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venerdì 10 ottobre 2014

Padre Haddad: "Non si può pretendere di combattere l'Isis, continuando ad inviare aiuti ed armi ai cosiddetti 'ribelli' siriani"

    Dopo  l'arresto eseguito dalla polizia jihadista, padre Hanna è potuto tornare nel suo convento spogliato delle croci. 
    Pare che il tribunale islamico ora lo voglia sottoporre a processo, con l'accusa assurda di collaborazionismo con il regime di Assad. 


Raid inutili se continua flusso soldi e armi a 'ribelli' Siria

ANSAmed) - ROMA, 10 OTTOBRE
di Elisa Pinna

Non si può pretendere di combattere l'Isis, continuando ad inviare aiuti ed armi ai cosidetti 'ribelli' siriani. E' una "follia" che vanifica tutti i bombardamenti della coalizione internazionale "già per altro rivelatisi abbastanza inutili", afferma in un'intervista ad ANSAmed padre Mtanious Hadad, rappresentante a Roma della Chiesa Melchita e cittadino siriano, che in veste di cristiano orientale si sente di parlare anche a nome delle comunità cristiane orientali della Siria e dell'Iraq, "paesi ora purtroppo accomunati dallo stesso boia". 
"L'Isis è un mostro creato dagli Stati Uniti, da Israele, da alcuni paesi arabi, con l'obiettivo di colpire il governo di Baghdad in un primo momento e poi quello del presidente Assad", spiega il religioso.

La missione dei jihadisti, "i quali non hanno nulla a che spartire con il vero Islam", è quello di "frantumare Stati, di colpire la laicità e la convivenza tra le fedi".
 "In Siria - dice padre Hadad - non esiste alcuna guerra civile. La guerra è tra i siriani e i terroristi. Non ci sono ribelli buoni o democratici: tutti hanno le armi e le usano per distruggere uno Stato laico, con un Presidente eletto dal suo popolo".

"Stati Uniti, Israele, paesi del Golfo, tra cui in prima fila Qatar e Arabia Saudita hanno contribuito con soldi, armi, addestramento a creare - secondo Hadad - i gruppi di combattenti anti-Assad che compongono l'Isis. Si tratta di mercenari assetati di sangue che provengono da 80 paesi.
 A pagare il prezzo più alto del terrorismo fomentato soprattutto dall'estero sono stati i cristiani, sottolinea Hadad,che è anche archimandrita e Rettore della Basilica di Santa Maria in Cosmedin a Roma. "In Iraq, i cristiani erano un milione e 500 mila ed ora sono rimasti in 300 mila. Anche in Siria, i cristiani più ricchi sono già emigrati negli Stati Uniti o in Australia. Prima della guerra, la comunità cristiana rappresentava il 10% della popolazione, ora si calcola che sia scesa all'8%". Molti cristiani siriani si trovano nei paesi circostanti, con la speranza di tornare. Altri sono rimasti in patria perche' hanno figli o parenti nell'esercito nazionale.

"Tuttavia - commenta ancora l'apocrisario melchita - se questa situazione si protrarrà ancora a lungo, vi è un pericolo concreto che i cristiani siano costretti a lasciare la loro terra per sempre, la terra in cui vivono da duemila anni". 
Padre Hadad si chiede come sia possibile che Obama parli di "tre anni" per estirpare l'Isis. "una coalizione internazionale contro un gruppo di 30 mila persone. E' uno scherzo?" 
A suo avviso, per sconfiggere il terrorismo in Medioriente, serve piuttosto "una presa di coscienza generale e l'umiltà di riconoscere i propri errori". 
"Le condizioni per mettere fine ad una guerra sporca che va avanti ormai da più di tre anni non sono difficili da individuare: interrompere il flusso di armi e denaro ai jihadisti, fermare il passaggio di terroristi dalla Turchia, non comprare il petrolio messo in vendita dall'Isis sul mercato nero, sempre attraverso la Turchia".
"La Siria in un mese tornerebbe alla pace, se riuscisse a liberarsi dal terrorismo straniero". Ed anche per i cristiani della regione - conclude padre Hadad - ci sarebbe una speranza in più di rimanere nella loro terra. 

http://www.ansamed.info/ansamed/it/notizie/stati/italia/2014/10/10/isis-cristiani-doriente-mostro-creato-da-politica-usa_4efcf097-9cb5-4dec-9912-68008cd04ecd.html



La presenza dei cristiani in Medio Oriente è "una garanzia per tutti"

La testimonianza di mons. Mtanious Haddad, Procuratore del Patriarca Greco-Melkita-Cattolica e Rettore della Basilica di Santa Maria in Cosmedin a Roma


giovedì 9 ottobre 2014

Liberato Padre Hanna Jallouf



La Custodia di Terra Santa conferma la notizia giunta pochi minuti fa dalla Siria. Dopo la liberazione di alcune donne che facevano parte del gruppo di parrocchiani di Knayeh (villaggio cristiano nella Valle dell'Oronte) prelevati da miliziani jihadisti vicini al movimento Al Nusra nella notte tra il 5 e 6 ottobre, anche il parroco fra Hanna Jallouf ha potuto tornare a casa. Al telefono il frate minore ha confermato di essere rientrato al convento di San Giuseppe dove è stato posto, per così dire, «agli arresti domiciliari». Il frate può muoversi liberamente nel villaggio, ma non allontanarsi da Knayeh.

http://www.terrasanta.net/tsx/articolo.jsp?wi_number=6919&wi_codseq=SI001 &language=it

Liberate quattro donne rapite insieme a padre Hanna; nessun messaggio dai rapitori

Agenzia Fides.  9/10/2014

Nella giornata di ieri sono state liberate le 4 donne che facevano parte del gruppo di circa venti ostaggi sequestrati da una banda armata insieme a padre Hanna Jallouf, parroco del villaggio siriano di Knayeh, nella notte tra domenica 5 e lunedì 6 ottobre (vedi Fides 7/10/2014). Lo riferisce all’Agenzia Fides il Vescovo Georges Abou Khazen OFM, Vicario apostolico di Aleppo per i cattolici di rito latino. “Alle donne liberate - spiega il Vescovo Abou Khazen - i rapitori non hanno detto niente. Non sono state nemmeno interrogate”. Fonti locali confermano che i sequestratori erano armati. Finora gli autori del sequestro non hanno fatto pervenire alcun messaggio ai parenti e agli amici dei sequestrati, non si sono qualificati e non hanno fatto rivendicazioni. Ma il numero così cospicuo dei rapiti lascia intuire che non si tratti di banditi comuni. La Custodia Francescana di Terra Santa ha attribuito il sequestro collettivo ad una brigata di Jabhat al-Nusra, la fazione jihadista che controlla l'area. Il luogo di detenzione dei sequestrati dista pochi chilometri dal villaggio di Knayeh.
Il Vescovo Georges Abou Khazen riferisce a Fides le espressioni di affetto che giungono da tutta la Siria alla comunità cattolica di Knayeh, dove opera anche suor Patrizia Guarino, delle Suore Francescane del Cuore Immacolato di Maria. “Suor Patrizia - racconta il Vescovo Abou Khazen - è venerata da tutti. Lei è l'infermiera del villaggio, e tutti la vedono anche come una guida spirituale, che aiuta a guarire non solo le malattie e i dolori del corpo, ma anche le sofferenze dell'anima”.

http://www.fides.org/it/news/56114-ASIA_SIRIA_Liberate_quattro_donne_rapite_insieme_a_padre_Hanna_nessun_messaggio_dai_rapitori#.VDaRymAcT84

martedì 7 ottobre 2014

Rapimento di padre Hanna Jallouf OFM: chiediamo la preghiera di tutti i cristiani!


