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sabato 22 dicembre 2012

«Natale nella nostra Aleppo sfigurata»

È un Natale che richiede una grande fede quello che si apprestano a vivere i cristiani della Siria. Ed è il Natale che ci racconta questa lettera inviata agli amici e sostenitori dalla comunità di Aleppo delle Suore di San Giuseppe dell'Apparizione, una congregazione francese che presta il suo servizio nell'ospedale Saint Louis, uno dei pochi rimasti aperti nella città sventrata da mesi dalla guerra.


Tratta dal sito dell'Oeuvre d'Orient , MISSIONLINE  la propone in una sua traduzione.

22-12-2012   Natale è ormai vicino ... E quest'anno è un Natale particolare in tutto il mondo, sembra quasi che ogni Paese sia segnato da disordine e violenza.

Qui in Siria viviamo una guerra senza nome che non finisce mai. Ed è da questo luogo sfigurato che vogliamo condividere la nostra vita di ogni giorno e offrirvi i nostri migliori auguri di Buon Natale, nella speranza che il nuovo anno porti pace e riconciliazione.

L'attesa è lunga nella notte in cui viviamo, ma è una notte che sperimentiamo riempita dalla Sua presenza. Avvertiamo il sostegno che ci state dimostrando con le vostre preghiere e la vostra vicinanza fin dall'inizio di questi eventi, e per questo diciamo un grande grazie a ciascuno di voi.

La situazione ad Aleppo sta diventando sempre più critica e sempre più difficile. Le parole non sono sufficienti per descrivervi l'orrore e la sofferenza che le persone vivono. La città è diventata irriconoscibile per la sua economia, la vita sociale, e ogni giorno nuove notizie ci rattristano profondamente: le aree industriali, le fabbriche, le attività che davano lavoro a migliaia di persone sono state bruciate, i negozi saccheggiati, diversi ospedali, uffici pubblici, chiese, moschee, monasteri devastati.... 

Nei rari momenti di calma, quando le armi da fuoco tacciono, speriamo che la situazione migliori, ma poi improvvisamente torna il rumore di mitragliatrici, mortai, attacchi a diffondere il terrore. I morti e feriti nelle strade sono stati soccorsi a rischio della vita, perché i cecchini continuano a sparare dai loro rifugi.

La povertà si sta trasformando in miseria e fame a causa del costo della vita che è quadruplicato, soprattutto per gli alimenti di base. L'elettricità si è interrotta a causa di un attacco alla centrale: tutta la città è rimasta al buio per tre giorni ed è stato impressionante. Black-out più brevi si susseguono tuttora e lo stesso vale per le linee telefoniche, quelle dei cellulari, le reti internet...

Il carburante e il gas sono difficili da reperire. Fortunatamente il nostro generatore riceve ancora il necessario per rifornire tutte le attrezzature dell'ospedale e il generatore d'ossigeno, altrimenti dovremmo bloccare l'ammissione dei pazienti. Il pane è scarso ed è distribuito a seconda dell'operatività dei forni, che dipende da quando riescono ad arrivare la farina e l'olio. L'acqua arriva solo poche ore al giorno, quando arriva... Potete immaginare la sofferenza della gente, soprattutto nei quartieri più a rischio.

L'assistenza sanitaria è in condizioni disastrose. I centri e gli ospedali che non sono stati colpiti (come il nostro) continuano a funzionare, ma con perdite enormi, buona parte dei medici hanno lasciato la città perché minacciati. E a questo va aggiunta la difficoltà nel reperire i farmaci... Problemi molto gravi toccano le migliaia di rifugiati, con l'arrivo dell'inverno si muore di freddo. Gli aiuti umanitari non vengono più distribuiti con continuità, e per i bambini non si trova il latte.

I cristiani sono presi di mira e minacciati, gli insorti distruggono le loro case per farli fuggire e prenderne possesso. Molti sono stati uccisi e altri sono sfollati altrove o hanno lasciato il Paese. Le strade sono ancora pericolose. La scorsa settimana due vescovi maroniti e armeni sono sfuggiti alla morte sulla strada per l'aeroporto, il loro autista Joseph al suo ritorno come tanti altri è stato arrestato e ucciso. I rapimenti sono senza sosta con richieste di riscatto ingenti. E quante auto rubate in pieno giorno. «Perisce il giusto, nessuno ci bada. I pii sono tolti di mezzo, nessuno ci fa caso. Il giusto è tolto di mezzo a causa del male» (Isaia 57,1).

In questa situazione dura e difficile noi continuiamo ad essere presenti per alleviare le sofferenze, ma siamo preoccupate per il futuro, perché ci chiediamo per quanto tempo ancora potremo andare avanti.
Noi crediamo alla Provvidenza, che fino ad ora non ci ha abbandonato per venire aiuto ai bisognosi, agli ammalati, ai feriti della guerra, al nostro personale che rimane qui da noi perché non può tornare a casa oppure una casa non ce l'ha proprio più; ma le risorse diminuiscono e la cassetta delle offerte per i poveri è vuota.

In questo contesto talvolta proprio molto duro ciascuna di noi è determinata a donarsi fino alla fine nell'amore e nella fedeltà al nostro carisma, finché il Signore vorrà conservarci in questa nostra missione.
Scrivendo questa lettera vogliamo dirvi che è il Signore a continuare a proteggerci. In teoria la nostra zona dovrebbe essere calma e iper protetta, dal momento che siamo circondati da barriere di difesa avendo una caserma della polizia accanto a noi. E invece ieri per la terza volta un obice di mortaio (una bomba da 35 chilogrammi di esplosivo) è caduto sul nostro terrazzo e come le altre due volte non è esploso. Si tratta di un miracolo di Dio!
San Giuseppe, sentinella disarmata, continua a proteggerci e a vegliare su di noi e lo farà fino alla fine.
Credeteci con noi!

Continuiamo a rimanere in comunione nella preghiera, in questo Anno della fede, perché l'Emmanuele, Dio con noi, ci rafforzi nella speranza e ci conceda pace e salvezza, per continuare la sua opera di misericordia.

Con tutto il cuore vi auguriamo un Buon Natale e un felice anno nuovo 2013

Le suore della Comunità di Aleppo
http://www.missionline.org/index.php?l=it&art=5196

Natale in Siria: cristiani e musulmani sfidano la guerra offrendo pasti caldi ai poveri

Mons. Mario Zenari, nunzio vaticano a Damasco, descrive l'attività delle parrocchie impegnate nella preparazione del Natale, nonostante le bombe e l'odio interconfessionale. In un istituto cattolico della periferia della capitale, decine di bambini ritagliano con gioia le figure del presepe. Nei saloni parrocchiali giovani cristiani e musulmani distribuiscono migliaia di pasti caldi senza distinzione di fede, fazione o etnia.


 
Asia News - 21/12/2012


 "Oltre 6.500 pasti caldi distribuiti ai poveri in un centro di aiuto a Damasco. La scarsità di viveri non ferma le parrocchie e gli istituti religiosi che ogni giorno sfornano pane fresco per migliaia di sfollati in fuga dalle bombe". È quanto racconta mons. Mario Zenari, nunzio cattolico a Damasco che descrive ad AsiaNews il miracolo della nascita di Gesù fra la popolazione siriana martoriata da 20 mesi di guerra civile.

