha collegato la memoria storica di quegli eventi alle sofferenze attualmente vissute da tante comunità cristiane mediorientali. Riguardo ai conflitti che dilaniano il Medio Oriente, il Patriarca ha chiamato in causa anche le responsabilità dei “sistemi regionali e internazionali” che li hanno fomentati, foraggiando con armi e risorse logistiche le milizie jihadiste e i gruppi terroristici

http://www.fides.org/it/news/57066-ASIA_LIBANO_Il_Patriarca_siro_cattolico_apre_le_commemorazioni_per_il_centenario_del_Genocidio_assiro#.VOskIGB0wqQ


Sabato, 21 febbraio 2015, il Santo Padre Francesco ha conferito  il titolo di Dottore della Chiesa Universale a San Gregorio di Narek, Sacerdote Monaco, nato ad Andzevatsik (allora Armenia, ora Turchia) circa nel 950 e morto a Narek (allora Armenia, ora Turchia) circa nel 1005.
http://www.santiebeati.it/dettaglio/43030

Lettera enciclica per i 100 anni dal genocidio armeno di Karekine II

Il patriarca armeno Karekin II annuncia: il 23 aprile tutte le vittime del massacro operato dai turchi saranno canonizzate, e il giorno successivo diverrà la Giornata della Memoria per i "santi martiri". 
 Il testo completo del messaggio del patriarca.

AsiaNews- Con una solenne lettera enciclica, il patriarca armeno ortodosso Karekine II ha aperto in modo ufficiale le celebrazioni e memorie dei 100 anni dal genocidio armeno, che dureranno per tutto il 2015.
Il massacro di circa 1,5 milioni di armeni avviene verso la fine dell'impero ottomano, prima con il sultano Abdul Hamid II, poi con i gruppi dei "Giovani Turchi", e infine con lo stesso Kemal Ataturk, il padre della patria turca. Gli armeni sono presi di mira perché cristiani, istruiti e appartenenti alla classe media.  Soprattutto nel 1915 si chiudono le loro scuole, le chiese, le organizzazioni e si lancia una vera e propria caccia con uccisioni, violenze, stupri, umiliazioni. A queste seguono le deportazioni nel deserto, le fosse comuni, i treni ripieni di sfollati e incendiati. I sopravvissuti sono coloro che sono riusciti a raggiungere l'attuale Armenia (allora sotto il dominio russo e poi sovietico), o la Siria e il Libano.
La Conferenza di Parigi del 1920 ha riconosciuto il genocidio armeno e al presente lo riconoscono almeno 20 Stati. Ma la Turchia non l'ha mai fatto, motivando i massacri con il bisogno di combattere gruppi indipendentisti.  Diversi scrittori e storici che hanno pubblicato testi sul genocidio sono stati perseguiti. Solo lo scorso anno, l'allora premier Recep Tayyip Erdogan ha presentato ai discendenti degli armeni condoglianze per il massacro.
Nella sua lettera, il patriarca Karekin II annuncia che il 23 aprile 2015 egli presiederà una liturgia in cui proclamerà santi tutte le vittime del genocidio, uccise "per la fede e per la patria" e farà del 24 aprile una Giornata della Memoria per "i santi martiri del genocidio". Secondo informazioni non confermate , il 12 aprile 2015, anche papa Francesco celebrerà in piazza san Pietro una messa a ricordo del genocidio degli armeni. Di seguito il testo completo della lettera enciclica (traduzione a cura di AsiaNews).


di Karekine II 
"Ma il sentiero dei giusti è come la luce che spunta e va vieppiù risplendendo, finché sia giorno perfetto"
Proverbi 4,18 
Il centenario del Genocidio degli armeni è davanti a noi, e le nostre anime risuonano di una potente richiesta di verità e giustizia che non sarà messa a tacere.
Ogni giorno del 2015 sarà un giorno di ricordo e devozione per il nostro popolo, un viaggio spirituale ai memoriali dei nostri martiri in patria e della diaspora, davanti ai quali con umiltà ci inginocchiamo in preghiera, offrendo incenso per le anime delle nostre vittime innocenti che giacciono in tombe senza nome poiché hanno accettato di morire piuttosto che ripudiare la loro fede e la loro nazione. Davvero "il sentiero dei giusti è come la luce che spunta e va vieppiù risplendendo, finché sia giorno perfetto".
Nel 1915, e negli anni successivi, i turchi ottomani hanno commesso un genocidio contro il nostro popolo. Nell'Armenia occidentale - sul nostro suolo nativo - nella patria dell'Armenia e nelle comunità armene in tutta la Turchia, un milione e mezzo di nostri figli e figlie hanno subito uccisioni, carestie e malattie: sono stati deportati e costretti a marciare fino alla loro morte. Secoli di creatività e di onesti traguardi raggiunti sono stati distrutti in un attimo. Migliaia di chiese e monasteri sono stati dissacrati e distrutti. Le istituzioni nazionali e le scuole rase al suolo e rovinate. I nostri tesori spirituali e culturali sono stati sono stati sradicati e cancellati. L'Armenia occidentale, dove per millenni - dal tempo di Noè - il nostro popolo ha vissuto, creato e costruito la sua storia e cultura, è stata privata della sua popolazione nativa. 