A Maria, regina della vittoria di Lepanto, nostra Signora del Rosario , chiediamo la liberazione del Parroco e dei tanti cristiani del villaggio di Knayeh  rapiti dagli islamisti  e la protezione per i frati e delle suore che vivono nelle zone controllate dalle brigate di Al Nusra

Il Vescovo Khazen conferma: rapiti il parroco e una ventina di cristiani del villaggio di Knayeh

Agenzia Fides 7/10/2014

“Purtroppo devo confermare la notizia del rapimento di padre Hanna Jallouf OFM, parroco siriano nel villaggio di Knayeh, che è stato sequestrato insieme a una ventina di cristiani”. Così riferisce all'Agenzia Fides il Vescovo Georges Abou Khazen O.F.M., Vicario Apostolico di Aleppo per i cattolici di rito latino. 
“Il sequestro collettivo - aggiunge il Vescovo Khazen - è avvenuto nella notte tra domenica 5 e lunedì 6 ottobre. Al momento non sappiamo chi li abbia sequestrati, se sono stati gruppi di jihadisti o altri. Non riusciamo a contattare nessuno, e non siamo stati contattati da nessuno. Sappiamo soltanto che anche ieri il convento è stato saccheggiato, e altre persone del villaggio si sono nascoste. Tra i rapiti ci sono giovani, sia ragazzi che ragazze”.
Knayeh è un villaggio cristiano nella valle dell'Oronte, nella Siria settentrionale, vicino al confine con la Turchia. I frati minori della Custodia di Terra Santa sono presenti nella valle dell'Oronte da oltre 125 anni. Prima che iniziasse il conflitto, il convento, il centro giovanile, l'asilo e l'ambulatorio, gestito dalle suore francescane, erano, come lo sono anche oggi, il centro della vita del villaggio. Padre Jallouf animava con entusiasmo le attività parrocchiali, l'oratorio, le iniziative estive, le giornate di ritiro e di spiritualità.




In Siria un frate della Custodia rapito con una ventina di parrocchiani

Terrasanta.net | 7 ottobre 2014

Da Gerusalemme, dove ha sede la curia della Custodia di Terra Santa, giunge la conferma del rapimento in Siria di un frate della comunità: il siriano fra Hanna Jallouf (52 anni). 
Il religioso è parroco del villaggio cristiano di Knayeh, nella vallata del fiume Oronte vicino al confine con la Turchia, ed è stato prelevato nella notte tra il 5 e 6 ottobre con una ventina di altri ostaggi. Gli autori del sequestro sarebbero uomini armati vicini al movimento jihadista Jahbat Al-Nusra. Alcune suore francescane sono riuscite a scampare al sequestro trovando rifugio in alcune case private.

Nel 2008 quando la Siria non era ancora stata stravolta dal conflitto in atto, un servizio al lavoro di fra Hanna era stato pubblicato su Eco di Terra Santa. I frati minori della Custodia – riferivamo - sono presenti nella valle dell’Oronte da oltre 125 anni. Il convento, il centro giovanile, l’asilo e l’ambulatorio di Knayeh, gestito dalle suore francescane, sono anche oggi il centro della vita del villaggio, che conserva con orgoglio una forte identità cristiana e ha fornito alla Chiesa siriana molte vocazioni sacerdotali e religiose, sia maschili sia femminili. 
«Secondo la tradizione – spiegava fra Hanna al nostro direttore Giuseppe Caffulli - san Paolo dopo aver avuto la notizia e la gioia di poter convertire gli elleni al cristianesimo, si recò da Gerusalemme verso Antiochia. Allora c’erano tre strade che collegavano Apamea ad Antiochia. Una era la strada militare verso Aleppo, un’altra passava vicino al corso dell’Oronte, per sei mesi impraticabile a causa delle piene; una terza passava proprio dietro questa collina. Senz’altro san Paolo è passato di qua, evangelizzando queste terre. Insomma, siamo certamente i discendenti dei primi cristiani convertiti dall’apostolo missionario».
Abuna Hanna ad Amman (in Giordania) è stato direttore del prestigioso Collegio di Terra Santa, ma poi è tornato tra le montagne dell’Oronte. «La mia famiglia – spiegava ai lettori di Eco - proviene da queste valli e per me è stato un gradito ritorno a casa. Ma anche una nuova sfida, perché i villaggi dell’Oronte, un tempo il fiore all’occhiello del cattolicesimo di Siria, stanno conoscendo oggi una pesante diaspora… I giovani se ne vanno in cerca di lavoro e di fortuna. E questo indebolisce le comunità cristiane, mette in pericolo l’esistenza stessa delle nostre chiese. Di fronte a questa situazione, serve nuovamente scommettere sul futuro».

http://www.terrasanta.net/tsx/articolo.jsp?wi_number=6911&wi_codseq= &language=it

Syria: Statement of the Custody: 

http://fr.custodia.org/default.asp?id=1019&id_n=27828



Da due anni lui e i suoi fedeli vivevano sul filo del rasoio. Tollerati e sopportati, ma minacciati e controllati.

Il Giornale Mar, 07/10/2014 
Gian Micalessin

 Ora anche quell'incerto limbo è tramontato. Da domenica notte il padre francescano Hanna Jallouf e venti suoi parrocchiani sono prigionieri, ostaggi dei militanti Al Qaidisti di Al Nusra. E per duemila cristiani, stretti tra la frontiera turca e la turbolenta regione di Idlib roccaforte dei ribelli jihadisti di Al Nusra rischiano di aprirsi le porte dell'inferno.
Loro sono i cristiani di Knayem, Yacoubieh e Jdeideh, tre parrocchie del fiume Oronte dove la cristianità è di casa da duemila anni. Il primo ultimatum era arrivato un anno fa quando i capi jihadisti della zona avevano sancito le condizioni alle quali erano disposti a sopportar ela presenza cristiana sui propri territori. "Tutte le croci debbono sparire. È proibito suonare le campane. Le donne non debbono uscire di casa senza coprirsi la faccia e i capelli. Le statue devono sparire. In caso d'inadempienza, si applicherà la legge islamica". Come dire chi non si adegua o se ne va o verrà fatto fuori. Quell’ultimo terribile “aut aut” riassumeva le condizioni imposte non solo ai Cristiani dell’Oronte, ma a quelli di tutta la Siria. Padre Hanna Jallouf, il parroco di Knaye conosciuto dai fedeli come Abu Hanna, l’aveva capito da tempo. 
..........
continua la lettura qui: http://www.ilgiornale.it/news/mondo/siria-padre-francescano-rapito-dai-jihadisti-nusra-1057812.html

lunedì 6 ottobre 2014

Appunti di viaggio, di Samaan Daoud



Grazie all' invito del mio caro amico Gianantonio Micalessin, ho potuto partecipare in Italia all’evento del Meeting di Rimini per presentare insieme a lui il suo documentario “Maalula l’ultima trincea”.
Mi ha colpito molto l’organizzazione del Meeting che era cosi elegante e così bella, è stata una nuova esperienza; mi ha molto impressionato la gente attenta che c’era durante la presentazione del documentario (quasi 3000 persone). E grazie al Meeting e a Cl (comunione e liberazione) e a Ora pro Siria ho avuto altri incontri.

Il 30 agosto ho iniziato il mio giro nelle varie zone d’Italia, nelle parrocchie, nei centri culturali e nei monasteri, dicendo a tutti gli italiani che incontravo che la Siria, la culla del cristianesimo e Damasco dove San Paolo ha riconosciuto Gesù Cristo, ora la Siria e soprattutto i cristiani della Siria rischiano la vita, vengono perseguitati ed uccisi come è successo ai tre giovani Martiri di Maalula. Noi in Siria siamo dei Martiri Viventi. 
Noi non stiamo cercando la morte ma il Diavolo sta operando e sta usando il fanatismo e l’estremismo religioso che trova una terra fertile nel pensiero Wahabita (Saudita) e nella politica dei Fratelli Musulmani (Qatar, Turchia, Tunisia). Questo progetto diabolico ha trovato insensibile la coscienza dei politici: vi hanno fatto capire che quello che sta succedendo in Siria è dovuto a un regime che sta ammazzando il popolo civile. Ma la verità è tutta un' altra. La verita’ è che in Siria ci sono ora molti gruppi jihadisti che arrivano da tutto il mondo e ci sono 3000 europei che combattono in Siria a fianco di ISIS. E che tanti ancora sono pronti ad operare pure in Europa nelle vostre case.
Ho parlato della sofferenza quotidiana della chiesa siriana (Maalula, Sadad, Aleppo, Raqqa, Maharde) e di come i cristiani stanno dando un grande esempio della fede in Cristo.

