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venerdì 25 luglio 2014

Davanti a così tante atrocità non si può restare passivi


BAGHDAD, 25 luglio

 Dal 28 luglio all’1 agosto una delegazione in rappresentanza della Chiesa cattolica in Francia composta dal cardinale Philippe Barbarin, arcivescovo di Lione, da monsignor Michel Dubost vescovo di Evry-Corbeil-Essonnes e da monsignor Pascal Gollnisch si recherà in Iraq ospiti del patriarca di Babilonia dei Caldei, monsignor Louis Raphaël Sako I, per constatare di persona la drammatica situazione delle minoranze cristiane ed esprimere loro solidarietà e vicinanza. I cristiani di Mosul — si legge in un comunicato della Conferenza episcopale francese a firma del portavoce, monsignor Bernard Podvin — sono «nella loro terra, nella culla del cristianesimo. 

Sono i nostri fratelli maggiori nella fede. Come si può sottometterli al terrore e al ricatto al solo scopo di farli fuggire? “Eccoli spogliati di tutto”, ha detto indignato il Papa. 

I cattolici in Francia non possono rimanere passivi. La comunità internazionale deve preservare con urgenza la pace e la sicurezza di queste popolazioni che le autorità locali non sono in grado di proteggere. Non dimentichiamoci i cristiani dell’Iraq! 
Come ha detto l’arcivescovo di Marsiglia, monsignor Georges Pontier, “loro sono lì da sempre, nei luoghi molto importanti della storia biblica e della cristianità. La loro emigrazione è drammatica. Abbiamo nei loro confronti un dovere di preghiera e solidarietà”».
 La delegazione, che si recherà in Iraq, ha come obiettivo quello di spiegare all’opinione pubblica che la lotta contro l’indifferenza deve essere permanente. Per questo pregherà a fianco delle comunità minacciate. I presuli saranno accompagnati da alcuni giornalisti per far sì che l’opinione pubblica prenda coscienza di quello che sta avvenendo. 
«Preghiamo — prosegue il comunicato — affinché questa delegazione porti un po’ di conforto e luce ai nostri fratelli in Oriente». In Francia, nei prossimi giorni, incoraggiati dai vescovi locali, si svolgeranno in tutte le diocesi incontri di preghiera e giornate di digiuno. Saranno inoltre promosse raccolte di fondi da destinare alle popolazioni irachene. 
Intanto, monsignor Basile Georges Casmoussa, arcivescovo emerito di Mossul dei Siri, nel definire il comportamento dello Stato islamico (Is) una «una persecuzione diretta ed esplicita» ha invocato l’aiuto della comunità internazionale, dell’Onu, degli Stati arabo-musulmani, del Congresso islamico mondiale, «affinché agiscano per evitare una vera minaccia per la civiltà umana e perché assumano le loro responsabilità riguardo alle minoranze religiose ed etniche in Iraq, con riferimento in modo particolare ai cristiani che sono minacciati di sterminio o destinati ad andarsene». 
Secondo il presule questa operazione brutale e violenta dei jihadisti islamici è fonte di inquietudini crescenti, ma stenta a essere condannata e sanzionata dalla comunità internazionale o dai movimenti musulmani moderati.
© Osservatore Romano - 26 luglio 2014

http://www.orientecristiano.it/notizie/medio-oriente/davanti-a-cosi-tante-atrocita-non-si-puo-restare-passivi.html



Patriarca di Baghdad: Il cuore "sanguina" per gli innocenti in lraq, Siria e Gaza. Ed è "triste" per la timidezza del mondo civilizzato

Mar Louis Sako invia un messaggio al card. Barbarin, in occasione della marcia di solidarietà con i cristiani dell'Iraq, che si tiene oggi a Lione. "Non ci dimenticate!".


A Sua Eminenza il card. Philippe Barbarin Arcivescovo di Lione  
Eminenza, caro Padre, 
pensando oggi alla situazione in Iraq, Siria e Gaza-Palestina, il mio cuore sanguina per gli innocenti che muoiono o che sono scacciati dalle loro case; e sono triste per la timidezza del mondo civilizzato verso di noi. 
Caro Padre, il vostro coraggio, la preghiera e la prossimità di coloro che sono attorno a voi in questa marcia di solidarietà, mantiene in noi la fiducia e la forza di sperare. 
Il cristianesimo d'Oriente non deve scomparire. La sua sparizione è un peccato mortale e una grande perdita per la Chiesa e l'umanità intera. Esso deve sopravvivere o meglio vivere in libertà e dignità. 
In questa tormenta, vogliate accettare voi e coloro che sono con voi l'espressione di tutta la mia gratitudine. 
Non ci dimenticate!  
Louis Raphael Sako Patriarca di Babilonia dei Caldei 
Baghdad, 24 luglio 2014

http://www.asianews.it/notizie-it/Patriarca-di-Baghdad:-Il-cuore-sanguina-per-gli-innocenti-in-lraq,-Siria-e-Gaza.-Ed-%C3%A8-triste-per-la-timidezza-del-mondo-civilizzato-31732.html

La voce della ragione sommersa dal fragore delle armi



Traduzione italiana dell’intervento pronunciato il 23 luglio dall’arcivescovo Silvano M. Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite e Istituzioni specializzate a Ginevra, durante la 21ª sessione speciale del Consiglio per i Diritti umani dedicata alla situazione dei diritti umani nel territori occupati palestinesi, compresa Gerusalemme est.

Signor Presidente,
mentre continua a crescere il numero di persone uccise, ferite, sradicate dalle proprie case nel conflitto tra Israele e alcuni gruppi palestinesi, particolarmente nella Striscia di Gaza, la voce della ragione sembra venire sommersa dal fragore delle armi.
La violenza non porterà a nulla, né ora né in futuro. Le ingiustizie perpetrate e la violazione dei diritti umani, in special modo il diritto alla vita e a vivere in pace e sicurezza, gettano nuovi semi di odio e risentimento. Si sta consolidando una cultura della violenza, i cui frutti sono la distruzione e la morte. A lungo andare, non potranno esserci vincitori nell’attuale tragedia, soltanto ulteriori sofferenze. La maggior parte delle vittime è costituita da civili che, per la legge umanitaria internazionale, dovrebbero essere protetti. 
Le Nazioni Unite stimano che circa il settanta per cento dei palestinesi uccisi è costituito da civili innocenti. Ciò è intollerabile quanto i missili lanciati indiscriminatamente contro bersagli civili in Israele. Le coscienze sono paralizzate da un clima di prolungata violenza che cerca di imporre una soluzione attraverso l’annientamento dell’altro. 
Demonizzare gli altri, però, non elimina i loro diritti. Al contrario, la via verso il futuro risiede nel riconoscere la nostra umanità comune. 
Durante il suo pellegrinaggio in Terra Santa, Papa Francesco ha chiesto che si ponga fine alla presente, inaccettabile, situazione del conflitto israelo-palestinese (Discorso di Papa Francesco a Betlemme, 25 maggio 2014). «Per il bene di tutti», ha affermato, «si raddoppino dunque gli sforzi e le iniziative volte a creare le condizioni di una pace stabile, basata sulla giustizia, sul riconoscimento dei diritti di ciascuno e sulla reciproca sicurezza. È giunto il momento per tutti di avere il coraggio della generosità e della creatività al servizio del bene, il coraggio della pace, che poggia sul riconoscimento da parte di tutti del diritto di due Stati a esistere e a godere di pace e sicurezza entro confini internazionalmente riconosciuti» (Ibid).
 La legittima aspirazione alla sicurezza, da una parte, e a condizioni di vita decenti, dall’altra, con libero accesso a mezzi di sussistenza quali medicinali, acqua e lavoro, per esempio, riflette un diritto umano fondamentale, senza il quale è molto difficile conservare la pace.
 Il peggioramento della situazione a Gaza ci ricorda di continuo quanto sia necessario arrivare a un cessate il fuoco immediato e dare inizio a negoziati per una pace duratura. «La pace porterà con sé innumerevoli benefici per i popoli di questa regione e per il mondo intero», ha aggiunto Papa Francesco. «Occorre dunque incamminarsi risolutamente verso di essa, anche rinunciando ognuno a qualche cosa».
 Spetta alla comunità internazionale intraprendere con zelo la ricerca della pace e aiutare le parti di questo orribile conflitto a raggiungere un accordo al fine di porre fine alla violenza e di guardare al futuro con reciproca fiducia. 