Un secolo fa - quando i frammenti della nazione armena, dopo aver perso il proprio patrimonio, sono stati sparsi in tutto il mondo, e mentre l'Armenia orientale combatteva una lotta all'ultimo sangue per la sopravvivenza contro gli invasori turchi - era difficile credere in un futuro per il popolo armeno. Tuttavia una nuova alba è sorta. Con la grazia del Signore, il nostro popolo è risorto dalla morte. Su una piccola parte recuperata della nostra patria, la nostra gente ha ripristinato lo Stato, ricreato un Paese dalle sue rovine e vestigia, e costruito una "patria di luce e di speranza", di scienza, istruzione e cultura. Gli armeni esiliati in tutto il mondo hanno costruito le case e i loro cuori nel mondo, sono sbocciati in Paesi vicini e lontani, portando avanti le loro tradizioni e la loro vita spirituale. Ovunque i figli della nostra nazione hanno vissuto, hanno raggiunto il successo, guadagnandosi rispetto e fiducia, e ottenendo riconoscimenti per il loro lavoro coscienzioso e il loro contributo alla scienza, alle arti e al bene comune. Questa è la storia del nostro popolo durante il secolo scorso - una storia di avversità e risurrezione. Oggi, nonostante la difficoltà, la nostra nazione rafforza la sua sovranità indipendente, crea una nuova vita di libertà, e guarda con speranza al futuro, abbracciando il risveglio nazionale, l'ottimismo e la fede. 
Gloria a te, o Signore, gloria senza limiti, "Come uno scudo Tu ci proteggi con il Tuo favore" (Salmi 5,12). Riponendo la nostra speranza in Te, o Signore, il nostro popolo è stato illuminato e rafforzato. La Tua luce ha acceso l'ingegnosità del nostro spirito. La Tua forza ci ha spinto verso le nostre vittorie. Abbiamo creato anche se altri hanno distrutto le nostre creazioni. Abbiamo continuato a vivere anche se altri ci volevano morti. Tu, o Signore, hai voluto che la nostra gente - condannata a morte da un piano genocida - sia riuscita a vivere e risorgere, in modo da poter presentare questa giusta causa davanti alla coscienza dell'umanità e al diritto delle genti, per liberare il mondo dalla callosa indifferenza di Pilato e dalla negazione criminale della Turchia. 

Per il bene della giustizia - fino al trionfo della nostra causa, noi continueremo la nostra lotta senza ritirarci - Chiesa, Nazione e Stato insieme. Il sangue dei nostri martiri innocenti e le sofferenze del nostro popolo gridano per avere giustizia. I nostri santuari distrutti, la violazione dei nostri diritti nazionali, la falsificazione e distorsione della nostra storia, tutti gridano per avere giustizia. Essendo sopravvissuto al genocidio, il nostro popolo ha creduto e continua a credere che la moltitudine dei Paesi retti, delle Organizzazioni nazionali e civiche, e degli individui che hanno riconosciuto e condannato il genocidio armeno saranno presto affiancati da altri che credono che l'affermazione della verità e della giustizia siano il prerequisito e il garante di un mondo pacifico, privo di ostilità e di violenza. 
In ricordo del nostro milione e mezzo di martiri del genocidio, esprimiamo la nostra gratitudine alle nazioni, alle organizzazioni e agli individui che hanno avuto il coraggio e la convinzione di riconoscere e condannare il genocidio armeno. Esprimiamo gratitudine a quei Paesi e popoli gentili che hanno accettato i figli della nostra nazione come fratelli e sorelle. Questi esempi di giustizia e di umanità sono pagine luminose nella storia dell'umanità. Essi saranno sempre ricordati e apprezzati per generazioni, e saranno di beneficio alla vita tranquilla, sicura e migliore del mondo.
Come Pontefice degli armeni, è di conforto per lo spirito annunciare alla nostra gente che il 23 aprile 2015, durante la Divina Liturgia, la nostra Santa Chiesa offrirà un servizio speciale per canonizzare i suoi figli e figlie che hanno accettato il martirio come santi "per la fede e per la patria", e proclamerà il 24 aprile come Giornata del ricordo dei Santi Martiri del Genocidio. 