Mi ha colpito molto nei miei incontri il grande numero di persone che viene ad ascoltarmi, ad ascoltare un semplice siriano cristiano, ma che ama molto la sua terra ed è innamorato di Gesu’ Cristo e di Don Bosco. Mi rimarrà impresso in mente l’incontro di Bergamo in cui la sala dei frati cappuccini era piena e non poteva più contenere le persone ma la gente e’ stata lo stesso in piedi per più di due ore. Lo stesso e’ successo nella zona di Reggio Emilia: la gente e’ stata in piedi ed alcuni erano fuori ad ascoltare dalle finestre.
Quello che ho notato è che tanti italiani non sanno quasi niente di tutto quello che sta succedendo in Siria o in medio oriente, c'è una vera mancanza d’informazione, ed altri sanno poco ma non tanto chiaro.
Mi ha commosso molto il dialogo con le suore che ho incontrato in alcuni monasteri, perchè ho visto nei loro occhi una forte e costante preghiera sincera per noi.

Quando ero ancora in Italia mi ha sorpreso molto la decisione dell’America di colpire ISIS. Che ridicolo questo. L'America ed i suoi alleati occidentali ed Arabi decidono di colpire ISIS mentre questi stessi da 3 anni stanno armando i cosiddetti ribelli moderati. La domanda che ho fatto negli incontri era : chi sono quei moderati dei quali parla l’America e l’Occidente?
Non esiste moderazione nelle guerre. Anzi quelli che prima si chiamavano FSA (free Syrian army) sono diventati o Fronte aL-Nusra, o Fronte Islamico, o ISIS.
La prova è questa: chi ha realizzato l’attentato qualche giorno fa contro una scuola elementare a Homs causando la morte di 46 bambini? tenendo conto che ISIS non c'è nella zona di Homs... anzi ci sono solamente i cosiddetti moderati nella zona di AL-Wa’ar. 
Come il fatto che non vien mai menzionato, su di noi a Damasco piovono ogni giorno bombe che provengono da Jobar e dai quartieri in mano ai 'ribelli moderati', che colpiscono i civili anche nelle zone cristiane come Kassa e Bab Touma... Lo sapevate? : su Damasco  ci sono stati 1.887 attacchi con colpi di mortaio  solo durante i mesi di agosto e settembre, uccidendo 296 civili e ferendone  altri 1487!

Secondo me l’Occidente sta giocando col fuoco e questo fuoco prima e poi arriverà a casa vostra.
Italiani state ATTENTI.

A molte persone che mi chiedevano come aiutare i cristiani siriani suggerisco di sostenere i progetti di tanti che qui cercano di resistere, costruendo nella dignità e nello sforzo di salvare la propria umanità  opere di riconciliazione e piccole attività lavorative ed educative.

Spero di rivedervi tutti nel prossimo viaggio che, a Dio piacendo, farò in aprile in Italia 
( se volete potrete contattarmi tramite Ora pro Siria ).

Non dimenticateci: pregate per la Siria e i suoi cristiani!

  Samaan Daoud

sabato 4 ottobre 2014

L’odio, la morte e un’altra logica


la chiesa maronita di Hamidieh di Aleppo colpita da un missile degli islamisti


sepolti insieme i 50 bambini della scuola Akrama di Homs

il memoriale del genocidio armeno di Deir elZor distrutto da ISIS






giovedì 2 ottobre 2014

" .....perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli."
















1 ottobre 2014 : Scuola primaria Akrema , Homs: autobombe di 'ribelli moderati' , esplose al momento dell'uscita dalla scuola,  uccidono 52 persone , di cui 46  bambini .

martedì 30 settembre 2014

Il Patriarca caldeo: dietro la guerra, giochi politici sporchi

«Se non ci aiuta il Signore, per noi non c’è futuro». Si avverte anche sofferenza e apprensione nel Patriarca di Babilonia dei caldei Louis Raphael I. L'apprensione del pastore che vede il gregge in pericolo. La sofferenza del figlio della Chiesa caldea che vede correre verso la dissipazione una lunga storia cristiana, quella che ha irrigato per millenni le terre tra i due fiumi della Mesopotamia. E a angustiarlo non sono soltanto i sanguinari jihadisti dello  Stato Islamico. 



Vaticaninsider - 29/09/2014
Intervista di Gianni Valente

Davanti alle sofferenze del suo popolo, cosa si può fare fare? Qual è, adesso, il vostro compito?

La prima cosa è consolare chi soffre e ha paura, aiutare tutti, e soprattutto incoraggiare la gente a perseverare e restare saldi nella loro fede e nella loro terra. A non andar via. A rimanere. Quelli che vogliono, certo. Senza forzare nessuno. Ma è nostro dovere orientare le persone con lo sguardo che ci suggerisce il Vangelo. Quelli che vanno via devono sapere che l'Occidente non è la terra promessa, tantomeno il Paradiso.

Ma tanti vogliono solo scappare.

Il momento che stiamo vivendo è anche una prova. Ognuno di noi è chiamato a guardare nel suo cuore, e può scoprire anche che la consolazione del Signore è l'unica forza e l'unico tesoro. Quello che abbiamo di più caro. Ma molti sono vittime di questa frenesia di fuggire. Non riescono nemmeno a pensare a quello che sta succedendo davvero alle loro vite. Cercano un futuro. Ma la speranza di un futuro migliore, per chi ha il dono della fede, non può ridursi solo alla ricerca di una vita più agevole.

Eppure un vescovo, negli Stati Uniti, sta trattando anche con la Casa Bianca per organizzare il trasferimento negli Usa di decine di migliaia di caldei.

Quel vescovo pensa sicuramente “all'americana”, ma non sembra pensare e agire secondo il Vangelo. E poi è fuori dalla situazione concreta in cui viviamo. In America hanno messo i cesti con le richieste di asilo sopra l'altare, durante la messa. Come se la migrazione di migliaia di cristiani iracheni negli Usa fosse qualcosa su cui invocare la benedizione di Dio. Una scena strana, che non fa che confondere la fede di tanti. Purtroppo alcuni ecclesiastici diventano  businessmen invece di rimanere pastori delle anime. Ragionano in termini di business e non di pastorale evangelica, anche riguardo ai fedeli. Per qualcuno sono soltanto numeri, con cui far crescere sulla carta la quota dei battezzati su cui hanno giurisdizione. Li fanno trasferire da una situazione brutta a un'altra che alla lunga può risultare ancora più miserabile. Lasciati a se stessi, senza una adeguata cura pastorale.

Lei cosa si sente di dire a chi vuole andar via?

Lo ripeto: ogni cristiano, nella sua coscienza, deve pensare a quale futuro cerca. Provare a sentire l'amore di Dio in questa situazione. Interrogarsi su cosa gli sta chiedendo il Signore in questo momento. E magari accorgersi che noi abbiamo un futuro qui, in questa nostra terra martoriata e benedetta. E che tutto il Paese rappresenta la nostra missione.
 Il Presidente curdo Barzani, quando è venuto a trovarci con Hollande, ci ha detto: voi dovete avere pazienza, dovete rimanere. Dovete imparare da noi curdi, che abbiamo sofferto ma adesso abbiamo i nostri diritti. Prendere lezioni di perseveranza. A noi cristiani può far bene anche questo.

Intanto, gruppi cristiani con base negli Usa cercano - e dicono di trovare – proseliti nei campi profughi. Anche tra i non cristiani.