Signor Presidente, la Delegazione della Santa Sede reitera il suo punto di vista che la violenza non paga mai. La violenza porterà soltanto altre sofferenze, devastazione e morte, e impedirà che la pace divenga realtà. La strategia di violenza può essere contagiosa e diventare incontrollabile. 
Per combattere la violenza e le sue conseguenze dannose dobbiamo evitare di abituarci alle uccisioni. In un momento in cui la brutalità è pratica comune e le violazioni dei diritti umani sono onnipresenti, non dobbiamo diventare indifferenti ma reagire in modo concreto per ridurre il conflitto che riguarda tutti noi. I media dovrebbero riportare in maniera giusta e priva di pregiudizi la tragedia di tutti coloro che soffrono a causa del conflitto, al fine di facilitare lo sviluppo di un dialogo imparziale che riconosca i diritti di tutti, rispetti le giuste preoccupazioni della comunità internazionale e tragga beneficio dalla solidarietà della comunità internazionale nel sostenere uno sforzo serio per ottenere la pace. 
Con un occhio al futuro, il circolo vizioso di ritorsioni e rappresaglie deve cessare. Con la violenza, uomini e donne continueranno a vivere da avversari o da nemici, ma con la pace potranno vivere da fratelli e sorelle (Papa Francesco, Giardini Vaticani, 8 giugno 2014).

© Osservatore Romano - 25 luglio 2014

mercoledì 23 luglio 2014

Califfato della brutalità


Da Mosul ad Aleppo, tutte infibulate in nome di Allah

di Sandro Magister, 
L'Espresso, 23 luglio

Sulla prima pagina de “L’Osservatore Romano” che sarà in edicola domani 24 luglio spicca la seguente notizia.
*
Il leader dello Stato islamico ordina l’infibulazione per le donne nel territorio controllato dai miliziani
CALIFFATO DELLE BRUTALITÀ

Baghdad, 23. Infibulazione per tutte le donne che risiedono nel territorio dell’auto-proclamato califfato dello Stato islamico (Is): è questo l’ultimo, farneticante ordine impartito dal sedicente leader dell’Is, Abu Bakr Al Baghdadi. In un comunicato lo Stato islamico, che controlla ampie zone dell’Iraq e della Siria, afferma che Al Baghdadi ha chiesto l’infibulazione per tutte le donne del califfato – bambine comprese – adducendo alla brutale disposizione inesistenti motivazioni religiose.
Il comunicato, che risale ad alcuni giorni fa, è l’ennesimo che riguarda le donne, dopo quello che impone alle famiglie di dare le ragazze vergini in sposa ai jihadisti e quello che sancisce la segregazione dei sessi nelle università. Ma mentre negli altri comunicati si faceva riferimento a Mosul – città irachena controllata dall’Is e nella quale è in atto una vera e propria persecuzione ai danni della comunità cristiana – in quello sulle mutilazioni genitali si fa un esplicito riferimento ad Aleppo, nel nord della Siria.
Secondo fonti indipendenti, circa trenta bambine sarebbero già state sottoposte alla pratica dell’infibulazione negli ultimi giorni, mentre due donne sarebbero state lapidate senza che venissero rese note le accuse mosse loro.

Nel mondo più di 130 milioni di bambine e donne, secondo i dati Unicef, sono state sottoposte a mutilazioni genitali. E secondo fonti delle Nazioni Unite, nei prossimi dieci anni altre trenta milioni di bambine rischiano di subire lo stesso trattamento.

http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2014/07/23/da-mosul-ad-aleppo-tutte-infibulate-in-nome-di-allah/

Jihadisti: le donne devono essere infibulate. Ma l’Ue si preoccupa di sanzionare la Siria


Spondasud, 23 luglio 2014

L’ultima raccapricciante imposizione dello Stato Islamico, che si estende da Aleppo a Mosul in Iraq, colpisce direttamente le donne. D’ora in poi dovranno tutte subire l’infibulazione. Lo prevede un “decreto” promulgato dall’autoproclamato “Califfo” Abu Bakr al Baghdadi. La notizia è stata rilanciata da tutte le agenzie internazionali, molte delle quali hanno avvertito che l’autenticità della fonte non può essere verificata. In effetti la pratica dell’infibulazione non è islamica e i dubbi sulla veridicità di questa notizia sono tanti.
Il decreto è datato 21 luglio e ha le insegne dello Stato islamico ad Aleppo, nella regione di Azaz, a nord della metropoli siriana settentrionale. Il testo, che presenta numerosi errori tipografici, si basa su presunti detti attribuiti al Profeta Maometto, ma le fonti usate non sono quelle solitamente citate per sostenere la validità della tradizione profetica.

Tutto questo accade, o sarebbe meglio dire accadrebbe, mentre un’Europa sempre più distratta da ciò che avviene realmente in quella parte del mondo impone nuove sanzioni alla Siria. Le misure colpiscono 3 nuovi soggetti e 9 società “per il loro coinvolgimento – è scritto nel documento – nella repressione violenta contro la popolazione civile o per il sostegno al regime”. I loro fondi nelle banche europee saranno congelati, mentre l’entrata nell’Unione Europea sarà vietata alle persone sanzionate. La decisione adottata porta il numero totale dei siriani afflitti dalle misure restrittive della UE a 192, mentre il numero delle società siriane sanzionate raggiunge le 62.

Una decisione inspiegabile e che rappresenta un enorme regalo ai nemici del governo di Damasco, a partire dai jihadisti dello Stato Islamico e dei qaedisti di al Nusra, artefici del terrore e di un numero impressionante di crimini commessi in Siria a danno di civili, donne e bambini su tutti.
Di fronte al rafforzarsi del terrorismo islamico, l’Occidente non mette in campo alcuna misura. Si colpiscono, invece, gli unici soggetti, il governo siriano e il presidente Bashar al Assad, capaci di fermare l’avanzata di gruppi armati che hanno cellule dormienti, come denunciato da numerosi servizi di intelligence occidentali, persino in Europa.

E mentre l’Europa e i suoi governi si preoccupano di affossare Assad, in Siria “per proteggere lo Stato islamico in Iraq e nel Levante e nel timore che il peccato e il vizio si propaghino tra gli uomini e le donne nella nostra società islamica, il nostro signore e principe dei fedeli Abu Bakr al Baghdadi ha deciso che in tutte le regioni dello Stato islamico le donne debbano essere cucite”.

Ma le atrocità contro le donne non si fermano qui: una ventina di giorni dopo la proclamazione del califfato, i terroristi dello Stato islamico hanno lapidato due donne nella provincia di Raqqa. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, entrambe erano accusate di adulterio. 
In Europa, anche in questo caso, non c’è stata nessuna reazione.

http://spondasud.it/2014/07/jihadisti-donne-devono-essere-infibulate-lue-si-preoccupa-sanzionare-siria-3480

Siria-Iraq: welcome to the Islamic State

monastère des martyrs Behnam et Sarah

Almeno 554 chiese distrutte e oltre 1 milione di cristiani costretti a fuggire dalla sola Siria, decine di migliaia di sfollati e decine di chiese attaccate nella città di Mosul e in altre città situate nella provincia irachena di Ninive. Sono questi i primi dati sulle conseguenze della dittatura islamica instaurata dallo Stato islamico in Iraq e Siria comandato da Abu Bakr al Baghdadi. Numeri che mostrano, in parte, la distruzione culturale che sta avvenendo nella culla del cristianesimo.
Dopo al Raqqa e i villaggi del Qalamoun, la furia devastatrice degli estremisti si abbattuta su Mosul, dove ha trovato un terreno fertile e la complicità di altre milizie sunnite che pur di rovesciare il governo sciita di Nouri al Maliki hanno chiuso gli occhi di fronte alle azioni disumane compiute dagli uomini dell’Isis. L’ultima in ordine di tempo è l’assalto al monastero di Mar Behnam, costruito dal re assiro Sannacherib II, come segno di penitenza e conversione per l’uccisione dei figli Behnam e Sarah, puniti dal padre pagano per la loro conversione al cristianesimo. Dalla sua costruzione il luogo è sempre stato abitato da monaci, oggi appartenenti alla chiesa siro cattolica.