"La gioia del Natale - afferma il prelato - si celebra anche in questo clima di conflitto e paura, ed è una sfida alle sofferenze e all'odio che ormai dilaga nel cuore della popolazione". Il nunzio sottolinea che diverse parrocchie a Damasco non hanno rinunciato a festeggiare il giorno più importante per la cristianità: "Lo scorso 16 dicembre ho visitato una piccola parrocchia nella periferia della capitale, dove da mesi si convive con le esplosioni dei mortai e gli spari di artiglieria pesante. Nel salone vi erano decine di bambini intenti a ritagliare nel cartone le figure del presepe. I più piccoli percepiscono più di noi adulti la gioia del Natale, anche attraverso questi gesti semplici. La loro letizia è il primo frutto del Natale in questo angolo di mondo martoriato dalla sofferenza, dove le famiglie cristiane vivono ogni giorno con fede profonda, andando alla radice del significato di questo Mistero: la solidarietà di Dio e di Gesù con noi. Egli stesso ha vissuto il dramma della fuga in Egitto per sfuggire alla strage degli innocenti. Tale episodio non è diverso da ciò che stanno vivendo oltre 500mila profughi che in questi mesi hanno attraversato il confine abbandonando tutto ciò che avevano".

Per mons. Zenari, lo spirito di questo Natale, non si ferma alle parrocchie, ma si diffonde fra i musulmani che insieme ai cristiani organizzano distribuzioni di viveri e beni di prima necessità agli sfollati. "Anche a Damasco - spiega - come nel resto del Paese, il pane è ormai una rarità, un bene di lusso, ed è per molti l'unico pasto quotidiano. Tuttavia, ho visitato decine di istituti religiosi che lavorano ogni giorno per donare alla popolazione il pane fresco o un pasto più sostanzioso se vi sono scorte". Il prelato indica in modo particolare l'attività di un centro di assistenza per i poveri della capitale, anonimo per motivi di sicurezza, dove si distribuiscono fino a 6500 pasti caldi al giorno. "Qui lavorano gratuitamente giovani cristiani e musulmani. Il cibo viene distribuito a chiunque ne fa richiesta, senza distinzioni di credo, fazione o etnia".

In questo clima di guerra, il nunzio nota che la carità e la condivisione si impongono in modo potente sull'odio e il risentimento che sono purtroppo le vere armi ad orologeria di questo conflitto. "Lo spirito del Natale - afferma - si mostra vivo in questi piccoli gesti".

Secondo un documento diffuso oggi dall'Onu il conflitto fra Free Syrian Army e il regime di Bashar al-Assad si è trasformato in una lotta interconfessionale fra sunniti e alawiti che ha ormai rotto ogni legame con la politica, e rischia di coinvolgere anche le minoranze cristiane e armene. Nei prossimi mesi si temono eccidi di massa, con la fuga oltre confine di intere comunità e minoranze etniche. Nel rapporto, si fa anche una nuova stima degli aiuti necessari per oltre 1 milione di sfollati, che ha raggiunto la cifra record di 1,5 miliardi dollari.

Invitando tutti i cattolici dell'occidente a pregare per la Siria, il prelato sottolinea che "una volta terminata la guerra i leader di tutte le fedi religiose avranno l'arduo compito di disinnescare queste 'bombe di risentimento e vendetta' annidate nei cuori della gente, testimoniando uno sguardo di amore e riconciliazione". (S.C.)
http://www.asianews.it/notizie-it/Natale-in-Siria:-cristiani-e-musulmani-sfidano-la-guerra-offrendo-pasti-caldi-ai-poveri-26695.html

venerdì 21 dicembre 2012

Finis Syriae

 
 
di Francesco Mario Agnoli - 17/12/2012

A quanto pare, in Siria il regime di Assad ha, se non le ore, i giorni contati se è vero che anche Mosca, pur avendo poi smentito, si appresta ad abbandonarlo. I mass-media occidentali hanno esultato. Per quello che conta (cioè niente) mi sono preoccupato. Da giurista e da cattolico.

Da cattolico ho ripensato al viaggio in Siria, compiuto una ventina di anni fa con la guida dell'archeologo domenicano, padre Bernardo Boschi, e allo stupore provato ad Aleppo, oltre che per le molte fontane sprizzanti alti getti d'acqua, per una grande croce luminosa posta sul sagrato di una chiesa cristiana e per il fatto che i cittadini di Aleppo non ci avessero nulla da ridire.

Temo forte che grazie alla primavera araba e ai presunti “patrioti” (in realtà forse ottimi musulmani, ma in gran parte per nulla siriani) non sia più così. Francamente non me la sento di andare a controllare di persona, ma presto fede ai siti cristiani che, a dispetto dei mercanti che si rifiutano di sentire, continuano a gridare le parole di padre Jules Baghdassarian, direttore delle Pontificie Opere missionarie, morto qualche giorno fa di un arresto cardiaco dovuto allo stress per il gravoso impegno nell'organizzazione degli aiuti e nella sistemazione di famiglie sfollate: “Non c’è guerra civile in Siria, ci sono tentativi di renderla una guerra civile, c’è un pressione per trasformare il conflitto in un conflitto settario, abbiamo vissuto questa esperienza in Libano, si è visto in Iraq e ora lo vediamo in Siria. La gente non vuole la guerra e la violenza: il mondo ci aiuti a ritrovare la pace. Chiediamo alla comunità internazionale e all’Unione Europea di aiutarci a ritrovare la pace, non di fomentare la guerra!”. Appello destinato a restare inascoltato, perché le bande di islamisti salafiti, armati e finanziati da Qatar, Arabia Saudita e Turchia, che vogliono una Siria esclusivamente sunnita e seminano il terrore al grido di “Cristiani a Beirut (cioè via dalla Siria), Alauiti nella tomba”, godono del pieno appoggio della Nato e delle principali potenze occidentali, Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna (anche l'Italia di Mario Monti – sarebbe comunque lo stesso con Berlusconi o Bersani - è schierata al loro fianco, ma, in miseria, si limita ad un sostegno politico-morale).

Da giurista mi sono chiesto cosa contino le Nazioni Unite e, ancor prima, che ne è stato del diritto pubblico internazionale, dal momento che uno dei suoi principi, essenziale per la coesistenza pacifica, è quello del rispetto della sovranità e della non ingerenza negli affari interni di altri membri della comunità internazionale. Principio tradizionale ribadito, nel 1945, dallo Statuto dell'Onu, e, di nuovo, nel 1975, nella Dichiarazione sui Principi che reggono le relazioni fra gli Stati partecipanti nell’Atto Finale della CSCE, con la precisazione che "gli Stati si astengono fra l'altro dall'assistenza diretta o indiretta ad attività terroristiche o ad attività sovversive o di altro genere volte a rovesciare con la violenza il regime di un altro Stato partecipante". L'esatto contrario di quanto accaduto appena ieri in Libia, ieri l'altro in Serbia, e sta adesso accadendo in Siria sotto il patrocinio della NATO, e di quegli Stati (in prima linea Usa, Inghilterra, Francia) che ben lungi dal condannare il continuo invio di uomini e armi da parte di Arabia Saudita. Turchia e Qatar, non solo approvano, ma forniscono a loro volta denaro e mezzi bellici, promuovono la formazione di un adeguato comando unitario e di una specie di governo subito riconosciuto come unico legittimo rappresentante del paese.