È un guaio. Una cosa immorale. Approfittano delle difficoltà e delle sofferenze di un popolo. Anche loro ragionano in termini di business, da manager della religione in cerca di clienti.

Contro i jihadisti dello Stato Islamico si sono costituiti anche gruppi armati che si presentano come “milizie cristiane”. Cosa ne pensa?

Ai politici, anche cristiani, che me l'hanno chiesto, ho detto sempre: se alcuni cristiani vogliono partecipare alla difesa o alla lotta per liberare le terre conquistate dai jihadisti, che entrino nell'esercito curdo o in quello nazionale iracheno. Fare delle “milizie cristiane”, che si connotano in maniera etnico-religiosa, è una follia e un suicidio, oltre a essere illegale.

Gli Usa hanno iniziato l'intervento armato con la “coalizione”. In Iraq, qualcosa del genere lo avete già visto.

Tutto questo mi sembra un gioco politico sporco. Bombardare questi jihadisti non li farà certo sparire. C'è il pericolo di uccidere tanti innocenti. Si distruggono le infrastrutture, che rimarranno distrutte. Gli americani già lo hanno fatto: hanno distrutto il Paese e non lo hanno ricostruito. La cosa più grave è che adesso tutti ripetono: la guerra durerà anni. Così mandano un doppio messaggio, pericolosissimo. Ai jihadisti dicono: tranquilli, avete tempo per organizzarvi con calma, trovare altri soldi, arruolare altri militanti a pagamento. Agli altri, al popolo dei rifugiati dicono: ne avrete per anni, per voi il futuro è possibile solo altrove, lontano dalle vostre case. E' meglio che ve ne andiate, se ci riuscite. Se si vuole davvero farla finita con i gruppi estremisti, si deve lavorare sull’educazione e sulla formazione, con programmi che davvero facciano percepire la falsità e la mostruosità di quell’ideologia sanguinaria.

Intanto, in Occidente, qualcuno ha provato a ritirar fuori lo stereotipo dello scontro di civiltà e degli islamici nemici della civiltà occidentale.

La realtà è che l'Occidente non ha altri moventi oltre ai propri interessi economici e di potere. Anche quest'ultima entità che si fa chiamare Stato Islamico è stata nutrita per anni con soldi e armi che venivano da Paesi cosiddetti “amici” dell'Occidente. Coi servizi segreti, quando vogliono, possono sapere tutto di ognuno di noi. Come mai non sanno da dove passano le armi, o a chi vendono oggi il petrolio? Gli Usa si sono mossi quando hanno decapitato i 2 poveri americani. E tutti quelli - siriani, iracheni, cristiani e musulmani – che avevano ammazzato e sgozzato fino a allora?

In tutto questo, c'è qualcosa che la fa sperare?

La scorsa settimana, a Baghdad, noi sacerdoti abbiamo fatto tutti insieme gli esercizi spirituali. I nostri preti fanno miracoli, malgrado tutta questa situazione: liturgie, catechismo, attività sociali e di carità, teatro, tante cose belle. A questo ci chiama oggi il Signore: consolare le persone, aiutarle a avere pazienza, a non perdere la speranza. Adesso è la cosa più importante.

http://vaticaninsider.lastampa.it/inchieste-ed-interviste/dettaglio-articolo/articolo/iraq-iraq-irak-sako-36598/

L’Arcivescovo armeno di Aleppo: per il popolo, gli autori dei raid non sono certo dei “liberatori”


Agenzia Fides - 24/9/2014

I raid aerei contro le basi jihadiste in Siria, realizzati dagli Usa con il sostegno di alcuni Paesi arabi, non suscitano attese positive tra la popolazione siriana di Aleppo, timorosa “che questo tipo di intervento esterno possa peggiorare la situazione”. Lo riferisce all'Agenzia Fides l'Arcivescovo armeno cattolico di Aleppo, Boutros Marayati. “Qui la gente non ha una visione chiara di quello che sta succedendo - fa notare l'Arcivescovo - ma certo non vede gli autori dei bombardamenti come dei 'liberatori'. Il sentimento prevalente è che i raid non risolveranno i problemi, e potrebbero addirittura aumentarli. Aumenta ancora l'incertezza che tutti vivono ogni giorno. Quella con cui, ogni giorno, i padri e le madri di famiglia si chiedono se sia ancora possibile rimanere o se l'unica salvezza sia ormai da cercare nella fuga”.
Intanto le scuole nei quartieri di Aleppo controllati dal governo hanno riaperto. I capi delle Chiese e delle comunità cristiane si incontrano una volta al mese – la prossima riunione sarà sabato prossimo – per fare il punto della situazione e trovare forme condivise per alleviare le sofferenze e le difficoltà del popolo: “noi rimaniamo qui - ripete l'Arcivescovo Marayati - e cerchiamo di sostenere tutti per fare in modo che rimangano qui, che non vadano via, finchè è possibile. C'è acqua solo due ore al giorno, sui nostri quartieri cadono ogni giorno i missili dei ribelli, manca il cibo. Tanti vanno via. Ma c'è anche chi è tornato dal Libano e dall'area costiera di Lattakia, quando sono ricominciate le scuole. Il nostro unico compito, in questa situazione, è cercare di far vivere i germogli di speranza che fioriscono tra le macerie”.

venerdì 26 settembre 2014

Il Vescovo di Aleppo: l'intervento armato contro l'ISIS porterà altro caos



Intervista a padre Georges Abou Khazen

di Davide Malacaria

Ormai il 60% della popolazione ha abbandonato Aleppo, la città siriana che sta diventando il simbolo di questa guerra che dura tempo e che molti si ostinano a chiamare civile, ma che di civile non ha nulla. Simbolo perché la presenza cristiana è più numerosa che altrove in Siria, anche se ora è ridotta a un piccolo gregge. E perché ormai da anni resta in un tragico stallo che vede metà città occupata dai tagliagole anti-Assad che rendono impossibile la vita nei quartieri non occupati. I cosiddetti ribelli vi imperversano con bombardamenti continui, giorno e notte, e nei mesi scorsi hanno tagliato per ben due volte le tubature che rifornivano di acqua l’intera popolazione civile. Il vescovo di Aleppo, padre Georges Abou Khazen, racconta di quei giorni, quando flussi continui di gente si affollavano presso le fontane edificate vicino a chiese e moschee per tentare di limitare i danni di quell’atto terroristico che ha prostrato la città. Una penuria di acqua che ancora continua, nonostante il ripristino della rete idrica, aumentando i disagi di una popolazione stremata dai bombardamenti continui.

È a Roma il vescovo, come altri nuovi vescovi di fresca nomina riuniti in Vaticano. E lo incontriamo alla Delegazione di Terra Santa, sua dimora provvisoria prima di tornare alla sua città che da poco, rivela, sta conoscendo un nuovo orrore: i cannoni dell’inferno, come gli jihadisti chiamano il loro ultimo ritrovato balistico. Si tratta di bombole di gas che i cosiddetti ribelli anti-Assad lanciano a grande distanza e fanno esplodere contro civili inermi, spesso modificati applicando sulla bomba artigianale pezzi si ferro e altro che, nell’esplosione, spandono all’intorno schegge, aumentandone la portata letale. Una sorta di bombe a frammentazione fatte in casa, vietate dalle convenzioni internazionali. Bombole di gas che probabilmente arrivano in Siria sotto forma di aiuti umanitari alla popolazione…

Inoltre, prosegue il presule, i miliziani hanno iniziato a usare i tunnel sotterranei che partono dalla cittadella, l’antica fortezza di Aleppo, per raggiungere le varie zone della città: in particolare per piazzare i loro ordigni esplosivi sotto gli edifici storici; ormai il suk, dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco, è un cumulo di macerie.

