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lunedì 7 ottobre 2013

Damasco, i ribelli colpiscono la Cattedrale della Santa Croce



I ribelli attaccano il quartiere cristiano Kassaa di Damasco.
Samaan, cristiano di Damasco, vive nel quartiere colpito e racconta a Tempi.it la distruzione provocata dai colpi di mortaio sparati dai ribelli : «Hanno colpito una chiesa e la scuola di mio figlio»
«I colpi di mortaio dei ribelli sono caduti a 70 metri da casa mia, nel quartiere cristiano: hanno colpito una chiesa, un ospedale e la scuola dove va mio figlio uccidendo otto persone». 


TEMPI - 7 ottobre 13

Che cosa è successo ieri?
Intorno a mezzogiorno i ribelli hanno sparato una dozzina di colpi di mortaio, colpendo il quartiere cristiano. I ribelli hanno anche dato un nome all’operazione, tratto da un versetto del Corano che dice: “Manderemo a questi infedeli sassi per colpirli”. Hanno colpito la chiesa greco-ortodossa della Santa Croce , danneggiato il muro sud e la navata laterale. Il colpo è entrato dentro la chiesa uccidendo una signora e un ragazzo di 16 anni.

Hanno colpito altri edifici?
Hanno danneggiato l’ospedale francese di San Luigi e all’angolo hanno completamente raso al suolo l’edicola che vende libri , uccidendo sul colpo tre persone.


i colpi di mortaio sparati a casaccio sulle abitazioni civili

Ha detto che abita lì vicino, la sua casa è stata colpita?
Sono caduti tre colpi di mortaio dove abito io ma grazie a Dio uno non è esploso. Ormai siamo abituati, non abbiamo neanche più paura perché viviamo così da due anni e mezzo. I ribelli hanno voluto colpire per la celebrazione della guerra del Kippur, fanno sempre così: sparano, poi si fermano qualche mese, e poi sparano di nuovo.

Continuerete a vivere nel vostro quartiere?
Sì. I ribelli avevano minacciato sul loro sito l’attacco e ci avevano detto di andarcene, ma la gente cerca di vivere normalmente, i bambini continuano ad andare a scuola. Anche l’istituto di Lourdes che frequenta mio figlio è stato colpito. Hanno centrato l’area dove di solito giocano i bambini. Grazie a Dio, ieri era domenica e nessuno andava a scuola.

Temete che i ribelli possano entrare a Damasco?
No, i colpi di mortaio sono un atto di disperazione. Da due anni e mezzo cercano di prendere la capitale ma non ci riescono. La via che porta all’aeroporto ora è sicura e anche quella che porta ad Aleppo. Io fino a pochi mesi fa sentivo vicinissimi gli spari e la guerra, mentre ora sono molto più lontani. Siccome non riescono ad entrare, i ribelli sparano a caso colpi di mortaio, senza preoccuparsi di chi potrebbero colpire.

http://www.tempi.it/siria-ribelli-attaccano-quartiere-cristiano-di-damasco-testimone-hanno-colpito-una-chiesa-e-la-scuola-di-mio-figlio

 MAALOULA ANCORA SOTTO ATTACCO


sabato 5 ottobre 2013

Diario dalla Siria: testimoni, sperando oltre ogni speranza


dalla fortezza i guerriglieri bombardano i sottostanti villaggi cristiani

Intervista ad alcuni siriani giunti nella città giordana per incontrare la presidente dei Focolari. Torneranno nelle loro case esposti a bombardamenti e attentati, ma cosa e come stanno vivendo?



Amman, 05-09-2013  a cura di Roberto Catalano
fonte: Città Nuova

Come sono percepiti e vissuti dai cristiani siriani gli avvenimenti tragici che stanno dilaniando il Paese? Dai vostri racconti emerge che la prospettiva occidentale con cui si legge il conflitto è parziale e imprecisa. Dove sta il problema?
«Riguardo alla Siria, non si può ignorare l’impatto devastante che hanno avuto i potenti media occidentali e arabi nel preparare il terreno alla guerra civile e nell’accompagnare il suo svolgersi. Ora stanno lavorando per spingere un intervento esterno a tutti i costi. Abbiamo toccato con mano in questi quasi tre anni di conflitto come i mezzi di comunicazione, potenzialmente utili al bene dell’umanità, possano invece diventare la mannaia del boia per interi gruppi sociali, religiosi o, persino, per un popolo intero. Se si vuole cogliere quanto sta accadendo in Siria è necessario cominciare da un cambiamento nell’uso dei media e nella lettura di quanto trasmettono. Questo contribuirebbe ad aiutare la pace. Ovviamente, qui entriamo nel merito di giganteschi interessi economici e politici e anche su questi il dibattito non può essere unilaterale».


Ha senso parlare di dialogo fra le religioni in questo contesto?
«In Siria il dialogo c’è sempre stato, a livello ufficiale, promosso dal moufti, da altre personalità musulmane e dalle Chiese, che sono sempre state rispettate nel loro lavoro. In questo senso nulla è cambiato. La Siria in questi tre anni ha pagato però anche il prezzo dell’integralismo che si è manifestato con l’uccisione di esponenti dell’Islam sunnita moderato. Si tratta di persone di grande valore, come il chekr El Boudi, presidente del Consiglio internazionale dei professori di legge islamica. Amiche quarantenni mi hanno raccontato che fin dalla loro infanzia ascoltavano molto volentieri le sue prediche del venerdì, perché intrise di sentimenti e idee di amore, compassione, rispetto reciproco. Tutto questo è durato fino al momento della sua barbara uccisione avvenuta a Damasco alcuni mesi fa».


E i cristiani?
«A livello di popolo, con l’inizio delle violenze, è cominciata a serpeggiare tra i cristiani la paura, frutto, da una parte, di quella che potremmo chiamare la “memoria storica” di questa componente religiosa del Paese (per esempio la guerra libanese). Dall’altra, non dobbiamo dimenticare l’ingresso nelle varie città siriane di gruppi armati terroristici dichiaratamente ostili ai cristiani, che possono essere uccisi solo perché portano questo nome. Non che prima tutto fosse roseo, ma certo è che, seppur le leve del potere erano in mano ai musulmani (alaouti o sunniti), i cristiani erano rispettati e potevano accedere anche a posti di qualche responsabilità nell’amministrazione pubblica e nel mondo accademico. In ogni caso, sebbene quello che avviene in Siria non sia un attacco diretto ai cristiani, di fatto li pone di fronte al dramma dell’emigrazione, come unica via per sfuggire alle violenze e per assicurare un futuro ai propri figli. Il dialogo interreligioso non è solo questione siriana».


Come si vive la quotidianità sotto attentati e bombe?
«Ad Aleppo i prezzi sono aumentati ancora. Nella parte sotto il controllo dell’esercito siriano il pane è introvabile perché le strade di accesso ai silos di farina sono sotto controllo dei ribelli. La strada che collega Aleppo-Homs-Damasco è pericolosissima. Soprattutto nel primo tratto si rischia realmente la vita. Ma viaggiare in tutto il Paese, a parte sulla costa, è diventato un terno al lotto. Percorsi che prima richiedevano tre ore ora ne necessitano anche 36. Dieci giorni fa terroristi di Jabat el Nouszra sono scesi dal Krak des Chevaliers verso la zona cristiana di Wadi Nazara, hanno eliminato i soldati in due posti di blocco, sono entrati nel primo villaggio cristiano dove si svolgeva una festa e hanno falciato i passanti, soprattutto giovani, che si trovavano nella strada principale. I morti sono stati almeno 18. Poi si sono ritirati. Questo ha gettato nel terrore le famiglie, molte delle quali già sfollate da altri posti della Siria».


Esiste a qualche livello la speranza di una soluzione pacifica o politica al conflitto?
«Non mi sembra che in queste settimane ci siano stati segnali positivi. Al contrario i combattimenti si sono intensificati in varie parti del Paese e, di conseguenza, la paura dei civili è cresciuta. L’impressione che ho avuto a Damasco la settimana scorsa è di sentire riecheggiare le parole del Salmo: “Come un agnello condotto al macello”. Mai come in quel momento ho capito la realtà dell’Agnello innocente che non può far nulla di fronte alla morte incombente e ingiusta. È questa la realtà della gente soprattutto dopo la minaccia dell’attacco da parte degli Usa: sgomento e desolazione. Ci si guardava negli occhi increduli come a dire: "Attaccheranno davvero?". I mortai e i razzi dalla periferia sulla città erano molto più numerosi e l’attacco dell’esercito altrettanto pesante».


http://www.cittanuova.it/c/431065/Diario_dalla_Siria41.html
  

Il racconto di una stilista di Damasco

L’esperienza di Rahmé conferma che in nome della fratellanza si può abbattere qualsiasi tipo di barriera, anche a costo di gravi rischi.

Focolare.org 
 29 settembre 2013



.... Nel giugno 2013, nel giorno della consegna dei diplomi, alla presenza di membri dell’Associazione internazionale e dei rappresentanti della Mezzaluna Rossa, è stato chiesto loro quali fossero stati i momenti più difficili durante l’anno. Una, a nome di tutto il gruppo, ha risposto che era quello il giorno più difficile, perché era l’ultimo giorno nel Centro. “L’unico posto – diceva – dove riusciamo a respirare e che ci ha sempre aiutato ad andare avanti, mettendo la pace nelle nostre famiglie e nei nostri cuori”.



