Traduci

martedì 24 aprile 2012

Il Papa in Libano per la missione dei cristiani e la Primavera araba: continuiamo la riflessione

Il 16 aprile su questo Blog abbiamo ripreso la riflessione di Padre Samir Khalil Samir pubblicata su Asia News. Continuiamo il confronto sulla Primavera Araba attraverso questo interessante articolo

Primavera Araba: modelli, conseguenze, attualità
di Amer Al Sabaileh


T
utti ci chiediamo perché la rivolta popolare egiziana e tunisina sono state non violente, a differenza di quella libica e ora di quella siriana, così segnate da atti di violenza efferata e da distruzioni. In realtà, per poter rispondere a questa domanda, bisogna guardare ai modelli della “rivoluzione” dal punto di vista delle potenze internazionali, cioè il blocco dei Paesi amici degli USA (Egitto, Marocco, Giordania, Arabia Saudita e paesi del Golfo) e il blocco dei Paesi definiti dai primi come “poteri del male” (Iran, Siria, Hezballah libanese).

Dopo la rivolta egiziana, sembrava che gli USA si liberassero dei loro vecchi amici. I paesi alleati degli Stati Uniti, in particolare l’Arabia Saudita e il Qatar, hanno capito che poteva verificarsi anche il rovesciamento del loro regime. Si sono verificati, infatti, tentativi di rivolta nell’est dell’Arabia, soffocati immediatamente con la forza. Poi, davanti agli occhi di tutto il mondo, che assiste passivamente, i Sauditi hanno mandato le loro truppe in Bahrain per opprimere il grande movimento popolare del Paese. Come si può allora credere alla sincerità delle affermazioni di questi regimi che si ergono ora a sostenitori delle rivendicazioni del popolo siriano alla libertà e alla democrazia?

Oggi non si può parlare, nel caso della Siria, di una sollevazione popolare contro un regime dittatoriale corrotto, come è stato in Tunisia prima e in Egitto poi. L’impressione che si ricava dalle poche immagini che giungono dalla Siria è piuttosto di una situazione di caos e di violenza organizzata da bande armate che vogliono destabilizzare il Paese, confermata dal fatto che questa violenza si dirige soprattutto contro la popolazione civile. La rivolta siriana infatti non appare simile ai modelli precedenti, ma sembra piuttosto creata dall’esterno, così che non è possibile parlare di una rivoluzione popolare come quella che ci mostravano le immagini di piazza Tahrir in Egitto.

Non difendo sicuramente il regime siriano, tant’è vero che in Siria ci sarebbero stati tutti gli elementi per giustificare una rivolta popolare: tuttavia si ritiene che la crisi siriana attuale non presenti i caratteri di una lotta per i diritti umani e la libertà. Inoltre la pressione esercitata fin da subito sul regime siriano sarebbe stata sufficiente per permettere un transito verso una fase di maggiore democrazia nel Paese: in realtà non c’è la volontà di cogliere i segnali positivi che vengono dal regime siriano in vista di una soluzione, ma anzi si vuole spingere la Siria nel caos e nella violenza con il rischio di trascinare nella catastrofe anche i paesi confinanti (Libano, Giordania, Iraq e Turchia). Le forze usate per questo piano di destabilizzazione della Siria sono quelle dell’islam radicale, salafita, già utilizzate in Afganistan, al tempo della guerra contro i Russi, poi in Iraq e anche in Libia nella recente guerra fatta passare come guerra di liberazione dal regime di Gheddafi. L’utilizzo di queste forze è veramente rischioso perché si è già visto come poi siano difficilmente gestibili.

Chi utilizza queste forze per i propri interessi (storicamente l’Arabia Saudita e attualmente anche il Qatar), lo fa soprattutto per dare stabilità al proprio regime, in quanto gli elementi principali per fare scoppiare una rivoluzione esistono manifestamente anche nei Paesi “moderati” che hanno in comune tre fattori: (1) sono amici dichiarati di Israele e dell’America, (2) esiste al loro interno un legame molto stretto tra business e potere e (3) vi svolgono un ruolo particolare le mogli dei dittatori, implicate pesantemente nella corruzione nel campo della finanza.


“La rivoluzione”: dagli amici dell’America ai suoi nemici

Il regime siriano, pur destinato a finire perché basato sulla paura e sull’assenza di un vero dialogo politico, non presenta nessuna delle tre costanti dette prima: di conseguenza una rivolta avrebbe richiesto tempi lunghi di maturazione. Allora, per far precipitare la situazione, si è ideata la guerra libica, che non appartiene al modello della primavera araba ma che ha determinato subito l’intervento militare della NATO e dei paesi arabi alleati, quali Giordania e Qatar. Intervento facile, perché la Libia non ha importanza dal punto di vista geopolitico: è in gran parte deserto e procura vantaggi enormi (è un mare di petrolio). Mentre l’attenzione della gente è concentrata sulla Libia, viene creata la figura del cugino di Baschār El-Asad, l’uomo che coniuga business e autorità: è il cugino corrotto che ha in mano la finanza del Paese, prima sconosciuto al mondo arabo ora improvvisamente noto. Poi iniziano gli scontri armati nella località di Dara‘a, causati all’inizio da un fatto forse non rilevante: l’incapacità del governatore di risolvere un problema locale legato a una crisi momentanea.

In realtà la decisione di far cadere il regime siriano era già stata presa da tempo, negli anni novanta, ma l’astuzia politica di Asad padre era riuscita sempre a contrastare questo progetto. Anche la guerra nel sud del Libano e poi la guerra di Gaza avevano l’obiettivo di colpire la Siria.

Dopo la prima fase della crisi siriana, quando i media non avevano ancora attaccato Baschār, si comincia a fare il nome del fratello, Maher, descrivendolo come un pericoloso assassino. Mentre Baschar è riformista ma debole, il fratello è autoritario e sanguinario. Infine si fa comparire la figura di Asma, la moglie corrotta di Baschār El Asad. Progressivamente si creano cioè le tre costanti secondo il modello descritto sopra. D’altronde l’America sa di non potere intervenire militarmente in Siria per non mettere a rischio la sicurezza di Israele e allora cerca di indebolire il regime, come fece a suo tempo con Saddam in Iraq, creando punti di instabilità e di conflitto in varie direzioni. Gli integralisti islamici utilizzati come strumento di destabilizzazione della Siria sono gli stessi creati in Libia con l’avallo delle potenze occidentali.

Credo che nessuno possa immaginare le disastrose conseguenze che la caduta della Siria potrebbe originare, ben peggiori dello scenario iracheno. Il pericolo è legato agli strumenti utilizzati per rovesciare il regime, già introdotto in Libia: le forze radicali (salafite) sponsorizzate dal Qatar. Il Qatar ha manifestato di essere lo sponsor ufficiale di tutti i gruppi radicali inaugurando la moschea più grande della regione, sotto il nome del fondatore del wahabismo Mohammad Bin Abd al Wahab, e inoltre con l’istituzione di un ufficio di rappresentanza per i Taliban a Doha, la capitale del Qatar. Anche i fratelli musulmani ora dichiarano che con l’America si può trattare, con questa nuova America che difende i diritti degli stati alla libertà e alla democrazia. Gli americani, ad esempio, favoriscono il ritorno di Hamas in Giordania: ma di un Hamas nuovo, pragmatico, politico. Questo spiega perché certi Paesi debbano servirsi ora, per realizzare i loro piani, di forze islamiche estremiste, prima messe al bando e combattute con tutti i mezzi. E spiega il ruolo ambiguo giocato dal Qatar in Libia, e il suo sforzo attuale per avere lo stesso ruolo in Siria. L’esportazione di questi gruppi sarebbe controllabile dopo? Temo che la risposta sia assolutamente negativa: dunque dobbiamo temere già da ora le conseguenze catastrofiche di questa politica.