A monsignore chiediamo dell’Isis, che incombe a 20 chilometri da Aleppo. «Ora si parla tanto di Isis – risponde – e americani e altri vogliono intervenire per fermarlo. Ma temo che si stia ripetendo un tragico errore: ogni volta che gli americani sono intervenuti militarmente in una regione hanno solo alimentato il caos e le divisioni. A proposito di questo Isis c’è poi da ricordare che Hillary Clinton di recente ha detto che gli Usa si trovano a combattere ciò che hanno creato loro stessi. Già perché l’Isis fu creato per andare contro Assad… ».
Non che non serva intervenire, specifica monsignore, ma per fermare questo mostro serve ben altro che le bombe: «Anzitutto occorre fermare i finanziamenti e il flusso di armi verso questi miliziani: hanno armi sofisticatissime, chi gliele dà?». Gli diciamo che sui giornali italiani scrivono che questi armamenti sono stati saccheggiati dall’Isis all’esercito iracheno. Sorride ironico: vero in parte, spiega, e in parte no. «Poi bisogna smettere di comprare il petrolio dall’Isis», continua. Anche qui accenniamo a quanto riferiscono i giornali, secondo i quali sarebbe venduto ad Assad e agli iracheni. Sorride di nuovo: «Lo comprano le grandi compagnie petrolifere, a dieci dollari al barile invece che a cento…», afferma con sicurezza, come di cosa che in Siria sanno anche i sassi.

E invece continuano a rullare i tamburi di guerra. «Un intervento militare – prosegue il presule – aumenterà la destabilizzazione e renderà ancora più difficile la convivenza tra islamici e cristiani. E dire che questa è andata avanti per secoli, nonostante episodi critici. La Siria era esemplare in questo: c’era convivenza, pluralismo, rispetto. Una caratteristica che ancora dura, anche sotto le bombe cristiani e musulmani si sostengono a vicenda, si aiutano come possono. Questo anche perché per secoli il punto di riferimento degli islamici è stata l’Università di Al Azar, al Cairo, che propugnava un islam moderato. Oggi si sta diffondendo un islam più intransigente, quello wahabita dell’Arabia Saudita: i miliziani apportatori di morte e distruzione vengono da queste scuole, sono formati da muftì e imam di questo ramo islamico. Anche in Siria, quando arrivano, cacciano le autorità religiose locali e mettono le loro. E istituiscono i loro tribunali. Sono cose ignote all’islam della regione. E dire che l’Arabia Saudita sembra sia l’asse portante dell’alleanza che si sta formando contro l’Isis… ». Chiosa monsignore. Lo incalziamo, spiegando che in Occidente si pensa che siamo di fronte a una guerra tra islam e cristianesimo. Non è così, ripete: gli jihadisti ammazzano anche gli islamici che non la pensano come loro, buttano giù le loro moschee. Non è così, ripete.

Gli Stati Uniti, oltre a programmare l’intervento militare, hanno deciso di armare i ribelli moderati siriani. Chiediamo a monsignore cosa ne pensa di questa decisione. «Moderati? E quali sono? Ce lo dicano, noi in Siria non ne vediamo. Tutto il mondo ora parla dell’Isis, ma tutti i gruppi armati che stanno insanguinando la Siria fanno barbarie simili a quelle dell’Isis. Un tempo c’erano anche siriani tra i cosiddetti ribelli, ma oggi l’80% di questi sono stranieri. Non ci sono moderati in Siria. Tra l’altro lo stesso Obama ha detto solo un mese fa che parlare di ribelli moderati in Siria è solo “fantasia”… non ne verrà nulla di buono da questa decisione. Sono armi che vanno in mano a terroristi, ad Al Qaeda». Tra l’altro racconta dei tanti siriani che sono fuoriusciti dalle fila dei ribelli per tornare con Damasco. Un fenomeno carsico che ha interessato centinaia, se non migliaia di persone, del quale l’Occidente ignora l’esistenza.

Resta che Assad è dipinto come un tiranno sanguinario da tutti i media nostrani… «Non sarà la Regina d’Inghilterra, ma ci sono tanti regimi dispotici nel mondo arabo – risponde monsignore -. Parlano delle violazioni dei diritti dell’uomo da parte di Assad… guardino l’Arabia Saudita, dove alle donne è proibito praticamente tutto. Dove a chi non è wahabita è proibito anche pregare in pubblico… Avevano chiesto che il regime si aprisse: Assad ha aperto al pluralismo e nelle ultime elezioni c’erano diversi partiti. Nonostante la guerra sono state abolite le leggi d’emergenza. Ha dato vita a una nuova Costituzione. Alle elezioni il popolo lo ha votato in massa. Certo, non si tratta di una democrazia occidentale, ma ci sono regimi molto peggiori in Medio Oriente…», conclude. E aggiunge che dei cristiani non c’è più traccia nelle zone cadute in mano ai ribelli: le chiese sono state distrutte e non ci sono più sacerdoti né suore né fedeli. Una situazione particolarmente dolorosa per il vescovo.

Già, la Chiesa, come vive in questa tempesta? Monsignor Abou Khazen non fa discorsi teorici, parla di cose. E racconta dei 25.000 pasti che i gesuiti preparano ogni giorno per gli abitanti di Aleppo, cristiani e islamici. Un’opera sostenuta anche grazie alle donazioni di musulmani in quello che appare un ecumenismo della carità. Come tanta è la carità dispiegata nei quartieri cristiani verso i profughi musulmani che vi si affollano. Racconta dell’ospitalità delle famiglie cristiane, della loro sollecitudine verso questa gente che ha perso tutto. «Ci sono tanti ragazzi volontari che portano assistenza a queste persone, sia a livello umanitario, sia a livello psicologico, con particolare riguardo ai bambini». Ma cose analoghe capitano anche all’inverso, nei quartieri islamici dove trovano rifugio i cristiani.


Quindi racconta degli anziani e dei portatori di handicap ospitati in un locale del Vicariato: «Si trovavano in una struttura islamica che è stata bombardata dai miliziani, così li abbiamo ospitati noi. All’inizio c’erano anche dei bambini di un orfanotrofio, ma questi ultimi abbiamo dovuto spostarli in un’altra struttura, dal momento che era un po’ ingestibile. Questi locali appartenevano a uno studentato tenuto dalle suore. Pieni di crocifissi e immagini religiose. Immagini e crocifissi sono ancora tutti lì, insieme ai nostri ospiti che li hanno rispettati in maniera commovente». Il volto di monsignore si illumina mentre parla dei suoi “ospiti”, e rallegra il cuore.

Lo studentato è dedicato a “Gesù operaio”, specifica il presule. Quel titolo umile sta ancora lì, scolpito sulla pietra all’ingresso di questa struttura che ospita gli ultimi degli ultimi. Stride questa umiltà con il mostro feroce che ruggisce d’attorno.. Ma da queste parti è così da duemila anni. Dalla strage degli innocenti. Quella compiuta da Erode: non un truce islamista, ma uno scaltro funzionario dell’Impero.



Le ferite di Aleppo. Parla il vescovo Abou Khazen

«Mi viene da piangere confrontando quello che Aleppo e la Siria hanno rappresentato per secoli nella cultura, nell’arte e nella religione con lo scempio a cui siamo sottoposti in questi mesi. Ma sono convinto che siamo ancora in tempo per salvare questo tesoro dell’umanità»
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mercoledì 24 settembre 2014

E' tempo di una nuova alleanza per fermare chi vuole distruggere il nostro Paese ...