A sostegno di questa politica interventista alcuni giuristi hanno escogitato la teoria dell' “intervento umanitario”, che dovrebbe legittimare l'ingerenza armata negli affari degli Stati nei quali non si rispettino i valori democratici e vengano violati i diritti umani. Si tratta però o di politici malamente travestiti da giuristi o, peggio, di giuristi di servizio, sempre disponibili ad attaccare l'asino dove vuole il padrone. Difatti le violazioni che dovrebbero autorizzare interventi militari sono già previste dallo Statuto dell'Onu, che attribuisce in via esclusiva al Consiglio di Sicurezza tanto l'accertamento delle violazioni quanto la decisione sui rimedi da applicare.

Questi giuristi d'accatto nemmeno si sono accorti che in questo modo fanno della Nato il contraltare dell'Onu ai vertici della comunità internazionale. O forse lo sanno fin troppo bene. Dal momento che l'Alleanza Atlantica è armata fino ai denti mentre le Nazioni Unite debbono piatire dagli Stati membri l'invio di qualche battaglione di “caschi blu” è facile immaginare chi, in caso di contrasto, abbia più voce in capitolo.

Difatti, povera Siria e poveri cristiani siriani.
http://www.identitaeuropea.it/?p=968

 Faccio i complimenti al Dottor Agnoli per la puntuale e profonda analisi della situazione siriana. Solo su un punto ritengo di non essere completamente d'accordo: il Dott. Agnoli ritiene come certo il ritiro dell'appoggio russo ad Assad e la conseguente caduta del suo regime. Francamente io invece non vedo un reale mutamento della posizione russa. A fronte delle vere o presunte dichiarazioni di Bogdanov su una possibile vittoria dei ribelli vi sono atteggiamenti, come le programmate manovre navali della flotta russa davanti alle coste siriane, che fanno ritenere come i Russi siano ben lontani dal ritenere persa la partita. A maggior ragione se fosse vera la notizia che sta circolando della firma di contratti miliardari per la ricostruzione tra il governo siriano e imprese russe. Putin poi, nella sua conferenza stampa, non ha fatto che ribadire un concetto che esprime fin dall'inizio della crisi: solo il popolo siriano deve poter decidere del suo destino. Dovrebbe essere una regola aurea per tutti, ma evidentemente non è così... MARIO VILLANI

giovedì 20 dicembre 2012

Le minoranze siriane ora temono di più la fine dei combattimenti che la guerra in sé


 Nel suo ultimo report dalla Siria, Patrick Cockburn racconta da Maloula la situazione della minoranza cristiana del Paese, che teme la fine dei combattimenti più della guerra stessa
 
The Independent - 17 dicembre 2012

Due uomini mascherati e armati di fucili d'assalto Kalashnikov hanno tentato di rapire un uomo d'affari di nome George Alumeh nell'antica città cristiana di Maloula, a nord-ovest di Damasco, la settimana scorsa. Non era il primo tentativo di rapimento dei più ricchi membri della comunità cristiana qui, e il signor Alumeh era preparato. Ha resistito, prima estraendo una pistola, lanciando le chiavi della macchina a distanza così la sua macchina non poteva essere rubata, e poi cercando di fuggire. E' scappato, ma è stato colpito da una raffica di colpi di arma dei rapitori che lo ha mandato in ospedale con ferite allo stomaco, alle gambe e alla mano.
 Padre Mata Hadad, il sacerdote del Convento di Santa Tekla incorporato nella parete della montagna che sovrasta Maloula, racconta la storia per illustrare come la vita è diventata molto pericolosa per i cristiani, in particolare per coloro che si pensa abbiano soldi. Quel 10 per cento della popolazione siriana che sono Cristiani sta discutendo con trepidazione l'esito probabile della crisi siriana e il suo effetto su di loro.
I presagi non sono buoni. Ogni paese in Medio Oriente sembra diventare più islamico e più settario. I Cristiani siriani hanno visto, dal 2003, come il risultato dell'invasione dell'Iraq è stato la distruzione delle comunità cristiane in Iraq che erano sopravvissute per quasi 2000 anni. Se la Coalizione Nazionale, riconosciuta da 130 Paesi come il “legittimo rappresentante della Siria” prenderà il potere, allora, in ultima analisi, la sua forza di combattimento più efficace sarà Jadhat al-Nusra, con un'ideologia simile ad al-Qaeda. Si tratta di prospettive come questa che riempiono i cristiani siriani di allarme.

Maloula è un buon posto per parlare di queste paure. Si trova a un'ora di auto da Damasco, a circa 20 miglia dal Libano, ed è situata in un sito spettacolare in una fessura tra le montagne. Le sue gole rocciose sono sempre state un luogo di rifugio. Fu qui che Santa Tecla, fuggendo la milizia imperiale, si rifugiò in una grotta su in alto nella falesia.
L’isolamento di Maloula ha contribuito a conservare il suo cristianesimo e le ha dato anche l'onore di essere l'unico posto dove l’ aramaico, la lingua di Gesù, è ancora parlata dai cristiani.
C'è un clima di incertezza per il futuro. Finora ci sono stati quattro rapimenti, che la postazione dell'esercito siriano appena oltre l'ingresso della città non è stata in grado di fare granchè  per prevenire. Il turismo religioso è scomparso. "Solitamente vendevo guide e souvenir", dice Samir Shakti, gesticolando verso il suo piccolo negozio, "ma ora vendo frutta e verdura".

Un altro segno di nervosismo sono le esplosioni di rabbia contro gli stranieri, nel caso presente contro me stesso, come simbolo delle potenze europee accusate di armare i fondamentalisti islamici. Anche la Madre Superiora del Convento, Pelagia Sayaf, ha chiesto di sapere perché gli europei stanno aiutando "la gente che uccide con il coltello". Ha detto che molte persone stavano lasciando la città (anche se questo è stato negato da qualcun altro in Maloula).

La Madre Superiora Pelagia sembrava tesa. E'  al suo posto da 23 anni, guidando oltre 14 suore e 33 orfani provenienti da famiglie cristiane di tutto il Medio Oriente. Gli orfani indossano una divisa rossa e cappe in tartan, dando loro un aspetto sorprendentemente scozzese. "Sarà un Natale triste a Maloula," dice la Madre Superiora. "Le sanzioni stanno punendo il popolo, non il Governo".
I cristiani possono sentirsi più spaventati di altri siriani, ma tutti si sentono vulnerabili. Non c'erano combattimenti sulla strada da Damasco a Maloula, ma ci sono molti edifici distrutti dalle battaglie degli ultimi due mesi. Una volta, la strada principale per Homs era affollata di concessionarie d'auto, ma ora queste sono chiuse e le finestre in cristallo sono protette dai danni degli scoppi da pareti costruite sommariamente con blocchi di cemento.
I cristiani più agiati sono riusciti a fuggire all'estero, ma per chi ha pochi soldi questa è una scelta difficile. Un armeno, che non ha voluto che pubblicassi il suo nome, ha detto che "possiamo andare in Libano, ma stare lì è costoso, è difficile trovare lavoro e ai Libanesi non mi piacciono molto i Siriani perché il nostro esercito è rimasto lì per così tanto tempo". Egli stesso era alla ricerca di cittadinanza Armena.
Come per gli altri a Damasco, il grado di pericolo avvertito dipende dalla ubicazione in cui si trovano. Molti cristiani vivono nel quartiere Jaramana, che ora è pericoloso per via dei cecchini e degli attacchi con le bombe. Le parti cristiane della Città Vecchia sono più sicure, ma ci sono tagli di energia elettrica e  carenza di gasolio.
Finora le sofferenze dei Cristiani di Siria non sono peggiori di quelle dei Musulmani, ma essi sentono che qualunque sia l'esito della guerra civile, il loro futuro sarà molto probabilmente peggio del loro passato.
(traduzione FMG)
http://www.independent.co.uk/news/world/middle-east/persecution-of-the-christians-syrian-minority-fear-the-end-of-fighting-more-than-war-itself-8422977.html