Nell'anniversario del martirio di Padre Murad...

La morte di padre Murad e la fuga di tanti cristiani lasciano campo libero all'estremismo religioso che non vedrà più un Paese dove le religioni sapevano convivere pacificamente. Le responsabilità dell'Occidente in questa nuova diaspora non vanno taciute



Città Nuova 28-07-2013  - a cura di Maddalena Maltese  


«La notizia dell’uccisione di padre Franҫois Murad, eremita francescano morto a Ghassaniye, nella zona nord-occidentale del Paese occupata da più di un anno dall’Esercito Libero e da ribelli, ci ha colto di sorpresa, anche quella, come una staffilata. Nella messa della sera il celebrante francescano l’ha annunciata ai fedeli che riempivano la chiesa di Bab Touma, poco prima di leggere il Vangelo che quel giorno recitava: «Chi vorrà salvare la propria vita la perderà ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo la ritroverà». Papa Francesco all’Angelus dell'altra domenica aveva commentato quel brano ricordando i martiri attuali che danno la vita per la fede e la verità.

Lo conoscevo bene Padre Franҫois, lo si vedeva sovente celebrare nella chiesa dei Francescani a Azizie, si sapeva del suo progetto, poi realizzato, di creare nella zona di Ghassaniye un convento dove ritirarsi a pregare ma, anche, ad accogliere chi, come lui, volesse immergersi nella contemplazione, in quel delizioso posto della Siria, dove vigneti e alberi di olivo curati con somma attenzione, da centinaia di anni, parlano della laboriosità della gente, in gran parte cristiana.
Lì la tormenta è arrivata già da tempo e la morte di Padre Franҫois lo testimonia, come confermano anche le religiose che si trovavano al momento dell’uccisione non lontano dal convento, già colpito più di una volta. Ma c’è di più. Da giorni i conventi della zona erano sotto attacco da parte di elementi armati che li stavano saccheggiando, infierendo soprattutto contro le immagini sacre. Il custode della Terra Santa, padre Pizzaballa, ha già dichiarato che in questo modo, fornendo armi alla ribellione, l’Occidente sta facendo davvero un bel servizio ai cristiani d’Oriente, chiedendosi a ragione se di qui a poco ne resteranno ancora.

Chi ci guadagnerà da questa loro fuga, già vista in Irak e in Libano e in Libia e in Egitto? Sicuramente l’estremismo, e quello più fanatico, appoggiato da quei Paesi che continuano a ragionare in termini di nuovi assetti regionali. Chi ci perderà? Forse tutti, perché l’estremismo religioso è alle porte anche nelle città occidentali, americane ed europee, da dove centinaia di mercenari sono partiti in questi mesi per venire a combattere in Siria contro quelli che, perché diversi, sono considerati eretici. Sono giovani che ormai da anni hanno nazionalità europea ma che non hanno recepito il fulcro della cultura europea e le sue radici forse perché l’Europa e l’Occidente continuano a calpestarle, le loro nobili radici, e non riescono a presentarsi al mondo se non con la loro avidità, quella di chi non ha paura di provocare guerre a destra e sinistra pur di procurarsi petrolio e gas o minerali preziosi e continua a ragionare in termini di “nemico” per poter vendere armi. Che pena! Un incubo da cui ci sveglieremo?
In Siria, nella regione di Deir Ezzor, non lontano dalla frontiera turca, nella zona ricca di petrolio e di centri di estrazione del prezioso minerale, sono i ribelli stranieri e quelli interni che hanno ora in mano il territorio e la produzione petrolifera e che stanno inviando il petrolio, a prezzo stracciato, in Turchia e di lì anche in Occidente. L’ha raccontato con profonda amarezza un signore sunnita fuggito da Deir Ezzor con la famiglia qualche mese fa, quando la situazione non faceva ormai presagire nulla di buono. Non ha alcun affetto per il governo al potere, anzi, ma non può nascondere lo sgomento di vedere il suo Paese depredato, con la complicità di suoi connazionali. «Quando tornerà la pace, non troveremo lì che persone malate per il grado altissimo di inquinamento, giacché le fabbriche sono state colpite e poi occupate e il primo lavoro di raffineria si fa ora con mezzi assolutamente inadeguati».

Ma queste cose non le ha potute dire ad alta voce, giacché non sono accettate dai nuovi padroni della regione, e anche per questo se ne è andato, a ingrandire quella schiera innumerevole di persone che in Siria hanno dovuto lasciare il loro passato e vedono cancellato il futuro. A meno che nel presente drammatico in cui si continua a vivere e a morire non arrivi il miracolo».
Giò Astense


"ci vuole ormai del coraggio per decidere di restare nella bella Siria"


Il Ramadan non fa tacere le armi e le morti assurde che costellano le giornate dei siriani: il piccolo Salem è stato ucciso da una scheggia, mentre un medico giocava a fare il cecchino contro i pullman di linea di passaggio sotto l'ospedale


Città Nuova - 19-07-2013  

« ll mese di Ramadan, mese di preghiera e di digiuno, é cominciato male e non sembra far presagire nulla buono. 
Le notizie alle tv sono sconfortanti, pare di assistere, passi la parola, ad una farsa al capezzale di un povero moribondo. E quanto mai inumano e repellente il doppio gioco condotto su questo Paese ormai in guerra da più di due anni.
Parole di accusa, descrizioni di piani bellici, silenzi colpevoli di fronte alla violenza, tira e molla tra governo ed esercito ribelle pur di non trovarsi insieme ad un tavolo di dialogo che metterebbe fine ai dolori indicibili nella popolazione. Si usano solo parole altisonanti che dicono semplicemente a chi le sa decifrare l’inutilità di una guerra quanto mai sporca e crudele. Non cesserò mai di ripeterlo, a me e a chiunque voglia convincermi del contrario.

No, questa guerra non si doveva fare, né ieri né mai e le ultime notizie dell’uccisione da parte di terroristi di due alti responsabili dell’Esercito Libero confermano il caos e la divisione imperante che può portare solo a piani inconcludenti in direzione della pace ma che svelano purtroppo un progetto per il quale si continua a scavare nel torbido: gettare il Paese nella violenza più cieca, dove tutti combattono contro tutti, per poterlo dividere o renderlo assolutamente invivibile per almeno i prossimi vent’anni.

Già, perché ci vuole ormai del coraggio per decidere di restare nella bella Siria, benché la parola speranza sia anche qui l’ultima a morire. Ma non la ripetono più i genitori del piccolo Selim ucciso da una scheggia in un quartiere cristiano di Aleppo sabato scorso, proprio davanti alla casa di un’amica che se l’è cavata per miracolo. Non lo ripete più la famiglia di quel giovane che era rientrato a Damasco dai Paesi arabi per assistere al matrimonio della sorella. Prima di ripartire ha voluto andare a visitare i parenti ma all’uscita da Damasco, a Harasta, un cecchino l’ha colpito mentre era sul pullman. Ed era un un cecchino di lusso l'autore di questo assassinio: un medico che dal suo gabinetto in ospedale giocava a tiro a segno con i passeggeri dei pullman di linea. E questo per dire a che punto è arrivata la barbarie».
Gio Astense

http://www.cittanuova.it/c/430103/Diario_dalla_Siria_40.html

venerdì 4 ottobre 2013

"Con San Francesco ricominciamo"

Santuario di San Paolo "sulla via di Damasco"

I religiosi della Custodia di Terra Santa in Siria hanno scelto – non a caso - la data di nascita di san Francesco per ricominciare l’attività educativa

Da Vatican Insider , 3 ottobre 2013

di  Andrea Avveduto

“Il 4 ottobre iniziamo finalmente il catechismo con i bambini. Sono quasi 200 gli iscritti”. Quelle che potrebbero essere le parole di un parroco milanese sono invece di un frate francescano di Damasco, una delle città logorate dalla guerra civile. I religiosi della Custodia di Terra Santa in Siria hanno scelto – non a caso - la data di nascita di san Francesco per ricominciare l’attività educativa con i bambini.


Una festa che dentro a tante difficoltà riesce ancora a mettere la gioia nel cuore. In Siria, come in tutta la Terra Santa, la devozione per il poverello d’Assisi risale a quasi 800 anni fa.

Quando nel 1219, dopo la quarta – e disastrosa – crociata, san Francesco arrivò in Terra Santa,  e ottenne di parlare con il sultano Malek al-Kamel. E proprio lo stile dell’incontro, del dialogo e dell’apertura all’altro è parte fondamentale del carisma di chi ha raccolto l’eredità di Francesco e la vive quotidianamente in Siria.

La Custodia è presente ancora oggi, al servizio di tutti – cristiani e musulmani - tra le grandi difficoltà. “Non possiamo più andare a trovare i confratelli di Aleppo raccontano - ed è passato almeno un anno dall’ultima volta che ci siamo sentiti per telefono.”
Da Damasco le notizie del padre guardiano mostrano un quadro triste della realtà quotidiana. Anche se, confida, “la situazione è migliore rispetto ad altre città”. I suoi confratelli invece, se si esclude quelli di Lattakieh dove ancora si vive una situazione di “normalità”, vivono in condizioni ben peggiori”.

