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giovedì 20 dicembre 2012

Le minoranze siriane ora temono di più la fine dei combattimenti che la guerra in sé


 Nel suo ultimo report dalla Siria, Patrick Cockburn racconta da Maloula la situazione della minoranza cristiana del Paese, che teme la fine dei combattimenti più della guerra stessa
 
The Independent - 17 dicembre 2012

Due uomini mascherati e armati di fucili d'assalto Kalashnikov hanno tentato di rapire un uomo d'affari di nome George Alumeh nell'antica città cristiana di Maloula, a nord-ovest di Damasco, la settimana scorsa. Non era il primo tentativo di rapimento dei più ricchi membri della comunità cristiana qui, e il signor Alumeh era preparato. Ha resistito, prima estraendo una pistola, lanciando le chiavi della macchina a distanza così la sua macchina non poteva essere rubata, e poi cercando di fuggire. E' scappato, ma è stato colpito da una raffica di colpi di arma dei rapitori che lo ha mandato in ospedale con ferite allo stomaco, alle gambe e alla mano.
 Padre Mata Hadad, il sacerdote del Convento di Santa Tekla incorporato nella parete della montagna che sovrasta Maloula, racconta la storia per illustrare come la vita è diventata molto pericolosa per i cristiani, in particolare per coloro che si pensa abbiano soldi. Quel 10 per cento della popolazione siriana che sono Cristiani sta discutendo con trepidazione l'esito probabile della crisi siriana e il suo effetto su di loro.
I presagi non sono buoni. Ogni paese in Medio Oriente sembra diventare più islamico e più settario. I Cristiani siriani hanno visto, dal 2003, come il risultato dell'invasione dell'Iraq è stato la distruzione delle comunità cristiane in Iraq che erano sopravvissute per quasi 2000 anni. Se la Coalizione Nazionale, riconosciuta da 130 Paesi come il “legittimo rappresentante della Siria” prenderà il potere, allora, in ultima analisi, la sua forza di combattimento più efficace sarà Jadhat al-Nusra, con un'ideologia simile ad al-Qaeda. Si tratta di prospettive come questa che riempiono i cristiani siriani di allarme.

Maloula è un buon posto per parlare di queste paure. Si trova a un'ora di auto da Damasco, a circa 20 miglia dal Libano, ed è situata in un sito spettacolare in una fessura tra le montagne. Le sue gole rocciose sono sempre state un luogo di rifugio. Fu qui che Santa Tecla, fuggendo la milizia imperiale, si rifugiò in una grotta su in alto nella falesia.
L’isolamento di Maloula ha contribuito a conservare il suo cristianesimo e le ha dato anche l'onore di essere l'unico posto dove l’ aramaico, la lingua di Gesù, è ancora parlata dai cristiani.
C'è un clima di incertezza per il futuro. Finora ci sono stati quattro rapimenti, che la postazione dell'esercito siriano appena oltre l'ingresso della città non è stata in grado di fare granchè  per prevenire. Il turismo religioso è scomparso. "Solitamente vendevo guide e souvenir", dice Samir Shakti, gesticolando verso il suo piccolo negozio, "ma ora vendo frutta e verdura".

Un altro segno di nervosismo sono le esplosioni di rabbia contro gli stranieri, nel caso presente contro me stesso, come simbolo delle potenze europee accusate di armare i fondamentalisti islamici. Anche la Madre Superiora del Convento, Pelagia Sayaf, ha chiesto di sapere perché gli europei stanno aiutando "la gente che uccide con il coltello". Ha detto che molte persone stavano lasciando la città (anche se questo è stato negato da qualcun altro in Maloula).

La Madre Superiora Pelagia sembrava tesa. E'  al suo posto da 23 anni, guidando oltre 14 suore e 33 orfani provenienti da famiglie cristiane di tutto il Medio Oriente. Gli orfani indossano una divisa rossa e cappe in tartan, dando loro un aspetto sorprendentemente scozzese. "Sarà un Natale triste a Maloula," dice la Madre Superiora. "Le sanzioni stanno punendo il popolo, non il Governo".
I cristiani possono sentirsi più spaventati di altri siriani, ma tutti si sentono vulnerabili. Non c'erano combattimenti sulla strada da Damasco a Maloula, ma ci sono molti edifici distrutti dalle battaglie degli ultimi due mesi. Una volta, la strada principale per Homs era affollata di concessionarie d'auto, ma ora queste sono chiuse e le finestre in cristallo sono protette dai danni degli scoppi da pareti costruite sommariamente con blocchi di cemento.
I cristiani più agiati sono riusciti a fuggire all'estero, ma per chi ha pochi soldi questa è una scelta difficile. Un armeno, che non ha voluto che pubblicassi il suo nome, ha detto che "possiamo andare in Libano, ma stare lì è costoso, è difficile trovare lavoro e ai Libanesi non mi piacciono molto i Siriani perché il nostro esercito è rimasto lì per così tanto tempo". Egli stesso era alla ricerca di cittadinanza Armena.
Come per gli altri a Damasco, il grado di pericolo avvertito dipende dalla ubicazione in cui si trovano. Molti cristiani vivono nel quartiere Jaramana, che ora è pericoloso per via dei cecchini e degli attacchi con le bombe. Le parti cristiane della Città Vecchia sono più sicure, ma ci sono tagli di energia elettrica e  carenza di gasolio.
Finora le sofferenze dei Cristiani di Siria non sono peggiori di quelle dei Musulmani, ma essi sentono che qualunque sia l'esito della guerra civile, il loro futuro sarà molto probabilmente peggio del loro passato.
(traduzione FMG)
http://www.independent.co.uk/news/world/middle-east/persecution-of-the-christians-syrian-minority-fear-the-end-of-fighting-more-than-war-itself-8422977.html

mercoledì 19 dicembre 2012

Rinascere a Natale


La sofferenza e la speranza delle comunità cristiane mediorientali
 
S.I.R. Martedì 18 Dicembre 2012
 
Per le comunità cristiane mediorientali quello prossimo sarà un Natale attraversato da ulteriori tensioni e crisi. Alle già note e gravi situazioni politiche, sociali ed economiche che da decenni segnano la vita di questa strategica area del mondo, si aggiungono il conflitto in Siria, paese dove la presenza cristiana si è pressoché dimezzata, gli scontri a Gaza, le proteste in Egitto contro la nuova Costituzione di impronta islamista che preoccupa sia i cristiani che i liberali, la recrudescenza di attacchi in Iraq, altra nazione dove sono rimasti pochi cristiani. Urgenze politiche, sociali e umanitarie, vissute dai Paesi arabi nel tempo presente, che hanno spinto i Capi delle Chiese cattoliche mediorientali a lanciare un appello, agli inizi di dicembre, per chiedere di porre fine ai conflitti e alle violenze che stravolgono la vita dei popoli della regione, ponendo in atto cammini di riconciliazione e di pace che garantiscano a tutti la libertà e la tutela della propria dignità umana. Dai leader religiosi anche un pressante invito affinché i cristiani restino nelle loro terre di origine con una presenza attiva e efficace nelle società arabe. Ad una settimana dal Natale Daniele Rocchi per il Sir ha rivolto alcune domande al Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa.