mercoledì 19 dicembre 2012

Rinascere a Natale


La sofferenza e la speranza delle comunità cristiane mediorientali
 
S.I.R. Martedì 18 Dicembre 2012
 
Per le comunità cristiane mediorientali quello prossimo sarà un Natale attraversato da ulteriori tensioni e crisi. Alle già note e gravi situazioni politiche, sociali ed economiche che da decenni segnano la vita di questa strategica area del mondo, si aggiungono il conflitto in Siria, paese dove la presenza cristiana si è pressoché dimezzata, gli scontri a Gaza, le proteste in Egitto contro la nuova Costituzione di impronta islamista che preoccupa sia i cristiani che i liberali, la recrudescenza di attacchi in Iraq, altra nazione dove sono rimasti pochi cristiani. Urgenze politiche, sociali e umanitarie, vissute dai Paesi arabi nel tempo presente, che hanno spinto i Capi delle Chiese cattoliche mediorientali a lanciare un appello, agli inizi di dicembre, per chiedere di porre fine ai conflitti e alle violenze che stravolgono la vita dei popoli della regione, ponendo in atto cammini di riconciliazione e di pace che garantiscano a tutti la libertà e la tutela della propria dignità umana. Dai leader religiosi anche un pressante invito affinché i cristiani restino nelle loro terre di origine con una presenza attiva e efficace nelle società arabe. Ad una settimana dal Natale Daniele Rocchi per il Sir ha rivolto alcune domande al Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa.

Padre Pizzaballa, alla luce di così tante crisi e violenze, che Natale sarà per i cristiani mediorientali? Con quale spirito sarà vissuto?
“Natale è una nascita ma come viverla, come lasciarsi scuotere da essa? Io credo che la risposta sta nell’essere capaci e disposti a ricominciare da capo, a rinascere. Per vedere qualcosa di nuovo dobbiamo essere nuovi anche noi. Non dobbiamo lasciarsi prendere dallo sconforto, dall’idea che tutto sia finito, che nulla cambierà. Si tratta di un atteggiamento che ha molte ragioni d’essere visto ciò che circonda ma non bisogna fermarsi. Riprendiamo la strada della speranza per essere pietre vive in questa terra in cui siamo stati chiamati a vivere”.

Pietre vive che stanno lasciando i loro Paesi, per cercare un futuro altrove. Forse che la speranza per i cristiani non abita più in Medio Oriente?“Di fronte a queste situazioni difficili che i cristiani del Medio Oriente si trovano ad affrontare ci sono due strade: o andarsene o restare. Andarsene non è una soluzione, il restare non è solo inteso fisicamente perché non c’è alternativa ma perché vogliamo restare. Rimanere in questa Terra passa attraverso una presa di coscienza ed una nuova consapevolezza, è una missione che ci invita ad inserirci maggiormente nella realtà. Natale vuol dire appunto rinascere e continuare il cammino con speranza”.

Ma come è possibile inserirsi in una realtà sociale in cui si è una minoranza sempre meno ascoltata ed esigua?
“Da soli è molto difficile ma lo sforzo da fare è quello di mettersi in dialogo con tutte le realtà sociali che pure esistono, moderate, non sono tutti fanatici, e con esse fare fronte comune sui temi della cittadinanza, dei diritti umani, della vita, della tolleranza, della libertà. Unire la nostra voce alla loro e a quella della comunità internazionale, senza esagerare in quanto un intervento eccessivo di quest’ultima potrebbe essere controproducente. Allearsi con tutte quelle frange serene, positive, libere e moderate delle nostre società è indispensabile. Non abbiamo alternativa”.

Di tutta la regione mediorientale la crisi siriana è quella che spaventa di più, anche i cristiani. Ha senso parlare di Natale per la Siria?
“Parlare di Natale in Siria, sotto le bombe, è davvero difficile. Ma farlo è un seme di speranza nel futuro. Sotto ogni rovina c’è sempre una rinascita. Allora occorre guardare al futuro almeno come un desiderio da coltivare, come voglia di rinascita. La situazione è complicata: gran parte del Paese, da quello che trapela, sarebbe sotto il controllo dell’opposizione nella quale militano frange dalle più moderate alle più integraliste ed anticristiane. Tutto ciò provoca paura nei nostri fedeli. Si stima che la metà abbondante della comunità cristiana si sia spostata sia all’interno che all’esterno del Paese. Le prossime festività natalizie saranno vissute all’interno di case, di chiese, in qualche villaggio, non essendoci le giuste condizioni di sicurezza. Ma è importante celebrare il Natale perché significa dire a tutti ‘ecco noi ci siamo, siamo qui’”.

C’è un messaggio particolare che dal Medio Oriente giunge al mondo intero per questo Natale?
“In questo periodo leggiamo il Libro delle Consolazioni di Isaia dove ci sono brani molto belli tra i quali i canti del servo sofferente. Consolazione e speranza non cancellano la sofferenza ed il dolore ma li rendono innocui, tolgono loro l’ultima parola. Il messaggio per tutti è: la sofferenza ed il dolore esistono ma dobbiamo starvi dentro sapendo che siamo figli di Dio che si è incarnato e che ci dona la forza di vivere questa situazione. Egli ci dona anche la serenità necessaria soprattutto per i giovani ed i bambini perché possano pensare ad un futuro diverso. La morte peggiore sarebbe vivere senza speranza credendo che un futuro migliore non è possibile”.
http://www.agensir.it/pls/sir/v3_s2doc_a.a_autentication?target=3&tema=Anticipazioni&oggetto=252425&rifi=guest&rifp=guest


VIDEO di Franciscan Media Center :
I cristiani siriani aspettano il Natale tra difficolta’ e speranza

lunedì 17 dicembre 2012

"La piccola speranza avanza tra le sue due sorelle grandi .."

Questo è quello che intendo quando ti auguro

Buon Natale



Aleppo, 12 dicembre 2012

Dalla nostra ultima lettera del 26 ottobre, la situazione militare sul terreno non è cambiata. Nonostante combattimenti strada per strada, attentati, autobombe, cecchini, omicidi e rapimenti, nessuna delle due parti del conflitto ha preso possesso di Aleppo.

Per contro, la situazione umanitaria è catastrofica. Tutto manca: pane, acqua, elettricità, benzina, gas e combustibili per citare solo bisogni di base. Questi prodotti sono disponibili in altre città siriane al prezzo normale. Ma il rifornimento di Aleppo è impossibile, tutte le strade che portano a o da Aleppo sono nelle mani dei ribelli che impediscono la consegna di questi prodotti. E quando si possono ottenere, il loro costo è insostenibile per la maggior parte delle persone: il pane 10 volte più caro, il prezzo della benzina salito 5 volte, combustibile (per il riscaldamento) a 12 volte, gas ( per cucinare) a 9 volte. Gli Aleppini hanno freddo (è inverno), sono affamati e disperati. Inoltre, l'elettricità è razionata, quando non è tagliata completamente come un paio di giorni fa, quando l'impianto di alimentazione principale è stata bombardato lasciando Aleppo nel buio più totale per 48 ore. Gli Aleppini non hanno avuto acqua (senza elettricità non funzionavano le pompe per l’ acqua ). In un freddo glaciale, la gente non poteva ricorrere alla stufa elettrica, nè acquistare combustibile per alimentare la stufa o per il riscaldamento centrale.