Il ruolo del Qatar nell’appoggio ai Fratelli musulmani dovunque in Medio Oriente ormai è chiaro. A dire il vero, pare che il progetto di islamizzare i paesi arabi abbia avuto il consenso americano con la supervisione del Qatar. Questo è ormai confermato dalla generosità del Qatar nell’offrire tutti i mezzi possibili per attuare il progetto dei “Fratelli musulmani”, dal sostegno economico a quello dei media (Al Jazeera). Anche Hamas ha abbandonato la Siria, preferendo l’alleanza con il Qatar, il quale l’ha accolto a braccia aperte trovando un’altra carta vincente da giocare. Recentemente, il Qatar è riuscito a far ritornare i leader di Hamas in Giordania da cui erano stati espulsi nel 1999. Ciò solleva molte domande riguardanti il futuro di questo movimento e il futuro della Giordania.

La Nuova Hamas è definita una Hamas politicamente più matura, addomesticata, pronta ad adottare la resistenza popolare. In realtà il suo ritorno rappresenta l’inserimento degli interessi di molti giocatori. Per i “Fratelli Musulmani” sarebbe la forza necessaria per poter arrivare al potere. La presenza di Hamas come forza politica darà ai “Fratelli Musulmani” quello che ancora gli è necessario: la popolarità per ottenere un numero maggiore di consensi. La popolarità di Hamas è concentrata e fortemente presente nei campi profughi palestinesi in Giordania.

L’alleanza tra Qatar, Hamas e “Fratelli Musulmani” oggi corrisponde al desiderio americano-israeliano di mettere fine alla questione palestinese. In realtà, l’ingovernabilità siriana potrebbe portare a un caos regionale, con prezzi da pagare altissimi. Giocare alla trasformazione della regione è un fatto gravissimo: la Giordania è il paese cruciale della zona, è il garante della stabilità e una qualsiasi imprudenza volta a cambiare la sua faccia potrebbe generare risultati catastrofici.

È importante notare qui che molti di questi islamisti sono stati scarcerati recentemente. Anche in Giordania ne sono stati rilasciati recentemente 222. La Gran Bretagna ha appena deciso la liberazione di uno dei più pericolosi salafiti e pretende che la Giordania lo accolga e rispetti i suoi diritti. In poco tempo questi nemici di un tempo stanno diventando tutti ricchi. Molti di loro entrano in politica e hanno rapporti con Israele. La televisione israeliana, ad esempio, ha dato spazio su un suo canale al rappresentante dei salafiti egiziani (il partito An-Nur). In Egitto gli integralisti sono riusciti a emergere nelle elezioni, ottenendo i voti delle masse povere e ignoranti alle quali danno soldi forniti dall’Arabia Saudita. È noto che l’Arabia Saudita è storicamente quella che appoggia i salafiti mentre il Qatar, attraverso l’emittente Al Jazeera, finanzia e sostiene i fratelli musulmani. Se questi sono gli strumenti per attuare il piano, ci si deve chiedere da dove essi entrano in Siria.

Non può essere l’Iraq a farli entrare, dal momento che si è dichiarato contrario a una alleanza contro la Siria; la Turchia ha minacciato l’ingresso di truppe turche sul suolo siriano per la protezione dei civili ma poi ha desistito da questa sua intenzione, perché in Turchia ci sono 17 milioni di alawiti che hanno immediatamente attaccato il governo di Erdogan; tant’è vero che recentemente il ministro degli esteri turco, in una sua visita in Iran, ha dichiarato che non può essere la Turchia a tenere sotto controllo la Siria. In Libano ci sono stati scontri armati a Tripoli, per opera di milizie finanziate dall’uomo politico libanese, Hariri, con il denaro dell’Arabia Saudita ma l’esercito libanese ha bloccato queste truppe al confine con la Siria. Non resta che la Giordania, nella quale vi sono attualmente 43 mila libici con la scusa della necessità di ricevere le cure mediche; ma di essi solo 15 mila sono negli ospedali. Perché questi libici si trovano in Giordania? Probabilmente sono gli stessi che hanno fatto la guerra in Libia e che sappiamo essere stati finanziati dal Qatar.

Il regime siriano dunque si trova a combattere contro queste bande di salafiti, non contro il popolo siriano come si vuole fare credere. Come mai questi combattenti sono muniti di armi anti-missile di fabbricazione francese? Proprio questo modello di armi è stato acquistato recentemente dal Qatar dalla Francia.

Questo gioco è estremamente pericoloso. La lezione afgana dovrebbe avere insegnato che queste forze, una volta create, non sono altrettanto facilmente eliminabili. La posizione della Giordania poi è particolarmente delicata perché essa, non avendo risorse e ricchezze proprie, è costretta a dipendere dagli aiuti che le vengono dall’esterno, rendendosi così soggetta ai ricatti degli Stati più forti e ricchi.

Inoltre, sembra che la Giordania sia progressivamente sottoposta a una pressione pesante che la sta mettendo in ginocchio. Occorre essere molto attenti per non cadere nella trappola delle falsificazione mediatica, creata da canali satellitari quali Al Jazeera e El Arabiya e riprodotta fedelmente dai media occidentali che danno una visione falsata della crisi siriana.

Tutto questo rappresenta la contraddizione più forte oggi: i Paesi del Golfo, che non hanno mai conosciuto la democrazia, chiamano altri Paesi ad adottare un processo democratico volto a concedere più libertà ai popoli, mentre loro stessi non hanno mai sperimentato neppure le elezioni.

Tutti i sostenitori della pace devono almeno preoccuparsi per questo piano di islamizzazione della zona medio-orientale in senso radicale. Il timore è che questa regione venga frantumata in tanti staterelli confessionali, tanti piccoli Stati deboli che giustificherebbero la presenza di Israele come Stato ebraico e garantirebbero la sua sicurezza secondo un piano antico ma ancora attuale, che rischia ora di vedere la sua realizzazione. Questo porterebbe a far perdere al Medio Oriente quel carattere di incontro di civiltà, religioni e culture che rappresenta una ricchezza che ha caratterizzato l’Impero Ottomano.

Qui mi sento costretto a fare un appello ai tutti gli amici cristiani e alle Chiese perché siano lucide e presenti nel decidere il futuro di questi popoli. Bisogna, in tutti modi, salvare l’identità religiosa e il tessuto culturale dell’Oriente perche non è ragionevole che il destino dei Paesi che rappresentano la culla storica della civiltà come Giordania, Siria, Libano e Egitto venga deciso dall’enorme ricchezza economica posseduta da alcuni piccoli stati privi di qualsiasi cultura, storia, religione e umanità. Infine, è rilevante osservare l’ultima fatwa rilasciata recentemente dal Mufti dell’Arabia Saudita, in cui ha chiamato alla distruzione di tutte le chiese in Arabia.

da IL Margine, 32, (2012) n° 4

lunedì 23 aprile 2012

23 aprile: in Siria si fa memoria di San Giorgio

Indomito testimone, fortissimo difensore dei cristiani nella prova

Monastery of Saint George


  Siria, cristiani vessati dai ribelli

L’opposizione al regime impone la tassa islamica ai fedeli di Homs 

di Marco Tosatti  -  da Vatican Insider 21/04/2012

Da Homs, una delle città più travagliate dei mesi e nelle settimane passate dagli scontri fra l’esercito siriano e i ribelli giungono notizie che non fanno sperare in un futuro meno tragico per i cristiani di quel Paese, il giorno in cui la lunga dittatura del partito Baath, controllato dalla minoranza alawita del clan Assad dovesse finire. “L’esercito dell’opposizione impone la tassa islamica sui cristiani di Homs”; la notizia ha cominciato a circolare una settimana fa, e ha trovato conferma nei giorni scorsi.

continua la lettura su http://vaticaninsider.lastampa.it/homepage/inchieste-ed-interviste/dettaglio-articolo/articolo/siria-syria-homs-14488/