Il Nord del paese è impossibile da raggiungere, è tutto in mano a i ribelli”. Sono le zone più colpite dalla violenza, e dove i francescani ospitano il maggior numero di rifugiati. “Ma il costo della vita è inevitabilmente aumentato, e dar da mangiare a tutti diventa ogni giorno più difficile”.
A crescere però, è anche la fede della gente. “Le messe nei conventi sono regolari, e sempre più partecipate. Noi vogliamo che tutti rimangano Siria, e cerchiamo di stargli vicino per come possiamo”.

I frati continuano – instancabili - a pagare gli affitti delle case e a curare i malati. A volte però diventa un’impresa. “Ci hanno raccontato di una parrocchiana morta l’altro giorno per la febbre alta seguita alla frattura del femore. Non aveva medicine in casa e per diversi giorni nessuno è riuscito a trovarle. Noi ci stiamo attrezzando, e abbiamo cominciato a produrre medicine artigianali per far fronte alle emergenze”.

Ma su ciò che accadrà in Siria, e su cosa possiamo aspettarci nel prossimo periodo, taglia corto: “Senta, come faccio a sapere cosa accadrà tra qualche mese, dato che non ho certezze neanche sulle prossime settimane? La nostra certezza rimane la preghiera. Quella sì, che può fare miracoli.”

E' il  carisma francescano che  vive ancora oggi, in tutti quei frati che cercano di rispondere, con la vita, all’invito del loro fondatore: “Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all'improvviso vi sorprenderete a fare l'impossibile”.

L'APPELLO
ATS pro Terra Sancta

http://vaticaninsider.lastampa.it/nel-mondo/dettaglio-articolo/articolo/siria-syria-siria-damasco-28328/

mercoledì 2 ottobre 2013

La marcia di padre Halim staffetta della carità

Aleppo, antica stampa della Chiesa Latina


Avvenire - 13 settembre 2013
di Andrea Avveduto


 « È l’ultima volta che parlo. Poi lo farà padre Si­mon ». Padre Halim Noujiam, francescano libanese della Custodia di Terra Santa, por­ta da due anni gli aiuti uma­nitari a Damasco. Attraversa in continuazione la frontie­ra dal Libano alla Siria, dalla Siria al Libano, per quelle vie che dice «essere meno peri­colose delle altre». Anche lui, come gli 11 frati rimasti in Si­ria, è stanco. E più che con­tento di lasciare il posto al nuovo frate che ora lo sosti­tuirà: padre Simon appunto. Ancora prima di parlare del­la situazione recita un pro­verbio in arabo, che poi ten­ta di tradurre in un italiano stentato: «La guerra sta bru­ciando il verde e il secco». Ovvero, tutto.

Per due anni padre Halim è stato l’intermediario tra i be­nefattori della Custodia e i frati siriani. Ha portato sol­di, medicine, viveri. «Quan­do avevo la possibilità, arri­vavo alla frontiera siriana, e lì mi aspettavano persone di fiducia che mi garantivano la sicurezza del passaggio. Ma una volta in Siria, dovevo sta­re molto attento». Alcune zo­ne del Paese sono off limits anche per lui. 
«Da quasi due anni non posso andare nell’Oronte, e ad Aleppo, è troppo pericoloso. Da un an­no non ho più notizie dei fra­ti che vivono lì. In quei con­venti manca acqua, elettri­cità e il telefono, le uniche notizie che mi arrivano sono di alcuni amici siriani fidati che riescono in qualche mo­do a portare loro qualche sol­do e dei viveri». 
E nonostante tutto continua l’opera di una decina i frati rimasti ad Aleppo, nel con­vento di Sant’Antonio di Pa­dova, ad Azizieh, dove so­pravvive la parrocchia latina sotto la responsabilità di pa­dre Georges. E poi a Dama­sco, al memoriale San Paolo e a Salhieh, poco vicino.

Le case francescane di Lat­takiah, a Kanyeh, vicino al Li­bano, completano la mappa di questa oasi di carità. Ogni convento ospita circa 100 fa­miglie, fornisce mense e me­dicinali per migliaia di per­sone, a volte paga l’affitto di casa a chi non ha più mezzi. 
Padre Halim ha assistito an­che a casi di conversione for­zata. Ai cristiani rapiti viene data una scelta: «O ti converti all’islam, o lasci il Paese. Mol­ti li ritroviamo in Libano, per­ché hanno preferito lasciare la casa e tutto quello che a­vevano piuttosto che rinne­gare la propria fede». 
Alla ri­volta i cristiani non piaccio­no. Gli insorti, in particolare le frange jihadiste, sognano la nuova Siria senza di loro. I religiosi francescani se n’e­rano già accorti quando ave­vano ammazzato padre Mourad, qualche mese fa.

Bab Touma: i Martiri Francescani
La più recente conferma è il ca­so di Maalula, luogo simbo­lo della cristianità ostaggio dei jihadisti. «Ai frati è chie­sta la testimonianza fino al martirio, lo sanno», dice con­sapevole Halim. Ma riman­gono lì, fedeli alla vocazione francescana di aiutare tutti. «Se i frati decidessero di an­dare via, per i cristiani sa­rebbe un duro colpo. Non a­vrebbero più un punto di ri­ferimento ». 

E vivere in quel­la terra, che è la loro terra, è segno di speranza per tutti. «Se i frati continuano a stare lì, allora anche tutte le per­sone aiutate – e sono tante – continueranno a vivere con loro. Perché quando questa guerra inutile sarà finita, al­lora tutti dovranno rimboc­carsi le maniche per rico­struire il Paese devastato». 
Il custode, padre Pizzaballa, intervenendo nei giorni scorsi ha dichiarato: «La que­stione siriana è delicatissima e i civili sono inermi davan­ti alla ferocia di quanto sta accadendo; la preghiera è u­no strumento indispensabi­le ma è urgente sostenere la popolazione, sfiancata dal massacro». 
È possibile aiu­tare la Custodia in Siria tra­mite http://www.proterrasancta.org/it/aiuta-la-terra-santa/aiutaci/



Pizzaballa: "Aiutateci  a sostenere la popolazione siriana e a dare un appoggio concreto a tutti i frati e i religiosi che vivono in Siria, perché possano continuare a essere un segno di speranza per tutti.”



Beirut (AsiaNews) - "La guerra in Siria spinge ogni giorno migliaia di persone a fuggire dalle proprie abitazioni e dal Paese. La maggior parte dei profughi e dei rifugiati interni ed esterni pensa che non potrà mai più fare ritorno nei propri villaggi. Chi è fuggito in Libano cerca di emigrare in Europa o in altre nazioni. Grazie alle donazioni diamo speranza ai siriani per convincerli a restare. La Siria, culla del cristianesimo e simbolo di unità fra cristiani e musulmani, rischia di scomparire". E' quanto afferma ad AsiaNews p. Halim, missionario francescano della Custodia di Terra Santa ed ex provinciale della Siria. Il sacerdote lancia un invito a tutti i cristiani a rispondere all'appello lanciato da Ats pro-Terra Sancta, l'organizzazione non governativa della Custodia, a favore della popolazione civile.

Per p. Halim la situazione è sempre più difficile per i cristiani e per tutta la popolazione, che in aree come Aleppo e i monti dell'Oronte non hanno più acqua, elettricità, gas e rischiano di morire di fame. Il sacerdote spiega che nemmeno i suoi confratelli riescono a comunicare con l'esterno e vivono questo dramma insieme alla gente. "I nostri frati - spiega - lavorano ogni giorno con queste persone, senza distinzione di fede per sostenerli sul piano economico e spirituale. I francescani non fanno politica e aiutano le famiglie bisognose, che hanno perso, tutto sostenendole e all'interno della Siria e fuori dal Paese, ospitando i senza tetto nei conventi".
Nonostante la guerra, i bombardamenti e le minacce degli estremisti islamici, sono 11 i frati francescani che hanno scelto di restare in Siria per prendersi cura della popolazione ad Aleppo, Damasco, Azizieh, Lattakiahe e Kanyeh.
Nel lanciare l'iniziativa p. Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa, ha dichiarato: "La questione siriana è delicatissima e i civili sono inermi davanti alla ferocia di quanto sta accadendo; la preghiera è uno strumento indispensabile ma è urgente sostenere la popolazione, sfiancata dal massacro, con un aiuto concreto. Chiedo a chi può, oltre a pregare, di  mandare aiuti. Non materie prime -  è inutile perché  non possono entrare - ma il denaro necessario per comprare (purtroppo anche al mercato nero), ciò che serve per vivere a tantissime famiglie, soprattutto le più povere".




Per ognuno di noi sarà possibile sostenere la Siria con una piccola offerta, indirizzata al conto dell’Associazione di Terra Santa e diretta ai bisogni dei siriani.