O, popolo armeno, abbellito dall'Alto - una nazione martire; una nazione risorta - vivi con coraggio, avanza con sicurezza, con il tuo sguardo rivolto verso il monte verso l'Ararat che contiene l'Arca, e con il cuore incrollabile mantieni alta la tua speranza. L'incoraggiamento e il messaggio del Signore sono rivolte a te: "Anche se non sei forte, sei stato fedele alla mia parola e non hai tradito il mio nome ... Tieni saldo quello che hai in modo che nessuno porterà via la tua corona della vittoria" (Apocalisse 3, 8-11). Quindi, cerchiamo di rimanere saldi davanti a Dio, giusto e vero, sui fermi sentieri della fede che, come la luce del mattino, disperde le tenebre e rende visibili gli orizzonti della speranza. La nostra strada è con Dio; e una vita di fede è la nostra vittoria.
Rendiamo fecondo il centenario valorizzando il percorso di travaglio e di rinascita del nostro popolo, durato 100 anni, in modo che i nostri figli - riconoscendo la volontà eroica dei loro nonni e genitori di vivere e creare e i loro sforzi intrapresi per il bene della nazione e della patria - possano creare un nuovo giorno luminoso per la nostra patria e per la nostra gente, dispersa in tutto il mondo. Trasformiamo la memoria dei nostri martiri in energia e forza per la nostra vita spirituale e nazionale e, davanti a Dio e a tutti gli uomini, illuminiamo il percorso dal nostro giusto cammino per guidare il nostro passo verso la realizzazione della giustizia e delle nostre sacre aspirazioni. 
Dal nostro amato centro spirituale, creato da Cristo, e davanti alla Santa Sede Madre del Santo altare di Echmiadzin (della discesa dell'Unico Unigenito ), preghiamo Dio per la pace, la sicurezza e il benessere della nostra patria, del nostro amato popolo in tutto il mondo e, soprattutto, per la luce eterna e la pace per le anime innocenti dei Santi Martiri del Genocidio. Possano l'amore e la fratellanza, la giustizia e la verità regnare sopra l'umanità, e possano le vie dei giusti irradiare, orientare e diffondere la luce fino all'alba di un nuovo giorno, che porti pace e felicità a tutto il mondo.
La grazia, l'amore e la pace di Nostro Signore Gesù Cristo sia con voi e con tutti noi. Amen.

*Patriarca armeno-ortodosso
http://www.asianews.it/notizie-it/Lettera-enciclica-per-i-100-anni-dal-genocidio-armeno-33069.html

Armenian Genocide Centennial Emblem



http://www.armenianchurch-ed.net/get-involved/armenian-genocide-centennial/banners/

venerdì 20 febbraio 2015

Aleppo, un parroco racconta la battaglia nella città martire simbolo di una "guerra artificiale"



Padre Rodrigo Miranda, cileno, ha trascorso gli ultimi quattro anni nell'inferno della città siriana. Ha assistito i suoi parrocchiani durante i tre anni di assedio tra le violenze, le uccisioni, i sequestri. Ha vissuto in prima persona la battaglia iniziata nell'estate del 2012, che più delle altre riassume la tragedia della popolazione. "La gente non ha mai chiesto un cambiamento, né politico, né culturale. Stava bene come stava. Non voglio canonizzare Assad, ma tra i ribelli solo il 2% sono siriani, la maggioranza sono stranieri, di 83 diverse nazionalità"

Repubblica.it, 
 17 febbraio 2015
di ALESSANDRA BENIGNETTI e ROBERTO DI MATTEO


ROMA - Padre Rodrigo Miranda, quarant'anni, cileno, è un missionario dell'Istituto del Verbo Incarnato che ha trascorso gli ultimi quattro anni della sua vita in Siria, nell'inferno di Aleppo. Parroco della Cattedrale del Bambino Gesù, dal 2011 ha assistito i suoi parrocchiani durante i tre anni di assedio della città, tra le violenze, le uccisioni e i sequestri. A Roma è tornato da pochi mesi, e qui lo abbiamo incontrato per ascoltare la sua testimonianza. La testimonianza di chi ha vissuto in prima persona la battaglia per Aleppo che, iniziata nell'estate del 2012, più di tutte le altre riassume la tragedia della popolazione siriana. Quella della gente, che abitava la città più ricca e popolosa della Siria e che d'un tratto si è ritrovata al centro di uno scontro violentissimo tra i ribelli e l'esercito di Assad, costato la vita a migliaia di civili.


Un conflitto artificiale.  "Con il suo mosaico di culture e religioni, Aleppo è sempre stata una città modello della convivenza tra cristiani e musulmani" ci racconta Padre Rodrigo, e "la guerra è arrivata all'improvviso, contro persone che mai si sarebbero aspettate una reazione del genere di fronte ad un conflitto artificiale". Ci incuriosisce quest'ultima affermazione. "La popolazione siriana", spiega il sacerdote, "non ha mai chiesto un cambiamento, né politico, né culturale. Mai. La gente stava bene così come stava". "Con questo non voglio canonizzare Assad", continua, "ma voglio dire che il conflitto è stato il frutto di un processo estremamente veloce e violento. Tra i combattenti dell'esercito libero, infatti, solo il 2% sono siriani. La maggioranza sono stranieri, di 83 diverse nazionalità".