Padre Pizzaballa, alla luce di così tante crisi e violenze, che Natale sarà per i cristiani mediorientali? Con quale spirito sarà vissuto?
“Natale è una nascita ma come viverla, come lasciarsi scuotere da essa? Io credo che la risposta sta nell’essere capaci e disposti a ricominciare da capo, a rinascere. Per vedere qualcosa di nuovo dobbiamo essere nuovi anche noi. Non dobbiamo lasciarsi prendere dallo sconforto, dall’idea che tutto sia finito, che nulla cambierà. Si tratta di un atteggiamento che ha molte ragioni d’essere visto ciò che circonda ma non bisogna fermarsi. Riprendiamo la strada della speranza per essere pietre vive in questa terra in cui siamo stati chiamati a vivere”.

Pietre vive che stanno lasciando i loro Paesi, per cercare un futuro altrove. Forse che la speranza per i cristiani non abita più in Medio Oriente?“Di fronte a queste situazioni difficili che i cristiani del Medio Oriente si trovano ad affrontare ci sono due strade: o andarsene o restare. Andarsene non è una soluzione, il restare non è solo inteso fisicamente perché non c’è alternativa ma perché vogliamo restare. Rimanere in questa Terra passa attraverso una presa di coscienza ed una nuova consapevolezza, è una missione che ci invita ad inserirci maggiormente nella realtà. Natale vuol dire appunto rinascere e continuare il cammino con speranza”.

Ma come è possibile inserirsi in una realtà sociale in cui si è una minoranza sempre meno ascoltata ed esigua?
“Da soli è molto difficile ma lo sforzo da fare è quello di mettersi in dialogo con tutte le realtà sociali che pure esistono, moderate, non sono tutti fanatici, e con esse fare fronte comune sui temi della cittadinanza, dei diritti umani, della vita, della tolleranza, della libertà. Unire la nostra voce alla loro e a quella della comunità internazionale, senza esagerare in quanto un intervento eccessivo di quest’ultima potrebbe essere controproducente. Allearsi con tutte quelle frange serene, positive, libere e moderate delle nostre società è indispensabile. Non abbiamo alternativa”.

Di tutta la regione mediorientale la crisi siriana è quella che spaventa di più, anche i cristiani. Ha senso parlare di Natale per la Siria?
“Parlare di Natale in Siria, sotto le bombe, è davvero difficile. Ma farlo è un seme di speranza nel futuro. Sotto ogni rovina c’è sempre una rinascita. Allora occorre guardare al futuro almeno come un desiderio da coltivare, come voglia di rinascita. La situazione è complicata: gran parte del Paese, da quello che trapela, sarebbe sotto il controllo dell’opposizione nella quale militano frange dalle più moderate alle più integraliste ed anticristiane. Tutto ciò provoca paura nei nostri fedeli. Si stima che la metà abbondante della comunità cristiana si sia spostata sia all’interno che all’esterno del Paese. Le prossime festività natalizie saranno vissute all’interno di case, di chiese, in qualche villaggio, non essendoci le giuste condizioni di sicurezza. Ma è importante celebrare il Natale perché significa dire a tutti ‘ecco noi ci siamo, siamo qui’”.

C’è un messaggio particolare che dal Medio Oriente giunge al mondo intero per questo Natale?
“In questo periodo leggiamo il Libro delle Consolazioni di Isaia dove ci sono brani molto belli tra i quali i canti del servo sofferente. Consolazione e speranza non cancellano la sofferenza ed il dolore ma li rendono innocui, tolgono loro l’ultima parola. Il messaggio per tutti è: la sofferenza ed il dolore esistono ma dobbiamo starvi dentro sapendo che siamo figli di Dio che si è incarnato e che ci dona la forza di vivere questa situazione. Egli ci dona anche la serenità necessaria soprattutto per i giovani ed i bambini perché possano pensare ad un futuro diverso. La morte peggiore sarebbe vivere senza speranza credendo che un futuro migliore non è possibile”.
http://www.agensir.it/pls/sir/v3_s2doc_a.a_autentication?target=3&tema=Anticipazioni&oggetto=252425&rifi=guest&rifp=guest


VIDEO di Franciscan Media Center :
I cristiani siriani aspettano il Natale tra difficolta’ e speranza

lunedì 17 dicembre 2012

"La piccola speranza avanza tra le sue due sorelle grandi .."

Questo è quello che intendo quando ti auguro

Buon Natale



Aleppo, 12 dicembre 2012

Dalla nostra ultima lettera del 26 ottobre, la situazione militare sul terreno non è cambiata. Nonostante combattimenti strada per strada, attentati, autobombe, cecchini, omicidi e rapimenti, nessuna delle due parti del conflitto ha preso possesso di Aleppo.

Per contro, la situazione umanitaria è catastrofica. Tutto manca: pane, acqua, elettricità, benzina, gas e combustibili per citare solo bisogni di base. Questi prodotti sono disponibili in altre città siriane al prezzo normale. Ma il rifornimento di Aleppo è impossibile, tutte le strade che portano a o da Aleppo sono nelle mani dei ribelli che impediscono la consegna di questi prodotti. E quando si possono ottenere, il loro costo è insostenibile per la maggior parte delle persone: il pane 10 volte più caro, il prezzo della benzina salito 5 volte, combustibile (per il riscaldamento) a 12 volte, gas ( per cucinare) a 9 volte. Gli Aleppini hanno freddo (è inverno), sono affamati e disperati. Inoltre, l'elettricità è razionata, quando non è tagliata completamente come un paio di giorni fa, quando l'impianto di alimentazione principale è stata bombardato lasciando Aleppo nel buio più totale per 48 ore. Gli Aleppini non hanno avuto acqua (senza elettricità non funzionavano le pompe per l’ acqua ). In un freddo glaciale, la gente non poteva ricorrere alla stufa elettrica, nè acquistare combustibile per alimentare la stufa o per il riscaldamento centrale.

Le comunicazioni sono molto difficili: i telefoni cellulari, internet, le comunicazioni internazionali sono per lo più interrotti. Lasciare Aleppo è una sfida: per strada, potremmo essere rapiti o uccisi, e nel tentar di prendere l’aereo, il fuoco sulla strada per l'aeroporto ne ha ucciso più di uno.

L'aumento del numero di profughi: una statistica riassuntiva dei pazienti che mi consultano qui nello studio mi ha mostrato che l'80% non vivono più nella loro casa e si è trasferito a vivere con parenti o amici che vivono in quartieri ancora "sicuri". La vita è diventata così costosa che anche la classe media non può più sopravvivere. E che dire riguardo ai poveri e agli sfollati, di cui ci prendiamo cura?!