Di seguito le modalità di donazione per sostenere i francescani nel loro lavoro in Siria:
° 150 euro per sostenere una famiglia di tre persone per 2 settimane
° 500 euro per aiuti umanitari a 3 famiglie di un campo profughi per 3 settimane
° 1000 euro per il sostentamento della mensa per i più poveri per 1 mese
Le donazioni vanno effettuate sul conto:
ATS - Associazione di Terra Santa
Banca Popolare Etica - IBAN: IT67 W050 18121010 0000 0122691
BIC CODE: CCRTIT2T84A
Causale: Emergenza Siria.

http://www.asianews.it/notizie-it/Frate-francescano:-Una-speranza-per-i-siriani-sotto-la-guerra.-Appello-della-Custodia-di-Terra-Santa-28992.html

martedì 1 ottobre 2013

Nuove incursioni di bande armate a Sednaya; i cristiani si rifugiano nella fede e nella preghiera


Agenzia Fides -  1/10/2013

Damasco – Dopo Maalula, ora tocca a Sednaya, anch'esso villaggio a Nord di Damasco, noto per il patrimonio storico, culturale e religioso, caratterizzato da larga presenza di chiese e monasteri cristiani, e da una comunità locale che parla ancora l’aramaico. 
Come appreso da Fides, il villaggio è sotto costante minaccia di milizie islamiste provenienti da Yabroud e dalle montagne libanesi, oltre confine, che organizzano incursioni e blitz per terrorizzare la popolazione civile. Nei giorni scorsi già c’è erano stati i primi scontri e un uomo cattolico è morto. Ieri una nuova incursione ha fatto un morto e un ferito fra i cristiani locali. 
Un religioso di Sednaya, che chiede l’anonimato, nota a Fides che “si tratta di banditismo ma è anche una vendetta contro i cristiani. Non vorremmo dare a questi atti un significato di persecuzione religiosa, ma sono comunque attacchi mirati che hanno l’effetto di creare scompiglio e paura tra i civili, presupposti per la fuga”. La tattica delle bande armate ora è quella di incursioni improvvise che creano terrore fra i civili, generando un esodo. A quel punto, il villaggio potrà essere invaso. “Oggi la gente di Sednaya teme di avere lo stesso destino di Maalula”, conclude il religioso.

I civili di Maalula, intanto, tutti sfollati a Damasco, hanno formato un “Comitato”.



funerale dei martiri di Maloula
 Uno dei rappresentanti del Comitato spiega a Fides: “Ci appelliamo con forza alla comunità internazionale. Nessuno ci aiuta, il radicalismo islamico si fa sempre più discriminatorio. Ci sentiamo non protetti. Nessuno fa qualcosa per prevenire questi abusi dei diritti umani: chiediamo un intervento della Commissione Onu di Ginevra”. I cristiani si sentono in pericolo: infatti, viste le migliaia di bande armate disseminate sul territorio siriano, è praticamente impossibile proteggerli.

Intanto “fra i cristiani siriani, sempre più vulnerabili, c’è un risveglio spirituale, un rinnovato slancio nelle fede, alla preghiera e alla vicinanza interconfessionale”, nota a Fides suor Carmel, che assiste gli sfollati a Damasco. “Nella estrema sofferenza e sull’esempio dei martiri, come p. Murad o il giovane Sarkis di Maalula, stiamo ritrovando una fede più densa, profonda e unitiva”, afferma la religiosa cattolica. I cristiani sono riluttanti a prendere le armi, anche per difesa, e i leader religiosi continuano a ribadirlo. Ripudiano la logica di un conflitto settario ma, in varie località, si stanno formando piccoli comitati popolari per prevenire le violenze. 


Wadi al Nasara, la Valle dei Cristiani

Accade, ad esempio, nella cosiddetta “Valle dei cristiani” (“Wadi al Nasara”), nella Siria occidentale, storica roccaforte dei cristiani siriani. Nella valle vi sono oltre 50 villaggi cristiani, con 100mila fedeli, cui si sono aggiunti oltre 200mila profughi. Anche questi villaggi subiscono incursioni di gruppi armati. 

http://www.fides.org/it/news/53647-ASIA_SIRIA_Nuove_incursioni_di_bande_armate_a_Sednaya_i_cristiani_si_rifugiano_nella_fede_e_nella_preghiera#.Ukq1vW1H4ic


"Ho visto i ribelli uccidere i cristiani che non si convertivano all'Islam" 


Sydnàya si difende. L'inviata Lucia Goracci

Video : http://www.rainews24.rai.it/it/video.php?id=36212

lunedì 30 settembre 2013

Ecco le cifre del disastro siriano

Macchinari per la lavorazione del cotone da Deir Ezzor smantellati verso la Turchia














Agenzia Fides -

25/9/2013

merci rubate dalle industrie di Aleppo, portate in Turchia 



Aleppo – Le cifre della catastrofe siriana non si fermano al devastante conteggio dei morti e dei feriti. 
In una nota inviata all'Agenzia Fides, l'Arcivescovo Jean-Clément Jeanbart, Metropolita di Aleppo dei greco-cattolici, raccoglie altri dati quantitativi che contribuiscono a far comprendere le dimensioni del disastro. 
“In questi ultimi mesi, solo a a Aleppo” racconta l'Arcivescovo “1400 fabbriche e officine sono state saccheggiate, demolite o bruciate, mentre in tutto il Paese più di duemila scuole sono state devastate o messe fuori uso, 37 ospedali insieme a un migliaio di piccole cliniche e dispensari sono stati vandalizzati. La gran parte dei silos di grano sono stati svuotati, le centrali elettriche sabotate, le linee ferroviarie smantellate e le strade bloccate e rese pericolose e impraticabili a causa della bande armate che terrorizzano i viaggiatori che osano spostarsi e si azzardano a uscire fuori città. 

Davanti a queste avversità e alle sventura in cui siamo precipitati” aggiunge mons. Jeanbart “non ci resta che affidarci alla Misericordia divina, la sola capace di liberarci e ristabilire la pace nel Paese. (…). Che la Santa Croce del Signore illumini quelli che hanno il potere. Noi non possiamo che ringraziare Papa Francesco per i suoi appelli ripetuti e insistenti alla preghiera per la pace in Siria.

http://www.fides.org/it/news/53606-ASIA_SIRIA_L_Arcivescovo_greco_cattolico_di_Aleppo_ecco_le_cifre_del_disastro_siriano#.UkNAKW1H4ic

I Patriarchi cattolici d'Oriente: la primavera araba si è trasformata in ferro e fuoco. A novembre un summit con Papa Francesco


Agenzia Fides 28/9/2013

Bkerké - Nella giornata di venerdì 27 settembre, il Consiglio dei Patriarchi cattolici d'Oriente si è riunito nella sede del Patriarcato maronita a Bkerké (Libano) per una riflessione condivisa davanti alle convulsioni che sconvolgono la regione mediorientale, mettendo a rischio il futuro di comunità cristiane di tradizione apostolica radicate in quell'area. Alla riunione, ospitata dal Patriarca maronita e cardinale Bechara Boutros Rai, hanno preso parte tra gli altri il Patriarca caldeo Louis Raphael I Sako, il Patriarca greci-melkita Grégoire III Laham, il Patriarca siro-cattolico Ignatius Yusuf III Yunan e il Patriarca armeno cattolico Nerses Bedros XIX.

Nell'intervento d'apertura, il Patriarca Rai ha fatto riferimento al Sinodo ordinario sul Medio Oriente svoltosi in Vaticano nell'ottobre 2010, ricordando che proprio la fine di quel Sinodo “coincideva con l'inizio della Primavera araba. Disgraziatamente” ha commentato il Patriarca maronita “quella Primavera si è trasformata in inverno, in ferro e fuoco, in stragi e distruzioni, proprio quando i popoli aspiravano a una nuova vita e a delle riforme, nell'universo della globalizzazione”. Oggi più che mai – ha continuato il cardinale libanese - “questa regione ha bisogno del Vangelo di Gesù, quello della pace, della verità, della fraternità e della giustizia, perché se il mondo perde il Vangelo, conoscerà una situazione di distruzione, come quella che noi viviamo oggi”.

Il Patriarca Rai ha anche riferito che i Patriarchi cattolici d'Oriente si ritroveranno a Roma con Papa Francesco per un incontro “che avrà luogo a novembre e al quale si uniranno anche rappresentanti delle Chiese ortodosse”.
Fonti della Chiesa maronita confermano all'Agenzia Fides che l'incontro del Papa con i Patriarchi cattolici è previsto per il prossimo 22 novembre, dopo l'assemblea plenaria della Congregazione per le Chiese orientali. Nelle riunioni con il Papa e i suoi collaboratori, i Patriarchi cattolici del Medio Oriente, insieme agli Arcivescovi maggiori che guidano le altre compagini ecclesiali cattoliche di rito orientale, richiameranno l'attenzione su questioni pastorali e canoniche come l'elezione dei vescovi nelle Chiese cattoliche orientali. Il summit fornirà anche occasione per riflettere insieme sul futuro dei cristiani in Medio Oriente, nel tentativo di delineare criteri di discernimento pastorale condivisi davanti ai conflitti che dilaniano la regione, a partire dalla tragedia siriana.

http://www.fides.org/it/news/53626-ASIA_LIBANO_I_Patriarchi_cattolici_d_Oriente_la_primavera_araba_si_e_trasformata_in_ferro_e_fuoco_A_novembre_un_summit_con_Papa_Francesco#.Ukc2v21H4ic

sabato 28 settembre 2013

Missili sulle chiese, battaglia a Sednaya, storica sede della cristianità!



Agenzia Fides - 28/9/2013

Aumenta di giorno in giorno la preoccupazione dei cristiani siriani: dopo Maalula, villaggio a nord di Damasco invaso da gruppi jihadisti, è a rischio Sednaya, altro villaggio cristiano a Nord di Damasco, “cuore pulsante del cristianesimo siriano”, sede di numerosi monasteri e chiese di diverse confessioni e storico luogo di pellegrinaggi. 