Le persecuzioni contro i cristiani.  Prima della guerra, ad Aleppo i cristiani erano circa 300.000. Dei 4.000 fedeli che frequentavano la parrocchia di Padre Rodrigo, oggi ne sono rimasti solo 25. Gli altri sono scappati, oppure "sono stati uccisi, soprattutto donne e giovani". "Molti sequestrati" racconta il sacerdote. In effetti, i cristiani, più di altri, in Siria, sono stati presi di mira dai gruppi islamici radicali. "Succede perché hanno una grande influenza in molti settori della società, e perché hanno la capacità di dialogare, di aprirsi all'altro, di rispettarlo. Quando sentiamo che l'Isis avanza nel nord dell'Iraq o della Siria è perché queste zone sono popolate da cristiani, e la risposta di un cristiano è molto diversa rispetto a quella di altri". Sul fronte umanitario, poi, la situazione non migliora: "ieri ho parlato con i miei parrocchiani: non hanno acqua, luce ed elettricità da dodici giorni. Le promesse delle Nazioni Unite di inviare aiuti sono rimaste solo promesse".

Un grado di violenza inaudito.  A pochi metri di distanza dalla parrocchia di Padre Rodrigo si trovava l'università di Aleppo, che il 15 gennaio del 2013 è stata il teatro di un violento attentato in cui hanno perso la vita centinaia di giovani studenti. "Era mezzogiorno, l'ora di punta, quando sono caduti i tre missili. L'università era piena e molte persone erano in strada" ci racconta. "Quando è caduto il primo missile ho iniziato ad aiutare le persone che avevo davanti a me. Poi mentre stavo correndo verso l'università per aiutare gli altri, ho visto il secondo missile che arrivava. Ho cercato di rifugiarmi tra un muro e alcune auto. Ho sentito un rumore, uno strano silenzio, e poi il disastro. È stato un massacro". 
"All'inizio", continua, "hanno detto che i missili erano dell'esercito di Assad. Ma il nostro quartiere è controllato dall'esercito: sarebbe come dire che hanno sparato contro loro stessi. Poi, che l'esercito aveva colpito per sbaglio. Ma se sbagli, sbagli una volta, non tre. L'altra ipotesi è che siano stati i ribelli, che sparavano per colpire l'esercito che controlla il nostro quartiere".  Il ricordo che è rimasto più vivido nella mente del sacerdote è proprio il "grado di violenza contro i civili". Ascoltiamo il suo racconto e ci viene in mente solo una domanda, la più banale. Non ha mai avuto paura? Mai, ci risponde sorridendo: "in quei secondi non riesci neanche ad avere paura. Pensi soltanto ad aiutare".

Le bugie dell'informazione.  "Quello che il popolo siriano desidera sopra ogni altra cosa è che fuori dalla Siria si racconti finalmente cosa succede davvero in Siria". La disinformazione riguardo il conflitto, secondo il sacerdote, è stata enorme. 
Gli chiediamo qual è la bugia più grande: "quella dei 'regimi', il voler catalogare a tutti i costi come 'dittatorì tutti quelli che non fanno come vogliono loro", ci risponde senza esitare. "Non si può applicare la 'democrazià come la intendiamo noi, in Paesi dove c'è un substrato culturale totalmente diverso: il rispetto della diversità e della cultura dell'altro è il presupposto per garantire la pace". Altrimenti, il rischio è quello di "una radicalizzazione sempre maggiore". Che è pronta a diffondersi anche in Europa, come già sta accadendo.

http://www.repubblica.it/solidarieta/volontariato/2015/02/17/news/aleppo-107564261/

giovedì 19 febbraio 2015

I 21 copti assassinati: morire pregando Gesù




 di Marina Corradi

mercoledì 18 febbraio 2015

PER RESTARE: a Maaloula arriva 'un piccolo gregge italiano' ; ad Aleppo microcredito per sostenere il coraggio di chi resta

CONCLUSA LA PRIMA PARTE DEL PROGETTO 'UN PICCOLO GREGGE PER MALOULA' 

Maloula è un luogo di speranza per il mondo intero e per la sua gente. Per questo, proprio in quel luogo, il Coordinamento Nazionale per la Siria ha lanciato alcuni mesi fa una raccolta finalizzata a realizzare un piccolo progetto.
L'idea era intervenire con qualcosa che rimanesse nel tempo. E' nato così il progetto 'un piccolo gregge per Maloula', iniziativa realizzata con l'appoggio di una piccola associazione di giovani locali, l'associazione 'Mar Sarkis'.
Le difficoltà sono state molte. E' difficile anche fare del bene. I paesi occidentali, Italia compresa, hanno azzerato i contatti diplomatici ed hanno reso con l'embargo più difficile anche soccorrere le popolazioni siriane stremate.
Ciononostante, siamo riusciti a raccogliere quanto ci eravamo prefissati e siamo arrivati finalmente a consegnare le pecore a Maloula.
Di seguito pubblichiamo i documenti che attestano l'avvenuta donazione e  alcune foto dell'avvenuta consegna dei capi di bestiame.
Vi ringraziamo tutti e vi esortiamo a continuare a seguirci e a sostenerci anche tramite l'adesione personale al Coordinamento Nazionale per la pace in Siria.
Le foto che seguono sono state eseguite il 4 febbraio 2015 a Maloula: mostrano il gregge acquistato e affidato al sig. Ibrahim  le varie fasi della consegna da parte del Sig. Musa dell'associazione Mar Sarkis.