Con i "Fratelli Maristi Blu", continuiamo il nostro lavoro con gli sfollati. La mattinata è dedicata alla distribuzione di prodotti alimentari e sanitari e al "punto medico" dove abbiamo tra i 30 e i 50 pazienti al giorno. Nel pomeriggio, gli adulti nel nostro gruppo con i due fratelli Georges visitano le famiglie e i giovani insieme con Fratello Bahjat si occupano dei bambini. Il nostro progetto "Voglio imparare" è mirato all'alfabetizzazione dei bambini sfollati, insegnando loro le basi del leggere, scrivere e far di conto. Gli sfollati soffrono molto per il freddo, le aule in cui alloggiano non sono dotate di riscaldamento. Si accontentano  degli spessi maglioni e coperte che abbiamo loro fornito. Con contro, abbiamo installato in ogni scuola uno scaldabagno elettrico per consentire loro di prendere un bagno caldo (quando la corrente elettrica e acqua sono disponibili!)
Il nostro progetto "Carrello della Montagna" è nel suo quinto mese. Come si è detto nelle nostre precedenti lettere, il progetto mira a fornire un cesto di cibo (sufficiente per sfamare una famiglia completa) una volta al mese, per le famiglie cristiane prive di risorse in zona  Jabal Al Saydé per sovvenire alla fame fornendo loro un salario di sussistenza per sopravvivere. Domenica 2 dicembre si è svolta la quarta distribuzione del paniere mensile a 291 famiglie. Il quinto cestello è previsto per la vigilia di Natale e per la prima volta comprenderà un chilo di carne. Questo sarà un banchetto, il giorno della festa di Natale, per quelle famiglie che non hanno assaggiato la carne per 5 mesi!
Tutti gli Aleppini, compresi i nostri sfollati, i nostri poveri ed i nostri volontari sono in preda alla stanchezza e alla disperazione per la situazione che si protrae da cinque mesi in Aleppo e da 21 mesi in Siria. Non vedono la fine del tunnel. Sono stanchi del suono di bombe e fucili, della povertà, della miseria, della fame, del freddo, della distruzione, dello sradicamento e della morte che si annida in ogni momento. Soffrono di vedere la loro città e il loro paese distrutto, hanno perso ogni speranza per il futuro.
Quello che ci consola è la rete di solidarietà che si è creata intorno a noi. In primo luogo, i parenti e il siriani della diaspora, che non perdono l'occasione per dimostrare il loro attaccamento e l'amore per i siriani che sono rimasti sul posto e per il loro paese di origine. E poi, naturalmente, tutti voi, amici, conoscenti o amici di amici che ci hanno sostenuto e continuano a farlo in vari modi.
 
A tutti voi, a nome delle nostre squadre "Orecchio di Dio", i "Fratelli Maristi Blu" e "Paniere della montagna," vorrei dire grazie per il vostro sostegno, la vostra amicizia e l'amore. Vi auguriamo che per voi il Natale sia gioia e pace.
Che Nostro Signore, Dio dell'amore e della pace, faccia sì che finisca il nostro incubo e che resti viva in noi quella Speranza che permetterà che, dopo le tenebre, la luce possa  scaturire, perchè di nuovo siamo in grado di vivere in pace e sicurezza.

Per il 2013, vi auguriamo il meglio.

Nabil Antaki, per "I Maristi Blu"
 



Prima di concludere, vorrei condividere con voi un estratto del messaggio del Superiore Generale dei Fratelli Maristi a tutto il Mondo Marista in occasione del Natale:


Non è difficile, in questo Natale, immaginare lo stupore di Maria e Giuseppe, sorpresi nello scoprire che la vita è più che vita, che c'è sempre qualcosa che ci supera nel tessuto ordinario della nostra storia. Un apprendistato che  essi  hanno fatto per tutta la vita, segnata, come quella di molti dei loro contemporanei, da momenti di serenità e di pace, ma anche da altri di violenza estrema.
Apprendimento che stanno facendo i 3 fratelli della nostra comunità di Aleppo (Siria), a circa 600 km da Betlemme. Da diversi mesi, la popolazione civile di questa antica città è immersa in una situazione di forte violenza: lotta armata, attentati, scarsità di risorse ... Ciò che sorprende è come, in tali circostanze avverse, sia possibile anche lì l’emergere dello stupore.

In effetti, una profonda ammirazione nasce davanti a situazioni che si verificano, in modo imprevisto: un gruppo di laici, i Maristi, sfidando la paura, consegnano il loro tempo e le loro competenze per restare insieme alle vittime più vulnerabili, senza distinzione di culture o religioni: la collaborazione di volontari /e, anche musulmani, che partecipano all’opera dei Maristi Blu; la risata spontanea dei bambini, almeno per qualche ora; la rete di solidarietà che è stata tessuta, sia a livello locale che internazionale ... Sì, la speranza è possibile. Anche se tutto sembra indicare che la violenza e la morte hanno l'ultima parola, la piccola speranza, come la chiamava Peguy, si ostina a mantenersi salda nel cuore della gente semplice.
Come possiamo continuare a sostenere la speranza dei nostri fratelli e sorelle in Aleppo? Vi invito dal 18 al 25 dicembre a mettere in qualche parte privilegiata della nostra comunità o famiglia una candela e ad accenderla  ogni giorno per qualche momento, come simbolo della nostra comunione con loro, attraverso l'affetto e la preghiera.

 
Gregorio di Nissa, un cristiano vissuto alla fine del quarto secolo nella stessa regione del Medio Oriente, ha scritto che i concetti creano gli idoli, solo lo stupore conosce. Sì, i concetti creano idoli, e spesso malintesi, e persino guerre. Solo allo stupore è possibile attraversare la realtà come appare ai nostri occhi, e abbracciare la gioia di una vita piena, pur in mezzo alle condizioni più avverse.
 Questo è quello che intendo quando ti auguro Buon Natale.
Che lo sia davvero per te e per i tuoi cari,
H. Emili Turú, Superior General


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domenica 16 dicembre 2012

Il Vescovo Audo: "Potenze internazionali, fate ai siriani questo dono della pace"

Per Mons. Antoine Audo, gesuita vescovo di Aleppo, presidente della Caritas Siria, il conflitto siriano è diventato internazionale: solo un accordo internazionale potrà ottenere la riconciliazione.



 
 
Intervista di La Croix - 14/12/12
 


Come descriverebbe la situazione ad Aleppo adesso?
Mons. Antoine Audo:  L’Insicurezza regna ovunque. Non possiamo più circolare e si è permanentemente minacciati da rapimenti (a scopo di estorsione), dalle imboscate dei cecchini, dalle bombe (da parte dell'esercito siriano o dei ribelli) e dagli attentati con autobombe. Questa insicurezza ha fatto sì che l'80% delle persone non lavora più, in modo che l'economia è bloccata e la povertà aumenta. Tanto più che il costo della vita è raddoppiato dall'inizio del conflitto. Le persone semplici che vivevano con poco devono ora essere supportate in  tutto, così si può dire che oggi il 70% dei siriani vive al di sotto della soglia di povertà.

Come fanno a sopravvivere?
M.A.: La gente ha dei risparmi e il sostegno della famiglia funziona ancora bene nelle nostre società tradizionali. E i siriani della diaspora (Nord America, Europa, Australia ...) riescono ad inviare da 300 a 500 dollari per le loro famiglie ogni mese. Ma le famiglie sfollate facilmente diventano un peso. In qualità di presidente della Caritas Siria da un anno, posso dire che tocco la miseria con le dita.