Proseguono, inoltre, attacchi mirati contro le chiese: come appreso da Fides, ieri ne sono state colpite due, a Yabroud e Hassakè. “Mai nella storia della Siria avevamo registrato tali attacchi sacrileghi e settari. I siriani non lo farebbero mai, sono attacchi di gruppi stranieri e questo è un pericolo per noi cristiani. Continuiamo a pregare per la pace, seguendo la strada tracciata da Papa Francesco”, commenta addolorato all’Agenzia Fides il Patriarca greco cattolico Gregorio III Laham. 
chiesa siriaca di Deir Ezzor

Secondo il racconto del Patriarca, ieri alle porte del villaggio di Sednaya vi è stato uno scontro armato fra gruppi armati non identificati, che tentavano di infiltrarsi in città, e la gente del luogo. Un giovane greco-cattolico è rimasto ucciso. La popolazione di Sednaya e terrorizzata, ricordando quanto accaduto a Maalula.


Intanto ieri quattro missili hanno colpito la Chiesa cattolica di san Giorgio a Yabroud, causando gravi danni alla cupola e al centro catechistico-pastorale. L’Arcivescovo melkita Jean-Abdo Arbach, che sovrintende alla chiesa, è andato sul luogo per verificare i danni e confortare i fedeli impauriti. 

Nella notte, secondo quanto riferito a Fides da fonti locali, è stata bruciata una chiesa ortodossa ad Hassake, mentre due giorni fa gruppi islamisti hanno dissacrato due chiese a Raqqa, rimuovendo croci e immagini sacre. 


I cristiani di Raqqa, spiega a Fides il prete siro-ortodosso p. Boulos George, sono stati costretti a fuggire, soprattutto ad Hassake e Qamishli, e sono vittime di una “discriminazione religiosa”. Nell’area di Raqqa – dove è stato rapito il gesuita p. Paolo Dall’Oglio – si registrano feroci scontri fra gruppi islamici che si combattono fra loro. Lo “Stato islamico di Iraq e Siria” combatte contro “Jubhat al Nosra” e contro unità dell’Esercito Libero Siriano (FSA). “E’ un conflitto per potere e denaro”, nota il sacerdote.


Our Lady of the Annunciation Melkite Catholic Church, Raqqa

Parlando a Fides, un veterano del FSA nota: “Per noi diventa impossibile proteggerei i più fragili, come le minoranze religiose. In alcuni luoghi vorremo essere aiutati anche dall'esercito regolare, perchè abbiamo visto uccisioni barbariche”. Secondo fonti di Fides, “scopo di tali azioni contro le minoranze è mostrare che per loro è impossibile vivere qui e frantumare la Siria su base confessionale”.
http://www.fides.org/it/news/53624-ASIA_SIRIA_Missili_sulle_chiese_battaglia_a_Sednaya_storica_sede_della_cristianita#.UkamuW1H4ic

venerdì 27 settembre 2013

Si costituisce il nuovo fronte islamista in Siria: "Ci guida solo la sharia, instauriamo il Califfato"



Siria, ormai è guerra di tutti contro tutti


La Bussola Quotidiana- 27-09-2013
di Gianandrea Gaiani

Mentre al Palazzo di Vetro sembra configurarsi un’intesa tra Washington e Mosca per una risoluzione che imponga a Damasco il disarmo chimico citando solo generiche “conseguenze” nel caso l’impegno venisse disatteso, il conflitto siriano è ormi divenuto ufficialmente uno scontro tra tre diversi protagonisti politici e militari. Dopo mesi di scontri sempre più sanguinosi all’interno della galassia delle bande dei ribelli le milizie islamiste hanno annunciato la costituzione di un organismo congiunto. Di fatto oggi a contendersi il controllo del Paese sono non meno di tre fazioni:

i governativi fedeli a Bashar al Assad  con gli alleati hezbollah libanesi, pasdaran iraniani e miliziani sciiti iracheni

i ribelli laici (pochi) e islamici moderati della Coalizione Nazionale Siriana guidata da esponenti dei Fratelli Musulmani

- il neocostituito network “Islam e Sharia” che raccoglie almeno 13 gruppi armati salafiti e qaedisti.

Di quest’ultimo raggruppamento, dichiaratosi ostile al Cns come al governo di Damasco, fanno parte le milizie militarmente più forti tra le tante presenti sul fronte degli oppositori a Bashar al Assad e quelle che hanno conseguito maggiori successi sul campo di battaglia e che controllano le porzioni più ampie dei territori “liberati”. Superfluo aggiungere che si tratta anche dei gruppi che hanno beneficiato dei miliardi di dollari e migliaia di tonnellate di armi e munizioni forniti da sauditi, qatarini e altri emirati del Golfo.
Al manifesto di Islam e Sharia, reso noto con un video sui siti internet jihadisti e reso noto dalla Bbc, hanno aderito il Fronte al-Nusra dichiaratamente legato ad al-Qaeda, la brigata salafita Ahrar al-Sham e dalla Brigata Tawheed considerata vicina ai Fratelli Musulmani ma poi passata quest’anno su posizioni islamiche più oltranziste.
Tutte milizie distintesi per le violenze sui prigionieri e sui civili sciiti e cristiani.

Raqqa: demolito il crocifisso, viene issato lo stendardo di al -Nousra sul campanile della Chiesa cattolica

Il nuovo organismo considera avversari gli oppositori “moderati” al regime siriano definiti «gruppi che si sono costituiti all'estero senza un ritorno nel Paese che non ci rappresentano». Per questo gli islamisti invitano “tutte le forze militari e civili” a unirsi sotto una «chiara cornice islamica sulla base della sharia, che dovrebbe essere l'unica fonte di diritto» come ben sanno migliaia di cittadini siriani “liberati” costretti a subire la legge coranica. Le forze confluite nel nuovo organismo «ritengono di poter essere rappresentate in modo legittimo solo da coloro che hanno vissuto la stessa esperienza e condiviso lo stesso sacrificio dei loro figli onesti» e «pertanto non riconoscono né la Coalizione nazionale né il governo ad interim degli oppositori nelle zone liberate della Siria».

Evidente quindi che l’obiettivo di Islam e Sharia è scardinare il consenso sorto intorno al CNS riconosciuto da oltre cento Paesi come rappresentante legittimo dell'opposizione siriana indirizzando la rivolta su basi prettamente islamiste che rinuncino a ogni pur vago richiamo alla democrazia per sostenere il Califfato, modello di Stato autoritario basato sulla sharia. A conferma che le armi e il denaro di cui dispongono gli islamisti contribuiscono a fare proselitismo tra i combattenti di altre milizie  ad Islam e Sharia hanno aderito anche alcune brigate dell'Esercito Libero Siriano (Els), la formazione militare composta da disertori dell’esercito di Assad ormai frazionatasi in diverse bande. Alcune laiche, altre islamiche moderate, altre ancora di ispirazione salafita. Al momento non sembra aver aderito al “cartello” lo Stato Islamico dell'Iraq e del Levante, braccio operativo di al-Qaeda in Iraq e Siria, forse desideroso di mantenere la propria autonomia da un organismo che pare essersi costituito su “suggerimento” di Riad.

Negli ultimi giorni le battaglie tra le milizie islamiste e quelle moderate si sono intensificate in tutta la Siria. Il 23 settembre almeno 26 persone sono morte in scontri tra qaedisti dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante e i ribelli dell'Els nella provincia di Idlib, nel nord della Siria, a pochi chilometro dalla frontiera con la Turchia. Tra i caduti anche Abu Abdullah al-Libi, uno dei più importanti comandanti qaedisti. Ieri invece i miliziani del Partito dell’unione democratica de Kurdistan (Pyd) hanno attaccato i jihadisti ad Atma, sempre sul confine turco. Dal giugno scorso è in corso un’offensiva dei gruppi jihadisti per cercare di togliere agli uomini del Pyd (che accusano Ankara di appoggiare gli islamisti) il controllo di parte delle aree del Nord prevalentemente curde da dove si sono ritirate le forze governative di Damasco.

Per Lakhdar Brahimi, il rappresentante speciale Onu nel Paese mediorientale, il rischio è che in Siria vi sia «una guerra nella guerra e che si arrivi alla conferenza di Ginevra senza una rappresentazione vera dell'opposizione visto che le divisioni sono evidenti anche tra le frange moderate. Nelle prossime ore il leader del Cns, Ahmad Al-Jarba cercherà di ricucire lo strappo tra le diverse fazione ma nel crescente caos che caratterizza il conflitto siriano emerge sempre più chiaramente che l’unica alternativa al regime di Assad è il Califfato islamista.

http://www.lanuovabq.it/it/articoli-siria-ormai-e-guerra-di-tutti-contro-tutti-7375.htm




Cattive notizie dal fronte orientale: con il passaggio di 13 brigate dei cosiddetti ribelli siriani nelle file di Al Qaeda, il network del terrore si allarga e diventa il protagonista unico della campagna militare contro Assad. I cosiddetti ribelli siriani, legati a doppio filo con gli apparati militari occidentali, restano una sparuta minoranza, con ruoli di rappresentanza, da portare ai convegni, e di monitoraggio, da utilizzare cioè come agenzia stampa per “documentare” i crimini del regime di Assad (non quelli di altri, ovvio).
Da tempo sul campo si assiste a una guerra intestina, alquanto sanguinosa, tra le fazioni avverse a Damasco: anche a Goutha, luogo dove è stata perpetrata la strage al centro dell’interesse internazionale, c’erano scontri tra fazioni avverse, cosa che ha aumentato la confusione intorno alla vicenda.
Con questa migrazione di miliziani sotto le proprie bandiere, al Qaeda incassa la più significativa vittoria dall’inizio del conflitto. 