Vi racconteremo nei prossimi mesi come cresce il nostro gregge e come sarà possibile continuare a sostenere la speranza della gente di Maloula : grazie a tutti quelli che hanno contribuito con grandi e piccole offerte, ogni goccia è confluita nel mare della solidarietà!






 http://www.siriapax.org/?p=2621


'made in Aleppo'


Il Coordinamento Nazionale per la Siria lancia un nuovo progetto per la Siria, secondo le consuete modalità.   Vogliamo incontrare il bisogno, quello contingente ma anche sostenere quello vero, quello che viene dal profondo, la dignità, la legittima aspettativa di ogni uomo: per questo è necessario sostenere chi, nonostante tutto, vuole cercare di rialzarsi, di ricominciare. Vorremmo, con il vostro aiuto, ridare una possibilità di speranza che parte dalla vita concreta e ricrea solidarietà e coesione sociale, rispettando la tradizione del posto.Questo è il progetto che con il vostro sostegno vorremmo provare a finanziare, così come presentato dai diretti interessati:

PER RESTARE!

Noi siamo alcuni di quelli che sono rimasti, ognuno di noi avrebbe i suoi motivi, ma non vorremmo che queste partenze continuassero! Perché Per Restare è un progetto che nasce grazie all’intraprendenza e all’attaccamento alla propria terra di donne e uomini di buona volontà, decisi a resistere e restare con le proprie famiglie ad Aleppo, nonostante che  tanti di loro, a causa della guerra, abbiano perso il lavoro, ed siano rimasti senza occupazione, e senza redditto.

Bisognava reagire! Cosi è nata l’idea, di una piccola impresa artigianale, ispirata all’antica tradizione degli aleppini, di preparare in casa le proprie conserve alimentari, una pratica resa antieconomica per decenni dalla commercializzazione industriale, colpita fortemente negli ultimi anni, con gravi conseguenze per la popolazione, sia per la carenza di prodotti e i prezzi altissimi, sia per l’impoverimento delle famiglie, l’alto costo della vita e la dilagante disoccupazione. 

Cos’è
 Per Restare è un progetto ideato e realizzato per creare occupazione famigliare, attraverso la produzione e commercializzazione artigianale, di alcuni tipi di prodotti alimentari.
La realizzazione del progetto è stata possibile solo con i mezzi propri, e grazie all’impegno e alla generosità della Biblioteca Spirituale di Aleppo,  della Chiesa Greco Melkita Cattolica, che ha concesso al gruppo l’utilizzo di suoi locali dove avviene la lavorazione e la produzione.

Cosa fa 
Per Restare seleziona, prepara, produce, e confeziona con infinita cura, alcuni tipi di prodotti alimentari artigianali e li distribuisce sui mercati locali e privati: Aceto, marmellate e confetture, senza conservanti, attraverso l’utilizzo di materie prime di qualità, provenienti da coltivazioni locali, sostenendo in questo modo anche l’agricoltura siriana. Tutti i prodotti vengono contraddistinti con etichette specifiche con il logo e il nome del progetto.


avete mai assaggiato la marmellata di rose di Aleppo? 
Obiettivi
 Per Restare ha come finalità di dare lavoro ad alcune donne siriane, attraverso la produzione artigianale basata sull’utilizzo delle proprie conoscenze e abilità, e trasformata in reddito famigliare. Inoltre intende offrire ai propri concittadini la possibilità di acquistare buoni prodotti locali, sani e sicuri, a prezzi bassi.

Cosa serve 
Per Restare ha bisogno di ampliare la produzione per contenere i costi, coinvolgere più famiglie e garantire più reddito, ma soprattutto acquistare attrezzature adatte, più sicure e più igieniche. 

I risultati raggiunti saranno documentati attraverso foto e aggiornamenti per dare la più ampia informazione degli obiettivi progettuali e la massima diffusione degli esiti conseguiti.


PER RESTARE! Siamo nati per restare, per vivere e continuare

Contatti
Sig. George Jebran Maktabeh Ruhiyeh, Aleppo, Azizieh, via Fares Khoury, P.O.Box 146.  Email: geo_jem@hotmail.com   
Cel: +963 944 274214+963 944 274214   Tel: +963 21 2123758, +963 21 2123752


Potete effettuare un'offerta al progetto dall'Italia attraverso il 'Coordinamento Nazionale per la pace in Siria'  cliccando sul pulsante ‘donazione':

martedì 17 febbraio 2015

Intervista a Padre Toufik Eid (Maaloula): "Questa chiaramente non è una rivoluzione interna."

"Contro la barbarie, non sento la voce dei musulmani innalzarsi ..."

Parroco di Maaloula, villaggio cristiano martire, il padre Toufik si trova in Francia fino al 12 febbraio. 
Per testimoniare la catastrofe attualmente in corso.