 Caritas Siria quali programmi  ha implementato?
M.A. : Nelle sei regioni organizzate dalla Caritas (Damasco, Aleppo, Homs, Jaziré, Horan e la costa), diamo la priorità all' aiuto alimentare con 4000 pacchi di alimenti (del valore di circa 20- 30 dollari ) distribuiti mensilmente in tutto il paese: un totale di 100.000 dollari finanziati principalmente dai nostri partner tradizionali (Catholic Relief Services, Caritas Germania, Svizzera e Lussemburgo ...). Sviluppiamo assistenza medica, in particolare a Damasco e Aleppo, per dare libero accesso alle cure sanitarie. E ad Aleppo, abbiamo aperto un contratto con il St. Louis Hospital gestito dalle Suore di San Giuseppe dell'Apparizione perchè tutti i feriti vi siano operati e curati gratuitamente e ho deciso di finanziare questo progetto per la somma di $ 50 000 al mese. Abbiamo anche un "programma invernale" ($ 300 000 fino a marzo 2013) per l'acquisto per 3.000 famiglie in tutta la Siria, di stufe e petrolio, coperte e vestiti caldi e di aiuto per pagare l'affitto.

 Come vede il futuro prossimo in Siria?
M.A. : La mia impressione generale è che non se ne esce. Questo conflitto siriano, inizialmente  locale, è diventato regionale (con il Qatar, Arabia Saudita, Iran, Turchia) ed è ora internazionale (con la Russia, gli Stati Uniti, la Cina e l'Europa). Quindi possiamo solo sperare che ci sia un accordo internazionale per risolvere il conflitto locale e raggiungere la riconciliazione e la pace. Ciò significa riconoscere la complessa storia dei rapporti tra alawiti e sunniti e parlarne con calma - che oggi è impossibile, perché si tratta di un argomento tabù nella società siriana. Ciò implica anche che ogni parte smetta di ritenersi depositario della verità e riconosca la dignità degli altri. A questo proposito, i cristiani possono contribuire a spezzare la spirale di umiliazioni, di violenza e di vendetta per avere l'audacia del perdono .

Quale appello Lei vorrebbe lanciare?
M.A. : Mi rivolgo a quelli che distruggono questo bellissimo Paese, così ricco di storia e cultura: invece di sfruttare i punti deboli confessionali, essi farebbero meglio ad aiutarlo a trovare soluzioni  politiche ed economiche. Miliardi di dollari sono già stati persi in questa guerra, per niente. Cerco di fare tutto il possibile per salvare la Siria e anche per salvare la presenza dei cristiani, perché più ci sarà distruzione in Siria, sempre più cristiani se ne andranno, e sarà una perdita per il paese e per tutta la regione! Contribuire alla riconciliazione e assicurare la pace alla Siria sarà vantaggioso per tutti, a livello nazionale, regionale e internazionale!
Chiedo pertanto alle potenze internazionali che ci facciano il dono della pace attraverso una mediazione politica ragionevole e razionale.

http://www.la-croix.com/Religion/S-informer/Actualite/Mgr-Audo-Je-demande-aux-puissances-internationales-de-faire-aux-syriens-ce-cadeau-de-la-paix-_NG_-2012-12-14-887927

 (traduzione FMG)

La "Campagna Tende di Natale" di AVSI per i profughi siriani




http://issuu.com/avsi/docs/bntende2012/9

sabato 15 dicembre 2012

E' l'assassinio di un popolo. Chi prega insieme a me?

Cari amici, purtroppo, la distruzione della Siria e l'assassinio della popolazione, in particolare dei cristiani, va peggiorando. L'Occidente e i Cristiani occidentali sembrano guardare a ciò con favore. Non vi è alcun supporto per la popolazione in via di estinzione. Tutto il supporto va ai salafiti e jihadisti che vogliono trasformare il Paese in uno stato islamico della forma più rigorosa ....



Qara, 14 dicembre 2012

Sabato 8 dicembre 2012 - Sebbene oggi sia un sabato, nella Liturgia è solennemente celebrata la Festa della Immacolata Concezione. E'  celebrata qui in Oriente già dall’ 8 ° secolo, ma si sottolineava di più il concepimento in sant’ Anna, la madre di Maria. L'8 dicembre, qui viene celebrata la veglia e il 9 dicembre il parto stesso. Gli Orientali esprimono questo mistero non con un concetto astratto, come in Occidente, ma con immagini concrete. In Occidente il dogma si è affermato con la dichiarazione del Papa Pio IX nel 1854 e, naturalmente, con la conferma da parte delle apparizioni di Nostra Signora a Lourdes, a Bernadette Soubiroux, quattro anni dopo.

In serata ci giungono notizie particolarmente drammatiche: un farmacista, un cristiano di Qara, è stato rapito e chiedono  10 milioni di lire siriane perché, se no, ne otterranno  indietro solo la testa. Inoltre, ci viene detto che in America e in Europa molte migliaia di combattenti di Al-Qaeda stanno per essere rilasciati e inviati in Siria per venire a uccidere e distruggere.  In ogni caso, qui intorno al monastero è sempre più pericoloso e dobbiamo noi stessi prendere sempre più rigide precauzioni. Non avremmo ritenuto possibile che la Siria resti completamente nella morsa dell’ "Opposizione", e ci sono ancora così tante persone che vengono massacrate. Tuttavia, ci riteniamo per il momento ancora al sicuro e viviamo la nostra vita ancora intensamente, nel miglior modo possibile portando le reciproche preoccupazioni. In primo luogo ci prepariamo per gli imprevisti e d'altra parte continuiamo a pregare e confidare in Dio perchè protegga questa terra e la sua gente.

Abbiamo solennemente celebrato la seconda Domenica di Avvento e dopo la Messa abbiamo fatto una processione con il Santissimo Sacramento per ringraziare Dio per la protezione che ci ha dato fino ad oggi, e chiedendogli di portare la pace finale per la Siria e soprattutto per la liberazione dell’uomo rapito a Qara.

La sera abbiamo guardato un bel DVD di Gesù secondo il Vangelo di San Giovanni, nel frattempo abbiamo di nuovo discusso per le torte. Le sorelle sono infatti impegnate nella progettazione e produzione di una grande quantità di dolci, in scatole di plastica. L'intenzione è di produrre questi bombons da inviare al Libano attraverso amici o conoscenze per essere venduti lì. E’ ancora un tentativo per ottenere qualcosa di reddito in questi tempi difficili.

Questa sera sono iniziati anche i ritiri silenziosi personali. È usanza qui per la festa di Natale che ogni giorno ci si ritiri in preghiera dalla sera alla sera, e si viene solo all’Eucaristia. Come segno tangibile si prende una mangiatoia con il Bambino Gesù nella propria stanza e lo si rimette la sera per quello seguente. Il pomeriggio si prende un po’ di cibo nella stanza. Qui, in genere, i pasti sono abbondanti, dal momento che di solito il lavoro è duro per entrambe le sorelle e i confratelli. C'è poca carne ma mangiamo un sacco di verdure e frutta, principalmente dal giardino.