Dal momento che sarà difficile portare al Qaeda al tavolo dei negoziati, la svolta risulta un ennesimo ostacolo sulla via della risoluzione del conflitto. Una pacificazione con la fazione egemonizzata dal cosiddetto libero esercito siriano avrebbe ben poche conseguenze sul campo. Per estinguere l’incendio, quindi, occorrerà altro: anzitutto prosciugare il fiume di denaro che alimenta queste fazioni estreme, che tutti sanno da dove proviene...


http://www.piccolenote.it/13898/si-spacca-la-coalizione-anti-assad-13-brigate-passano-con-al-qaeda

mercoledì 25 settembre 2013

Per non dimenticare le lacrime di Maalula



Nel piccolo villaggio siriano che custodisce il sepolcro di santa Tecla 

 da: L'Osservatore Romano 25 settembre 2013

di Manuel Nin

 Il 24 settembre nei calendari liturgici delle Chiese cristiane si celebra la festa di santa Tecla, che nel sinassario della Chiesa bizantina viene chiamata "megalomartire" e "isapostola" (pari agli apostoli), a causa del suo tradizionale vincolo con l'apostolo Paolo. La celebrazione di questa grande martire, mi ha riportato nel ricordo e nella preghiera a Maalula, luogo della Siria che ne custodisce il sepolcro, che dal primo secolo fino ai nostri giorni conserva la testimonianza del sangue versato per Cristo.

La celebrazione di santa Tecla mi ha portato anche alla sponda occidentale del Mediterraneo, alla sede "paolina" di Tarragona che venera Tecla in modo speciale. Tra le due rive del Mediterraneo la festa della santa martire diventa una festa oserei dire "pontifex" tra Oriente ed Occidente, dalla Siria a Tarragona. Oriente ed Occidente che hanno camminato insieme lungo i secoli nella devozione ai martiri, adesso nei nostri giorni non possono ignorarsi nella difesa e nella memoria dei cristiani delle terre del vicino oriente.

Maalula è un piccolo e bellissimo villaggio della Siria, arroccato nelle montagne che fanno da frontiera con il Libano; quasi la porta di passaggio o di ingresso tra l'uno e l'altro dei due Paesi fratelli. Infatti il significato siriaco della parola Maalula è "entrata", "ingresso". È un piccolo villaggio con delle casupole che scendono verso la valle, verso il deserto lungo la schiena delle montagne del Qalamoun, la catena dell'Antilibano. Vi risiedono qualche migliaio di persone a maggioranza cristiana, e si trova a una cinquantina di chilometri a nord di Damasco. Questo villaggio incorniciato tra le montagne e il deserto, di una bellezza unica; piccolo alveare di case bianche che fanno un tutt'uno quasi senza soluzione di continuità col giallo delle montagne; questo piccolo borgo che possiede uno dei monasteri più antichi della zona dedicato ai santi martiri Sergio e Bacco, curato dai monaci salvatoriani della Chiesa melchita greco cattolica; questo paesino che custodisce il corpo della santa martire Tecla, la discepola di Paolo; questa piccola comunità che si esprime nella lingua con cui il Signore insegnò ai suoi discepoli a pregare e dire "Abbun…", Padre nostro...

Questo villaggio piccolo, luminoso dal biancore delle mura delle case e dalla fede dei suoi abitanti a stragrande maggioranza cristiani, sia greco cattolici che ortodossi; curato e custodito come un gioiello da coloro che da secoli vi abitano, in questi giorni è riemerso nella cronaca, in prima pagina, per pochi giorni purtroppo come notizia, ma per molti giorni, troppi silenziosamente martellato e trucidato dalle armi impietose di coloro il cui unico linguaggio è la costrizione e la violenza; un linguaggio che non conosce sicuramente quella lingua con cui il Signore insegnò a perdonare e pregare per i persecutori.
Paesino luminoso che nei nostri giorni si è tinto di rosso e di nero. Di rosso col sangue di tanti dei suoi abitanti che l'hanno versato per causa della loro fede in Colui che parlava la loro stessa lingua, in Colui che insegna loro il perdono, la riconciliazione; in Colui che chiama loro e anche noi "beati" quando siamo operatori di pace, quando siamo perseguitati, uccisi a causa del suo nome. Di nero dal fumo delle chiese, delle case e dei monasteri bruciati e distrutti; dal fumo delle armi, e dell'accecamento che impedisce di vedere altro cammino che l'uso della forza e della morte.


Ho visitato quella regione nel luglio 2008, assieme a un gruppetto composto da due sacerdoti e altrettanti seminaristi greco cattolici, libanesi e siriani. Una visita di soltanto due giorni in quella parte della Siria, un viaggio che comprese Damasco, Maalula e Saydnaya, un altro paesino a pochi chilometri dal primo con delle testimonianze cristiane importanti. Fu certamente un pellegrinaggio al luogo della conversione di Paolo, la visita a quella "via diritta" a cui fu mandato Anania alla ricerca di quell'uomo accecato dalla luce del Risorto; il camminare per quelle stradine della vecchia Damasco, quei cunicoli da cui pareva che da un momento all'altro poteva apparire l'apostolo delle Genti in tutta la sua statura, con tutta la forza della sua parola. Potei stare poche ore in quel luogo, ma gustai l'accoglienza fraterna dei sacerdoti del patriarcato greco cattolico di Damasco.

La visita a Maalula e Saydnaia invece fu di un giorno e mezzo; è una regione che conta con una grande quantità di chiese e di monasteri. La tradizione vuole che santa Tecla si sia rifugiata nella zona di Maalula per sfuggire alla persecuzione della sua famiglia dopo essersi convertita al cristianesimo grazie a san Paolo. Per nascondersi ai persecutori, Tecla fuggendo si rifugiò tra le montagne che aprirono come un grembo le sue pareti per farle un passaggio; fessure tra le montagne ancora visibili nei nostri giorni.



Nel monastero di mar Sarkis (san Sergio) fummo accolti dal monaco salvatoriano che in quei giorni si trovava come custode del luogo; già alunno del Pontificio Collegio Greco di Roma, è uno dei principali conoscitori e studiosi delle tradizioni musicali bizantine. L'accoglienza veramente fraterna protrattasi per un paio d'ore attorno a un caffè, ma soprattutto attorno alla storia di quel luogo venerabile raccontata con la passione e l'amore di qualcuno che racconta la storia della propria famiglia, la storia "di casa"; la visita dettagliata del monastero, della bellissima chiesa, con delle icone di uno splendore unico, attorno a quell'antichissimo altare semi circolare 
sicuramente precedente al concilio di Nicea del 325; 


accoglienza veramente fraterna che si concluse con la preghiera del Padre nostro nella lingua del Figlio Unigenito, Verbo di Dio incarnato.
Oggi le notizie che ci arrivano di Maalula sono poche, confuse, frammentarie, ma tutte ci parlano di sofferenza, di distruzione, di morte. Di persone innocenti, uomini, donne, bambini, preda della rabbia cieca. Oggi Maalula è stata saccheggiata nelle sue chiese, monasteri, case; nelle sue sacre icone, rubate e profanate; in quella che è l'icona per eccellenza, l'uomo e la donna di quei luoghi da sempre pacifici, tolleranti, dialoganti, da sempre beati perché operatori di pace.

Quasi duemila anni fa le montagne siriane attorno a Maalula si aprirono per accogliere la grande martire Tecla; quelle stesse montagne, quelle stesse terre continuano ad aprirsi e accogliere oggi le lacrime, il sangue, la testimonianza cristiana dei nostri fratelli che in quei luoghi come Tecla confessano Cristo, confessano il Risorto che continua, ne siamo certi, a farsi vivo nel cammino di Damasco.


Appello del Patriarcato greco-ortodosso di Antiochia

Servono acqua e viveri per le religiose e i bambini dell’orfanotrofio del monastero di Santa Tecla a Maalula


Assicurare il necessario approvvigionamento di viveri per gli abitanti del monastero di Santa Tecla, vale a dire per le monache e i bambini dell’orfanotrofio, una quarantina di persone in tutto impossibilitate a uscire se non a rischio della loro vita: è quanto chiede il Patriarcato greco-ortodosso di Antiochia e di tutto l’Oriente nell’appello lanciato oggi alla Croce Rossa siriana e alla Croce rossa internazionale, nonché a tutte le organizzazioni umanitarie impegnate in territorio siriano. La guerra è arrivata anche nel villaggio di Maalula e i colpi di artiglieria sfiorano il monastero di Santa Tecla. «Le operazioni militari si amplificano nel nostro amato Paese», si legge nel comunicato, ed «è l’essere umano che paga il prezzo di questa tragedia», sopportando la sofferenza, fuggendo dai luoghi di origine, con la fame, con la sete. 





 http://www.vatican.va/news_services/or/or_quo/text.html#6 

lunedì 23 settembre 2013

Madre Marie-Agnes denuncia: Ghouta, la grande manipolazione


Lettera da Mar Yakub , di  Padre Daniel 
 ( venerdì 13 settembre – 20 settembre 2013)

Lettera di Vladimir Putin agli Americani  (N.Y.Times 12/9/2013)
Putin comunica in modo sottile che un’aggressione militare non è a vantaggio neanche dell'America e che le proteste sono nel mondo intero, fra l’altro anche da parte di papa Francesco. Putin ricorda che il Consiglio di Sicurezza dell’ ONU rimane fedele al principio di unanimità, precisamente per evitare aggressioni arbitrarie, di un popolo verso un altro. Putin avverte che sarebbe una catastrofe ripetere ancora una volta lo stesso errore compiuto in Iraq e Libia. C’è stato un attacco con il gas tossico, continua Putin, ma tutto indica che non è stato fatto dall’esercito Siriano, ma dai ribelli, precisamente per provocare un attacco militare. Il discorso di Obama al popolo Americano martedì scorso, Putin l’ ha studiato molto bene: in questo discorso il presidente Americano dice: “Quello che distingue l'America dagli altri paesi è che noi siamo eccezionali”. Questa, dice Putin, è una dichiarazione molto pericolosa. “Noi siamo tutti differenti, ma quando chiediamo la benedizione al Signore, non possiamo dimenticare che Dio ci ha creato tutti uguali”.
Con questo, Putin ha dato una rinfrescata alla memoria di Obama. Infatti, nella Costituzione Americana è scritto che Dio ha creato tutti gli uomini uguali! Oh sì, un presidente dell’America che si occupa di tanti affari “importanti ” può certamente dimenticare “questa bagatella”...