Bd Voltaire, SOS Chrétiens d'Orient

  
 Ci può raccontare il dramma che ha vissuto Maaloula?
Prima di Natale 2012, l'esercito siriano si è ritirato dal villaggio. Maaloula è diventata una sorta di terra di nessuno tra i terroristi islamici e le forze governative. Nel febbraio 2013, per la prima volta, alcuni individui di Maaloula hanno cominciato a manifestare contro il governo. Erano armati. Non erano ancora apertamente pro-islamisti, anche se si sentiva qual'era la loro motivazione. Hanno finito per prendere la parte superiore del villaggio dove si trovava il monastero in cui io sono anche un monaco. Non vi sono ritornato. E poi delle persone sono state rapite, si stava mutando in qualcosa d'altro. Tuttavia, io percepivo che, nel campo dei terroristi, non c'era un vero capo.

   Come ha reagito la popolazione?
Speravamo una mediazione, un ritorno alla calma. Il leader musulmano locale (1/3 della popolazione, ndr) ha cercato di dialogare con i terroristi, ma non lo hanno voluto ascoltare. Il 4 settembre, hanno attaccato con un kamikaze su un pick-up, un checkpoint dell'esercito all'ingresso di Maaloula. Diversi soldati sono stati uccisi. Il giorno dopo, ho preso la decisione di far evacuare la popolazione, ma la gente mi aveva preceduto. Durante l'attacco finale, tre dei nostri giovani parrocchiani, tra cui il mio sacrestano, sono stati uccisi in uno scontro con i ribelli ... E' stato necessario aspettare fino ad aprile perchè l'esercito riprendesse il villaggio. Si tratta di una lotta puramente ideologica perché Maaloula non ha un interesse strategico o militare. Gli islamisti hanno chiaramente voluto distruggere questo villaggio simbolo, dove si parla ancora l'aramaico, la lingua di Cristo!


  Cosa hai trovato quando è tornato al villaggio?
Sono tornato il 20 aprile. Era una città fantasma ... rovine, una tristezza immensa. Più di 300 case erano state distrutte, bruciate. Alcune persone si sono reinsediate negli edifici abitabili. Abbiamo dovuto aspettare diversi giorni prima di riprendere il culto. Ma esso è ricominciato!

  Alla luce di tutti questi massacri ripetuti, c'è un futuro per i cristiani in Oriente?
E' nostro dovere di rimanere, di vivere anche con coloro che ci stanno uccidendo. Il Signore deciderà. In Siria, è speciale, perché nonostante la nostra condizione di minoranza, non abbiamo mai vissuto con un senso di insicurezza. In Maaloula, non c'erano state rivolte anti-cristiane dal 1925, dal tempo della rivolta contro i francesi. Devo precisare che qui c'è una forma avanzata di cittadinanza. Ma dobbiamo ammettere che, negli ultimi anni, c'è un vero cambiamento, qualcosa di palpabile, che è difficile definire nel comportamento dei musulmani ... Essi hanno cominciato ad avere dei soldi, molto più di prima. Non sappiamo da dove arriva questo denaro. Hanno cambiato il loro atteggiamento. Era strano ...

  Pensa che la manipolazione viene da altrove?
Sì. Questa chiaramente non è una rivoluzione interna. I terroristi non propongono nient'altro che la loro sharia. Questa non è una scelta locale, una potenza manipola dall'esterno. C'è un comandante nell' ombra. È molto complesso. E non capisco la politica della Francia. Essa è completamente paradossale: in Mali, voi lottate contro gli islamisti, a casa nostra, voi li armate. I siriani sono profondamente delusi da questo atteggiamento. Ma voi iniziate a pagarne le conseguenze a casa vostra.

   Lei dice anche di essere deluso dell'atteggiamento dei musulmani.
Sì, lo sono. I buoni musulmani sono incapaci di dire a voce alta la loro opposizione a questa barbarie che si estende in tutto il mondo. Lasciano che si diffonda il caos. Da parte mia, come cristiano, credo che non possiamo vivere bene se non nell' ordine e nella disciplina. Senza questo, la cosiddetta "convivenza" non è che una chimera.

 (traduzione dal francese di FMG)

http://www.soschretiensdorient.fr/2015/02/bd-voltaire-entretien-avec-pere-toufic-eid-contre-la-barbarie-je-nentends-pas-la-voix-des-musulmans-selever/



Video di Samaan Daoud: testimonianze sul martirio di Antonio, Michail e Sarkis , uccisi per Cristo a Maaloula. Intervista a padre Toufik e al vescovo Kawak

mercoledì 11 febbraio 2015

Lettera di addio alla nostra carissima scout Nour, piccola Luce...