Come avvenuto a Maaloula con i monasteri di Mar Tecla e Sergio e Bacco, anche a i monaci iracheni hanno subito la devastazione dei terroristi islamici, che dopo aver cacciato tutti i cristiani da Mosul hanno intimato anche ai religiosi di andarsene o convertirsi all’islam. Secondo fonti locali ai religiosi è stato impedito di portare con sé non solo oggetti di valore, come ori o denaro, ma anche le sacre reliquie dei due santi martiri conservate nel monastero. I monaci, molte dei quali anziani, hanno camminato per decine di chilometri prima di essere soccorsi dai miliziani della regione autonoma del Kurdistan.
L’ideologia dell’Isis “non è nata in una notte”, ma è frutto dei cambiamenti ideologici e tattici all’interno della jihad islamica e della frammentazione e radicalizzazione di al Qaeda. L’organizzazione viene costituita il 15 ottobre del 2006 dopo un incontro fra vari gruppi armati iracheni. Come leader viene scelto Abu Omar, il primo a staccarsi da al-Qaeda allora guidata da Abu Musab al-Zarqawi. Il nome del gruppo che a quel tempo a poche migliaia di seguaci viene cambia da Stato islamico, a Stato islamico dell’Iraq dopo che un raid aereo uccide al-Zarqawi nella provincia di Diyala, nell’Iraq centrale. Pochi anni prima dell’esplosione della guerra civile siriana i miliziani dello Stato islamico appoggiano le fazioni locali di al–Qaeda contro Bashar al Assad, creando lo Stato islamico in Iraq e levante (Isil). Abu Omar, diventa Abu Omar al Baghdadi. Il 19 aprile del 2010 il leader dell’Isil viene ucciso e il comando passa ad Abu Bakr al-Baghdadi. Secondo gli analisti, l’Isis è strutturata come il movimento dei talebani, perseguendo un’ideologia basata sul jiadh contro gli infedeli e l’applicazione rigorosa della sharia, che impedisce l’esistenza di altre comunità religiosa al di fuori di quella islamica. Gli edifici religiosi di altre fedi vengono distrutti e di quelli già in rovina si impedisce la ricostruzione.
La comparsa dell’Isis ha riacceso antichi fantasmi fra i cristiani iracheni e siriani, spettri che risalgono al primo periodo musulmano, quando nel VII secolo l’Islam si diffuse dalla Penisola arabica verso il Mediterraneo, conquistando con la spada le regioni dell’Impero romano d’Oriente.

Sui siti internet cristiani e molte pagine Facebook, la popolazione vede l’instaurazione del califfato di al Baghdadi e l’imposizione della sharia come un ritorno al clima di terrore di 1400 anni fa.  Infatti nel 640 d.C., l’Iraq e poi la Siria vennero conquistate dagli eserciti arabi musulmani guidati da Khalid ibn al-Walid, che in breve tempo sbaragliò l’esercito dell’Impero romano d’oriente, impose la religione islamica e l’arabo come lingua, concedendo a chi non voleva convertirsi di pagare la tassa per gli infedeli la jizya.
Da quel giorno la Siria diviene Bilad al-Sham.
L’odierna situazione è di fatto quasi identica.

http://erebmedioriente.tumblr.com/post/92653583641/siria-iraq-welcome-to-the-islamic-state


In Iraq e Siria lo Stato islamico trasforma i bambini in soldati e si finanzia vendendo il petrolio rubato a prezzi stracciati




martedì 22 luglio 2014

NASCE IL COORDINAMENTO NAZIONALE PER LA PACE IN SIRIA





Il Coordinamento Nazionale per la pace in Siria, nasce come gruppo di lavoro e di cooperazione umanitaria, laica e indipendente. Vuole aiutare e sostenere il popolo siriano a risorgere dalla guerra. Il Coordinamento è formato da un gruppo di persone unite dal senso di responsabilità e dalla passione per questo paese. Si impegna ad aiutare chi desidera aiutare la Siria e i siriani. La nostra missione consiste nel contribuire in modo concreto e fattivo a creare un ponte diretto tra l’Italia e la Siria, assieme alle altre nazioni e organizzazioni amiche, avendo i civili al centro del nostro interesse. Siamo disponibili ad intervenire nelle emergenze e nella fase di ricostruzione e sviluppo nelle aree urbane e rurali devastate da quattro anni di guerra e terrorismo. 
La Siria culla delle civiltà orientali e occidentali, è un paese di antica tradizione culturale e religiosa. Da secoli vi convivono pacificamente insieme popoli, lingue e fedi, diventando per i paesi vicini un esempio da imitare. Da alcuni anni nel paese è in atto un piano di distruzione presentato sotto forma di lotta armata, la quale viene spacciata dai media e dalla propaganda antisirana come ribellione contro il potere costituito. Molto presto la guerriglia "contro Damasco" si è trasformata in uno scontro a base etnico-religiosa, per mano dei mercenari e jihadisti di vari gruppi armati provenienti da campi di addestramento, sostenuti e finanziati da forze regionali e internazionali, con l'obiettivo di creare caos e disordine. Una vera e propria invasione integralista che ha messo in serio pericolo tutto il Medio Oriente, in modo particolare le diverse comunità religiose, compiendo stragi di innocenti e provocando pesanti perdite di vite umane. Una delle finalità principali del Coordinamento sarà sostenere i civili siriani appartenenti alle varie comunità religiose, facendoci voce delle loro necessità e bisogni. Tutti si riconoscono cittadini siriani anche se appartengono a religioni diverse, perchè innanzitutto sono siriani.
Cercheremo tramite l'informazione e i contatti di presentare all'opinione pubblica il vero volto confessionale della Siria, che fino ad oggi è stato garantito dalla laicità dello Stato. Una laicità che non ha nulla in comune con quella propagandata in occidente. Una Siria laica è l'unica garanzia nei confronti dei cittadini, intendendo per laicità una forma politica in cui sono ritenuti tutti uguali davanti alla legge al di là delle loro personali appartenenze politiche e religiose. 
Il Coordinamento Nazionale per la pace in Siria è e resterà accanto ai siriani, rispettando le diverse appartenenze politiche e religiose, nella lotta per difendere il loro Stato libero, sovrano, laico e indipendente, senza interferire nelle scelte politiche volute dal popolo tramite le elezioni. 
Progetti per la Siria: non saranno precostituiti a pacchetto dall’Italia. Pertanto cercheremo di appoggiare le tante attività di soccorso e ricostruzione già presenti, dando spazio alle iniziative locali attraverso il contatto diretto con il territorio. Sarà compito del Coordinamento verificare l’attendibilità dei progetti, con trasparenza e correttezza, verso chi aiuta e chi riceve aiuto. 
I progetti di ricostruzione hanno come obiettivi:
a) Il sostegno ai bambini, giovani e famiglie, e la promozione di attività lavorative con l’istituzione di micro-imprese. Uno degli intenti prioritari è sostenere chi lavora positivamente nell'educazione, perché la vera rinascita della Siria sarà possibile solamente se si saranno ricostruiti ponti di riconciliazione tra i cuori e rispetto reciproco, al contrario di chi sta lacerando le giovani generazioni crescendole nell'odio e addestrandole alla barbarie.
b) Il recupero del patrimonio storico-archeologico, e le infrastrutture delle città distrutte, sostenendo il processo di ricostruzione già avviato in alcune zone.
c) La guerra produce distruzione e morte, perciò vogliamo sostenere l’invio di volontari medici e personale sanitario, con i quali tenteremo di essere presenti nelle zone più disagiate per soccorrere i deboli e gli indifesi.
 
Il Coordinamento Nazionale per la pace in Siria, servirà a chiarire i tanti equivoci sulla crisi siriana. Purtroppo gli interessi dei potenti, appoggiati dai mezzi di comunicazione, sono tantissimi. Ognuno cerca di presentare i propri, camuffati da opere di solidarietà e di bene, facendo cadere nel tranello l’opinione pubblica.
Pertanto saranno segnalate le varie iniziative per vagliarne la veridicità. Sarà cura del Coordinamento incoraggiare una informazione alternativa corretta e verificata attraverso fonti attendibili.
 
Il Coordinamento proporrà importanti iniziative per far luce sulla Siria e far conoscere il dramma che vive ogni giorno la gente, spossata da quattro anni di guerra e dalle sanzioni internazionali che ne hanno devastato economia, infrastrutture, lavoro e ridotta alla penuria di ogni mezzo di sussistenza: 
la giornata di preghiera per la pace in Siria in continuità con quella convocata da Papa Francesco alla vigilia dell’attacco USA, flash mob davanti alle ambasciate con annesse manifestazioni pacifiche organizzate, diffusione di newsletter, incontri pubblici, articoli, sostegno all’attività dei siriani in Italia, in Europa e nel mondo, sensibilizzazione dei giornalisti, tavole rotonde, testimonianze, creazione di piccoli circoli locali per la Siria e tanto altro. 