Oggi ci hanno chiesto di pregare per una maggiore protezione: Parigi, Londra, Tel Aviv e Doha avrebbero pianificato un’ invasione. Migliaia di Jihadisti sono schierati nella zona residenziale di Mazzeh (a sud di Damasco), per attaccare  le sue ambasciate e alte personalità civili e militari. Contemporaneamente da un'altra parte, dovrebbe essere provocato un incidente con le armi chimiche e un generale disertore dovrebbe prendere il potere, con l’aiuto dell’ovest. Ci sono stati diversi tentati colpi di stato non riusciti. Ora non potrebbe andare altrimenti. Inoltre, Vladimir Putin ha detto che la Siria si difende per le vie di Mosca. E l'Iran vede la Siria come la sua difesa. Sebbene questo, forse, sia anche linguaggio politico, l'Occidente si sarebbe assunto un rischio molto grande se volesse effettivamente invadere la Siria. Il piano di pace per la Sicurezza concluso a Ginevra tra America e Russia nel mese di febbraio sta per scattare.  Nel frattempo, l'America ha già dichiarato solennemente di riconoscere i "gruppi di opposizione uniti" come i legittimi rappresentanti della Siria, e i Paesi europei, tra cui Belgio, hanno seguito come "asini muti".  L’Occidente  utilizzerà il tempo rimanente per distruggere il più possibile? Già... Peccato che vi siano difficoltà, morti e distruzioni… I politici occidentali possono guarire la loro pazzia e lasciare la Siria in piena sicurezza. Si comprende anche l’ indifferenza dei cittadini occidentali e perfino dei cristiani… se questo Paese deve essere distrutto in modo che l'Occidente possa afferrare  il gas olio e che i paesi del Golfo possano instaurare qui la loro dittatura islamica? O è così importante da perseguire l'estensione del potere politico, così atroce che i vostri fratelli e sorelle devono essere spazzati via?

Mercoledì 12 dicembre abbiamo commemorato  la Madonna di Guadalupe (Messico).  E ' il luogo di pellegrinaggio più visitato al mondo. Tra il pranzo e la cena, una sorella ha raccontato la lunga e affascinante storia della Morenita.  A sera, Santa Messa in onore della Madonna, con i nuovi paramenti blu appena fatti da parte della sorella sacrestana. L’immagine di Nostra Signora di Guadalupe è l'unica al mondo che è stata "stampata" sul manto di un semplice uomo, Juan Diego. Questo mantello normalmente dopo pochi decenni avrebbe dovuto svanire, ma c’è ancora, dal 1531, è rimasto intatto e conserva i colori dell'immagine di Maria. E negli occhi di Maria vi è l'immagine riflessa di Juan Diego con le rose in mano. Questo mantello, e foto innumerevoli volte esaminate dagli scienziati, danno sempre nuove sorprese che vengono alla luce. Con questo volto  i sacrifici umani raccapriccianti degli Aztechi si sono chiusi. Inoltre, Maria, qui incinta, è onorata come la patrona dei bambini non ancora nati. Preghiamo che Maria nostra avvocata faccia terminare di assassinare persone in Siria e ottenga la pace.

Ad Anversa, Domenica 16 dicembre un gruppo di volontari prenderà una coraggiosa iniziativa di uno stand informativo sull'ingiustizia dell'Occidente contro il popolo siriano, e in particolare contro le minoranze come i cristiani. Ci sarà anche la raccolta di fondi per le masse di rifugiati. Questo denaro non andrà a regimi come quelli di Giordania o  Turchia, che con il pretesto di «rifugiati», infine, comprano più armi per combattenti jihadisti  per completare la miseria della Siria! Questo denaro va ai rifugiati che sono aiutati dal monastero Mar Yakub fin da marzo. Il monastero stesso, situato nella regione molto pericolosa di Qara, Homs, li accoglie, qui dove -oltre ai principali gruppi di opposizione- ci  sono bande armate che diffondono insicurezza col rapire, uccidere e distruggere.

 No, la verità non è in svendita. Ma io ho goduto della Siria, prima della guerra e degli orrori che poi vi sono cresciuti. Da qui il mio grido!
Se vorrete,  potrete contribuire alla raccolta dei volontari.
In ogni caso, voi potrete contribuire alla consapevolezza urgente della rovina del popolo siriano . Yes, You can!

Padre Daniel Maes



venerdì 14 dicembre 2012

TESTIMONI STRAORDINARI TRA LE TENDE DEI PROFUGHI SIRIANI

La difficile situazione dei cristiani in Medio Oriente mi ha riportato in Libano.   Sono tornato nel posto in cui sono stato tenuto in ostaggio per aiutare le centinaia di migliaia di cristiani in fuga dalla Siria, dall'Iraq e dall'Egitto


Picture of Terry Waite  di Terry Waite

The Guardian . 11 dicembre 2012
La settimana scorsa sono tornato in Libano, un quarto di secolo dopo essere stato rapito e tenuto prigioniero per quasi cinque anni, per la maggior parte del tempo incatenato ad un muro mentre mi erano  negati molti comfort essenziali. Si potrebbe pensare ad un viaggio temerario, ma lo sviluppo della crisi ha disperatamente bisogno di attenzione.
 

 
Ero stato invitato a tornare per vedere di persona la difficile situazione dei numerosi rifugiati cristiani che si stanno riversando di là del confine siriano / libanese, e ho viaggiato verso la Valle della Bekaa per visitare i profughi che sono stati costretti all'esilio dalla Siria. La situazione è tragica. La Siria ha una storia unica e ricca di diversità e tolleranza religiosa, e in passato i cristiani e musulmani hanno condiviso lo stesso luogo di culto. Fin dall'inizio dell'Islam, hanno vissuto in relativa armonia - ma la guerra sta spingendo via i cristiani, e molti credono non ci sarà ritorno.

Così come i fautori del cambiamento politico potevano essere meritevoli, ora ci sono elementi della Primavera Araba che sono stati dirottati da parte di estremisti islamici che vogliono imporre la sharia e bandire i cristiani siriani, che costituiscono circa il 10% della popolazione. Questo ha creato un ambiente molto ostile per le minoranze. Ho incontrato famiglie di rifugiati che vivono in condizioni terribili in città di confine libanese, e sentito in prima persona le loro storie strazianti.
Nel 20esimo secolo, i cristiani, costituivano fino al 20% della popolazione del Medio Oriente, che risulta ora ridotta a circa il 5%. Prima della primavera araba, i cristiani in Siria erano uomini d'affari, ingegneri, avvocati e farmacisti. Mentre Assad ha brutalmente limitato le libertà politiche, il regime ha permesso al popolo siriano libertà religiosa - più che in altre parti del Medio Oriente. Ora i cristiani stanno lasciando il Paese. Anche i territori occupati della Palestina stanno rapidamente perdendo le loro comunità cristiane. L'Egitto è in subbuglio, con una serie di rivolte anti-cristiani copti, la Libia è un disastro. In Iraq 300 mila cristiani sono fuggiti dalle persecuzioni dopo la caduta di Saddam Hussein. Circa 100.000 cristiani hanno lasciato la Siria, molti verso città di confine come al-Qaa. Il Libano è l'ultimo paese del Medio Oriente dove i cristiani possano vivere in relativa pace e sicurezza.