Le comunicazioni sono molto difficili: i telefoni cellulari, internet, le comunicazioni internazionali sono per lo più interrotti. Lasciare Aleppo è una sfida: per strada, potremmo essere rapiti o uccisi, e nel tentar di prendere l’aereo, il fuoco sulla strada per l'aeroporto ne ha ucciso più di uno.

L'aumento del numero di profughi: una statistica riassuntiva dei pazienti che mi consultano qui nello studio mi ha mostrato che l'80% non vivono più nella loro casa e si è trasferito a vivere con parenti o amici che vivono in quartieri ancora "sicuri". La vita è diventata così costosa che anche la classe media non può più sopravvivere. E che dire riguardo ai poveri e agli sfollati, di cui ci prendiamo cura?!

Con i "Fratelli Maristi Blu", continuiamo il nostro lavoro con gli sfollati. La mattinata è dedicata alla distribuzione di prodotti alimentari e sanitari e al "punto medico" dove abbiamo tra i 30 e i 50 pazienti al giorno. Nel pomeriggio, gli adulti nel nostro gruppo con i due fratelli Georges visitano le famiglie e i giovani insieme con Fratello Bahjat si occupano dei bambini. Il nostro progetto "Voglio imparare" è mirato all'alfabetizzazione dei bambini sfollati, insegnando loro le basi del leggere, scrivere e far di conto. Gli sfollati soffrono molto per il freddo, le aule in cui alloggiano non sono dotate di riscaldamento. Si accontentano  degli spessi maglioni e coperte che abbiamo loro fornito. Con contro, abbiamo installato in ogni scuola uno scaldabagno elettrico per consentire loro di prendere un bagno caldo (quando la corrente elettrica e acqua sono disponibili!)
Il nostro progetto "Carrello della Montagna" è nel suo quinto mese. Come si è detto nelle nostre precedenti lettere, il progetto mira a fornire un cesto di cibo (sufficiente per sfamare una famiglia completa) una volta al mese, per le famiglie cristiane prive di risorse in zona  Jabal Al Saydé per sovvenire alla fame fornendo loro un salario di sussistenza per sopravvivere. Domenica 2 dicembre si è svolta la quarta distribuzione del paniere mensile a 291 famiglie. Il quinto cestello è previsto per la vigilia di Natale e per la prima volta comprenderà un chilo di carne. Questo sarà un banchetto, il giorno della festa di Natale, per quelle famiglie che non hanno assaggiato la carne per 5 mesi!
Tutti gli Aleppini, compresi i nostri sfollati, i nostri poveri ed i nostri volontari sono in preda alla stanchezza e alla disperazione per la situazione che si protrae da cinque mesi in Aleppo e da 21 mesi in Siria. Non vedono la fine del tunnel. Sono stanchi del suono di bombe e fucili, della povertà, della miseria, della fame, del freddo, della distruzione, dello sradicamento e della morte che si annida in ogni momento. Soffrono di vedere la loro città e il loro paese distrutto, hanno perso ogni speranza per il futuro.
Quello che ci consola è la rete di solidarietà che si è creata intorno a noi. In primo luogo, i parenti e il siriani della diaspora, che non perdono l'occasione per dimostrare il loro attaccamento e l'amore per i siriani che sono rimasti sul posto e per il loro paese di origine. E poi, naturalmente, tutti voi, amici, conoscenti o amici di amici che ci hanno sostenuto e continuano a farlo in vari modi.
 
A tutti voi, a nome delle nostre squadre "Orecchio di Dio", i "Fratelli Maristi Blu" e "Paniere della montagna," vorrei dire grazie per il vostro sostegno, la vostra amicizia e l'amore. Vi auguriamo che per voi il Natale sia gioia e pace.
Che Nostro Signore, Dio dell'amore e della pace, faccia sì che finisca il nostro incubo e che resti viva in noi quella Speranza che permetterà che, dopo le tenebre, la luce possa  scaturire, perchè di nuovo siamo in grado di vivere in pace e sicurezza.

Per il 2013, vi auguriamo il meglio.

Nabil Antaki, per "I Maristi Blu"
 



Prima di concludere, vorrei condividere con voi un estratto del messaggio del Superiore Generale dei Fratelli Maristi a tutto il Mondo Marista in occasione del Natale:


Non è difficile, in questo Natale, immaginare lo stupore di Maria e Giuseppe, sorpresi nello scoprire che la vita è più che vita, che c'è sempre qualcosa che ci supera nel tessuto ordinario della nostra storia. Un apprendistato che  essi  hanno fatto per tutta la vita, segnata, come quella di molti dei loro contemporanei, da momenti di serenità e di pace, ma anche da altri di violenza estrema.
Apprendimento che stanno facendo i 3 fratelli della nostra comunità di Aleppo (Siria), a circa 600 km da Betlemme. Da diversi mesi, la popolazione civile di questa antica città è immersa in una situazione di forte violenza: lotta armata, attentati, scarsità di risorse ... Ciò che sorprende è come, in tali circostanze avverse, sia possibile anche lì l’emergere dello stupore.

In effetti, una profonda ammirazione nasce davanti a situazioni che si verificano, in modo imprevisto: un gruppo di laici, i Maristi, sfidando la paura, consegnano il loro tempo e le loro competenze per restare insieme alle vittime più vulnerabili, senza distinzione di culture o religioni: la collaborazione di volontari /e, anche musulmani, che partecipano all’opera dei Maristi Blu; la risata spontanea dei bambini, almeno per qualche ora; la rete di solidarietà che è stata tessuta, sia a livello locale che internazionale ... Sì, la speranza è possibile. Anche se tutto sembra indicare che la violenza e la morte hanno l'ultima parola, la piccola speranza, come la chiamava Peguy, si ostina a mantenersi salda nel cuore della gente semplice.
Come possiamo continuare a sostenere la speranza dei nostri fratelli e sorelle in Aleppo? Vi invito dal 18 al 25 dicembre a mettere in qualche parte privilegiata della nostra comunità o famiglia una candela e ad accenderla  ogni giorno per qualche momento, come simbolo della nostra comunione con loro, attraverso l'affetto e la preghiera.

 
Gregorio di Nissa, un cristiano vissuto alla fine del quarto secolo nella stessa regione del Medio Oriente, ha scritto che i concetti creano gli idoli, solo lo stupore conosce. Sì, i concetti creano idoli, e spesso malintesi, e persino guerre. Solo allo stupore è possibile attraversare la realtà come appare ai nostri occhi, e abbracciare la gioia di una vita piena, pur in mezzo alle condizioni più avverse.
 Questo è quello che intendo quando ti auguro Buon Natale.
Che lo sia davvero per te e per i tuoi cari,
H. Emili Turú, Superior General


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domenica 16 dicembre 2012

Il Vescovo Audo: "Potenze internazionali, fate ai siriani questo dono della pace"

Per Mons. Antoine Audo, gesuita vescovo di Aleppo, presidente della Caritas Siria, il conflitto siriano è diventato internazionale: solo un accordo internazionale potrà ottenere la riconciliazione.