Se ti riconosci nel programma esposto, contattaci all’indirizzo e.mail:
syriapax@hotmail.com
 
Saremo felici di collaborare insieme per il bene della Siria!

VISITA IL PORTALE DEL COORDINAMENTO  : http://www.siriapax.org/

domenica 20 luglio 2014

Iraq: cristiani fuggiti da Mosul, bruciato l'episcopato siro cattolico

(AGI) -  19 lug. - Sempre piu' drammatica la situazione per i cristiani in Iraq. Il palazzo episcopale dei siro-cattolici di Mosul e' stato bruciato dagli jihadisti sunniti dello Stato Islamico (is) appena scaduto l'ultimatum lanciato dai miliziani dello Stato ai cittadini cristiani. Lo ha denunciato il patriarca della Chiesa siro-cattolica Ignace Joseph III Younan. Il patriarca ha incontrato stamani in Vaticano l'arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati. Le notizie che riporta sono disastrose: "Il nostro arcivescovado a Mosul e' stato bruciato totalmente".

RADIO VATICANA INTERVISTA il PATRIARCA YOUNAN 

.... 
D. – Come si possono fermare questi integralisti islamici?
R. – Devono sospendere tutti gli aiuti finanziari. Da chi ricevono le armi? Da questi Paesi integralisti del Golfo, con il placet di politici occidentali, perché hanno bisogno del loro petrolio. Purtroppo è così. E’ proprio una vergogna!
D. – Quale appello lanciate?
R. – Chiediamo alla comunità internazionale di essere fedele ai principi dei diritti umani, della libertà religiosa, della libertà della coscienza. Noi siamo in Iraq, in Siria e in Libano: noi cristiani non siamo stati importati, siamo qui da millenni e, quindi, noi abbiamo il diritto di essere trattati come esseri umani e cittadini di questi Paesi. Ci perseguitano nel nome della loro religione e non fanno solamente minacce ma eseguono le loro minacce: bruciano e uccidono...
LEGGI QUI:  http://www.news.va/it/news/mosul-bruciato-episcopio-siro-cattolico-cristiani


“La comunità internazionale” sottolinea il sacerdote siro cattolico Nizar Semaan, collaboratore dell'Arcivescovo Moshe “fa registrare una inquietante passività davanti a quello che sta succedendo in quell'area. Occorre uscire dalle dichiarazioni vaghe, e porre in atto misure concrete sul piano umanitario e politico. Ad esempio, è venuto il tempo di inserire questi gruppi nella lista delle organizzazioni terroristiche condannate dagli organismi internazionali, e soprattutto occorre rendere pubblici i nomi dei Paesi e delle forze che li finanziano. I servizi segreti e i governi dei vari Paesi certo sanno certo da dove arrivano le armi e il denaro che tengono in piedi questi gruppi. Basterebbe interrompere il flusso per un mese, e questi gruppi non avrebbero più nessuna forza”. Inoltre, a giudizio di p. Semaan occorre coinvolgere leader e seguaci dell'Islam sunnita nello sforzo di isolare i gruppi jihadisti: “un pronunciamento di condanna nei confronti di questi gruppi da parte delle autorità islamiche, diffuso attraverso la rete delle moschee, avrebbe di certo un effetto rilevante”, fa notare il sacerdote siro cattolico.

http://www.fides.org/it/news/55647-ASIA_IRAQ_Il_Monastero_siro_di_Mar_Behnam_in_mano_ai_miliziani_del_Califfato_Islamico#.U80gTkaKA5s

A Mosul non ci sono più cristiani




«Per la prima volta nella storia dell’Iraq, a Mosul non vi sono più cristiani. Le famiglie cristiane si sono dirette a Erbil e Dahuk in Kurdistan». Queste le disperate parole pronunciate nella serata di sabato 19 luglio da monsignor Louis Sakko, patriarca dei caldei iracheni. Non sono solo scomparsi i cristiani, ma rischiano di scomparire anche le loro chiese. L’ISIS ha già dato fuoco alla Chiesa dell’arcivescovado. Sabato mattina è scaduto l’ultimatum per i circa 200 cristiani ancora residenti a Mosul. Il 18 luglio nelle principali moschee della città, durante la preghiera comunitaria del venerdì, sono stati distribuiti volantini in cui si comunicavano le condizioni poste ai cristiani qualora avessero deciso di non abbandonare la città. Le condizioni sono quelle espresse in un comunicato ufficiale dell’ISIS alle autorità cristiane in cui si intima quanto segue:
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leggi qui: http://www.lanuovabq.it/it/articoli-a-mosulnon-ci-sonopiu-cristiani-9783.htm

A noi cristiani resta solo il grido di Cristo sulla croce

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leggi qui: http://www.ilsussidiario.net/News/Esteri/2014/7/20/IRAQ-Warduni-vescovo-a-noi-cristiani-resta-solo-il-grido-di-Cristo-sulla-croce/2/515350/

Oggi scade l'ultimatum dello Stato Islamico ai cristiani di Mossul :  
Conversione, jizyia o la spada.

Nonostante l'invito straziante patriarchi orientali, il mondo rimane in silenzio. Dopo Maaloula Kessab e la Siria, l'altra faccia della "primavera araba" viene alla luce.

leggi suhttp://www.bvoltaire.fr/frederic-pichon/syrie-ce-chretiens,94851

leggi su: Convertirsi all’islam, pagare il tributo o andarsene. La sorte dei cristiani di Mosul marchiati con la lettera “N” http://www.tempi.it/convertirsi-islam-pagare-il-tributo-o-andarsene-la-sorte-dei-cristiani-di-mosul-marchiati-con-la-lettera-n#.U8wuC0aKA5t

venerdì 18 luglio 2014

Un giorno anche i sassi grideranno la verità, oggi lavoriamo alla risurrezione della Siria

Giubileo d'oro per Padre Daniel: AUGURI , DIO LA BENEDICA!

da Mar Yakub,  
venerdì 11 luglio 2014


di Padre Daniel 





Quando nel 2011 la crisi è iniziata in Siria, la stampa e i politici hanno subito presentato un' immagine chiara - anche troppo chiara – della situazione. Hanno presentato la crisi Siriana in un trittico: la Siria era un ascesso di dittatura, terrore e corruzione, che finalmente era scoppiato. In seguito, la situazione è diventata drammatica perché le aspirazioni pacifiche della popolazione sono state schiacciate con violenza, e quello causò l’inizio della guerra civile. L’Occidente con la sua 'grande' tradizione di democrazia e libertà si sentiva obbligato a sostenere ed aiutare la popolazione Siriana, nel caso anche in modo militare.
Questa rappresentazione non era nei fatti reale, ma era piuttosto una dissimulazione volta a  propagare la guerra. Ogni volta abbiamo ripetutamente dimostrato che : “ la rivolta civile spontanea”, “una guerra civile”, “ribelli moderati come i partigiani” non sono mai esistiti in Siria. Il beneamato e stimato Padre Frans van der Lugt s.j. di Homs, che è stato assassinato, era un uomo moderato e modesto che si impegnava per i bisognosi ed i poveri e che non era per niente interessato alla politica. In una delle sue poche interviste egli ha dichiarato la stessa cosa che abbiamo vissuto anche noi, cioè che fin dall’inizio c’erano ribelli armati che sparavano sulla polizia.
La Siria era un stato laico che prima della guerra non dava tanta attenzione alle libertà individuali e politiche. Nonostante una classe dominante di ricchi, c’era tuttavia un' uguaglianza tra gli abitanti in Siria. Uomini, donne, indipendentemente dalla loro fede, erano in grado di rivestire ogni carica. Il popolo era abbastanza benestante e viveva in grande armonia e c’era una buona sicurezza pubblica. Dimenticare una preziosa video-camera nell’aeroporto non era un problema in Siria: quando uno se ne ricordava, trovava la cosa dimenticata nello stesso posto dove l’aveva lasciata. Una donna giovane che chiedeva indicazioni circa la strada nel mezzo della notte non era per niente un problema. In Damasco, le porte delle case erano aperte giorno e notte, come era anche l’abitudine nel nostro monastero. Queste cose sono possibili a Bruxelles o in altre capitali di Europa?
La stampa e i politici, invece, non hanno raccontato che la Siria, insieme con 4 altri paesi, sono stati nominati subito dopo l’attacco di 9/11 alle Twin Towers in New York, tra i 4 paesi da sovvertire (nonostante il fatto che i presunti terroristi erano provenienti dall' Arabia Saudita, il grande alleato del Sionismo Americano). Il vero “crimine” della Siria era il fatto che la Siria non era sotto il dominio dell'occidente, ma era invece un paese indipendente e sovrano. Inoltre, la Siria possedeva grandi risorse di energia e aveva una posizione strategica molto importante. Chi controlla la Siria, controlla tutto il Medio-Oriente e possiede e distribuisce a volontà le fonti di energia in oriente ed occidente. La Siria è vicina all’Iran e alla Russia e anche alla Cina. Non vi sembrano motivi validi per le quali i dominatori mondiali vogliono conquistare la Siria a tutti i costi ? Capisci perché questi motivi reali sono tenuti nascosti al pubblico?
Nel frattempo la Siria è stato massacrata e distrutta “con successo”, ma  non è stata sconfitta. Nonostante il fatto che i dominatori mondiali fossero al corrente di tanti difetti della Siria, essi non conoscevano il potere mentale e l’unità del popolo Siriano. Il successo della nuova costituzione con il suo sistema multi-partitico e delle sue prime elezioni presidenziali democratiche e libere sono diventati un grandissimo stimolo. E' un' esplosione di patriottismo, con il quale il popolo insieme con esercito, governo e presidente sono ancora più motivati ad affrontare insieme il terrorismo internazionale. 
E questo è il vero miracolo della Siria. Un piccolo paese con tanti difetti, mancanze e debolezze ha, per la prima volta ai nostri tempi, potuto resistere in modo concorde ai potenti dominatori occidentali con i loro alleati e ad un afflusso illimitato di gruppi di terroristi specializzati e armati. La Siria resisterà, come abbiamo potuto presumere fin dall’inizio.