Al-Qaa è una città  polverosa, un po' sgangherata, che è stata teatro di numerosi scontri di confine nel corso degli anni. E' qui che molte delle famiglie cristiane che sono fuggite dal terrore della guerra in Siria hanno trovato una casa temporanea. Più di 200 famiglie sono alloggiate dentro e intorno al-Qaa, principalmente accolte nelle case di altre famiglie cristiane o affittando proprietà . Le persone che ho incontrato non erano benestanti. Le famiglie che ho visitato mi hanno raccontato storie simili. Il conflitto era diventato così grave che erano stati costretti a lasciare le loro case. In un posto, c'erano 15 persone che vivevano in quattro piccole stanze. "La primavera araba è una beffa", ha detto uno dei rifugiati. "E' diventata un' altra forma di persecuzione".
Lasciando al-Qaa, mi sono recato a Zahle, un'altra città di confine, per parlare con l'arcivescovo melchita, John Darwish. Un uomo mite e gentile, gravemente preoccupato per la rottura dei rapporti umani in Siria e per il numero di rifugiati che accorrono in Libano. Mi ha detto di un accordo straordinario che ha avuto luogo nel 2006 tra Hezbollah, il gruppo che mi ha rapito, e il Movimento Patriottico Libero, un tradizionale partito politico cristiano, che conta molti membri della enclave cristiana di al-Qaa.

I cinici potrebbero considerare questo accordo come niente di più che opportunità politica, e, naturalmente, i politici della situazione possono giocare pesantemente nella situazione. Tuttavia, può anche darsi che questo accordo apra la strada per l'unica soluzione possibile per il Libano, e in effetti per i Paesi circostanti. Dato il mix etnico e religioso in Libano, l'unica soluzione ragionevole è per le diverse comunità il rispettarsi l'un l'altro e vivere e lavorare insieme per il bene del Paese.


Il perdono è un insegnamento cristiano centrale. Con questo in mente, ho chiesto e ottenuto un incontro con un alto funzionario di Hezbollah e ha trascorso due ore di discussione con lui. Hezbollah ha un'immagine negativa nell'Occidente, e ci sono quelli che mi accusano di combutta con i terroristi. Vorrei ricordare loro che Hezbollah è diventato un vero e proprio partito politico con seggi in parlamento del Libano, e si trova ora in una posizione unica per lavorare per la pace nella regione. Ho fatto una richiesta speciale ad Hezbollah per dare assistenza ai profughi siriani e iracheni cristiani in Libano, in particolare nel periodo natalizio. Questa richiesta è stata accolta favorevolmente.

Ci siamo incontrati a tarda notte, in un condominio anonimo nel sud di Beirut, probabilmente a meno di un chilometro da dove io sono stato tenuto prigioniero tanti anni fa, anche se non sarà mai certo dove la mia cella sotterranea fosse situata. Inizialmente è stato difficile: perché ero lì? Che cosa volevo? Ma, mentre parlavamo davanti a un caffè e succo di mela le cose si sono alleggerite, ed ho spiegato che il mio piccolo atto di riconciliazione con loro potrebbe far presagire un centinaio di altri, più grandi atti di pace per questa regione e per tutti i suoi popoli.

Passarono quasi due ore  e l'atmosfera si era rilassata notevolmente. Mi hanno invitato a tornare in Libano, quando sarei stato in grado di incontrare altre persone da Hezbollah, un invito che ho detto che sarei felice di accettare. Ho lasciato presto il Libano, la mattina seguente, per Londra, dopo aver fatto qualche passo in avanti, sia personalmente che per conto degli altri. I vecchi rancori e conflitti devono essere confinati nel passato e tutti i gruppi all'interno del paese devono essere incoraggiati e sostenuti ad andare avanti insieme.


Dal punto di vista cristiano, il Libano sta rapidamente diventando l'unico paese rimasto in tutto il Medio Oriente in cui vi è una significativa presenza cristiana. Ci vorrà un sacco di atti di riconciliazione prima che i cristiani, ancora una volta si sentano sicuri nella loro patria.



http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2012/dec/11/terry-waite-plight-christians-lebanon
(traduzione FMG)

Fra le tende dei profughi siriani, senza scarpe e cibo, arriva il Natale. C’è speranza                               

 

TEMPI, 12 dicembre - di Benedetta Frigerio
 



Una valle bellissima, detta “la valle delle vigne e della frutta”. Ora, però, della sua ricchezza non c’è traccia, solo il grigio gelato. E pioggia e fango. Quello che inghiotte gli scarponi di una donna che sta fuori da una tenda. Hope è giunta qui dall’Occidente per offrire il suo aiuto. È coperta da vestiti invernali, che però non bastano a ripararla dal gelo che li trapassa. Il vento soffia così forte che le gocce di pioggia le pungono la faccia come aghi. Eppure c’è chi nelle stesse condizioni vive senza più di qualche straccio addosso.

GLI AIUTI AI RIFUGIATI. Siamo nel villaggio libanese di Karaun, nella valle di Bekaa, al confine con la Siria. Qui ci sono circa dieci tende di profughi, i più abbandonati, quelli che i campi di tende se li sono costruiti da soli e che non sono nemmeno registrati presso la Commissione per i rifugiati delle Nazioni Unite (Unhcr). E che quindi non ricevono aiuti da nessuno. Se non dalla carità della gente del luogo e dalla Ong italiana Avsi. È tramite Avsi che Hope, presidente della fondazione Saint Camille de Lellis di Lugano legata ad Avsi, è qui. Hope rimane ferma qualche istante davanti alla tenda di pochi metri quadrati dove un uomo circondato da bambini brucia la plastica rimasta per non gelare. «Madonna aiutami, dimmi cosa devo fare perché io non lo so, posso solo stare qui e accettare come te. Fa’ tu, io ti seguo!».
Così la donna entra, spiega che anche i suoi amici di Tripoli hanno perso tutto, che sa cosa vuol dire: «Sono venuto a cercarti – dice all’uomo – chi sei?». È così che dal timore iniziale cominciano a svelarsi le storie di chi ha perso moglie o marito durante la fuga, di chi ha subìto violenze, valicando illegalmente il confine. La maggioranza di loro viene da Homs e da Damasco, ma anche dalla città più lontana Raqqa.
A condurre Hope è il capo scout del luogo. È lui che aiuta Avsi a gestire il suo intervento. «Veniamo qui per cercare i profughi non presenti in nessuna lista d’aiuto con educatori e volontari. Stiamo con la gente, giochiamo con i loro bambini, poi, a seconda di quanto c’è bisogno, si portano coperte, stufe, gasolio e voucher per comprarlo nei mesi invernali, poi cerchiamo scarpe e vestiti, perché la gente è scappata nei mesi estivi senza nulla, se non quello che aveva in dosso», spiega Marco Perini, rappresentante di Avsi in Libano. «Questo intervento d’urgenza primario si chiama winterization e coinvolge circa un migliaio famiglie. Poi agiamo sul fronte dell’educazione recuperando circa settecento bambini sia libanesi sia siriani. Ci sono educatori che si preoccupano di comprendere lo stato psicologico dei bambini e abbiamo organizzato corsi in lingua perché i siriani sanno solo l’arabo e le scuole libanesi usano spesso il francese e l’inglese».

giovedì 13 dicembre 2012

AI CRISTIANI DI OCCIDENTE: SVEGLIA !