 
 
Intervista di La Croix - 14/12/12
 


Come descriverebbe la situazione ad Aleppo adesso?
Mons. Antoine Audo:  L’Insicurezza regna ovunque. Non possiamo più circolare e si è permanentemente minacciati da rapimenti (a scopo di estorsione), dalle imboscate dei cecchini, dalle bombe (da parte dell'esercito siriano o dei ribelli) e dagli attentati con autobombe. Questa insicurezza ha fatto sì che l'80% delle persone non lavora più, in modo che l'economia è bloccata e la povertà aumenta. Tanto più che il costo della vita è raddoppiato dall'inizio del conflitto. Le persone semplici che vivevano con poco devono ora essere supportate in  tutto, così si può dire che oggi il 70% dei siriani vive al di sotto della soglia di povertà.

Come fanno a sopravvivere?
M.A.: La gente ha dei risparmi e il sostegno della famiglia funziona ancora bene nelle nostre società tradizionali. E i siriani della diaspora (Nord America, Europa, Australia ...) riescono ad inviare da 300 a 500 dollari per le loro famiglie ogni mese. Ma le famiglie sfollate facilmente diventano un peso. In qualità di presidente della Caritas Siria da un anno, posso dire che tocco la miseria con le dita.

 Caritas Siria quali programmi  ha implementato?
M.A. : Nelle sei regioni organizzate dalla Caritas (Damasco, Aleppo, Homs, Jaziré, Horan e la costa), diamo la priorità all' aiuto alimentare con 4000 pacchi di alimenti (del valore di circa 20- 30 dollari ) distribuiti mensilmente in tutto il paese: un totale di 100.000 dollari finanziati principalmente dai nostri partner tradizionali (Catholic Relief Services, Caritas Germania, Svizzera e Lussemburgo ...). Sviluppiamo assistenza medica, in particolare a Damasco e Aleppo, per dare libero accesso alle cure sanitarie. E ad Aleppo, abbiamo aperto un contratto con il St. Louis Hospital gestito dalle Suore di San Giuseppe dell'Apparizione perchè tutti i feriti vi siano operati e curati gratuitamente e ho deciso di finanziare questo progetto per la somma di $ 50 000 al mese. Abbiamo anche un "programma invernale" ($ 300 000 fino a marzo 2013) per l'acquisto per 3.000 famiglie in tutta la Siria, di stufe e petrolio, coperte e vestiti caldi e di aiuto per pagare l'affitto.

 Come vede il futuro prossimo in Siria?
M.A. : La mia impressione generale è che non se ne esce. Questo conflitto siriano, inizialmente  locale, è diventato regionale (con il Qatar, Arabia Saudita, Iran, Turchia) ed è ora internazionale (con la Russia, gli Stati Uniti, la Cina e l'Europa). Quindi possiamo solo sperare che ci sia un accordo internazionale per risolvere il conflitto locale e raggiungere la riconciliazione e la pace. Ciò significa riconoscere la complessa storia dei rapporti tra alawiti e sunniti e parlarne con calma - che oggi è impossibile, perché si tratta di un argomento tabù nella società siriana. Ciò implica anche che ogni parte smetta di ritenersi depositario della verità e riconosca la dignità degli altri. A questo proposito, i cristiani possono contribuire a spezzare la spirale di umiliazioni, di violenza e di vendetta per avere l'audacia del perdono .

Quale appello Lei vorrebbe lanciare?
M.A. : Mi rivolgo a quelli che distruggono questo bellissimo Paese, così ricco di storia e cultura: invece di sfruttare i punti deboli confessionali, essi farebbero meglio ad aiutarlo a trovare soluzioni  politiche ed economiche. Miliardi di dollari sono già stati persi in questa guerra, per niente. Cerco di fare tutto il possibile per salvare la Siria e anche per salvare la presenza dei cristiani, perché più ci sarà distruzione in Siria, sempre più cristiani se ne andranno, e sarà una perdita per il paese e per tutta la regione! Contribuire alla riconciliazione e assicurare la pace alla Siria sarà vantaggioso per tutti, a livello nazionale, regionale e internazionale!
Chiedo pertanto alle potenze internazionali che ci facciano il dono della pace attraverso una mediazione politica ragionevole e razionale.

http://www.la-croix.com/Religion/S-informer/Actualite/Mgr-Audo-Je-demande-aux-puissances-internationales-de-faire-aux-syriens-ce-cadeau-de-la-paix-_NG_-2012-12-14-887927

 (traduzione FMG)

La "Campagna Tende di Natale" di AVSI per i profughi siriani




http://issuu.com/avsi/docs/bntende2012/9

sabato 15 dicembre 2012

E' l'assassinio di un popolo. Chi prega insieme a me?

Cari amici, purtroppo, la distruzione della Siria e l'assassinio della popolazione, in particolare dei cristiani, va peggiorando. L'Occidente e i Cristiani occidentali sembrano guardare a ciò con favore. Non vi è alcun supporto per la popolazione in via di estinzione. Tutto il supporto va ai salafiti e jihadisti che vogliono trasformare il Paese in uno stato islamico della forma più rigorosa ....



Qara, 14 dicembre 2012

Sabato 8 dicembre 2012 - Sebbene oggi sia un sabato, nella Liturgia è solennemente celebrata la Festa della Immacolata Concezione. E'  celebrata qui in Oriente già dall’ 8 ° secolo, ma si sottolineava di più il concepimento in sant’ Anna, la madre di Maria. L'8 dicembre, qui viene celebrata la veglia e il 9 dicembre il parto stesso. Gli Orientali esprimono questo mistero non con un concetto astratto, come in Occidente, ma con immagini concrete. In Occidente il dogma si è affermato con la dichiarazione del Papa Pio IX nel 1854 e, naturalmente, con la conferma da parte delle apparizioni di Nostra Signora a Lourdes, a Bernadette Soubiroux, quattro anni dopo.

In serata ci giungono notizie particolarmente drammatiche: un farmacista, un cristiano di Qara, è stato rapito e chiedono  10 milioni di lire siriane perché, se no, ne otterranno  indietro solo la testa. Inoltre, ci viene detto che in America e in Europa molte migliaia di combattenti di Al-Qaeda stanno per essere rilasciati e inviati in Siria per venire a uccidere e distruggere.  In ogni caso, qui intorno al monastero è sempre più pericoloso e dobbiamo noi stessi prendere sempre più rigide precauzioni. Non avremmo ritenuto possibile che la Siria resti completamente nella morsa dell’ "Opposizione", e ci sono ancora così tante persone che vengono massacrate. Tuttavia, ci riteniamo per il momento ancora al sicuro e viviamo la nostra vita ancora intensamente, nel miglior modo possibile portando le reciproche preoccupazioni. In primo luogo ci prepariamo per gli imprevisti e d'altra parte continuiamo a pregare e confidare in Dio perchè protegga questa terra e la sua gente.

Abbiamo solennemente celebrato la seconda Domenica di Avvento e dopo la Messa abbiamo fatto una processione con il Santissimo Sacramento per ringraziare Dio per la protezione che ci ha dato fino ad oggi, e chiedendogli di portare la pace finale per la Siria e soprattutto per la liberazione dell’uomo rapito a Qara.

La sera abbiamo guardato un bel DVD di Gesù secondo il Vangelo di San Giovanni, nel frattempo abbiamo di nuovo discusso per le torte. Le sorelle sono infatti impegnate nella progettazione e produzione di una grande quantità di dolci, in scatole di plastica. L'intenzione è di produrre questi bombons da inviare al Libano attraverso amici o conoscenze per essere venduti lì. E’ ancora un tentativo per ottenere qualcosa di reddito in questi tempi difficili.