Allarme per i cristiani sotto tiro

“Il pericolo è che il fondamentalismo islamico, foraggiato da paesi esteri, si impadronisca della rivoluzione siriana"

21 -04-2012 da AGENZIA FIDES gravi notizie

Imperversano bande armate senza controllo: cristiani sotto tiro
Qusayr (Agenzia Fides) – Bande di miliziani islamici, senza controllo, imperversano nel conflitto in corso in Siria, uccidendo civili innocenti e prendendo di mira i cristiani. Lo confermano fonti dirette dell’Agenzia Fides in diverse località della Siria, che lanciano un allarme per il prosieguo della cosiddetta “rivoluzione siriana”.
La situazione è tragica nella città di Qusayr, nel Nord della Siria, nel distretto di Homs: bande di miliziani, nelle file dell’opposizione sirana, hanno completamente distrutto un'intera strada cristiana vicino alla chiesa cattolica. Il parroco è fuggito e “non c’è nemmeno la possibilità di seppellire i cadaveri” nota un fonte di Fides.
Si consumano terribili vendette contro chi prova a denunciare la situazione: il cristiano André Arbache, padre di famiglia di 30 anni, nel gennaio scorso è stato rapito perché suo fratello ha denunciato apertamente in tv le violenze delle bande armate. André è stato costretto ad arruolarsi nell’Esercito di Liberazione Siriano. Due giorni fa il suo cadavere è stato ritrovato a Qusayr, decapitato e abbandonato, straziato dai cani.
I cristiani sono vittime di sequestri: tre fedeli rapiti, Sate Semaan, Oussama Semaan e Assaad Nakhlé, sono stati lasciti dopo il pagamento di un pesante riscatto. Episodi simili sono registrati anche a Yabrud e Deir Atieh, nei pressi di Qara. “Nessuno sa bene chi sono questi miliziani: sappiamo solo che non hanno nessuno gerarchia e che sono divisi in bande armate, che cercano denaro e che non esitano compiere violenze e ruberie sui civili”, continua la fonte di Fides.
“Circolano notizie terribili di famiglie intere massacrate, e vi sono quanti istigano alla guerra confessionale”, prosegue. Il canale Tv salafita “Channel TV Safa Cheikh Arour” ha invitato l'Esercito di Liberazione siriano “ad attaccare i cristiani infedeli” a Saydnaya e Maaloula e a “perseguire i cristiani alleati con il regime”. In località come Qalamoun la coesistenza tra le diverse comunità, fino a ieri garantita, è fortemente minacciata e alcuni estremisti invitano a “tagliare qualsiasi rapporto con i cristiani”.

Si fa strada la militanza islamica nell’opposizione siriana
Dal “Giorno della dignità” al “Venerdì delle Armate dell’Islam”:sta tutto in questi due titoli, scelti per le manifestazioni dell’opposizione siriana, il sintomo di come la militanza islamica, wahabita e salafita, si sta facendo strada nelle file dei ribelli siriani. Come successo nelle esperienze della “Primavera araba” in Yemen, i dissidenti hanno scelto dare un titolo, ogni volta differente, alle manifestazioni di protesta di ogni venerdì. La prima giornata di protesta pubblica, nel marzo 2011, che inaugurò la rivolta, venne chiamata “Giorno della dignità” e indicava il desiderio di rinascita, di dignità, diritti e democrazia che c’è nei rivoluzionari.
A circa un anno dall’inizio delle sollevazioni popolari, come confermano fonti di Fides in Siria, la militanza islamica sta prendendo sempre più corpo: nella scelta del titolo per la manifestazione del 13 aprile scorso, operata tramite un sondaggio sul social network “Facebook”, nelle oltre 30mila risposte degli attivisti, il titolo più gettonato è stato a lungo “Venerdì delle armate dell’islam: salvezza della Siria”. Un chiaro segno di come, dalla base, stia crescendo una ideologia islamica che preoccupa tutte le minoranze religiose, inclusi i cristiani. Solo “sul filo di lana”, grazie all’intervento dei leader del “Consiglio della Rivoluzione Siriana”, la scelta è poi caduta sul nome “Una rivoluzione per tutti i siriani”.
“La vicenda e l’inneggiare alle armate dell’islam da parte di tanti attivisti è segno evidente che l’opposizione siriana è divisa e che l’anima islamica whahabita e salafita, incoraggiata da forze esterne, sta prendendo piede”, commenta allarmata un fonte di Fides nella comunità cristiana in Siria. “Il pericolo è che il fondamentalismo islamico, foraggiato da paesi esteri, si impadronisca della rivoluzione siriana: allora sarebbe la fine per le minoranze etniche e religiose, che già stanno soffrendo molto in Siria, nochè per il pluralismo culturale e religioso che caratterizza la nazione siriana”.
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=38926&lan=ita

mercoledì 18 aprile 2012

La Chiesa ortodossa: a Homs nessuna celebrazione di Pasqua, chiediamo la fine della violenza

Agenzia Fides  18/4/2012
A Homs la Pasqua ortodossa, che cadeva il 15 aprile scorso, non è stata celebrata: come riferito all’Agenzia Fides, esponenti della Chiesa ortodossa in Homs hanno riferito che non si sono tenute liturgie pasquali.

 I pochi cristiani rimasti in città, infatti, (meno di un migliaio) sono intrappolati dai bombardamenti prolungati e non hanno avuto alcuna possibilità di raggiungere le chiese, molte delle quali, fra l’altro, sono state distrutte o danneggiate dai combattimenti. La mancata celebrazione della Pasqua ad Homs, nota una fonte di Fides, “è un fatto doloroso che dovrebbe sensibilizzare le parti in lotta e la comunità internazionale perché si ponga fine alla violenza”.
A Homs anche la Pasqua dei cristiani latini, l’8 aprile scorso, ha coinciso con un periodo di intensi bombardamenti ed è stata celebrata nel nascondimento. La comunità dei gesuiti ha tenuto una piccola celebrazione con pochi fedeli, mentre la chiesa di “Nostra Signora della Pace”, dei greco cattolici, gravemente danneggiata è rimasta e rimarrà chiusa.
Attualmente a Homs truppe e artiglieria pesante del governo siriano occupano il centro urbano e, nonostante l’accettazione del piano di pace Onu e del cessate il fuoco, nella città continuano gli scontri a fuoco con le forze di opposizione.
Le famiglie cristiane in città, strette dal fuoco incrociato, “pensano solo a rimanere in vita e pregano perché questo incubo finisca presto” nota la fonte di Fides. La popolazione siriana è frustrata dalla lunga crisi e l’esodo dei profughi verso Giordania, Libano e Turchia continua.
La condizione dei fedeli cristiani è a rischio, spiega la fonte di Fides, perché “sotto l'attuale regime essi sono stati protetti, e dunque alcuni li considerano allineati con il regime. Questo li rende vulnerabili agli attacchi dei rivoluzionari o di forze non ben identificate”. I cristiani in Siria sono anche preoccupati dalla situazione dei cristiani in paesi come Iraq e Egitto dove, all’indomani dei cambi di regime, i fedeli sono vittime di attacchi. In Siria il cristianesimo è presente da duemila anni. Nel paese, prima dell’inizio del conflitto, vivevano circa 1,2 milioni di cristiani, di diverse confessioni.
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=38899&lan=ita

martedì 17 aprile 2012

Nonostante il piano Annan sia stato presentato come un estremo tentativo fatto dalla comunità internazionale per trovare una soluzione pacifica, ora esso appare come una nuova tappa per giungere ad un intervento armato esterno in Siria

Damasco, ribelli e regime violano il cessate il fuoco.
17-04-2012

Fonti di AsiaNews descrivono la situazione caotica, instabile e pericolosa. Opposizione composta da gruppi estremisti giunti in Siria solo per uccidere. Al via la missione degli osservatori di Onu e Lega Araba.