Violenza e morte nella “Valle dei Cristiani”: 150mila fedeli nel terrore



 
Agenzia Fides 13/12/2012

Tartus  – Circa 150mila fedeli cristiani vivono nel terrore in oltre 40 villaggi della cosiddetta “Valle dei Cristiani”, nella Siria occidentale. La valle (“Wadi al Nasara”), storica roccaforte dei cristiani siriani, in prevalenza greci-ortodossi, ha accolto nei mesi scorsi migliaia di rifugiati provenienti da Homs e da altre città e province.
Oggi i cristiani sono sotto il fuoco di milizie islamiste che si sono stabilite nella fortezza crociata di “Krak des Chevaliers”, eretta nel secolo XI da un emiro musulmano, ricostruita dagli Ordini ospedalieri crociati e oggi patrimonio culturale dell’Unesco.

 Come riferito a Fides, da giorni le milizie, dalla collina su cui sorge la fortezza, sparano senza sosta colpi di mortaio contro i villaggi sottostanti. Nell’area sono infatti state erette delle barricate dall’esercito regolare siriano, obiettivo dei militanti.
I civili cristiani, in questa prova di forza, sono “vittime collaterali” che vengono colpite senza alcuna cura. Nei giorni scorsi una pioggia di fuoco si è abbattuta sul villaggio di Howache, distruggendo numerose case, provocando la morte di tre giovani cristiani, ferendo molti civili. Le famiglie del villaggio piangono Iyad Salloum, 30 anni, Fady Haddad, 34 anni, mentre un altro giovane è deceduto nell’ospedale di Nostra Signora di Hosn. E, nelle scorse settimane, la comunità cristiana nella valle aveva già contato altri 9 morti.
“I cristiani – dice a Fides un sacerdote locale raccontando la tragica situazione – sono molto fragili e vogliono essere neutrali. Ma oggi la nostra valle è assediata dalla violenza e dall’instabilità che ci disorienta e terrorizza. La violenza copre e annulla tutto: non riusciamo ad essere strumenti di dialogo e di coesione, come vorremmo essere”. Il sacerdote chiede ai belligeranti di “non colpire gratuitamente i civili, di rispettare la neutralità dei cristiani che, per la loro fede e identità, vogliono essere un fattore di riconciliazione”.
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=40569&lan=ita


Il Vescovo maronita di Latakia: “Cristiani nel mirino di islamisti radicali e di banditi”

Agenzia Fides - 13/12/2012

Latakia  – Nella zona di Latakia, Tartus e Tal khalakh, e nella “Valle dei Cristiani”, “c'è il caos: milizie islamiste e bande criminali stanno approfittando della situazione di instabilità generale. I civili cristiani sono obiettivo di sequestri e sono nel mirino di gruppi armati che hanno ideologia fondamentalista”: è l’allarme lanciato da Sua Ecc. Mons. Elias Sleiman, Vescovo maronita di Latakia che, in una nota pervenuta all’Agenzia Fides, esprime forti timori per la sorte della popolazione cristiana della Siria.
“I cristiani, un decimo della popolazione siriana – rimarca il Vescovo – non prendono posizione con l’una o l’altra fazione in lotta, ma vogliono solo pace, dialogo e ricostruzione del paese. Per la nostra fede non crediamo nella violenza, ma nella riconciliazione. Ora temiamo fortemente gli islamisti radicali: ci sono molti mercenari fondamentalisti che vogliono alterare la natura del popolo siriano e istigare alla guerra confessionale”.

WADI AL NASARA

“I fedeli cristiani – spiega – anche se minacciati, non prendono le armi perché non vogliono il potere. Vogliamo pace, non armi, come ha ricordato Papa Benedetto XVI nella sua visita in Libano”. Esprimendo il timore che la Siria “diventi un altro Iraq, con un esodo di massa dei fedeli”, Mons. Sleiman ribadisce che “la Chiesa siriana, nelle sue diverse espressioni e confessioni, è solidale con quanti vogliono rimanere nella propria terra”. Per questo, aggiunge, “facciamo molto per i rifugiati che fra la Valle dei cristiani, Latakia, Tartus, sono oltre 100mila. I profughi cristiani erano giunti qui perchè c'era maggiore stabilità rispetto ad altre aree, dove infuriano i combattimenti. Ma ora il conflitto è arrivato anche qui e la stabilità si sta perdendo, mentre cresce il caos”. “La nostra terra è una terra di martiri, non la lasceremo – profetizza il Vescovo – anche se siamo o saremo sotto pressione. Siamo forti nella fede, nonostante le prove e cercheremo sempre di essere un fattore di coesione e un segno di riconciliazione nella società siriana, oggi e domani”, conclude.
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=40572&lan=ita

Che cosa possono fare i cristiani in Occidente per aiutare quelli in Oriente? Dobbiamo essere "vedove insistenti"....

What can Christians in the West do to help those in the East?

Christian influence in Parliament is now so weak that we have to find new ways to defend the persecuted faithful
By Robin Harris on Friday, 7 December 2012
Iraq Attack Michigan Rally
 
I cristiani possono aspettarsi di soffrire. E, come il Santo Padre ha detto ai cristiani nella sua recente visita in Libano, questi "sofferenze non sono vane". Ma questa non è una scusa per la  rassegnazione: con uno sforzo, la persecuzione può essere arrestata o almeno controllata....
leggi su:

mercoledì 12 dicembre 2012

SE CADE ASSAD: gli scenari futuri per le comunità cristiane

Non vi abbandoneremo!

Il futuro delle antichissime comunità cristiane che abitano in Siria e Libano potrebbe essere tragico. Non possiamo fare finta di niente.


 

Mario Villani cerca di rispondere ad una domanda: cosa succederà alle comunità cristiane in Siria e Libano se, come prima o poi è possibile succeda, il regime baathista al potere a Damasco dovesse cadere? E lancia un' iniziativa.

 
Forse può aiutarci ad abbozzare una risposta il conoscere cosa sta accadendo nei tre quartieri di Aleppo dove le decine di diversi gruppi ribelli che vi operano sono riusciti a consolidare il loro controllo fino al punto da costituire una parvenza di autorità pubblica. La prima decisione che hanno preso è stata la creazione di una polizia “per la promozione del bene e la repressione degli atti empi” con il compito di controllare che i pii cittadini non omettano le preghiere quotidiane. Successivamente hanno emesso un editto con il quale hanno proibito alle donne di condurre autovetture. Anche il controllo dell'osservanza di questa norma è stata demandata alla suddetta polizia, autorizzata ad usare la forza fino a quando il gentil sesso non rinuncerà a tale empia abitudine. La parte più significativa dell'editto – riportato in versione originale araba sull'informatissimo sito Reseau Voltaire - è però quella di apertura, nella quale si elencano i teologi islamici a cui i ribelli si ispirano. Vale la pena di conoscerli: Abd al Aziz ibn Baaz (1910 – 1999) già Gran Muftì dell'Arabia Saudita divenuto celebre per aver proibito la guida alle donne (ecco da dove viene l'idea) e per aver sostenuto che è il sole a girare attorno alla terra e non il contrario. Su questo punto però cambiò idea quando il principe Bandar Bin Sultan acquistò un biglietto per un viaggio spaziale. Abdul Azeez ibn Abdullaah Aal Shaik è l'attuale Gran Muftì dell'Arabia Saudita dove ha ordinato la distruzione di tutte le vestigia di antichi luoghi di culto non islamici. Muhammad ibn Uthaymeen (1925 – 2001) che fu uno dei principali ispiratori delle correnti di pensiero salafite. Abdullah ibn Jibreen (1933 – 2009), un teologo saudita che considerava gli sciiti come eretici da espellere da tutte le terre dell'Islam. Saleh al Fawzan e Bakr abu Zayd, rispettivamente Presidente e Procuratore della Corte Suprema di Giustizia dell'Arabia Saudita. Con simili maestri come meravigliarsi della caccia ai non sunniti o della proibizione alle donne di guidare?