Lettera di Padre Daniel



Mar Yakub , 
venerdì 19 settembre 2014








14 settembre

Oggi è una giornata particolare per diverse ragioni: il 14 settembre del 2000 questa comunità è stata fondata , dopo la ricostruzione delle rovine dell’antico monastero del VI secolo, sotto la supervisione di Madre Agnes-Mariam e due sorelle. 
Oggi si festeggia anche – in Oriente e Occidente – la festa della Esaltazione della Croce. Nella liturgia Bizantina, questa festa è accompagnata con una adorazione della croce. Ci ricorda l’inaugurazione della Chiesa del Santo Sepolcro di Gerusalemme il 13 settembre 335: secondo un’antica tradizione, Sant' Elena avrebbe ritrovato un pezzo della Santa Croce e l’avrebbe portata a Roma. Il papa siriano “Sergio” (687-701) istituì un’adorazione adeguata per il popolo.
Oggi viene il nostro prete bizantino, che celebra le appropriate preghiere e canti dopo l’eucaristia e nel frattempo facciamo la processione con la croce e con le candele accese. Dopo, adoriamo la croce, come si fa il venerdì santo nella liturgia Latina. La cena è come una festa popolare con alcune famiglie nell'atrio vicino al giardino. Nel giardino abbiamo raccolto un po’ di legna per fare dei fuochi d’ artificio in onore della Santa Croce.
Oggi era anche il primo giorno di scuola per i bambini: sono ritornati con le loro uniformi color celeste come piccoli soldati orgogliosi.

Una cecità maliziosa

Nella stampa occidentale non manca l’informazione sui diversi gruppi di terroristi in Medio-Oriente, sulle loro atrocità , la loro diffusione e sul modo in cui i diversi Paesi vogliono combatterlo. Si suggerisce anche che i popoli del Medio-Oriente possono ancora imparare dalle democrazie occidentali e dalla loro libertà, soprattutto dalla loro separazione fondamentale di stato e fede. Essi speravano  che questa separazione sarebbe stata conquistata con la “primavera araba”.
Quello che manca nella stampa occidentale, è che tutta la confusione attuale nel Medio-Oriente è stato provocata dallo stesso Occidente solo per motivi di potere e avidità. Naturalmente, questa realtà è stata subito negata con l’argomento di una teoria di complotto, senza fondamenti. 
La distruzione di una delle più antiche civilizzazioni e di una cristianità di 2000 anni, con centinaia di migliaia di morti, nel 2003 non era fatta da musulmani fanatici, ma da cristiani occidentali,  americani e inglesi, con il pretesto di “libertà per l’Iraq” e con il pretesto di eliminare le armi di distruzione di massa.  Infatti, quello che succede oggi  è la conseguenza logica e la conclusione consapevole dell’azione in Iraq. L'Iraq è da dividere in 3 parti per dominarlo meglio. Se l’Occidente volesse vedere la realtà, allora i colpevoli sarebbero già stati giudicati dalla Corte Penale Internazionale per crimini contro l’umanità e non ci sarebbe stata l’odierna avanzata dell’IS (Stato Islamico).
Grazie ad identiche menzogne, la Libia è stata massacrata e distrutta, mentre Gheddafi aveva sollevato il suo paese poverissimo fino al 21° posto dei più ricchi stati del mondo e al più prospero stato dell’ Africa. Per attaccare la Siria, non hanno avuto bisogno dell’autorizzazione del Consiglio Europeo. Un incontro tra America, Inghilterra, Francia e Turchia in Italia bastava. No, i dominatori mondiali volevano anche l’ oro, le banche ed il petrolio di questo paese. Apparentemente, Gheddafi voleva  dividere la ricchezza del paese con la sua popolazione e non con l’America. Gheddafi voleva anche costruire una sorta di “Stati Uniti di Africa” e pensava di avere la Francia come amico. Sarkozy non potrà mai più negare di aver ricevuto un mucchio di soldi da Gheddafi per la sua campagna elettorale. Era veramente il compito della NATO di bombardare la Libia  e ributtare quel paese fino all’età della pietra in una miseria senza speranza,  solo per servire i dominatori anglosassoni? Tutto questo indica rispetto per il compito delle Nazione Unite e per le leggi internazionali? Tutto questo costituisce il sostegno europeo e occidentale ad un popolo in via di sviluppo?
Ugualmente, questi stessi dominatori mondiali hanno organizzato la guerra contro la Siria, con il pretesto che dovevano proteggere il popolo siriano contro un dittatore, mentre la Siria era una delle società più armoniose del Medio-Oriente. Nonostante il fatto che oggi tutti sappiano che sono i gruppi terroristi che assassinano e distruggono la popolazione siriana , l’Occidente continua comunque ad addestrare, armare e inviare questi gruppi verso la Siria. Nel frattempo, in tutta la Siria e nell’estero, ogni giorno e già da 3 anni, musulmani e cristiani riuniti come una grande famiglia siriana unica, continuano a protestare e manifestare contro questo ipocrisia occidentale.
Finché l’Occidente continua a diffondere questo inganno, popoli e paesi innocenti saranno  preda di questi dominatori mondiali con la loro sete di potere e avidità. 
E i nostri giornalisti scrivano – ciechi alla realtà – che la battaglia tra gruppi musulmani  si estende da Siria fino al Libano e all’ Iraq. E così, i veri colpevoli rimangano fuori tiro e si possano anche presentare come i salvatori...

Un' alleanza per l’autodifesa?

Secondo l'articolo 5, il compito fondamentale della NATO è l’autodifesa collettiva. Questo compito sembra molto eufemistico, come abbiamo visto con la distruzione della Libia  e oggi con la guerra in Siria. Primo, non è un alleanza di partner equivalenti, che promuovono mutualmente la propria sovranità e benessere. E difatti, il comando supremo è nelle mani di un generale americano, che è il capo delle forze armate.  L’alleanza della NATO non ha solo scopo di difesa. La NATO è stata fondata nel 1949 come difesa contro l’espansione Sovietica, mentre il patto di Varsavia è stato costruito solo nel 1955. Dopo la caduta del USSR, l’ Europa - contro gli accordi – ha inserito i Paesi del patto di Varsavia forzatamente e adesso vuole a tutti costi anche inserire l’Ucraina nell’alleanza militare della NATO. La verità è che la NATO è un vassallo di America e Inghilterra che mira a dividere l'Europa in 2 blocchi e danneggiare la Russia il più possibile. La NATO è  anche economicamente orientata. Ma non è più produttivo  dialogare in modo sincero invece di provocare continuamente pretesti per fare guerre altrove?
No, noi qui non facciamo politica e noi qui non facciamo parte di nessun partito politico. Tuttavia, è nostro compito di cercare la verità – anche se la verità è molto complessa. Dobbiamo smascherare l’inganno attuale ed estirpare il veleno malizioso della propaganda di guerra a servizio dei tiranni mondiali. Verità e giustizia sono valori per tutta la famiglia dell’umanità.

Il futuro ?

Ma ci sono anche forze controcorrente. Lunedì scorso, nella conferenza di pace e sicurezza, Sergei Lavrov ha denunciato il comportamento ambiguo dell’ Occidente e ha dichiarato apertamente che la Russia sosterrà militarmente l’Iraq e la Siria per combattere IS (Stato Islamico). Lavrov ha anche aggiunto che la Russia dispone di mezzi e anche dei motivi necessari per ragioni comuni. I Siriani – e anche altre potenze mondiali – sanno il valore di una parola data dalla Russia. Se le potenze mondiali vogliono, possono anche dividersi i compiti in modo diplomatico: USA si occupa dell’ Iraq e la Russia si occupa della Siria.

Nel frattempo, la popolazione Siriana continua insieme la sua Via Crucis, ma fermamente decisa a resistere contro le forze internazionali che vogliono ancora distruggere il suo paese. Il grande Mufti dr. Ahmad Badr-Eddin Hassoun ha fatto ancora una volta un appello in Tartous per creare un movimento ampio di solidarietà, affinché ogni siriano assista il suo concittadino, soprattutto le famiglie dei “martiri” e le famiglie senza padre, senza tetto o senza stipendio. E quello è il vero spirito per il quale il popolo siriano resisterà. L’esercito siriano continua di eliminare  gruppi di ribelli nel suo paese e continua a ricuperare il suo territorio, nonostante il fatto che gli attentati non smettono. Hanno scoperto una galleria in Adra (un borgo di operai e impiegati 20 chilometri a nord di Damasco. L'11 dicembre dello scorso anno 80 civili vi furono trucidati perché appartenenti alle minoranze religiose e dipendenti pubblici . NDR)  di 11 m di profondità e 500 m di lunghezza. Ogni giorno l’esercito confisca grande quantità di armi e esplosivi. Tanti gruppi di ribelli si arrendono.