Damasco (AsiaNews) - "Il cessate il fuoco di Kofi Annan è fallito. Nei primi due giorni vi è stata una diminuzione dei morti, ma ora si è iniziato di nuovo a sparare. Ieri oltre 50 persone sono morte negli scontri fra esercito e bande ribelli". È quanto affermano fonti di AsiaNews, che descrivono la situazione in Siria "caotica, instabile e pericolosa". "Un funzionario del governo di Assad - sottolineano - mi ha confessato che nessuna delle due parti vuole fermare le violenze. La guerra durerà a lungo".

Ieri, il primo gruppo di sei osservatori della missione Onu-Lega Araba è giunto in Sira per controllare il rispetto del cessate il fuoco, in vigore dal 12 aprile, e attuare il piano di Kofi Annan. Oggi, i funzionari hanno allestito la loro sede operativa e iniziato a contattare membri del regime e leader ribelli. In totale, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite invierà in Siria un team di 250 osservatori.

Il piano di Kofi Annan prevede: la fine delle violenze, l'applicazione progressiva di un cessate il fuoco, la fornitura di aiuti umanitari, il rilascio delle persone detenute senza processo, la libera circolazione ai giornalisti, l'avvio di un dialogo politico fra governo e opposizione.

Nonostante l'impegno del delegato di Onu e Lega araba per un dialogo fra governo Assad e ribelli, le fonti sottolineano che la popolazione è pessimista sul futuro del Paese. Esplosioni, scontri e violenze si stanno verificando anche a Damasco. "L'opposizione di cui parlano i media non esiste - continuano - i ribelli sono formati da varie fazioni molto divise fra loro. Per il Paese circolano gruppi di semplici criminali e terroristi stranieri, giunti in Siria solo per uccidere". "A tutt'oggi - aggiungono le fonti - il Free Syrian Army (Fsa) è considerato il rappresentante ufficiale dell'opposizione, ma in realtà esso è uno dei tanti eserciti che combattono contro il regime. La violazione del cessate il fuoco è da entrambe le parti". (S.C.)
http://www.asianews.it/notizie-it/Damasco,-ribelli-e-regime-violano-il-cessate-il-fuoco.-Fallisce-il-piano-di-Kofi-Annan-24524.html

lunedì 16 aprile 2012

La verità non usa mai le autostrade, ma va ricercata e passa per "la pietra scartata dai costruttori"

Da :VIETATO PARLARE

Durante il programma di Rai 1 A SUA IMMAGINE che segue l’Angelus del Papa, un commentatore, ha detto che il Papa ha recentemente rimproverato i Vescovi della Siria perché troppo pro-Assad.
Che il Papa abbia rimproverato che i Vescovi fossero troppo pro Assad non mi risulta , ma il punto non è questo: il punto è essere o non essere a favore della guerriglia armata in atto (che rifiuta ogni mediazione e compromesso), che si serve della mistificazione dei mass media per distorcere ciò che sta succedendo. Qui in questo blog si dice solo questo e che invece la sola rivoluzione a cui credo come cattolico e come uomo, è un’altra.
Invece, il ragionamento che ci hanno messo dentro, la logica di cui siamo intrisi, la logica che sembrano seguire la maggior parte dei mezzi di comunicazione è anticristiana : Pro o contro. Riducono la realtà a essere PRO O CONTRO. E’ un modo semplicistico e anticristiano di giudicare. L’informazione è contrassegnata dalla partigianeria o dal livore per il mancato intervento dell’occidente stile-Libia. Forti di questi altissimi pensieri, questi illustri pensatori della REALTA’ PENSATA, poi mi vogliono insegnare che la realtà non si può capire perché è complicata…
La risposta è l’idea di bene a cui apparteniamo. Domandarmi cosa io cerco in ogni cosa. E’ l’apertura al reale e non il conformarmi a delle opinioni sulla realtà.
Invece “pro o contro” o il sogno di un paradiso in terra non è l’idea che ho della giustizia e del benessere, della libertà. E l’ha ricordato Gregorio III patriarca cattolico siriano, di non pensare come questo mondo. Come dice il Vangelo stesso.

continua a leggere qui: http://www.vietatoparlare.it/2012/04/15/la-verita-usa-mai-le-grandi-autostrade-ma-va-ricercata-passa-sentieri-la-pietra-scartata-dai-costruttori/

«Questa è la guerra del mondo arabo. Diviso dai tanti interessi stranieri».