 
Qualcosa del genere era avvenuto alcune settimane prima anche nella città di Idlib, dove però il controllo dei gruppi armati non è ancora sufficientemente solido da poter permettere la costituzione di strutture pubbliche come una polizia religiosa del tipo di quella di Aleppo.

 
Qualcuno potrebbe obiettare che i vari Consigli di Transizione costituiti all'estero non vedono al loro vertice personaggi palesemente legati al mondo islamista, anzi, in alcuni casi ne fanno parte persino degli appartenenti a minoranze non islamiche. Non mi stancherò di ripetere che nessuno ha mai dimostrato la benchè minima capacità di controllo da parte di queste organizzazioni sui gruppi armati che operano attualmente in Siria. Chi ha le armi e paga quotidianamente un pesante tributo di sangue alla sua lotta non va poi a consegnare l'eventuale frutto di una vittoria nelle mani di chi ha seguito gli avvenimenti standosene comodamente al sicuro all'estero. Le sole realtà che possono influire sui gruppi armati sono rappresentate da quegli stati che li riforniscono di mercenari, armi, attrezzature e denaro, vale a dire Arabia Saudita, Qatar e Turchia. Attendersi un'azione moderatrice da parte di questi ultimi (in particolare Arabia Saudita e Qatar) è assolutamente illusorio.

 
E' doveroso peraltro riconoscere che non tutti i gruppi armati che operano in Siria sono riconducibili a posizioni salafite o islamiste. Vi sono, è vero, anche altri gruppi, alcuni costituiti da banditi che vogliono approfittare della situazione di caos per fare facile bottino, altri nati per iniziativa di comitati locali (come a Qara) sicuramente ostili al Presidente Assad, ma preoccupati più che altro di colmare il vuoto di potere che si è venuto a creare con il ritiro delle forze dell'ordine dalle aree più periferiche del paese. Questi gruppi però, male organizzati e privi di reali appoggi esterni, ben poco potrebbero fare per contrastare l'attività delle organizzazioni islamiste e salafite nel caso di crollo del potere centrale.

 
Cosa potrebbe succedere, quindi, se realtà come quelle che operano ad Aleppo e Idlib dovessero prendere il potere in tutta la Siria?

 
Sicuramente non finirebbe la guerra. In primo luogo perchè nascerebbero contrasti tra le varie anime della ribellione, in secondo luogo perchè già oggi molte comunità si sono armate ed hanno costituito delle milizie per difendere i loro quartieri ed i loro villaggi. E' il caso, solo per fare un esempio, dei Curdi che già da settimane combattono contro i salafiti lungo il confine turco o degli Armeni che difendono in armi il loro quartiere di Aleppo. La guerra non sarebbe più tra un potere centrale autoritario e delle bande di ribelli, ma tra milizie che controllerebbero ciascuna una piccola porzione del Paese, mentre il potere centrale -dominato dagli islamisti- sarebbe in grosse difficoltà ad estendere la propria autorità persino in Damasco e dovrebbe pertanto ricorrere a metodi che farebbero ben presto rimpiangere gli anni più bui di Hafez Assad (l'autoritario padre dell'attuale Presidente). In un simile quadro le millenarie comunità cristiane giocherebbero la parte del classico vaso di coccio tra vasi di ferro. Infatti, mentre le altre comunità potrebbero contare su appoggi esterni (gli sciiti e gli alauiti l'Iran, i sunniti la Turchia e l'Arabia Saudita, i Curdi le altre comunità curde dei paesi confinanti) i Cristiani sarebbero completamente soli. In particolare sarebbero soli i Cattolici, perchè gli Ortodossi potrebbero forse contare su un sostegno, almeno diplomatico, da parte della Russia. Inutile sperare nel Vaticano, ridotto ad un ruolo diplomatico marginale dalla conventio ad escludendum messo in atto da tutte le potenze occidentali e dall'oggettiva incapacità dell'attuale Segretario di Stato di contrastarla. Anzi, su questo versante ci sarebbe persino il rischio di sentire qualche voce (magari di un gesuita) proclamare che in fondo i Cristiani di Siria se la sono andata a cercare perchè potevano andarsene fin che erano in tempo.

 
L'incendio che potrebbe infiammare la Siria non risparmierebbe il Libano. Il fragile equilibrio tra le comunità religiose che compongono quello che è stato definito il “mosaico libanese” non potrebbe reggere ad una guerra confessionale ai propri confini. Gli scontri tra Alauiti e Sunniti in corso da mesi nei quartieri di Tripoli e quelli tra Sciiti e Sunniti avvenuti in novembre a Sidone sono solo un tragico preludio. Inevitabilmente lo sprofondare della Siria nella guerra civile a sfondo confessionale trascinerebbe anche il Libano nell'abisso di una guerra tra milizie sciite (Hezbollah e Amal) contro milizie sunnite imbaldanzite dai successi ottenuti nel Paese vicino. Anche in questo caso i Cristiani sarebbero la parte più debole: divisi, privi di reali appoggi esterni e senza una organizzazione armata, sarebbero inevitabilmente costretti a rimettersi alla non scontata benevolenza del vincitore.

 
Non è un caso che persone del calibro di padre Gheddo e padre Samir Kalil abbiano in questi giorni lanciato un disperato allarme sul futuro delle antichissime comunità cristiane del Medio Oriente. Entrambi hanno richiamato quanto già avvenuto in Iraq. Dopo la caduta di Saddam Hussein, la già fiorente comunità cristiana è stata costretta ad un doloroso esodo ed è oggi ridotta al lumicino. Non è possibile escludere che questa possa essere la sorte anche delle gloriose Chiese di Siria e Libano.

 
Queste sono le ragioni che ci impongono una attenzione particolare per i fratelli che vivono in quelle tormentate regioni. Vi è la necessità di creare un osservatorio permanente o comunque una organizzazione che si occupi di comprendere le realtà cristiane mediorientali e farle conoscere alle nostre torpide opinioni pubbliche, in particolare, ammesso che esista ancora, a quella cattolica. E' un atto di giustizia, ma è anche nel nostro interesse. Chissà mai che conoscendo le tragiche vicende di Cristiani seri anche la nostra Fede non ne venga rinvigorita.
 
Mario Villani

  
Comunicato: tutti gli amici che sono interessati a collaborare alla nascita di una organizzazione permanente che si occupi di sostenere le ragioni delle comunità cristiane di Siria e Libano sono pregati di segnalare il proprio nominativo con una e-mail all'indirizzo del sito: info@appunti.ru