COMUNICATO UFFICIALE DEL CALIFFO:
per i cristiani di Mosul tre alternative:
o conversione, o dhimmitudine, o la spada 
Per fortuna nel frattempo si sono aperti gli occhi a tanti. Ma purtroppo non a tutti, neanche nelle Fiandre. Qualche presunto specialista del Medio-Oriente, continua con la  vecchia propaganda di guerra di 3 anni fa, senza nessuna ricognizione della realtà e questo anche a nome di organizzazioni della chiesa. Incomprensibile e soprattutto inaccettabile. 
Basta con il sostegno esterno a gruppi combattenti stranieri, perché  sono già stati uccisi troppi civili innocenti sotto il manto ipocrita dell'  “aiuto” o “sostegno”. 
Vergogna per questa dissimulazione e vergogna a tutti questi sostenitori della dissimulazione! Invece riconoscete la vera grazia del popolo siriano che fino adesso ha difeso la sua sovranità in grande concordia e che ha scelto/determinato il proprio futuro. Smettete di imporre in modo brutale la vostra presunta democrazia.

Smascherare gli assassini e le loro menzogne: è questo il modo di mostrare solidarietà con le vittime innocenti in questa guerra schifosa. Yes, You Can!

Riconciliazione e aiuto umanitario


Ogni settimana è la stessa cosa, ogni volta in un altro modo. Secondo la dichiarazione del 30 giugno di un' associazione dei diritti umani a New York  ci sono sempre più ragazzi (molti minori di 15 anni) che sono impiegati dai gruppi ribelli dell’ISIS, dell’Esercito Libero e da tutti gli altri gruppi di ribelli. Comunque, per voi fa una differenza se la vostra famiglia è stata assassinata dagli uomini dello Stato Islamico o dai cosiddetti “ribelli moderati” o dagli “attivisti pacifici”? 

Nel frattempo uccidono soprattutto cristiani e alawiti insieme con soldati dell'esercito regolare. E sono esattamente in gran parte i cristiani che hanno costruito la società in Siria e Iraq. L’ arcivescovo Caldeo di Kirkuk teme adesso per la fine della cristianità in Iraq “come nella Turchia, Arabia Saudita, Nord Africa e anche Libano”.

A livello umanitario noi continuiamo ad impegnarci per due movimenti che sono stati fondati da madre Agnes-Mariam e per i quali ha rischiato la sua vita. Un movimento si chiama Mussalaha o 'riconciliazione nazionale'. Dopo la guerra e anche già adesso, il più importante compito sarà di mirare ad una ricostruzione accettabile per tutti. Durante la seconda guerra mondiale, c’era nel mio paese natale nelle Fiandre una piccola fabbrica di un uomo giusto e generoso. Dopo la guerra qualcuno ha pensato ingiustamente di condannarlo per presunta collaborazione con i Tedeschi e hanno svuotato la sua casa e distrutto tutti i suoi mobili. In seguito questo uomo giusto e sociale ha detto di essere stato più afflitto dalla vendetta ingiusta del suo popolo che dalla distruzione della sua fabbrica da parte dei Tedeschi. Infatti, è quello che dobbiamo evitare a tutti costi e perciò dobbiamo già abbracciare la Mussalaha oggi in Siria. Questo non è solo un compito dei cristiani ma di tutta la gente di buona volontà.


Inoltre, la madre Agnes-Miriam ha fondato, avendo come base questo monastero, soprattutto per la regione di Qalamoun e Damasco un Humanitarian Assistance Team, che abbiamo già descritto come il gruppo dei “12 apostoli”. 
Essi viaggiano ogni giorno in tutta la regione per aiutare i più bisognosi, non importa che fede professano. Sulla strada ci sono tanti edifici rovinati dove i cecchini si nascondono e tirano a casaccio sulle macchine che passano. Fino adesso questo uomini ardenti sono stati protetti grazie alla forza delle loro preghiere.
Qui segue qualche loro testimonianza:
In Damasco tutti i ricchi sono già partiti da tanto tempo. La classe media e i poveri sono rimasti, ma sono diventati veramente molto poveri. I nostri volontari hanno raccontato che in Damasco i terroristi sparano fino a 70 “bombe cecene” al giorno. Nessuno sa se egli stesso sarà colpito o no. Adesso fortunatamente questi cecchini hanno diminuito i loro tiri e l’esercito ha sempre più controllo. A causa di questi attacchi, tanti abitanti di Damasco sono fuggiti verso il Belgio, la Germania , la Svizzera o altri paesi. Questi Siriani fuggiti in altri paesi vorrebbero già ritornare nel loro paese. L’uccidere, il distruggere e il saccheggiare in Siria ha naturalmente causato un’ atmosfera di insicurezza per la popolazione, che prima non esisteva per niente. Adesso uomini che prima convivevano in grande pace cominciano a non fidarsi più degli altri. Per di più la vita in Damasco è diventata molto cara. Tanti famiglie hanno perso i loro beneamati che sono stati massacrati o rapiti. Ci sono tanti malati e handicappati. Durante l’assedio dei terroristi, tanta gente ha mangiato erba selvatica per sopravvivere. 

A causa della guerra, i cristiani sono amareggiati, altri sono diventati ancora più ardenti nella fede. Maloula, il villaggio cristiano unico con la sua ricca tradizione Aramaica e dove si parla la lingua di Gesù, è completamente distrutta e incenerita. Gli abitanti sono fuggiti a Damasco dove questo poveracci trovano un po’ di aiuto basilare. Anche le suore sono partite. Il monastero di San Sergio, un soldato romano  martire che fu costruito nel IV secolo sui resti di un antico tempio di Apollo, è stato distrutto come anche il monastero di Santa Tecla, discepola di San Paolo. La distruzione di Maloula è un pugnale che trafigge il cuore di tutta la cristianità. 

La situazione è completamente differente nel villaggio di Seydnaya, dove i giovani dall' inizio si sono organizzati per la difesa del loro villaggio e dove tutti sono stati coinvolti per aiutare i paesani bisognosi. In Seydnaya si trova anche la più grande statua del mondo di Gesù Cristo. 
Nel frattempo si stanno organizzando ufficialmente per poter ricostruire Maloula.

Non c’è solo la povertà materiale, ma anche la vita morale paralizzata. I valori morali solidi come il rispetto per la vita umana, per la fedeltà coniugale e per la famiglia hanno perso tanto. Prima quando io viaggiavo dall'aeroporto di Bruxelles a Damasco si vedeva subito la differenza: in Zaventem (Bruxelles) la gente formava un caos di formiche solitarie, qualche volta erano due e molto raramente si vedeva una famiglia. Nell' aeroporto di Damasco invece si vedevano soprattutto grandi famiglie che venivano a  ricevere un membro della famiglia: un giovanotto portava la vecchia mamma o papà in carrozzella, giovani donne portavano i loro piccoli in braccio, c’era un gruppo di uomini e anche handicappati… tutta una grande famiglia. Brigate di assassini hanno colpito tante famiglie felici al loro cuore. Nel mondo arabo hanno chiamato tante ragazze per fare il loro “dovere religioso” di compiacere i ribelli in Siria come premio e incoraggiamento per loro atrocità. Quanti orfani anonimi saranno rimasti in Siria?