Parla il patriarca Gregorio III Laham

intervista di Antonio Picasso

A una anno dallo scoppio della guerra civile in Siria, la visione di Gregorio III Laham, Patriarca della Chiesa melchita, non cambia. «Il mondo avrebbe dovuto aiutare il regime a cambiare. Invece è rimasto immobile e continua a osservarci mentre sprofondiamo nel disordine». Abbiamo incontrato Sua Beatitudine pochi giorni fa, mentre era a Piacenza, dopo che aveva compiuto una lunga visita in Europa, per incontrare i confratelli di rito greco cattolico e, al tempo stesso, percepire il pensiero occidentale di quel che sta accadendo a Damasco.
Patriarca Laham, la Siria è famosa per essere il Paese dei misteri. Adesso, anche in questa guerra civile, sono molte le ombre che gravano sul regime e anche sul fronte dell’opposizione. La domanda è molto diretta: chi spara a chi?
La Siria è caduta nel caos. Tutto il Medioriente è stato attraversato da questo tsunami rivoluzionario. Ora il terrorismo straniero sta prendendo il sopravvento. Qualche giorno fa, quand’ero in Germania, mi sono messo a leggere i giornali europei, un po’ di tutte le lingue, e mi sono accorto della visione assolutamente parziale che voi avete delle cose. È sbagliato dire che il governo siriano sta uccidendo civili innocenti. Anche i manifestanti hanno le loro armi. Anzi, sono molto più organizzati di quanto si possa credere.
Lei pensa che siano sostenuti da governi stranieri?
Ne sono convinto! Sappiamo che le armi circolavano nel Paese prima dell’inizio delle manifestazioni. Come pure che la Siria è piena di depositi di armi illegali che ormai la polizia non riesce più a scovare. Del resto, siamo in una posizione di passaggio tra da sempre: fra la Turchia e la Penisola arabica. Un punto di transito inevitabile. E poi intendiamoci, un poliziotto lo sanno pagare tutti.
Anche prima? Anche quando Assad aveva ben saldo il potere?
Anche prima. Anche quando gli alawiti controllavano il territorio, con i loro clan e gli apparati di sicurezza. Una mazzetta la accettano tutti anche se si è alawiti. Certo, adesso è tutto molto più semplice. Nessuno sta più di guardia alle frontiere. I gruppi di criminali comuni, o di terroristi, o ancora di oppositori stranieri penetrano indisturbati nel Paese e arrivano a nutrire di nuove idee e soprattutto di forze fisiche chi già combatte contro il regime. È questa la situazione. Non come si legge sui vostri giornali. Le faccio l’esempio di un recente corteo che si è svolto nella mia città natale, Darayya. In piazza c’erano poche persone, circa trecento. A un certo punto un gruppo di questi ha preso d’assalto una stazione della polizia. Ma non limitandosi a scagliare pietre. Bensì sparando. Gli agenti hanno risposto al fuoco e nello scontro ci sono stati tre morti. La stampa occidentale si è limitata a dire che i poliziotti hanno ucciso tre persone. È diverso da come la sto raccontando io. Le aggiungo che poi, proprio in occasione dei funerali di quei tre morti, c’erano diecimila persone. E tutto si è svolto in pace. Un po’ strano per la commemorazione di tre oppositori assassinati dalla polizia. Possibile che un corteo di appena tre centinaia di partecipanti finisca nel peggiore dei modi e poi, quando ci sono diecimila persone, non succeda nulla? Vuole un altro esempio?
La prego…
Un nostro fedele – un cristiano stia ben attento! – era Dubai per affari. Camminando per strada ha sentito una persona vicina lui parlare al cellulare: «Sono a Homs! Stanno sparando! È pieno di morti!» Ma questo non era a Homs. Bensì a Dubai. È possibile che dall’altra parte del cellulare ci fosse un giornalista che ha creduto nel racconto farsa di questo bugiardo. Mi spiego quando le dico che i media occidentali sono vittime di una manipolazione studiata a tavolino, da parte di arabi di altri Paesi? Tra armi vendute sottobanco e notizie false, stanno strumentalizzando la nostra sofferenza.
Ma questo perché?
Per il caos. C’è molta gente che vuole spera di guadagnare da questa situazione. Senza rendersi conto dei rischi però. Il mondo ha già emesso la sua sentenza su Damasco: «Delenda Cartago» Poi a quel che verrà dopo, ci si penserà.
Quindi non crede che Assad si stia macchiando di una strage e che l’opposizione abbia il diritto di essere ascoltata?
L’opposizione è troppo divisa. Non può pretendere di essere l’alternativa valida a un regime che ha garantito stabilità per oltre quarant’anni. E poi non ha un vero esercito che l’appoggi.
Molti militari hanno disertato.
Non più di 1.500. Nulla in confronto alla fedeltà riscossa da Assad tra le fila delle Forze armate. Peraltro, e con questo rispondo alla prima parte della sua domanda, l’esercito ha ricevuto l’ordine di non sparare se non perché attaccato. L’Occidente lo deve capire: il regime non ha interesse a essere messo dalla parte del torto. E a nessuno piace questa situazione. Certo, prima le cose non erano facili. Perché il servizio segreto era terribile. Mentre l’economia stentava a decollare. Tuttavia, la Siria aveva imboccato la giusta strada. Laicismo, convivenza etnico-religiosa e sicurezza. Tre pilastri sui quali Bashar el-Assad stava costruendo le riforme. Si ricordi che a Damasco, a dispetto di tutte le critiche, c’erano le università straniere. Le stesse che adesso sono chiuse. Commercio e turismo erano due opportunità su cui non solo noi cristiani intendevamo affermare un futuro di progresso. Erano fonte di speranza per tutti. Ora il Paese è fermo.
Qual è stato l’errore?
L’errore è stato non permettere al regime di cambiare. Lo sbaglio lo si sta commettendo ancora adesso. Il referendum sulla Costituzione e le elezioni amministrative fissate per il 7 maggio sono un gesto di riconciliazione che Assad sta compiendo verso tutti gli avversari. Nazionali quanto stranieri. Eppure non lo si vuole capire. È dall’estero che ci si ostina a negare il dialogo con il governo.
Dall’estero da dove?
Dai Paesi arabi, ma soprattutto dall’Europa. E forse anche dagli Stati Uniti. Si pensa che il regime sia il peggiore dei mali. Senza rendersi conto che senza Assad si rischia davvero tanto.
Lei cosa prevede?
Il caos totale. Né più né meno. Con il pericolo di coinvolgere Israele, Libano e Giordania. Perché non credo che, dall’altra parte del confine Netanyahu sia tranquillo. Nel frattempo a Tripoli, in Libano, ci sono stati degli scontri tra alawiti del posto e (pare) gente scappata dalla Siria. Un incidente che ha coinvolto anche gli uomini di Hezbollah. E poi pensi alla Giordania: prima della guerra, era la Siria il suo primo partner commerciale. Come può notare, le ripercussioni negative sono già in atto. E francamente penso che sia difficile mettervi un freno. La chiesa greco cattolica ripone le speranze nel grembo di Kofi Annan e di monsignor Tomasi (l’osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu, ndr).
Ecco, a proposito della Chiesa. Voi cristiani, che in Siria avete una così lunga tradizione, vi sentite in pericolo?
Finora la guerra non ha assunto dei risvolti confessionali. Questo però non significa che ci possiamo sentire tranquilli. A Qusayr sono morti sette melchiti. Molti altri sono scappati dai luoghi più colpiti. La nostra fortuna è di convivere con una maggioranza musulmana che sa di avere di fronte una chiesa solida e amica. In un Paese dove la libertà religiosa è un punto di merito per tutti, il cristianesimo si sente a casa. Del resto, la Siria è casa nostra! Così come lo sono il Libano, la Giordania e ovviamente la Terra Santa. Un mondo afflitto da turbolenze politiche, ma nel quale l’intervento della Croce è stata sempre un’iniezione positiva di dialogo. Tutto questo può crollare se prevarrà la violenza salafita.

http://www.linkiesta.it/blogs/multitalians/siria-parla-il-patriarca-gregorio-iii-laham

Un importante intervento su cui confrontarci per riflettere: Il papa in Libano per la missione dei cristiani e la Primavera araba, con l'occhio alla Siria

di Samir Khalil Samir
La presidenza libanese e la Chiesa cattolica in Libano hanno annunciato che Benedetto XVI visiterà il Paese dei Cedri dal 14 al 16 settembre prossimo. L'occasione è la consegna dell'Esortazione apostolica che segue al Sinodo sul Medio oriente, celebrato nell'ottobre 2010. A P. Samir Khalil AsiaNews ha chiesto un commento sul senso di questo viaggio. P. Samir è stato uno degli esperti che hanno lavorato a stretto contatto col papa prima, durante e dopo il Sinodo.


Beirut (AsiaNews) - L'annunciato viaggio di Benedetto XVI in Libano (14-16 settembre 2012) ha una sua particolare urgenza per i rivolgimenti in cui è in preda la regione. Certo, il motivo evidente è anzitutto quello di diffondere l'Esortazione apostolica che lui ha scritto in base a tutti i suggerimenti venuti dal Sinodo. Ma un motivo più profondo è quello di domandare ai cristiani di ridare alle loro società il senso profondo della Primavera araba, spesso snaturato dai politici e dai movimenti estremisti.


Il Sinodo delle Chiese del Medio oriente è avvenuto nell'ottobre 2010. Nel dicembre 2010 e nel gennaio 2011 è cominciata la cosiddetta "Primavera araba". Da allora tutto il mondo arabo è in piena ebollizione. Qualcuno ha detto che il Sinodo aveva pre-sentito tutti i cambiamenti che si stanno verificando oggi. Ma le crogiolanti trasformazioni di cui è oggetto il mondo arabo stanno cambiando il suo volto in modo radicale e costringe al cambiamento anche la vita dei cristiani.

La ‟Primavera araba" e la sua evoluzione

                            continua a leggere su Asia News
 http://www.asianews.it/notizie-it/Il-papa-in-Libano-per-la-missione-dei-cristiani-e-la-Primavera-araba-24507.html

Un Arcivescovo fra i rifugiati: “Su di loro lo sguardo di Cristo sofferente”

Agenzia Fides 16/4/2012
 “I rifugiati siriani sono sotto shock, non riescono a rendersi conto della portata della tragedia che stanno vivendo. La loro dolorosa situazione è un'anticamera sulla strada per l'esodo. Vederli, incontrare i loro sguardi, è fonte di grande sofferenza per noi” racconta all’Agenzia Fides Sua Ecc. Mons. Samir Nassar, Arcivescovo Maronita di Damasco, che nei giorni scorsi ha visitato numerose famiglie di sfollati interni, molte proventi da Homs. I profughi del conflitto siriano sono assistiti dalla Caritas Siria che ha ricevuto anche l’aiuto del Pontifico Consiglio “Cor Unum”.