Ancora una volta: l’attacco con gas tossici in Ghouta
Sulla base delle dichiarazioni ufficiali dei Servizi di US, UK e FR, un nuovo studio ha dimostrato contrasti flagranti (Th.Meyssan, I massacri de la Ghouta. Les contradictions des services secrets occidentaux):
 Il numero delle vittime - secondo le loro dichiarazioni ufficiali - varia tra i 281 e 1429. Una sospetta, grande differenza nelle loro comunicazioni ufficiali. Non è vero? Certe immagini sono già apparse  sul Web prima. Nelle foto dei bambini non ci sono né mamme né genitori. Com’è possibile ciò in Medio Oriente? Di 1429 vittime ci sono solo due donne? Si tratta qui di un gas speciale che risparmia le donne? Le madri che sono sopravvissute al massacro di Lattakia due settimane prima (con centinaia di morti e di rapiti, su cui la stampa occidentale non ha pronunciato parola) hanno riconosciuto sulle foto di Ghouta i loro bambini rapiti. 
 James Clapper, Capo del servizio segreti d’informazione americana sostiene (naturalmente senza prova) che loro erano capaci di osservare l’esercito Siriano già quattro giorni prima dell’attacco e che loro hanno visto l’esercito Siriano nella preparazione del gas per l’attacco. Se ciò fosse vero, perché non lo avrebbero comunicato? E perché non sarebbero intervenuti prima? I servizi segreti dell’occidente pretendono di aver preso campioni e hanno comunicato subito i loro risultati con 100% di sicurezza che l’esercito Siriano ha fatto un attacco chimico sul proprio popolo mentre la commissione ufficiale ha bisogno di giorni per l’investigazione. È chiaro che questo “footage ”, accompagnato da una propaganda di massa, è un gioco deliberatamente pianificato. Il rapporto conclude: i “leader” di USA, UK e FR sono colpevoli davanti al Tribunale Internazionale Penale per aver commesso il reato di propaganda di guerra. Questo reato nel diritto internazionale è un crimine grave, perché contribuisce all’avvio di tanti altri crimini, compresi i crimini contro l’umanità.

Il generale Francese Dominique Delawarde dà un colpo ancor più serio. 
(“Syrie, ingérence déliberée, prétexte douleux”, 12 sept. 2013). Egli è un esperto del Medio Oriente . Le cosiddette “prove inequivocabili del governo Francese sono - secondo lui -completamente incredibili”. Il generale le considera una nuova manipolazione per provocare un intervento militare. Il generale riferisce infatti quello che abbiamo già comunicato prima e dà una risposta alla domanda essenziale: chi ha interesse veramente in tutto questo?
Il generale parla anche di fatti antecedenti in Timisoara, nel dicembre 1989, dove sarebbero stati  massacrati circa 4632 uomini, il che ha causato la caduta di Nicolae Ceauscescu. In seguito la verità è venuta fuori: alcuni cadaveri sono stati prima esumati, dopo malmenati e alla fine filmati e numerati. Cosi hanno ottenuto quello che volevano: l’esecuzione capitale di Ceauscescu. Il generale riferisce anche di manipolazioni identiche in Bosnia e Kosovo (quando lui era ancora in servizio). In seguito, il generale spiega come è facile per l’opposizione  organizzare un attacco con gas tossico in Siria : prima sequestrano persone, dopo le uccidono con gas e filmano gli ultimi momenti di vita delle loro vittime. Dopo chiamano l’ ONU e gli USA, e parlano di una cifra che nessuno sa controllare. Alcuni cosiddetti testimoni ingrandiscono la storia. Qui viene l’aiuto di esperti dei servizi speciali dei governi internazionali. Il generale aggiunge che oggi la Germania, Canada e le UK cominciano a dubitare di partecipare ad un intervento militare, perché anche loro hanno cominciato a sospettare che si tratta di manipolazioni che si verificheranno tra poco. Il generale comunica anche che Israele sarebbe stato soddisfatto di un intervento militare e di una Siria (e Egitto) paralizzata e rigettata 50 anni indietro nella storia. Il generale denuncia il disconoscimento delle convenzioni di Ginevra. Nel 2009 Israele ha fatto in Gaza un massacro di massa con bombe al fosforo; quello è proibito secondo le convenzioni di Ginevra. 1300 uomini hanno perso la vita di cui 900 civili e 300 bambini, una cifra tutto sommato controllabile. Perché non sono intervenuti dopo questo? Ci sono massacri di massa che sono permessi? Il generale ricorda che Carla Del Ponte ha già dichiarato il 6 maggio 2013 che i ribelli hanno usato gas tossico, su cui USA hanno subito risposto che non c’erano abbastanza prove. In seguito, il generale ricorda il rapporto degli osservatori della Lega Araba sulla violenza all’inizio della crisi Siriana. Nel numero 28-29 loro denunciano la manipolazione di massa (gennaio 2013)... E infine l’espressione “comunità internazionale", usata tanto generosamente dalla stampa e dai politici. Infatti, questa comunità internazionale comprende solo USA, UK e FR, che sono solo l’8 % della popolazione mondiale. Lui conclude: “Non credo un solo momento nelle prove inequivocabili del governo Francese per giustificare un intervento militare in Siria.” Il generale spera che il rapporto finale dell’attuale commissione inquirente dell’ ONU sarà imparziale. Ma il generale ha un atteggiamento molto critico. Se le sovvenzioni degli USA sono tanto vitali per l’esistenza dell’ONU, sarà possibile che l’ONU possa operare in modo  indipendente?

Come un razzo in pieno cielo c’è uno studio dettagliato ed esteso  sui 35 video, da parte di Madre Agnes-Mariam, presidente di ISTEAMS (International support for mussalaha in Siria).
Genitori di bambini rapiti in Lattakia hanno fatto un appello alla Madre per sapere quello che è successo ai loro bambini. Il 4 agosto, i combattenti di Al Nousra avevano invaso 11 villaggi Alawiti e hanno fatto un massacro di massa e rapimenti. Questo era il loro punto di partenza. Il 5 settembre 2013, gli USA e loro alleati hanno diffuso immagini dell’attacco chimico in Ghouta. Madre Agnes-Mariam ha studiato a fondo queste immagini video e foto, cioè il tempo quando sono stati fatti e il tempo nel quale sono state diffusi. Potete ad esempio vedere come è stata usata una foto delle vittime della Piazza Adawi al Cairo (Egitto), presentata come foto delle vittime dell'attacco chimico.
 Si vede come questi bambini sono presentati prima morti e dopo si vede gli stessi bambini di nuovo in vita. Si vede anche che gli stessi locali sono di nuovo riempiti di bambini nuovi… Questi bambini sono senza nome e senza famiglia. Come è possibile in un paese rurale dove tutti conoscono tutti? Per di più: la maggior degli abitanti erano già fuggiti a causa dei combattimenti intensi. Che fanno questi bambini in Est Ghouta senza madre e senza famiglia? I sopravvissuti di Lattakia hanno riconosciuto famigliari sulle immagini di Ghouta. Infine, nel video si mostrano 8 persone, da cui 3 non hanno il vestito bianco, come se li stessero seppellendo. Dove sono tutti gli altri? Al suo rapporto di 44 pagine, la madre Agnes-Mariam aggiunge una lista di 259 persone dei villaggi Alawiti di Lattakia menzionando i loro nomi, età e se erano stati uccisi, rapiti o dispersi. Tra poco il rapporto sarà completato ed ampliato con esperti, dottori legali o dei chimici, per poter investigare la presenza degli uomini con i bambini e se i sintomi dei bambini coincidono con quello che dicono. Stanno organizzando un gruppo internazionale di esperti, che investigheranno a fondo le prove per presentarle davanti alla Corte Penale Internazionale.


Lo stesso bimbo filmato è usato in diversi video con diversi scenari, in ambienti differenti.