Dovremo prepararci, non solo per la ricostruzione materiale del paese, ma ancora di più per la riparazione e risurrezione morale. Come dice il nostro gruppo di volontari: Probabilmente sorgerà una altra guerra dopo questa guerra!

Di cuore,
P. Daniel

(Traduzione  dal fiammingo di A. Wilking)

mercoledì 16 luglio 2014

Assad al terzo mandato



da PAPABOYS 3.0

 Il presidente della Repubblica Araba Siriana, Bashar al-Assad, ha prestato giuramento per un nuovo mandato. Nel corso della cerimonia di insediamento che si è tenuta nel palazzo presidenziale a Damasco, Assad ha detto che gli stati occidentali e arabi che hanno sostenuto il “terrorismo” pagheranno un “prezzo alto” e che combatterà i ribelli fino a quando la sicurezza non sarà assicurata in tutto il paese. Il riferimento implicito è ai Paesi del Golfo, alla Turchia e ad alcuni Paesi occidentali, come Stati Uniti, Francia e Regno Unito, accusati di sostenere il terrorismo ovvero la rivolta che va avanti dal 2011. Assad -riferisce una nota di Spondasud-  ha promesso di combattere il terrorismo fino a quando non sarà riportata la pace in Siria. “Sono passati tre anni e quattro mesi da quando qualcuno ha gridato ‘libertà”, ha aggiunto il presidente ricordando l’inizio, nel marzo 2011, della rivolta sfociata poi nella guerra. “Volevano una rivoluzione, ma siete stati voi i veri rivoluzionari”, ha aggiunto rivolto alla platea, “e mi congratulo per la vostra rivoluzione e la vostra vittoria”. “Coloro che si erano persi possono ora vedere chiaramente: sono state svelate le loro facce mostruose, le maschere della ‘libertà e della ‘rivoluzione’ sono cadute”.

Il leader siriano ha affermato che il suo Paese deve fronteggiare “un’aggressione straniera” perpetrata attraverso “strumenti locali” e ha rilanciato la sua offerta di una “riconciliazione nazionale” con quanti deporranno le armi. La cerimonia si è svolta in una sala in cui campeggiava una fotografia di Hafez, padre di Bashar, e alla presenza di parlamentari e altri ospiti selezionati. Assad ha giurato di “rispettare la Costituzione e le leggi e difendere gli interessi del popolo siriano”
Il capo dello Stato ha tracciato le principali linee del suo nuovo mandato settennale, il suo terzo consecutivo, sullo sfondo di un conflitto che ha causato in Siria, secondo alcune stime, almeno 250 mila morti. Assad, 48 anni, è stato riconfermato nelle elezioni del 3 giugno scorso che le opposizioni e i governi occidentali hanno considerato una farsa. Gli Stati Uniti avevano descritto le elezioni prive di significato. La Russia, che ha sempre fornito alla Siria supporto diplomatico e militare, ha giudicato le elezioni in Siria “eque, libere e trasparenti”. Malgrado il boicottaggio di Stati Uniti ed Europa, Assad ha vinto la competizione con l’88,7 per cento dei voti. Un plebiscito.

Vaste aree della Siria, in particolare l’est e il nord est del paese, sono cadute nelle mani dei gruppi islamisti, tra i quali il potente gruppo jihadista dello Stato islamico che ha anche conquistato importanti aree di territorio in Iraq. Lo Stato islamico nelle ultime settimane ha ampliato la sua sfera di controllo, sconfiggendo altre fazioni islamiste con nuovi armamenti arrivati dall’Iraq. Assad, dal suo canto, ha rafforzato il controllo su un corridoio strategico del territorio che si estende a nord di Damasco, riconquistando le principali città del paese, tra cui Homs. 
Sostenute dai miliziani Hezbollah libanesi, le sue forze sono ora concentrate per combattere le sacche di resistenza ad Aleppo, dove sono presenti sia i ribelli dell’Esercito Libero Siriano che le forze radicali e qaediste dello Stato islamico e del Fronte al Nusra.

http://www.papaboys.org/assad-al-terzo-mandato-pagheranno-un-prezzo-alto-gli-amici-dei-fondamentalisti/

ASSAD NON E' BEPPE GRILLO

IL Sussidiario, venerdì 6 giugno 2014
di ROBI RONZA
Lo spoglio dei risultati delle elezioni presidenziali, svoltesi in Siria nelle aree sotto il controllo del governo, si è concluso con l'annuncio che l'88,7 per cento degli elettori recatisi alle urne si è espresso a favore del rinnovo del mandato al presidente uscente Bashar al-Assad.  Agli altri due candidati, Hassan al-Nouri e Maher Hajjar è andato rispettivamente il 4,3 e il 3,2 dei suffragi. Pur non essendo di certo un risultato da democrazia davvero funzionante, l'esito di queste elezioni rientra nella norma della democrazia finora possibile nei paesi arabi.
Ci sarebbe perciò da domandarsi come mai il Segretario di Stato americano John Kerry, che si è affrettato a definire "senza senso" tali risultati, non avesse invece trovato nulla da ridire quando in Egitto l'aspirante presidente … predestinato alla vittoria dall'esercito (con l'appoggio degli Usa) aveva ottenuto percentuali analoghe; ma la risposta è ovvia.Non si fatica ad immaginare che se, con il giustificato motivo della guerra civile in corso, Bashar al-Assad avesse deciso di rinviare le elezioni, lo si sarebbe perciò accusato di calpestare la democrazia. Siccome invece le ha fatte, ci si precipita a dire che non valgono niente. Qualunque cosa insomma avesse fatto in proposito non aveva scampo. 
In realtà, malgrado che ciò a Washington dispiaccia, tutti gli osservatori che seguono sul posto la crisi siriana senza pregiudizi sono concordi nel dire che Bashar al-Assad gode del sostegno della maggioranza dei siriani. E sarebbe strano il contrario, considerando che in Siria si tratta di scegliere tra lui e Al-Qaeda, non tra Matteo Renzi e Beppe Grillo. 
Cercando una via d'uscita da questa situazione, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna stanno puntando a rafforzare il Fronte Islamico di Hassan Abbud, il più presentabile dei gruppi schierati in armi contro al-Assad, accreditandolo come un'alternativa possibile all'impresentabile Isis, ovvero Al-Qaeda. Proprio nei giorni delle elezioni la Bbc ha diffuso un'ampia intervista ad Hassan Abbud, che nella circostanza fa sfoggio di moderazione (si fa per dire). Si dice contrario all'impiego di terroristi suicidi, afferma che nell'islam c'è spazio per le diversità di opinione, promette in caso di vittoria salvezza agli alawiti (la minoranza religiosa cui appartengono sia al-Assad che buona parte dei membri del suo governo), dice che in una Siria governata dal Fronte Islamico le donne potranno guidare l'auto, andare all'università, portare il velo solo se lo vogliono (fermo restando che se non lo portano peccano); e "i cristiani nonavranno niente da temere".Precisa però che il modello di governo del Fronte Islamico è la Sharia, ma che il Fronte non la vuole imporre bensì solo indicare a tutti come ideale. Un bel cocktail insomma per rendersi "spendibili" agli occhi occidentali senza rinunciare ai pilastri di una visione chiaramente integralista dell'islam.  È un cocktail che potrà magari trovare qualche bevitore in Occidente, ma di certo non in Siria. E resta poi da vedere quanto in campo islamista pesa il Fronte Islamico rispetto all'Isis. 
Puntare in un tale contesto sulla caduta del regime di al-Assad – come stanno continuando a fare Stati Uniti e Gran Bretagna − è un gesto irresponsabile. Come analogamente è un gesto irresponsabile quello di far leva sulla crisi dell'Ucraina per creare instabilità nel bacino del Dniepr e nella regione del Mar Nero rischiando di farne un altro Medio Oriente.I due maggiori Paesi europei più esposti alle conseguenze negative di tali sviluppi, ossia la Germania e l'Italia, dovrebbero fare tutto il possibile per evitarli.
http://www.ilsussidiario.net/News/Editoriale/2014/6/6/Assad-non-e-Beppe-Grillo/505525/

lunedì 14 luglio 2014

Maaloula non morirà, save Maaloula!