L’Arcivescovo racconta a Fides le sue impressioni: “Ci sentiamo impotenti di fronte al dramma che vive la nostra popolazione. La vita degli sfollati trova speranza solo se incrociano lo sguardo tenero di Cristo Salvatore sulla Croce. Accanto a loro abbiamo vissuto la Settimana Santa e la Pasqua”.
Mons. Nassar spiega che “lo sguardo di questi rifugiati esprime il loro stato d’animo, più delle parole. Alcuni sprofondano nel silenzio, in uno sguardo perso. I loro occhi dicono: perchè questo dramma su di noi, vittime innocenti? Qual è la nostra colpa, perché ha colpito la nostra famiglia e la nostra casa? Altri hanno uno sguardo di riconoscenza verso chi li aiuta, pur non perdendo la loro fierezza. Negli occhi di altri ci sono l’accusa, la rabbia, lo sconforto”. Sui visi dei profughi cristiani Mons. Nassar legge anche l’affidamento e la speranza. Con i loro occhi dicono: “Sia fatta la tua volontà, Signore! Preghiamo per gli altri, sopportiamo la sofferenza come una Croce salvifica. Non abbiamo paura. Ricominceremo una nuova vita: il Signore non ci abbandonerà”.
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=38879&lan=ita

sabato 14 aprile 2012

Festa della Divina Misericordia: invito alla preghiera per la Siria

http://www.gloria.tv/?media=149641
"Ultima tavola di salvezza"
Gesù a Santa Faustina: "Desidero concedere grazie inimmaginabili alle anime che hanno fiducia nella Mia Misericordia.
La mia Misericordia è più grande delle tue miserie e di quelle del mondo intero."

 La Misericordia Divina è davvero come l’ultimo grido di allarme della sentinella che veglia sulla città, “l’ultima tavola di salvezza”, appunto. In questo giorno, ha promesso Gesù, infinite saranno le grazie concesse, e non bisogna aver timore di chiederne tante.

"Noi preghiamo affinchè la Siria esca purificata e pacificata da questa terribile prova e perchè la voce della maggioranza schiacciante del popolo siriano, di tutte le confessioni, sia ascoltata: avviare le riforme necessarie senza rompere il patto nazionale né cadere nella guerra confessionale.
Preghiamo che, in questo glorioso tempo pasquale, il Signore vincitore della morte, ci visiti come ha fatto con sua Madre e i suoi Apostoli e ci evangelizzi con la sua pace basata sulla distruzione del muro dell'odio attraverso il suo corpo sacrificato per noi. Lui solo ci insegna ad amare il prossimo fino a sacrificarsi per lui. Questo è il messaggio che noi ameremmo far capire sulla Siria a quelli che sono vicini e a quelli che sono lontani."
(dalla testimonianza di Madre Agnes Mariam de la Croix, pubblicata su questo Blog venerdì 6 aprile 2012)


venerdì 13 aprile 2012

Ora spazio al dialogo

Entrato in vigore il ''cessate il fuoco'', previsto dal Piano Annan
                                                                              SIR intervista l’arcivescovo greco-melchita di Aleppo, mons. Jean-Clément Jeanbart.
 

Mons. Jeanbart (arcivescovo di Aleppo): “Le violenze dei mesi scorsi hanno reso la vita impossibile alla popolazione. Ora è tempo di dialogare e pensare a ricostruire questo Paese. Gli spazi di dialogo esistono e sono ampi, garantiti dalla recente riforma della Costituzione che stabilisce, tra le varie cose, il pluralismo politico, la libertà di manifestare pacificamente e la libertà di stampa”.
 

 

mercoledì 11 aprile 2012

«I ribelli ci uccidono. L’esercito deve restare»


Ci sentiamo indignati e impotenti di fronte al tipo di informazioni che circolano in Europa e fanno opinione, sostenendo le sanzioni internazionali

da "Avvenire"  - TESTIMONIANZE - 11 aprile 2012

Maalula, Monastero S. Tecla

Viviamo in Siria da più di sette anni, amiamo questo Paese e il suo popolo. Ci sentiamo indignati e impotenti di fronte al tipo di informazioni che circolano in Europa e fanno opinione, sostenendo le sanzioni internazionali, una delle armi più inique che l’Occidente usa per tenersi le mani pulite e dirigere comunque la storia di altri popoli. Pulite fino a un certo punto: si moltiplicano le segnalazioni della presenza di personale militare inglese, francese (e di altri Paesi) a fianco degli insorti per organizzare le azioni di guerriglia, grave violazione internazionale che passa sotto silenzio.
Sono state raccolte firme e fondi per aiutare la “primavera” del popolo siriano.

Ma chi ha dato – in perfetta buona fede – offerte e sostegno della “liberazione” della Siria deve sapere che ha finanziato assassini inumani, procurando loro armi, contribuito alla manipolazione dell’informazione, fomentato una instabilità civile che richiederà anni per essere risolta. Sconvolgendo l’equilibrio in un Paese dove la convivenza era pane quotidiano. Perché intervenendo senza conoscere la realtà non siamo più liberi, ma funzionali ad altri interessi che ci manipolano.

Non è nostro compito fornire una lettura socio-politica globale della vicenda siriana, altri lo stanno facendo meglio di noi. E chi lo vuole davvero può trovare informazioni alternative. Noi ci limitiamo a raccontare solo ciò che i nostri occhi vedono, qui nel piccolo villaggio di campagna dove viviamo. E dove, quasi ogni notte, i soldati presenti nella piccola guarnigione che lo presidia sono attaccati. Sia dagli insorti presenti nella zona, sia da bande mercenarie che passano il confine siriano nel tentativo di sopraffare l’esercito e aprire un varco per il flusso di armi e combattenti. I militari rispondono? Certo, e la gente ne è contenta perché di armi e mercenari il Paese è già pieno.

Sta per scadere l’ultimatum per il ritiro dell’esercito, che qui nessuno – nel senso letterale del termine – vuole. La gente si sente sicura solo quando i militari sono presenti. Ormai le violenze compiute dai cosiddetti liberatori nelle città, nei villaggi, sulle strade, sono tante e così brutali che la gente desidera solo vederli sconfitti. Gli abusi sono continui: uccisioni, case e beni requisiti o incendiati, persone, bambini usati come scudi umani. Sono i ribelli a bloccare le strade, a sparare sulle auto dei civili, a stuprare, a massacrare e rapire per estorcere denaro alle vittime. Invenzioni? La notte del Venerdì Santo, non lontano da dove abitiamo, hanno ucciso un ragazzo e ne hanno feriti altri due: tornavano alle loro case per celebrare la Pasqua. Il ragazzo morto aveva 30 anni ed era del nostro villaggio. Non sono i primi tra la nostra gente a pagare di persona. Ormai prima di spostarsi a fare la spesa o anche solo per andare a lavorare ci si assicura che l’esercito controlli la zona. Anche a noi è capitato di trovarci bloccati dalle sparatorie per tre ore in un tratto di autostrada e siamo riusciti a ripartire solo quando si è formato un corridoio di carri armati che proteggevano gli automobilisti in transito dai tiri dei rivoltosi.

Perché di tutto questo non si parla? Perché non si parla dei tanti militari assassinati in vari agguati, gli ultimi ieri ad Aleppo? Sono tanti i drammatici esempi che potremmo citare. Il fratello di un nostro operaio, tenuto prigioniero a Homs dai ribelli insieme ad altri civili, è ormai considerato morto, due padri di famiglia del nostro villaggio sono stati sempre a Homs dai rivoltosi perché compravano e distribuivano pane a chi era rimasto isolato. La questione che qui, però, ci preme sottolineare e per la quale invitiamo tutti a mobilitarsi è quella delle sanzioni internazionali. Chi sta pagando e pagherà ancora di più fra poco, è la gente povera.
Non c’è lavoro, non ci sono le materie prime e le esportazioni di prodotti locali, come bestiame e uova, sono ferme. Quel poco che c’è, poi, si vende a prezzi esorbitanti.