Noi stessi continuiamo a lavorare, sperare e pregare affinché un giorno ritorni la pace in questo bel paese per questa coraggiosa e ospitale popolazione. Nel frattempo il piccolo atrio ci dà un' immagine dell’intenzione di Dio per la sua creazione e per la salvezza dell’uomo: vita e fertilità in abbondanza. Ogni giorno la nostra speranza è alimentata e colorata da pomodori, zucchine, melograni, meloni, uve,…. ma nello stesso tempo dobbiamo eliminare l’erbaccia mortale dello Stato Islamico. 
Le manifestazioni non bastano. Una politica adeguata deve arrestare il Califfo e i suoi aiutanti, e condannarli per le loro atrocità, tagliare i loro redditi e impedire il flusso di combattenti. Se le organizzazioni internazionali non lo faranno, allora i politici delle Nazioni devono prendere iniziative e fare pressioni. C’è molto lavoro da fare e  anche urgentemente.

con affetto,  padre Daniel

(Traduzione fiammingo/italiano- A. Wilking)



MAWTINI (Patria mia):
My homeland My homeland...
Glory and beauty, Sublimity and splendor
Are in your hills, Are in your hills
Life and deliverance, Pleasure and hope
Are in your air, Are in your Air
Will I see you? Will I see you?
Safe and comforted, Sound and honored
Will I see you in your eminence?
Reaching to the stars, Reaching to the stars
My homeland, My homeland ...

lunedì 22 settembre 2014

La vera ragione della guerra alla Siria : intervento del Vescovo Nazzaro

Il 16 settembre 2014, i capi delle Chiese del Medio Oriente, riunitisi a Ginevra, hanno fatto appello alle Nazioni Unite affinché vengano tutelate le minoranze in Iraq e in Siria, denunciando i «massacri e le atrocità, insieme ai crimini contro l'umanità» commessi dallo Stato islamico che «sta rovinando l’intero sistema dei diritti umani».
Qui il testo dell'intervento di Monsignor Giuseppe Nazzaro , Vicario Apostolico emerito di Aleppo , relativo alla situazione siriana




Sulla guerra in Siria è stato detto e scritto molto, anzi moltissimo. Mai nessuno, a mio avviso, ha detto o scritto circa il perché di questa guerra fratricida. Sono stati gettati fiumi di inchiostro dicendo che si doveva 'eliminare un dittatore', il che, sempre a mio avviso, è tutto da provare, perché, guardandomi attorno onestamente, faccio molta fatica a trovare nello scacchiere medio orientale un paese dove non esista dittatura. Chiamateli con tutti i nomi che volete e, alla fine, siete costretti ad ammettere che, in quello scacchiere, tutti a modo loro sono dei dittatori.
La ragione di questa guerra è da ricercarsi nell’interpretazione della legge predominante in quei paesi. Il Signor Bashar El Assad aveva instaurato nel suo paese un governo a carattere laico, che è in netto contrasto con il sistema di quelle regioni.
Una guerra la si fa almeno per due motivi: difensiva od offensiva. In Siria non è stato così perché il paese viveva in pace, il progresso economico era in continuo aumento, il rispetto dei valori umani esisteva. Certo, vi saranno anche state cose che forse sfuggono ad un comune schema sociale-politico, ma in quale paese di questo mondo tutto fila liscio come l’olio? Ogni paese ha i propri scheletri nascosti. È inutile proclamarsi fautori di 'libertà' e di tante belle cose che si attribuiscono a questo termine e che, nella maggior parte dei casi, stridono col profondo senso della libertà stessa.
La guerra in Siria è stata iniziata, sostenuta e finanziata, non in nome di una libertà che, proprio con la guerra, è stata tolta al paese ed ai suoi cittadini; non in nome di un benessere che già esisteva e si espandeva continuamente. Guardiamo per esempio: quante sono state le fabbriche saccheggiate dei loro macchinari dalla regione di Aleppo e trasportate in Turchia, e non dai padroni siriani perché magari volevano evadere le tasse locali, come avviene altrove. (Le stime parlano di circa 2.000 fabbriche saccheggiate e svuotate dei propri macchinari). Il turismo era in continuo aumento, sia quello religioso che veniva per scoprire, conoscere e venerare le vestigia del primo cristianesimo, sia il semplice turismo a carattere culturale o, se vogliamo, di curiosità, per conoscere altri popoli, usi e costume locali ecc…. La guerra in Siria ha avuto ed ha un solo scopo: il commercio di armi per l’Occidente e  l' ideologia religiosa per i fautori locali. E così siamo finiti nelle mani di un terrorismo di carattere internazionale, ma sempre pagato e sostenuto da chi ha soffiato sul fuoco della cosiddetta 'dittatura' (gli stessi terroristi hanno fatto il nome dei paesi medio orientali che li finanziavano), dei cosiddetti 'diritti umani' e tutti hanno seguito questo coro. 
Nessuno s’è posto il problema: ma questi che puntano il dito contro la Siria con la scusa che è governata da una dittatura, che non rispetta i diritti umani, chi sono?: come governano i loro paesi, presso di loro i diritti umani sono rispettati? Un attimo di riflessione signore e signori, è d’obbligo! Questi che puntano il dito contro la Siria ed il suo governo: cosa intendono per diritti umani? Veramente loro intendono i diritti umani di cui ci parla la “Carta delle Nazioni Unite?” Oppure, loro parlano di “diritti umani” che corrispondono soltanto al loro credo religioso?
La conseguenza di tutto ciò è che siamo caduti in mano a varie categorie di terroristi che si potrebbero semplicemente definire mercenari seminatori di morte. Perché la presenza di giovani occidentali in mezzo alle bande armate dell’ISIS non si può spiegare soltanto per le loro convinzioni religiose. Ormai è risaputo che nell’ISIS vi sono anche individui annoiati della vita in Occidente e che sotto l’effetto della droga vanno per il mondo a sperimentare altri stimoli alla loro bestialità. L’ISIS tagliando la testa ai malcapitati che non la pensano come loro, fornisce a questi sbandati un senso di ebbrezza.
L’Occidente s’è svegliato soltanto ora dal proprio letargo perché quei banditi hanno eseguito in diretta due decapitazioni di due occidentali. E le migliaia di morti degli ultimi due anni, appartenenti a qualsiasi credo religioso, compresi sunniti? perché "non erano abbastanza feroci da uccidere un loro fratello, non sono dei duri, quindi non meritano di vivere e noi li eliminiamo" ?
L’Occidente ha mai saputo che da due anni ISIS recluta ragazzini ed impartisce loro lezioni pratiche come si deve tagliare la testa ad un infedele? L’Occidente ha mai saputo che le mamme profughe in Giordania hanno venduto e vendono le proprie bambine agli sceicchi del golfo? Sono cose che accadono alla luce del giorno da qualche anno. Noi dinanzi a queste terribili situazioni rispondiamo con noncuranza: non ci interessa. E perché? perché non sono toccati i nostri interessi. I due decapitati che il mondo intero ha visto tramite la TV erano dei nostri; perciò, dobbiamo intervenire! Altrimenti che fine faremo? .. . E, tutti gli altri decapitati? Iniziando dai 120 poliziotti siriani che furono decapitati a Gisser Choughour il 2 giugno 2012? Chi sono? Cosa sono? Sono esseri umani come noi o noi li consideriamo semplicemente come animali che non hanno valore e non ci interessano? Non erano pure quelli uomini come noi? Perché abbiamo permesso tutto questo? Quale è stato il motivo? Il motivo è stato ed è sempre lo stesso: vendere armi, sfruttare i più deboli, portando via ciò che possiedono. Per fortuna non si riesce a portare via la loro dignità di uomini, di esseri umani, di creature figli di Dio.
L’assedio alla città di Aleppo, ha privato milioni di persone di acqua potabile per mesi, e questa situazione continua ancora oggi; lo sa l’Occidente che la maggior parte degli aleppini si disseta con acque inquinate o dai pozzi che esistono nelle moschee e nelle chiese. L’aver interrotto l’erogazione dell’elettricità, del gas da cucina, ha costretto gli aleppini a spogliare i loro bei giardini pubblici. Aleppo aveva degli splendidi giardini, oggi sono quasi tutti spogli di alberi, la gente li taglia per cuocere il cibo, per riscaldarsi d’inverno, il gasolio da riscaldamento non esiste più e se si trova costa enormemente e non tutti possono acquistarne.
Aleppo, una volta città opulenta per le sue fabbriche e per il suo commercio, oggi è prostrata, ridotta ad un cumulo di macerie. La gente è affamata. Gli unici che dispongono di qualche soldo sono coloro che ancora lavorano impiegati dal Governo, tutto il settore privato è morto.
Tutto ciò perché l’asino dal minareto tiene tutti sotto tiro. Chi si muove è passibile di morte.