Questa sera sono iniziati anche i ritiri silenziosi personali. È usanza qui per la festa di Natale che ogni giorno ci si ritiri in preghiera dalla sera alla sera, e si viene solo all’Eucaristia. Come segno tangibile si prende una mangiatoia con il Bambino Gesù nella propria stanza e lo si rimette la sera per quello seguente. Il pomeriggio si prende un po’ di cibo nella stanza. Qui, in genere, i pasti sono abbondanti, dal momento che di solito il lavoro è duro per entrambe le sorelle e i confratelli. C'è poca carne ma mangiamo un sacco di verdure e frutta, principalmente dal giardino.

Oggi ci hanno chiesto di pregare per una maggiore protezione: Parigi, Londra, Tel Aviv e Doha avrebbero pianificato un’ invasione. Migliaia di Jihadisti sono schierati nella zona residenziale di Mazzeh (a sud di Damasco), per attaccare  le sue ambasciate e alte personalità civili e militari. Contemporaneamente da un'altra parte, dovrebbe essere provocato un incidente con le armi chimiche e un generale disertore dovrebbe prendere il potere, con l’aiuto dell’ovest. Ci sono stati diversi tentati colpi di stato non riusciti. Ora non potrebbe andare altrimenti. Inoltre, Vladimir Putin ha detto che la Siria si difende per le vie di Mosca. E l'Iran vede la Siria come la sua difesa. Sebbene questo, forse, sia anche linguaggio politico, l'Occidente si sarebbe assunto un rischio molto grande se volesse effettivamente invadere la Siria. Il piano di pace per la Sicurezza concluso a Ginevra tra America e Russia nel mese di febbraio sta per scattare.  Nel frattempo, l'America ha già dichiarato solennemente di riconoscere i "gruppi di opposizione uniti" come i legittimi rappresentanti della Siria, e i Paesi europei, tra cui Belgio, hanno seguito come "asini muti".  L’Occidente  utilizzerà il tempo rimanente per distruggere il più possibile? Già... Peccato che vi siano difficoltà, morti e distruzioni… I politici occidentali possono guarire la loro pazzia e lasciare la Siria in piena sicurezza. Si comprende anche l’ indifferenza dei cittadini occidentali e perfino dei cristiani… se questo Paese deve essere distrutto in modo che l'Occidente possa afferrare  il gas olio e che i paesi del Golfo possano instaurare qui la loro dittatura islamica? O è così importante da perseguire l'estensione del potere politico, così atroce che i vostri fratelli e sorelle devono essere spazzati via?

Mercoledì 12 dicembre abbiamo commemorato  la Madonna di Guadalupe (Messico).  E ' il luogo di pellegrinaggio più visitato al mondo. Tra il pranzo e la cena, una sorella ha raccontato la lunga e affascinante storia della Morenita.  A sera, Santa Messa in onore della Madonna, con i nuovi paramenti blu appena fatti da parte della sorella sacrestana. L’immagine di Nostra Signora di Guadalupe è l'unica al mondo che è stata "stampata" sul manto di un semplice uomo, Juan Diego. Questo mantello normalmente dopo pochi decenni avrebbe dovuto svanire, ma c’è ancora, dal 1531, è rimasto intatto e conserva i colori dell'immagine di Maria. E negli occhi di Maria vi è l'immagine riflessa di Juan Diego con le rose in mano. Questo mantello, e foto innumerevoli volte esaminate dagli scienziati, danno sempre nuove sorprese che vengono alla luce. Con questo volto  i sacrifici umani raccapriccianti degli Aztechi si sono chiusi. Inoltre, Maria, qui incinta, è onorata come la patrona dei bambini non ancora nati. Preghiamo che Maria nostra avvocata faccia terminare di assassinare persone in Siria e ottenga la pace.

Ad Anversa, Domenica 16 dicembre un gruppo di volontari prenderà una coraggiosa iniziativa di uno stand informativo sull'ingiustizia dell'Occidente contro il popolo siriano, e in particolare contro le minoranze come i cristiani. Ci sarà anche la raccolta di fondi per le masse di rifugiati. Questo denaro non andrà a regimi come quelli di Giordania o  Turchia, che con il pretesto di «rifugiati», infine, comprano più armi per combattenti jihadisti  per completare la miseria della Siria! Questo denaro va ai rifugiati che sono aiutati dal monastero Mar Yakub fin da marzo. Il monastero stesso, situato nella regione molto pericolosa di Qara, Homs, li accoglie, qui dove -oltre ai principali gruppi di opposizione- ci  sono bande armate che diffondono insicurezza col rapire, uccidere e distruggere.

 No, la verità non è in svendita. Ma io ho goduto della Siria, prima della guerra e degli orrori che poi vi sono cresciuti. Da qui il mio grido!
Se vorrete,  potrete contribuire alla raccolta dei volontari.
In ogni caso, voi potrete contribuire alla consapevolezza urgente della rovina del popolo siriano . Yes, You can!

Padre Daniel Maes



venerdì 14 dicembre 2012

TESTIMONI STRAORDINARI TRA LE TENDE DEI PROFUGHI SIRIANI

La difficile situazione dei cristiani in Medio Oriente mi ha riportato in Libano.   Sono tornato nel posto in cui sono stato tenuto in ostaggio per aiutare le centinaia di migliaia di cristiani in fuga dalla Siria, dall'Iraq e dall'Egitto


Picture of Terry Waite  di Terry Waite

The Guardian . 11 dicembre 2012
La settimana scorsa sono tornato in Libano, un quarto di secolo dopo essere stato rapito e tenuto prigioniero per quasi cinque anni, per la maggior parte del tempo incatenato ad un muro mentre mi erano  negati molti comfort essenziali. Si potrebbe pensare ad un viaggio temerario, ma lo sviluppo della crisi ha disperatamente bisogno di attenzione.
 

 
Ero stato invitato a tornare per vedere di persona la difficile situazione dei numerosi rifugiati cristiani che si stanno riversando di là del confine siriano / libanese, e ho viaggiato verso la Valle della Bekaa per visitare i profughi che sono stati costretti all'esilio dalla Siria. La situazione è tragica. La Siria ha una storia unica e ricca di diversità e tolleranza religiosa, e in passato i cristiani e musulmani hanno condiviso lo stesso luogo di culto. Fin dall'inizio dell'Islam, hanno vissuto in relativa armonia - ma la guerra sta spingendo via i cristiani, e molti credono non ci sarà ritorno.

Così come i fautori del cambiamento politico potevano essere meritevoli, ora ci sono elementi della Primavera Araba che sono stati dirottati da parte di estremisti islamici che vogliono imporre la sharia e bandire i cristiani siriani, che costituiscono circa il 10% della popolazione. Questo ha creato un ambiente molto ostile per le minoranze. Ho incontrato famiglie di rifugiati che vivono in condizioni terribili in città di confine libanese, e sentito in prima persona le loro storie strazianti.
Nel 20esimo secolo, i cristiani, costituivano fino al 20% della popolazione del Medio Oriente, che risulta ora ridotta a circa il 5%. Prima della primavera araba, i cristiani in Siria erano uomini d'affari, ingegneri, avvocati e farmacisti. Mentre Assad ha brutalmente limitato le libertà politiche, il regime ha permesso al popolo siriano libertà religiosa - più che in altre parti del Medio Oriente. Ora i cristiani stanno lasciando il Paese. Anche i territori occupati della Palestina stanno rapidamente perdendo le loro comunità cristiane. L'Egitto è in subbuglio, con una serie di rivolte anti-cristiani copti, la Libia è un disastro. In Iraq 300 mila cristiani sono fuggiti dalle persecuzioni dopo la caduta di Saddam Hussein. Circa 100.000 cristiani hanno lasciato la Siria, molti verso città di confine come al-Qaa. Il Libano è l'ultimo paese del Medio Oriente dove i cristiani possano vivere in relativa pace e sicurezza.