'Save Maaloula' è il movimento nato dagli abitanti della cittadina, sfollati internamente alla Siria o all'estero, per il recupero delle abitazioni, dei luoghi di culto e del patrimonio unico al mondo di questo luogo sacro : civili e religiosi si sono messi all'opera per poter tornare un giorno nelle case e nei monasteri bruciati e devastati. 







http://www.frommaaloula.com/more_about_maaloula


Il Sole 24Ore, 

di Alberto Negri


Incastonata nelle falesie della catena strategica del Qalamoun, Maloula, dove si parla ancora l'aramaico, la lingua di Gesù, era uno dei patrimoni dell'umanità con migliaia di anni di storia. Oggi è una città fantasma, dove pochi cristiani sono tornati a raccogliere le suppellettili salvate dal saccheggio o per adattarsi a vivere in abitazioni sgretolate, quasi delle grotte, senza acqua né luce. I guerriglieri islamici di Jabat al Nusra, sostenuti dai finanziamenti sauditi e qatarini, hanno sfregiato quadri e icone, incendiato libri sacri e codici antichi di chiese che che risalgono al quarto secolo. Anche le reliquie di Santa Tecla, dove c'è il convento greco ortodosso, sono state profanate e disperse: vediamo le pietre che le custodivano abbandonate in un angolo salendo scalinate macchiate dal sangue dei combattimenti.



«Provo una grande gioia a tornare ma anche un'enorme tristezza nel vedere come è ridotta la mia piccola e bellissima città», dice la signora Ama Mahallam, moglie di un miliziano cristiano. «I jihadisti- spiega Lan Haddad, che vive con la famiglia accanto all'orfanotrofio incendiato - erano presenti qui da almeno un anno, si erano infiltrati come visitatori, ospitati da famiglie musulmane che conosciamo benissimo: quando hanno ricevuto l'ordine di attaccare erano già potentemente armati e avevano avuto tutto il tempo di conoscere perfettamente questo territorio impervio e pieno di insidie».

Maloula è un esempio della ferocia e delle contraddizioni della guerra civile siriana. Qui si è combattuto per otto mesi dal 9 settembre a maggio. I jihadisti di Jabat al Nusra nei mesi precedenti avevano occupato la città appoggiati da una parte della popolazione musulmana ( il 30%, il 70% sono cristiani di rito greco cattolico), si era però raggiunto un accordo di tregua ma i ribelli quando hanno ricevuto nuovi rinforzi hanno attaccato le postazioni dell'esercito e messo in fuga i 10mila abitanti cristiani; poi hanno rapito le suore del convento di Santa Tecla e le hanno rilasciate a Yabroud in cambio di prigionieri dell'opposizione. Quindi è iniziata la parte più feroce della distruzione, con combattimenti durissimi mentre l'aviazione siriana bombardava l'area per stanare la guerriglia.

Per riprendere Maloula sono intervenuti gli Hezbollah sciiti libanesi, alleati dell'appena rieletto presidente Bashar Assad, che hanno sconfitto gli integralisti sunniti: questo spiega perché ovunque, insieme alla bandiera siriana, sventola anche quella gialla degli Hezbollah con il ritratto di Nasrallah, diventato ormai un eroe dei cristiani siriani, non solo qui ma anche a Damasco e Homs.

Ma ora sulla montagna di Maloula dove il monastero di Mar Sarkis, dedicato ai Santi Sergio e Bacco, dominava l'orizzonte, tutto è avvolto nel silenzio, spazzato dal vento.

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-06-05/maloula-migliaia-anni-storia-rovinati-sempre-guerra-162541.shtml?uuid=ABb7YMOB

RITORNO A MAALOULA CITTA’ FANTASMA DEVASTATA DALL’ODIO E DALLA GUERRA


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I ribelli islamisti si sono accaniti soprattutto sui simboli religiosi. Il famoso monastero di Santa Tecla, simbolo della città con i suoi dipinti antichi e icone della Vergine Maria, di Gesù e dei Santi è irriconoscibile. Tutte le raffigurazioni sacre sono state profanate, con scritte offensive. Molte immagini hanno fori bruciati al posto degli occhi. 
Nelle stanze delle monache custodi del luogo santo rapite in dicembre nulla è stato risparmiato, anche i libri, i piatti, i vasi e gli oggetti da cucina sono stati distrutti. La stessa sorte è toccata all’orfanotrofio gestito dalle religiose.
Sulla strada che conduce al monastero di Mar Sarkis, si notano ancora le antiche grotte dei trogloditi, trasformate in depositi di armi e rifugi. Il santuario, che domina la città è servito ai ribelli come postazione da tiro contro l’esercito. L’albergo As-Safir, un tempo luogo di villeggiatura è uno scheletro di cemento. Secondo i residenti molte icone e oggetti sacri preziosi sono stati rubati, segno che i ribelli sanno cosa vale sul mercato.

Intanto la popolazione attende la fine della guerra per tornare e ricostruire la propria vita. 

http://erebmedioriente.tumblr.com/post/86292834591/ritorno-a-maaloula-citta-fantasma-devastata-dallodio

giovedì 10 luglio 2014

Gaza e Siria: le tragedie infinite del Medio Oriente, i martiri e le voci di chi è sul campo



Il Medio Oriente non conosce tregua. Le emergenze umanitarie continuano su più fronti, il numero dei morti e dei feriti cresce ogni giorno di più, e si fa fatica a vedere uno spiraglio oltre la spirale di violenza.

Il cielo di Gaza è di nuovo illuminato dalle bombe. Ieri un ordigno è esploso a pochi chilometri dal campo estivo organizzato dalle Suore del Santo Rosario a cui partecipano 157 bambini. P. Mario, del Patriarcato latino di Gerusalemme, racconta: “Eravamo al telefono con le suore di Gaza e abbiamo assistito a un’esplosione in diretta, udendo l’urlo dei bambini che si trovano in parrocchia per il campo estivo”. Secondo il sacerdote gli alunni sono stati subito rimandati a casa dalle proprie famiglie, accompagnati dagli animatori che hanno approfittato di un momento di tregua per uscire dagli edifici della parrocchia e percorrere le strade della città. “I bambini – aggiunge p. Cornioli – sono terrorizzati, così come tutta la popolazione di Gaza”.

Anche nella vicina Siria la situazione continua a essere grave: “La Siria è un paese devastato, non esiste più nulla, la gente è allo stremo delle forze – ci dice fra Simon, responsabile della Regione San Paolo per la Custodia di Terra Santa. Dagli ultimi report del Syrian Network for Human Rights, sono stati documentati un milione e centomila feriti dal marzo 2011, data di inizio del conflitto. Il 45% sono bambini. 120.000 persone sono costrette a vivere con una disabilità permanente e con complicanze dovute all’amputazione di arti. Il numero di morti è salito a 133.586, di cui 15.149 bambini.

Poco tempo fa è caduto un mortaio sulla testa di un bambino di 5 anni, che veniva al nostro catechismo – continua a raccontare p. Simon – “Il piccolo è morto, mentre poco dopo un nostro giovane frate è rimasto vivo per miracolo, quando un altro mortaio gli è caduto a un metro e mezzo di distanza. La gente vive nel terrore, si sente continuamente in pericolo, ogni secondo. Anche io, che mi devo spostare per portare aiuti e visitare i nostri parrocchiani, mi sento continuamente in pericolo. Ma so che non devo perdere la speranza. Noi frati vogliamo restare e continuare ad aiutare chi è rimasto in quella terra martoriata”.

Per quanto possiamo, restiamo vicini alle vittime di questi conflitti.

http://www.proterrasancta.org/2014/07/gaza-e-siria-le-tragedie-infinite-del-medio-oriente-e-le-voci-di-chi-e-sul-campo/



Beati Emanuele Ruiz e compagni Martiri Francescani di Damasco 

† Damasco (Siria), 10 luglio 1860

Si tratta di un gruppo di 11 martiri dei musulmani, uccisi per la fede il 10 luglio 1860; di essi sei erano Padri Francescani Minori, due erano Fratelli professi Francescani e tre erano fratelli di sangue laici maroniti. Sono conosciuti come ‘Beati Martiri di Damasco’ Versarono il loro sangue come tanti altri prima di loro in quelle terre che videro sempre, dal tempo di s. Francesco, lo sforzo missionario dei Francescani nel mondo islamico.