Chi ha portato l’asino sul minareto conosce il modo per farlo scendere”.
È un proverbio della sapienza popolare orientale. Esso ci insegna che: l’uomo è capace di fare tante cose: le buone e le meno buone, e qualche volta, le seconde si trasformano in pessime.
Chi ha creato ISIS? Un personaggio che fino ad un paio d’anni addietro era l’incontrastato dominatore in Medio Oriente oggi ha il coraggio di scrivere che: purtroppo la creatura che abbiamo messo al mondo ci è sfuggita di mano e la dobbiamo combattere...   E chi aspettano a far scendere l’asino dal minareto? Questa persona col suo governo assieme agli sceicchi l’hanno fatto salire, che lo facciano scendere immediatamente, se vogliono realmente fare del bene all’umanità.
"Sì, l’asino deve scendere dal minareto, ma non saremo noi a farlo. Noi creeremo un' altra creatura che farà scendere l’asino".   Poveri illusi! Non si vuole comprendere che non siamo all’altezza di nulla. Siamo capaci soltanto di creare altri guai. Si vuol far credere al mondo che armando la cosiddetta opposizione moderata siriana, questa farà scendere l’asino dal minareto? Niente di più stupido. Anche un ragazzino comprende che ISIS fa tutto questo non solo per crearsi il proprio califfato, ma anche per spodestare il presidente Assad, e questo è l’obiettivo della cosiddetta opposizione al Regime (che la chiamiate opposizione moderata o fondamentalista, tutti vogliono la stessa cosa), e in conseguenza di tutto ciò avremo che le file di Isis si ingrosseranno anche degli ultimi arrivati, preparati ed armati da 40 Stati della cosiddetta Coalizione. 
(Eppure la storia del Medio Oriente degli ultimi 20 anni ci dovrebbe illuminare, perché già vi è stato qualche altro che ha creato un asino simile per combattere una sigla nella zona, ed ora questo asino combatte chi l’ha creato). Siamo troppo intelligenti per impegolarci in una guerriglia in Medio Oriente. Perciò, in barba a tutti gli appelli di persone di buona volontà e raziocinio, continuiamo ad armarli pur di star bene noi e sfruttare, poi, i poveri malcapitati che furbescamente abbiamo armati...

 + Giuseppe Nazzaro 




I leader religiosi del Medio Oriente alle Nazioni Unite

Traduzione del testo integrale dell’Appello presentato alle Nazioni Unite a Ginevra
Noi, Patriarchi e Vescovi delle Chiese del Medio Oriente, compreso l’Iraq e la Siria, invitati dalla Missione permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a Ginevra, siamo venuti a testimoniare la drammatica situazione di questi paesi, che colpisce le nostre comunità e l’intera popolazione.
Per quasi 2.000 anni, le comunità cristiane hanno vissuto nella zona con continuità. Ma ora, soprattutto in Iraq e in Siria, siamo il bersaglio dei criminali dello Stato islamico che ci perseguita “in nome di Dio” per il nostro credo religioso: una flagrante violazione del diritto fondamentale alla libertà religiosa. L’ideologia sulla quale lo Stato islamico giustifica la sua aggressività è fondamentalmente contraria ai diritti umani, perché conduce al genocidio, alla morte di persone innocenti, e ad altri abusi gravi.
Così, lo Stato islamico è una minaccia non solo per i cristiani e per gli altri gruppi etnici e religiosi, ma per l’intera società, in Medio Oriente, e verso tutta la comunità internazionale. Se non viene fermamente condannato ed efficacemente spazzato via, questa ideologia porterà alla rovina dell’intero sistema dei diritti umani, creando un pericoloso precedente di indifferenza per la protezione delle persone vulnerabili.
I massacri e le atrocità commesse dallo Stato Islamico in Iraq e Siria, che attualmente restano impuniti, costituiscono anche crimini contro l’umanità.
Di conseguenza, sulla base del diritto umanitario internazionale, la comunità internazionale ha il dovere di intervenire e la responsabilità di proteggere le comunità  e gli individui colpiti, come indicato nelle definizioni stabilite dall’Assemblea Generale nel corso degli ultimi anni. La responsabilità di proteggere si applica quando lo Stato – come è il caso dell’Iraq – non è in grado di proteggere i propri cittadini.
I cristiani in Iraq non dovrebbero essere privati ​​dei loro diritti in quanto comunità religiosa, come definito nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. I cristiani devono essere riconosciuti e trattati come cittadini uguali. Loro hanno il diritto di rimanere in sicurezza nel loro paese d’origine ed essere protetti dal loro governo secondo un sistema giuridico conforme ai Diritti dell’Uomo.
Chiediamo fortemente che sia fornito alle nostre comunità un sostegno umanitario, finanziario e sociale e sia garantita la loro sicurezza. È urgente, soprattutto con l’arrivo dell’inverno, che si garantisca un riparo per gli sfollati, insieme a delle adeguate condizioni di vita, ad appropriate cure mediche, e alla scolarizzazione per i bambini.
Se tali disposizioni sono necessarie e molto urgenti, il giusto ritorno di queste persone nelle loro case e nelle loro proprietà dovrebbe essere agevolato dalla comunità internazionale e garantito dall’azione delle Nazioni Unite, fino a quando le autorità nazionali potranno esercitare la loro responsabilità su tutto il territorio del paese.
La priorità è ora la necessità di sconfiggere lo Stato islamico e di ripristinare la possibilità di coesistenza pacifica, in cui la dignità e i diritti e i doveri di ogni cittadino siano applicati e rispettati.

Ginevra, 16 settembre 2014

S.B. Louis Raphael I Sako, Patriarca della Chiesa cattolica caldea
S.B. Ignace III Yousif Yunan, Patriarca della Chiesa siro-cattolica d’Antiochia
S.E. mons. Nicodemo Daoud Sharaf, Arcivescovo di Mosul (Chiesa siro-ortodossa d’Antiochia e di tutto l’Oriente)
S.E. Ignazio Alhoshi, Metropolita di Francia e dell’Europa meridionale e occidentale (Arcidiocesi di Francia ortodossa d’Antiochia, Chiesa greco-ortodossa)
Mons. Cyrille Salim Bustros, Arcivescovo di Beirut (Chiesa melkita greco-cattolica)
S.E. Anba Louka E-Baramoussi, Arcivescovo della Svizzera occidentale e della Francia meridionale (Chiesa copto-ortodossa)
S.E. Giuseppe Nazzaro, Custode di Terra Santa emerito, vicario apostolico emerito di Aleppo (Chiesa cattolica romana)
Mons. Ghossan Aljanian, Luogotenente della diocesi della Svizzera (Chiesa armena ortodossa)

Traduzione italiana del Patriarcato latino di Gerusalemme

Fonte: Radio Vaticana