Al-Qaa è una città  polverosa, un po' sgangherata, che è stata teatro di numerosi scontri di confine nel corso degli anni. E' qui che molte delle famiglie cristiane che sono fuggite dal terrore della guerra in Siria hanno trovato una casa temporanea. Più di 200 famiglie sono alloggiate dentro e intorno al-Qaa, principalmente accolte nelle case di altre famiglie cristiane o affittando proprietà . Le persone che ho incontrato non erano benestanti. Le famiglie che ho visitato mi hanno raccontato storie simili. Il conflitto era diventato così grave che erano stati costretti a lasciare le loro case. In un posto, c'erano 15 persone che vivevano in quattro piccole stanze. "La primavera araba è una beffa", ha detto uno dei rifugiati. "E' diventata un' altra forma di persecuzione".
Lasciando al-Qaa, mi sono recato a Zahle, un'altra città di confine, per parlare con l'arcivescovo melchita, John Darwish. Un uomo mite e gentile, gravemente preoccupato per la rottura dei rapporti umani in Siria e per il numero di rifugiati che accorrono in Libano. Mi ha detto di un accordo straordinario che ha avuto luogo nel 2006 tra Hezbollah, il gruppo che mi ha rapito, e il Movimento Patriottico Libero, un tradizionale partito politico cristiano, che conta molti membri della enclave cristiana di al-Qaa.

I cinici potrebbero considerare questo accordo come niente di più che opportunità politica, e, naturalmente, i politici della situazione possono giocare pesantemente nella situazione. Tuttavia, può anche darsi che questo accordo apra la strada per l'unica soluzione possibile per il Libano, e in effetti per i Paesi circostanti. Dato il mix etnico e religioso in Libano, l'unica soluzione ragionevole è per le diverse comunità il rispettarsi l'un l'altro e vivere e lavorare insieme per il bene del Paese.


Il perdono è un insegnamento cristiano centrale. Con questo in mente, ho chiesto e ottenuto un incontro con un alto funzionario di Hezbollah e ha trascorso due ore di discussione con lui. Hezbollah ha un'immagine negativa nell'Occidente, e ci sono quelli che mi accusano di combutta con i terroristi. Vorrei ricordare loro che Hezbollah è diventato un vero e proprio partito politico con seggi in parlamento del Libano, e si trova ora in una posizione unica per lavorare per la pace nella regione. Ho fatto una richiesta speciale ad Hezbollah per dare assistenza ai profughi siriani e iracheni cristiani in Libano, in particolare nel periodo natalizio. Questa richiesta è stata accolta favorevolmente.

Ci siamo incontrati a tarda notte, in un condominio anonimo nel sud di Beirut, probabilmente a meno di un chilometro da dove io sono stato tenuto prigioniero tanti anni fa, anche se non sarà mai certo dove la mia cella sotterranea fosse situata. Inizialmente è stato difficile: perché ero lì? Che cosa volevo? Ma, mentre parlavamo davanti a un caffè e succo di mela le cose si sono alleggerite, ed ho spiegato che il mio piccolo atto di riconciliazione con loro potrebbe far presagire un centinaio di altri, più grandi atti di pace per questa regione e per tutti i suoi popoli.

Passarono quasi due ore  e l'atmosfera si era rilassata notevolmente. Mi hanno invitato a tornare in Libano, quando sarei stato in grado di incontrare altre persone da Hezbollah, un invito che ho detto che sarei felice di accettare. Ho lasciato presto il Libano, la mattina seguente, per Londra, dopo aver fatto qualche passo in avanti, sia personalmente che per conto degli altri. I vecchi rancori e conflitti devono essere confinati nel passato e tutti i gruppi all'interno del paese devono essere incoraggiati e sostenuti ad andare avanti insieme.


Dal punto di vista cristiano, il Libano sta rapidamente diventando l'unico paese rimasto in tutto il Medio Oriente in cui vi è una significativa presenza cristiana. Ci vorrà un sacco di atti di riconciliazione prima che i cristiani, ancora una volta si sentano sicuri nella loro patria.



http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2012/dec/11/terry-waite-plight-christians-lebanon
(traduzione FMG)

Fra le tende dei profughi siriani, senza scarpe e cibo, arriva il Natale. C’è speranza                               

 

TEMPI, 12 dicembre - di Benedetta Frigerio
 



Una valle bellissima, detta “la valle delle vigne e della frutta”. Ora, però, della sua ricchezza non c’è traccia, solo il grigio gelato. E pioggia e fango. Quello che inghiotte gli scarponi di una donna che sta fuori da una tenda. Hope è giunta qui dall’Occidente per offrire il suo aiuto. È coperta da vestiti invernali, che però non bastano a ripararla dal gelo che li trapassa. Il vento soffia così forte che le gocce di pioggia le pungono la faccia come aghi. Eppure c’è chi nelle stesse condizioni vive senza più di qualche straccio addosso.

GLI AIUTI AI RIFUGIATI. Siamo nel villaggio libanese di Karaun, nella valle di Bekaa, al confine con la Siria. Qui ci sono circa dieci tende di profughi, i più abbandonati, quelli che i campi di tende se li sono costruiti da soli e che non sono nemmeno registrati presso la Commissione per i rifugiati delle Nazioni Unite (Unhcr). E che quindi non ricevono aiuti da nessuno. Se non dalla carità della gente del luogo e dalla Ong italiana Avsi. È tramite Avsi che Hope, presidente della fondazione Saint Camille de Lellis di Lugano legata ad Avsi, è qui. Hope rimane ferma qualche istante davanti alla tenda di pochi metri quadrati dove un uomo circondato da bambini brucia la plastica rimasta per non gelare. «Madonna aiutami, dimmi cosa devo fare perché io non lo so, posso solo stare qui e accettare come te. Fa’ tu, io ti seguo!».
Così la donna entra, spiega che anche i suoi amici di Tripoli hanno perso tutto, che sa cosa vuol dire: «Sono venuto a cercarti – dice all’uomo – chi sei?». È così che dal timore iniziale cominciano a svelarsi le storie di chi ha perso moglie o marito durante la fuga, di chi ha subìto violenze, valicando illegalmente il confine. La maggioranza di loro viene da Homs e da Damasco, ma anche dalla città più lontana Raqqa.
A condurre Hope è il capo scout del luogo. È lui che aiuta Avsi a gestire il suo intervento. «Veniamo qui per cercare i profughi non presenti in nessuna lista d’aiuto con educatori e volontari. Stiamo con la gente, giochiamo con i loro bambini, poi, a seconda di quanto c’è bisogno, si portano coperte, stufe, gasolio e voucher per comprarlo nei mesi invernali, poi cerchiamo scarpe e vestiti, perché la gente è scappata nei mesi estivi senza nulla, se non quello che aveva in dosso», spiega Marco Perini, rappresentante di Avsi in Libano. «Questo intervento d’urgenza primario si chiama winterization e coinvolge circa un migliaio famiglie. Poi agiamo sul fronte dell’educazione recuperando circa settecento bambini sia libanesi sia siriani. Ci sono educatori che si preoccupano di comprendere lo stato psicologico dei bambini e abbiamo organizzato corsi in lingua perché i siriani sanno solo l’arabo e le scuole libanesi usano spesso il francese e l’inglese».