Tra le principali urgenze c’è quella del latte per i bambini. I prezzi dei cartoni sono raddoppiati, passando da 250 lire siriane a 500 (la paga giornaliera di un operaio è di 7-800 lire). Scarseggia il mangime per il bestiame: le poche confezioni disponibili sono passate da 650 a 1850 lire. Mancano i medicinali specialistici, scarseggia l’elettricità perché i ribelli hanno fatto saltare più volte le centrali e le linee di conduzione. Non c’è gasolio (e l’inverno è stato molto freddo quest’anno), perché la Siria non può più esportare il suo greggio in cambio di petrolio raffinato. I trattori quindi sono fermi e non si può lavorare la terra. Sono bloccati perfino i camion che prelevano la spazzatura. Ci sono problemi con l’acqua perché le pompe funzionano col gasolio. Il nostro villaggio e quello vicino – che condividono lo stesso pozzo – hanno acqua un unico giorno alla settimana e solo per 3-4 ore. Si rischia una vera carestia per l’avvenire: presto mancherà il grano e quindi anche il pane, il solo alimento che, per ora, il governo riesce a distribuire a un prezzo calmierato, anche ai più poveri. E poi si protesta perché la Croce Rossa non può portare aiuti. È possibile arrivare a sanzionare addirittura l’importazione di pannolini per i lattanti?

Tutto questo è profondamente ingiusto. Non si è riusciti a rovesciare il governo con le armi, lo si vuole fare esasperando la gente. Certo, è proprio questa la logica delle sanzioni. Quando, però, una grande maggioranza della popolazione – che piaccia o meno – non vuole un cambiamento violento della situazione, tale sistema diventa una vera sopraffazione. Chiediamo con forza a chi può fare qualcosa di sospendere le sanzioni e di intervenire. Che la nostra tanto osannata democrazia si dimostri capace di servire il vero bene del popolo.


Un gruppo di italiani che vive in Siria (Testo raccolto da Giorgio Paolucci)
http://www.avvenire.it/Mondo/Pagine/i-ribelli-ci-uccidono.aspx

Custode di Terra Santa: no all'intervento internazionale in Siria

«Abbiamo visto cosa è successo in Iraq e in Afghanistan».
da A.C.S.

10 aprile 2012

«Politica comprensibile. Ma senza alcuna possibilità di riuscita. Perché – che piaccia o no – in Siria il regime non ha futuro». Il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, commenta così ad Aiuto alla Chiesa che Soffre la decisione di alcuni leader della Chiesa siriana – non ultimo il patriarca greco-melchita di Antiochia, Gregorio III Laham – di preservare lo status quo continuando a sostenere Assad.
«Anche se non la chiamiamo così, quella in Siria è una guerra civile - continua - e i cristiani sono stretti in una morsa tra il governo, che li ha sempre sostenuti, e l’opposizione». Per i fedeli la paura che il Paese si trasformi in un nuovo Iraq è forte e del tutto comprensibile. Ma il francescano spiega che la mentalità siriana è diversa da quella irachena: «frutto di una maggiore varietà etnica e religiosa». Intanto i cristiani hanno lasciato Homs. Ed è questa l’unica certezza per il ministro provinciale dei Frati minori, dal momento che «è praticamente impossibile ricevere notizie affidabili e oggettive dal Paese arabo».
Padre Pizzaballa è contrario a un possibile intervento esterno e ritiene che la collocazione della Siria nel cuore del Medio Oriente renda improbabile un’eventuale azione militare internazionale. «Non è come in Libia. Stavolta l’intervento avrebbe conseguenze sull’intera regione mediorientale». I Paesi occidentali devono scendere in campo, ma con la sola pressione politica e diplomatica. Altrimenti, «abbiamo visto cosa è successo in Iraq e in Afghanistan».
 
 
“Aiuto alla Chiesa che Soffre” (ACS), Fondazione di diritto pontificio fondata nel 1947 da padre Werenfried van Straaten, si contraddistingue come l’unica organizzazione che realizza progetti per sostenere la pastorale della Chiesa laddove essa è perseguitata o priva di mezzi per adempiere la sua missione. Nel 2010 ha raccolto oltre 65 milioni di dollari nei 17 Paesi dove è presente con Sedi Nazionali e ha realizzato oltre 5.500 progetti in 153 nazioni.

martedì 10 aprile 2012

In Siria ultime speranze per il piano Annan

Funzionerà il piano di pace di Kofi Annan, inviato speciale dell'Onu e della Lega araba? Lo sapremo alla mezzanotte di quest’oggi, ma le premesse non ci sono. Il calendario previsto dal piano indica che, entro il 10 aprile, il governo siriano ritiri truppe e armamento pesante da città e villaggi del Paese. Nelle successive 48 ore, poi, bisognerà che il cessate il fuoco bilaterale - sia da parte dell'opposizione che dei governativi - si stabilizzi in tutto il Paese.
continua la lettura qui;
http://www.terrasanta.net/tsx/articolo.jsp?wi_number=3835&wi_codseq=SI001 &language=it

domenica 8 aprile 2012

Papa: Cristo risorto dia pace e speranza ai cristiani perseguitati e al Medio Oriente

Il messaggio pasquale di Benedetto XVI 
07/04/2012

"Cristo Risorto doni speranza al Medio Oriente, affinché tutte le componenti etniche, culturali e religiose di quella Regione collaborino per il bene comune ed il rispetto dei diritti umani. In Siria, in particolare, cessi lo spargimento di sangue e si intraprenda senza indugio la via del rispetto, del dialogo e della riconciliazione, come è auspicato pure dalla comunità internazionale. I numerosi profughi, provenienti da quel Paese e bisognosi di assistenza umanitaria, trovino l'accoglienza e la solidarietà che possano alleviare le loro penose sofferenze. La vittoria pasquale incoraggi il popolo iracheno a non risparmiare alcuno sforzo per avanzare nel cammino della stabilità e dello sviluppo. In Terra Santa, Israeliani e Palestinesi riprendano con coraggio il processo di pace".

venerdì 6 aprile 2012

Drammatica testimonianza di Madre Agnes Mariam de la Croix

Ultime notizie da Homs e Kusayr
Da Madre Agnese Maria della Croce

traduzione dal francese di Mario Villani , redattore di "Appunti Attualità Politica Cultura"

testo francese in  ; http://www.maryakub.org/Article_dernieres_nouvelles_de_Homs_et_Qousseir_1_avril_2012.html

Alla vigilia della Settimana Santa, quando noi contempliamo l'Agnello di Dio vergognosamente tradito dal peccato del mondo accettato per la nostra salvezza, vengo a inviarvi notizie recenti sulla nostra Diocesi. E' nostro dovere informarvi sui veri sviluppi della conflitto in Siria. Lo facciamo affinchè l'opinione pubblica faccia ogni pressione per risparmiare sofferenze al popolo siriano.

Notizie da Qara

Più di trecento famiglie sunnite di Bab Amro sono rifugiate nel villaggio ed aiutate dai membri locali dell'opposizione. Anche noi facciamo quello che possiamo per aiutarli. Io sono intervenuta personalmente per la liberazione di 70 militanti incarcerati dopo il passaggio dell'esercito siriano dal nostro villaggio. Ho espresso alta e forte la mia disapprovazione per i metodi impiegati contro certi prigionieri che sono stati maltrattati per far loro confessare dei presunti crimini legati al terrorismo delle bande armate. Noi abbiamo dichiarato il nostro monastero aperto per ricevere i profughi ed i sinistrati. Ci è stato riferito di un centinaio di bambini tra i 2 e i 10 anni che sono stati raccolti tra le macerie di Bab Amro e che non hanno ancora ritrovato i loro genitori. Noi cerchiamo di aiutarli e forse, una volta completati i documenti, ne riceveremo qualcuno tra di noi. Questo dipenderà dal Ministero degli Affari Sociali. Per questo scopo i vostri aiuti sono i benvenuti.