 Essi si trovavano nel loro convento di Damasco in Siria, svolgendo la vita comunitaria, estesa all’apostolato fra la popolazione locale.
Nella notte fra il 9 e il 10 luglio 1860, furono attaccati dai Drusi di Damasco, che in preda al loro fanatismo di insofferenza religiosa, scoppiato negli anni 1845-46 e specialmente nel 1860 contro il cristianesimo, percorsero la città facendo stragi di cristiani.
Gli otto francescani si rifugiarono fra le solide mura del convento, con loro si trovavano tre fratelli cristiani maroniti; purtroppo ci fu un traditore, forse fra gli inservienti locali, che introdusse gli assassini per una piccola porta, cui nessuno aveva pensato, e così furono tutti massacrati, con la ferocia che distingue i fondamentalisti islamici e che in tanti secoli ha fatto migliaia e migliaia di vittime nel mondo cristiano.
Si riportano i loro nomi:
 
Padri francescani:
Emanuele Ruiz, nato a Santander (Spagna) il 5 maggio 1804, 56 anni, superiore della Comunità;
Carmelo Volta, nato nella provincia di Valencia il 29 maggio 1803, 57 anni;
Engelberto Kolland, nato a Salisburgo (Austria) il 21 settembre 1827, 33 anni;
Ascanio Nicanore, nato nella provincia di Madrid nel 1814, 46 anni;
Pietro Soler, nato nella Murcia (Spagna) il 28 aprile 1827, 33 anni;
Nicola Alberga, nato nella provincia di Cordova il 10 settembre 1830, 30 anni;
 
Fratelli professi francescani:
Francesco Pinazo, nato nella provincia di Valencia il 24 agosto 1802, 58 anni;
Giovanni Giacomo Fernandez, nato in Galizia (Spagna) il 29 luglio 1808, 52 anni;
 
E poi i tre fratelli, laici di religione maronita:
Francesco, Abd-el-Mooti e Raffaele Massabki.
 
Furono tutti beatificati da papa Pio XI il 10 ottobre 1926 e la loro festa fissata al 10 luglio.





Un mese fa i capi di Palestina ed Israele hanno pregato uniti a Papa Francesco e al Patriarca Bartolomeo per la pace in Terra Santa . Riprendiamo l'articolo di Terrasanta.net , facendo nostra di nuovo  in queste drammatiche ore la preghiera di Papa Francesco.

Per una pace tra uguali e fratelli, l'invocazione a più voci in Vaticano

di Carlo Giorgi | 9 giugno 2014
«Siamo fratelli, figli di uno stesso Padre: solo se lo riconosciamo potrà arrivare la pace». Il pellegrinaggio di Papa Francesco in Terra Santa si conclude in Vaticano, domenica 8 giugno, festa di Pentecoste, con queste parole che suonano come un lascito universale per i credenti di tutti i tempi. Solo due settimane prima, il 25 maggio, il Papa aveva invitato «nella sua casa» il presidente palestinese Mahmoud Abbas e quello israeliano Shimon Peres, a pregare insieme per la pace. L’invito era stato accolto da entrambi e il Papa aveva incaricato il Custode di Terra Santa, fra Pierbattista Pizzaballa, di curare i dettagli organizzativi dell’incontro di preghiera.
Il clima tra i presenti è incoraggiante: a Santa Marta, la «casa» del Papa, Peres ed Abbas incontrandosi pochi minuti prima, si sono abbracciati di slancio.
«La storia ci insegna che le nostre forze non bastano . Più di una volta siamo stati vicini alla pace, ma il maligno, con diversi mezzi, è riuscito a impedirla. Per questo siamo qui, perché sappiamo e crediamo che abbiamo bisogno dell’aiuto di Dio. Non rinunciamo alle nostre responsabilità, ma invochiamo Dio come atto di suprema responsabilità, di fronte alle nostre coscienze e di fronte ai nostri popoli. Abbiamo sentito una chiamata, e dobbiamo rispondere: la chiamata a spezzare la spirale dell’odio e della violenza, a spezzarla con una sola parola: “fratello”. Ma per dire questa parola dobbiamo alzare tutti lo sguardo al Cielo, e riconoscerci figli di un solo Padre». 
Nel suo intervento Francesco insiste sulla fratellanza che unisce i credenti e sull’appartenenza alla comune famiglia umana, fatta di padri e figli: 
«Signori presidenti, il mondo è un’eredità che abbiamo ricevuto dai nostri antenati, ma è anche un prestito dei nostri figli : figli che sono stanchi e sfiniti dai conflitti e desiderosi di raggiungere l’alba della pace; figli che ci chiedono di abbattere i muri dell’inimicizia e di percorrere la strada del dialogo e della pace perché l’amore e l’amicizia trionfino. Molti, troppi di questi figli sono caduti vittime innocenti della guerra e della violenza, piante strappate nel pieno rigoglio. È nostro dovere far sì che il loro sacrificio non sia vano. La loro memoria infonda in noi il coraggio della pace, la forza di perseverare nel dialogo ad ogni costo, la pazienza di tessere giorno per giorno la trama sempre più robusta di una convivenza rispettosa e pacifica, per la gloria di Dio e il bene di tutti».
«Per fare la pace ci vuole coraggio , molto di più che per fare la guerra. Ci vuole coraggio per dire sì all’incontro e no allo scontro; sì al dialogo e no alla violenza; sì al negoziato e no alle ostilità; sì al rispetto dei patti e no alle provocazioni; sì alla sincerità e no alla doppiezza. Per tutto questo ci vuole coraggio, grande forza d’animo».

Papa Francesco ha poi recitato una preghiera per la pace che riportiamo integralmente:
Signore Dio di pace, ascolta la nostra supplica! Abbiamo provato tante volte e per tanti anni a risolvere i nostri conflitti con le nostre forze e anche con le nostre armi; tanti momenti di ostilità e di oscurità; tanto sangue versato; tante vite spezzate; tante speranze seppellite… Ma i nostri sforzi sono stati vani. Ora, Signore, aiutaci Tu! Donaci Tu la pace, insegnaci Tu la pace, guidaci Tu verso la pace. Apri i nostri occhi e i nostri cuori e donaci il coraggio di dire: “Mai più la guerra!”; “Con la guerra tutto è distrutto!”. Infondi in noi il coraggio di compiere gesti concreti per costruire la pace. Signore, Dio di Abramo e dei Profeti, Dio Amore che ci hai creati e ci chiami a vivere da fratelli, donaci la forza per essere ogni giorno artigiani della pace; donaci la capacità di guardare con benevolenza tutti i fratelli che incontriamo sul nostro cammino. Rendici disponibili ad ascoltare il grido dei nostri cittadini che ci chiedono di trasformare le nostre armi in strumenti di pace, le nostre paure in fiducia e le nostre tensioni in perdono. Tieni accesa in noi la fiamma della speranza per compiere con paziente perseveranza scelte di dialogo e di riconciliazione, perché vinca finalmente la pace. E che dal cuore di ogni uomo siano bandite queste parole: divisione, odio, guerra! Signore, disarma la lingua e le mani, rinnova i cuori e le menti, perché la parola che ci fa incontrare sia sempre “fratello”, e lo stile della nostra vita diventi: shalom, pace, salam! Amen.
Anche il presidente israeliano, che parla subito dopo il Papa, insiste sull’idea di famiglia comune: «Due popoli - gli israeliani e i palestinesi - desiderano ancora ardentemente la pace. Le lacrime delle madri sui loro figli sono ancora incise nei nostri cuori. Noi dobbiamo mettere fine alle grida, alla violenza, al conflitto. Noi tutti abbiamo bisogno di pace. Pace fra eguali (…) Noi tutti siamo uguali davanti al Signore. Siamo tutti parte della famiglia umana. Senza la pace non siamo completi e dobbiamo ancora raggiungere la missione dell’umanità. (…) La pace non arriva facilmente. Dobbiamo impegnarci con tutte le nostre forze per raggiungerla. Per raggiungerla presto. Anche se ciò richiede sacrifici o compromessi».
«O Signore, porta una pace completa e giusta al nostro Paese e alla regione – ha pregato infine il presidente Abbas – così che il nostro popolo e i popoli del Medio Oriente e di tutto il mondo possano godere il frutto della pace, della stabilità e della convivenza. Noi desideriamo la pace per noi e per i nostri vicini. Cerchiamo prosperità e tranquillità per noi come per gli altri. O Signore, rispondi alle nostre preghiere e dà successo alle nostre iniziative perché tu sei il più giusto, il più misericordioso, Signore dei mondi».

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