Almeno 9 bambini nel video dell'Ufficio Stampa di Al Marj Regione (a destra) sono stati trasportati da Kafarbatna (a sinistra) "fuori di ogni spiegazione medica o umanitaria"



Il bambino in maglietta rossa nel video da Zamalka (a sinistra) è ritratto con altri bambini nel video da Jobar (a destra)

Madre Agnes-Mariam fa un appello ai responsabili religiosi e civili, e anche ai ministri, senatori, parlamentari, organizzazioni umanitarie e a tutti quelli che amano la verità, la giustizia e la responsabilità per atti criminali. Madre Agnes-Mariam chiede un' indagine indipendente per investigare questa manipolazione dei media sull' abuso criminale di bambini.
In breve, i servizi segreti dell’occidente apparentemente ci contavano che l’affermazione di Joseph Goebbels, il nazi-ministro della propaganda, si verificasse ancora una volta, cioè che è più facile far credere ad una menzogna gigantesca che a una piccola menzogna. Il nazismo è stato smascherato e superato solo dopo 4 anni. Questa menzogna mostruosa contro la Siria dura già da 2 anni e mezzo. Però per questo attacco con gas tossico, noi aspettiamo nel frattempo, come dice un proverbio Fiammingo: “Chi scava una trappola per un altro, vi cadrà un giorno lui stesso.”
Il rapporto della commissione ONU. Secondo il vice-ministro Russo degli affari esteri, si tratta di un rapporto politicizzato, parziale e prevenuto. Egli dichiara che la Russia e la Siria hanno trasmesso alla commissione il materiale relativo agli attacchi con gas tossico usati dai ribelli in altri posti in Siria. La commissione non ha neanche preso in considerazione questo materiale. Esperti Britannici dicono che non c’è nessuna indicazione e che la Siria è responsabile per l’attacco con gas tossico. 
In un rapporto dettagliato di 41 pagine (datato 13 sett 2013), la commissione è riuscita a rispondere a tante domande che avevano già risposte, tranne che alla domanda fondamentale: chi ha fatto l’attacco? No problem! La TV Belga VRT ha il suo uomo che “segue gli sviluppi in Siria”. Lui è subito pronto con la sua accurata “analisi” con la chiara conclusione che l’attacco è stato eseguito dall’esercito Siriano. Di tutte le domande e problemi riferiti qui sopra, lui non sa niente. Lui vede solo combattenti innocenti della libertà che fanno un po’ di bricolage intorno a una tavola di cucina e che certamente non sono in grado di fare un tale attacco chimico. Il nostro esperto non si è accorto di niente degli orrendi massacri e delle distruzioni professionali in tutta la Siria durante questi 2 anni e mezzo, realizzati da questi “buoni” combattenti della libertà con l’aiuto dei servizi specializzati degli USA, Israele, UK, Francia, Turchia, Saoudi-Arabia e Qatar. Fin qui il nostro esperto che “segue gli sviluppi in Siria in modo accurato”. Ammetto che dopo questo, la TV Fiamminga VRT ha comunque segnalato il punto di vista della Russia, che dice che il rapporto è politicizzato, parziale e prevenuto (unilaterale). Cosi, c’è ancora speranza, anche per la nostra VRT.
Siamo felici di apprendere che la commissione ONU ritornerà sul luogo. Noi dobbiamo esigere un' investigazione indipendente fatta da uomini , confrontando i fatti, per mettere fine a questo gioco ipocrita e criminale.


E c’è il nostro amico Kimyongur Bahar con video molto imbarazzanti per i ribelli. Questi video provengono dagli smartphones di ribelli uccisi il 15 settembre al confine con la Turchia (Des vidèos de l’attaque chimique de Damas?). La signora ambasciatrice Americana all’ONU ha dichiarato che il tipo di macchina con cui è stato sparato il missile con gas tossico, appartiene all' esercito Siriano. La commissione inquirente dell’ONU lo ha confermato volentieri. Solo che la signora ambasciatrice ha dimenticato di menzionare che precisamente questi macchine sono state rubate dai ribelli dalla base dell’esercito Siriano del 46 reggimento presso Aleppo. E su questo video si vede anche i ribelli che stanno lavorando con queste macchine e con maschere antigas. I ribelli aggiungono anche ad alta voce la data, il luogo e il nome del loro gruppo di eroi, Allah Akbar! La commissione respingerà anche queste prove?



Noi continuiamo ad usare le nostre armi spirituali e questa settimana facciamo adorazione durante la giornata e faremo anche una adorazione notturna, cioè la notte tra giovedì e venerdì, fino a venerdì mezzogiorno
Nell’Eucarestia preghiamo ogni giorno per un’ intenzione differente: per i combattenti fanatici che commettono tante atrocità, che  possano aprire il loro cuore per l’amore di Dio; per i media/stampa che possano testimoniare la verità e non lasciarsi trascinare dalle facili menzogne; per il presidente, il governo, l’esercito e il popolo Siriano, per i 50.000 soldati uccisi e anche per gli uomini che hanno dato la loro vita per la protezione del popolo Siriano…

La guerra contro la Siria durerà ancora per lungo?
Penso che due elementi sembrano essenziali. Prima l’afflusso dei ribelli (insieme sono 100.000, di cui la metà sono fanatici; che Paese sa resistere a un tale peso ?). Questi ribelli sono finanziati e armati in modo molto generoso da potenze straniere, che nel frattempo come “amici di Siria” provano a guadagnare tempo con discussioni sui “piani per la pace”, così che le bande criminali siano libere di continuare loro attività in Siria.
E' per quello che noi accogliamo la proposta del ministro degli affari esteri di Brasile, che esige che ora l’afflusso di armi verso Siria deve essere fermato in modo definitivo. 
Per il resto, c’è la potenza accecante dei mass-media. Ci sono molti video e immagini manipolati in giro che trattano i cosiddetti orrori dell’esercito Siriano. (bambini che sarebbero martoriati a morte negli ospedali, esecuzione capitali nell’esercito, etc..) Tutto questo serve a sviare l’attenzione mentre i ribelli possono  continuare vere atrocità senza limiti. I nostre media pubblicano volontariamente queste false informazioni e contribuiscono all’ulteriore massacro e alla distruzione della Siria!







Basta! A tutti i combattenti stranieri in Siria : ritornate al vostro paese d’origine. Rendete pubblica la verità delle vere atrocità in Siria. Dominatori del mondo: smettete di distruggere questo paese! Lasciate che questo popolo riprenda a vivere in pace e unità come ha fatto sempre prima che voi aveste deciso di conquistare questo paese.

Anche tu puoi aiutare di smascherare questo mostro-menzogna di questa guerra, e così anche tu puoi mettere fine a questo crimine contro l’umanità…e salvare la fine della cristianità.
Non solo i cristiani, ma l’intera popolazione Siriana vi sarà grata.
Santa Maria, sveglia la famiglia umana e il popolo cristiano addormentato e proteggi la Siria, la culla della civiltà umana e della nostra fede cristiana, così che si avveri di nuovo quello che si dice di Gesù, Tuo Figlio e nostro Signore : “ Si spargeva la Sua fama per tutta la Siria…(Mt, 4,24)


Aggiungo il 19 settembre 2013:  Mahdi Darius Nazemroaya (sociologo, che ha ricevuto un encomio per la sua analisi geopolitica) scrive che una sola suora ha ridicolizzato l’intera US intelligence Community (Trends : One nun puts entire US Intelligence Community to shame over “stage-managed” Syria footage). La US Intelligence Community è una rete quasi universale che dispone di immensi mezzi tecnici, fondi enormi e una massa di personale. La US Community contiene tutte le ”intelligence bodies” del governo Americano e ha 16 divisioni, proveniente dal ministero delle finanze, dell’energia, del CIA (Central Intelligence Agency, che agisce indipendentemente da ogni governo). La US Community ha anche otto divisioni proveniente dal Pentagono (forze armate di terra, forze armate dell’aria, la sicurezza nazionale, e.a.). Loro hanno valutato i video dell’attacco con gas tossico in Damasco e hanno concluso che il 21 agosto c’è stato un attacco chimico in Ghouta e che il governo Siriano è responsabile. Hanno selezionato 13 video come fonte di informazione per i membri dell’amministrazione Obama. Cosi John Kerry poteva dire nel suo discorso del 30 agosto che lui aveva visto “con i suoi propri occhi” le atrocità del regime Siriano e ha raccomandato a tutti di guardarla.
Adesso la Madre Agnes-Mariam sta dimostrando che questi 35 video sono una grande truffa con immagini falsificate, che non coincidono con la realtà... Testimoni parlano di un odore chimico mentre il gas Sarin è senza odore. I corpi degli bambini sono usati per fare foto in differenti situazioni. Non si vedono mai le madri o i genitori etc..etc.. E soprattutto le famiglie Alawite che sono sopravvissute alla strage di massa e ai sequestri di Al Nosra in Lattakia del 4 agosto, hanno riconosciuto i  propri bambini su questi video.
Madre Agnes-Mariam ha comunicato che sta organizzando “un team di ricercatori internazionali sul 21 agosto” con dottori della legge, chimici, medici dell’urgenza, specialisti della fabbricazione di video, etc.. per rendere pubblica tutta la verità.
Chi vuole partecipare è invitato a presentarsi. La famiglia umana deve essere liberata da queste atrocità impunite e da questi despoti mondiali oscuri.

  (traduzione A.Wilking)

qui il Report inviato all'ONU da Isteams: http://www.scribd.com/doc/169025372/Study-the-Videos-That-Speaks-About-Chemicals-Beta-Version