Nour Asslo, 25 anni, campione e allenatrice di Basket di Aleppo, è stata colpita  alla schiena da un cecchino
il 7 febbraio

 di padre Simon Zakarian 
Oggi ho visitato il Presidente Generale dell'Ordine Salesiano, Padre Angel Fernandez ... Mi ha chiesto della situazione in Siria, in particolare ad Aleppo ... Gli ho spiegato le circostanze della vita e della sofferenza in cui viviamo ...  gli ho raccontato come le vittime pagano il prezzo della guerra, che non ha nulla a che fare con qualsiasi realtà umanitaria !!!  
Gli ho parlato del bambino Jack, e mi ha detto: " So la sua storia e prego per lui e per la sua famiglia ..." . Gli ho detto che abbiamo celebrato in tutto il Medio Oriente la festa di Don Bosco, e che in Siria la celebrazione è stata bellissima, ma ha portato dentro di sé molti dolori ed angosce ...  Gli ho detto che c'era tanta gente  alla celebrazione della festa di Don Bosco ... (tra essa c'eri anche tu cara Nour .... !!!) e non mi aspettavo di vedere la tua foto che riempie  facebook, mentre mi trovo alla casa salesiana a Roma !! E tutti quelli che ti conoscono sono scioccati e addolorati! 
Quando ti ho incontrato tempo fa nel giardino dell'oratorio, mi avevi detto in quel momento che il basket è la tua grande passione ... e quando ti ho chiesto: "stai aiutando le ragazze che alleni anche  nella educazione sociale?" ... tu mi hai risposto dicendo: "Padre le tratto come se fossero sorelle e mi prendo sempre cura di loro ..."
Allora ti ho detto: "Nour fai del basket il messaggio per la tua vita in cui glorifichi e servi il Signore"... e tu mi rispondesti: "certo Padre, se Dio vuole ...."
 
Prima che io partissi per Roma, e proprio nella festa di Don Bosco, ci siamo incontrati ed eri una di quelli che hanno partecipato all'offerta eucaristica ... ed alla fine della celebrazione mi hai fatto gli auguri, e quando ti ho visto ho detto con grande gioia "NOOOR la nostra fantastica allenatrice di basket !!!!! " e mi rispondesti: "Padre, ma proprio ti ricordi di me .. !!!"
Cara Nour ... oggi e' stato un grande giorno per me perchè ho incontrato il Rettor maggiore dei Salesiani ... ma quando ho sentito la notizia della tua morte, ho sentito una tristezza enorme che mi ha fatto angosciare...  Nour, grazie perchè hai insegnato a tutti noi il significato dell' amore alla vita nonostante la guerra, la distruzione e la morte... Grazie Nour, perché sei una ragazza coraggiosa ... sei una vera donna....
Grazie, perchè ci hai insegnato che la vita deve andare avanti ... Grazie Nour, perchè hai detto a tutti noi che non c'è un luogo per la disperazione e la rabbia ... che, nonostante tutto, bisogna lavorare con virtù, sincerità, ed amore per portare avanti il messaggio .... 
Il tuo ricordo rimarrà come un profumo o Nour ... Chiediamo che ti ricordi di noi, che stiamo ancora attraversando questo mondo transitorio ..... ricordati di noi, quando sarai davanti al trono del Signore Dio, ed il tuo bel sorriso rimanga radicato nella nostra mente e nei nostri cuori...  Grazie Nour ...
Nour grazie, perchè eri alla messa di Don Bosco domenica scorsa, e forse era l'ultima Messa nella tua vita terrena ... e ti chiedo scusa perchè non sarò presente domani alle tue nozze... Mi scuso Nour, ma sappi che sarai sempre presente nella mia preghiera quotidiana ... Sì quotidiana ... e domani ti offrirò sull'altare del Signore durante la santa Messa ... Grazie Nour ... Dio ti perdoni e ti dia la vita eterna...
Ti ricordi quando mi hai chiesto: "voglio che ci sia la banda degli Scout al mio matrimonio???!!!"
Grazie Nour ...
tutti i giovani di Aleppo al funerale oggi hanno gridato: JE SUIS NOUR!
Il Rettor Maggiore mi ha detto: "voi vivete grandi dolori .... Dio sia per voi solidale e soccorritore" . Veramente ti chiedo Signore di essere per noi un soccorso... Signore aiuta i nostri giovani doloranti, per vedere la luce di Cristo risorto, dopo questo terribile e grande dolore .....
Grazie cara Nour, perchè sei nel regno di Dio e lì incontrerai Jack Salloum e George Ribat e tanti altri martiri, piccoli fiori cristiani della nostra amata Siria ....
La tua memoria sia eterna.... così ti ricordiamo nelle nostre preghiere. 
il tuo fratello Padre Simon Zakarian

lunedì 9 febbraio 2015

9 febbraio: memoria di San Marone, monaco di Siria

foto: le rovine della basilica maronita (561 D.C.) a Barad - Nord Siria


San Marone ("piccolo Signore" in aramaico) è nato intorno al 350 d.C. a Cirro, una cittadina nei pressi di Antiochia.
Fu ordinato sacerdote e successivamente si ritirò come eremita per una montagna di Taurus, vicino ad Antiochia, sopra le rive del fiume Oronte. Trascorse il suo tempo pregando in solitudine, digiuno e lavorando.
Il grande arcivescovo di Costantinopoli, S. Giovanni Chrysostomo era suo amico. 

San Marone ha attratto molti discepoli: Giacomo di Cirro, Limnaeus, Domnina, Cyra, Marana, Abraham l'eremita, l'apostolo del Monte Libano e molti altri.
San Marone morì nel 410, dopo la sua morte sopra la sua tomba fu edificata una chiesa. 




All'intercessione di San Marone affidiamo oggi la pace di tutta la regione siro-libanese e la sorte dei due sacerdoti Michel Kayyal (armeno cattolico) e Maher Mahfouz (greco ortodosso) rapiti il 9 febbraio 2013 ad Aleppo

BREVE STORIA DELLA CHIESA E DELLA COMUNITA’ MARONITA




domenica 8 febbraio 2015

Roma: ​una mostra sulle devastazioni in Siria


nella splendida cornice romana della Basilica di Santa Maria in Cosmedin ("Bocca della verità"), l’esposizione 
sul patrimonio archeologico siriano, aperta tutti i giorni dalle ore 12.00 alle 18.00  fino al 14 febbraio. 
Chiusura domenica 15 febbraio quando alle ore 10.30 ci sarà la Messa per la Pace



OSSERVATORE ROMANO, 06 febbraio 2015
di Rossella Fabiani -

 La Siria è unica nel Vicino Oriente per l’abbondanza e la varietà delle testimonianze storiche e archeologiche. Dalle tombe monumentali di età sumerica ai possenti castelli dei crociati, dalle austere cattedrali bizantine alle moschee degli Omayyadi, dai templi ittiti in basalto nero ai marmi biancheggianti delle vie colonnate romane, la Siria conserva vaste e chiarissime tracce di quel caleidoscopio di culture che si sviluppò sul suo territorio dall’età della pietra all’evo moderno. Da qui emersero condottieri e dinastie che segnarono la storia, come i re di Ebla, Seleuco il grande, Diocleziano, Saladino.
Ma soprattutto la Siria da ben quattordici secoli significa un modello di convivenza pacifica tra le diverse confessioni religiose che abitano nel Paese. Un dialogo interreligioso, ma anche ecumenico che non si è mai interrotto sin dalle origini. Perché se la Palestina è la terra dove è nato Gesù, la Siria è stata la culla del primo cristianesimo con san Paolo sulla via di Damasco, la culla della vita monastica con san Simeone Stilita, sant’Ignazio, san Efrem, san Romano il Melode. Nella stessa Maaloula si parla ancora l’aramaico, la lingua di Gesù. Una accanto all’altra stanno la moschea con la chiesa, o meglio, le chiese: da quella melchita a quella ortodossa, da quella siriaca a quella armena. E tutto questo rischia di scomparire per sempre.

Oggi dopo quattro terribili anni di un conflitto che sta martoriando la Siria, più di un terzo dei cristiani — discendenti degli apostoli e dei Padri della Chiesa d’Oriente — hanno lasciato il Paese. Se spariscono, spariranno le radici della Chiesa e della civiltà occidentale. Ma la violenza della guerra sta costringendo anche a una riscrittura dei manuali di storia. Sono quasi trecento infatti i siti del patrimonio culturale siriano che sono stati toccati da un conflitto in cui lo scorso anno si sono inseriti i jihadisti dell’Is.

La devastazione è stata fotografata dai satelliti e monitorata dall’Unitar (United Nations Institute for Training and Research): le rovine greco-romane di Palmira, Dura-Europos sull’Eufrate e di Bosra, le città bizantine nella Siria del nord, la moschea Umayyad e la cittadella fortificata di Aleppo, il Krac des Cavaliers sono alcuni dei monumenti che le prossime generazioni potranno conoscere com’erano fino a quattro anni fa soltanto in fotografia.
La mostra fotografica promossa a Roma dalla comunità siriana in Italia in collaborazione con l’Associazione di volontariato europeo Sol.Id. e con il patrocinio del ministero del Turismo siriano, presso la basilica di Santa Maria in Cosmedin, la Chiesa cattolica greco-melchita retta dall’archimandrita Mtanious Haddad, documenta la distruzione che la furia del terrorismo ha inferto senza distinzione a luoghi storici e patrimoni dell’umanità.

Per misurare la devastazione, la mostra presenta foto di siti prima e dopo l’inizio della guerra. Immagini da Aleppo mostrano crateri grigi e montagne di macerie attorno alla celebre cittadella. Pesanti danni anche alla moschea Umayyad che ha perso il minareto dell’undicesimo secolo. Foto da Palmira e Dura-Europos mostrano i segni di vasti saccheggi, con il terreno punteggiato da scavi clandestini. La moschea al-Omari a Bosra risalente al vii secolo era la più antica moschea al mondo con il più antico minareto islamico che oggi non esiste più.

http://www.osservatoreromano.va/it/news/inventario-delle-macerie

Altre documentazioni: Directorate-General of Antiquities & Museums, DGAM Syria