Notizie da Homs

A Homs, città di un milione di abitanti, i due terzi della popolazione sono fuggiti. Più del 90% dei Cristiani sono fuggiti, spesso senza avere il tempo di portare nulla con sé. Centinaia di famiglie cristiane hanno abbandonato Homs e la sua provincia per rifugiarsi nella Valle dei Cristiani, a Damasco o nella sua provincia. I vostri aiuti sono arrivati e sono già stati distribuiti. Tantissime grazie! Quando potremo raggiungere il parroco di Bab Sbah, a Homs, ci darà la lista delle famiglie che ne hanno beneficiato. Questo perchè possiate continuare ad aiutare serenamente, i vostri doni arriveranno tutti a destinazione.
Alcune famiglie sono ritornate per sorvegliare i loro beni. Una di loro racconta questo episodio: “Abbiamo aperto la porta ed ecco!, il salone era pieno di gente. Ci hanno portato i nostri pigiami e hanno mangiato insieme a noi. Gli abbiamo chiesto cosa volessero. Imbarazzato il loro capo ci ha detto: quando volete vi renderemo la vostra casa. Ma la realtà si impone, siamo costretti a lasciarli fare ed arrenderci all'evidenza. La nostra casa non è più nostra.”
Perchè diciamo che la gente è stata “costretta” a partire? Perchè progressivamente, ma efficacemente le fazioni armate dell'opposizione siriana hanno operato quella che può essere definita una “redistribuzione demografica”. Grazie ai franchi tiratori e ad atti di aggressione criminale hanno terrorizzato la popolazione civile non gradita: le minoranze alauita, cristiana, sciita ed anche molti sunniti moderati che non hanno voluto partecipare alle attività dei ribelli. Non è un genocidio massiccio, ma una liquidazione lenta.

A partire da agosto 2011 e più particolarmente da novembre, quando abbiamo potuto verificare la situazione con i nostri occhi, visitando Homs e Kusayr, noi abbiamo informazioni sicure e verificate di atti di barbarie contro la popolazione civile per obbligarla a desistere dalla normale vita civica e paralizzare le Istituzioni e lo Stato.
Dall'inizio dell'anno si sono registrati ripetuti atti di sabotaggio contro gli edifici scolastici, rapimenti di insegnanti e professori, minacce agli studenti e incendi e bombardamenti contro le scuole. Questo ha portato alla progressiva chiusura di tutte le scuole di ogni ordine e grado.
Le minoranze che vivono nei quartieri dove agiscono le bande affiliate all'opposizione siriana sono il bersaglio permanente di ogni vessazione: i loro beni sono saccheggiati, le vetture requisite, molti di loro sono presi in ostaggio solo per il fatto di appartenere ad una minoranza religiosa e non vengono rilasciati se non con il pagamento di un riscatto (fatto che ha provocato il fenomeno dei contro-rapimenti, con trattative per la liberazione degli ostaggi).
In particolare tutti i protagonisti della vita civile sono diventati un bersaglio privilegiato del terrorismo camuffato da resistenza armata: conducenti di taxi, mercanti ambulanti, portalettere, e soprattutto funzionari dell'amministrazione civile sono le vittime innocenti di atti che hanno superato il semplice assassinio per assumere gli aspetti più barbari del crimine gratuito: persone sgozzate, mutilate, sventrate, fatte a pezzi e gettate agli angoli delle strade o nell'immondizia. Non si è esitato a sparare su dei bambini per diffondere la disperazione come è stato nel caso del piccolo Sari, nipote del nostro tagliatore di pietre. Questi atti atroci sono stati sfruttati mediaticamente per attribuirne la responsabilità alle forze del Governo.
Noi stessi abbiamo potuto vedere come funziona questo stratagemma in occasione di una visita a Homs. Quel giorno abbiamo potuto contare almeno cento cadaveri arrivati all'ospedale, vittime dell'accanimento gratuito delle bande armate affiliate all'opposizione. Passando per via Wadi Sayeh abbiamo notato una vettura bruciata. Un uomo era stato appena preso di mira dalle bande armate perchè si era rifiutato di chiudere il suo negozio. La sua autovettura era stata fatta esplodere e lui letteralmente fatto a pezzi e gettato davanti alla saracinesca del suo negozio. Nel momento in cui noi siamo passati si erano radunati dei passanti. Ne abbiamo visti molti riprendere la scena con i loro telefonini. Mentre filmavano ne abbiamo sentito uno registrare queste parole indirizzate ad una catena satellitare: “ecco cosa devono sopportare i cittadini siriani da parte degli squadroni della morte di Bashar Assad”. Abbiamo fotografato tutto l'avvenimento e seguito le povere spoglie della vittima fino all'ospedale.

Con la caduta di Baba Amro i combattenti si sono introdotti a Nazihin e Ashiri ed hanno investito i quartieri cristiani di Warcheh e Salibi. Le case dei Cristani sono state requisite. Da Hamidiyeh e dintorni fino a Wadi Sayeh, e più oltre Bustan Diwan, si è ripetuto il medesimo scenario: le bande armate costringono i Cristiani a partire, spesso con la forza, e saccheggiano le loro case, poi le utilizzano per installarvi delle famiglie sunnite profughe o per scopi militari. Ci hanno raccontato che le bande armate hanno bucato i muri divisori che separano le abitazioni per poter circolare attraverso il quartiere senza uscire nella strada. Dei quartieri interi si sono così trasformati in casematte.

ULTIME NOTIZIE DEL 30 MARZO 2012
I quartieri di Bab Sbah, Warcheh e parte di quello di Hamdiyeh sono stati svuotati dei loro abitanti. Bande di islamisti invadono i luoghi e si introducono nelle abitazioni, le saccheggiano e poi le bruciano, facendo credere che le forze governative le hanno bombardate. I terroristi, prima di introdursi nei quartieri abitati dalle minoranze confessionali, li hanno colpiti con mortai, razzi e missili LAU di fabbricazione israeliana. Se la prendono con la popolazione civile non armata e nelle zone dove non c'è la presenza dell'esercito regolare.

E' falso dire che la popolazione civile è presa tra due fuochi. La verità è che in molte zone i quartieri cristiani sono stati il bersaglio di un bombardamento sistematico delle bande armate che hanno voluto vendicarsi perchè i Cristiani non hanno aderito all'opposizione. Ma se l'avessero fatto avrebbero potuto evitare di essere colpiti? Ne dubitiamo.
Secondo l'agenzia cattolica Fides, la manovra delle bande armate è quella di investire i quartieri a maggioranza cristiana per trincerarvisi. Si sta preparando un terribile dramma: le bande armate hanno riempito il quartiere di esplosivo e minacciano di far saltare tutto se l'esercito avanza.
Dobbiamo dire che vi è molta confusione sugli obbiettivi delle fazioni armate dell'opposizione. Essendo divise tra di loro e agendo in modo indipendente, le loro azioni hanno differenti motivazioni. Non bisogna affrettarsi a gettare discredito sulle testimonianze dei Cristiani che, avendo avuto a che fare con queste bande armate, sono stati oggetto di una vera persecuzione. Non è più un mistero per nessuno che dei salafiti sono attivi a Homs in particolare ed in Siria in generale; è tuttavia vero che i Cristiani non sono sotto una persecuzione sistematica e generale in tutto il paese perchè i salafiti non sono dappertutto.

Sto traducendo un articolo che chiarisce molte cose sulla presenza salafita in Siria e Libano.

Notizie dell'ultima ora: il famoso ”curato di Bab Sbah” che era rimasto eroicamente sul posto per servire i suoi parrocchiani a rischio della sua vita si è visto obbligato a partire. La sua automobile è stata rubata, la casa, così come quelle dei suoi parenti, è stata occupata dei miliziani che hanno rubato tutto. Perfino i pacchi di aiuti umanitari destinati dalla Caritas alle famiglie sinistrate sono stati requisiti dei miliziani. Il padre ha raccolto dei video impressionanti di ciò che resta dei quartieri cristiani. Sembrerebbe di essere a Beirut nei peggiori momenti della guerra dei due anni. Inoltre abbiamo appena saputo che i padri gesuiti hanno posto dei giovani armati per difendere i loro conventi e i loro beni. Speriamo che questo sia sufficiente per conservarli sani e salvi.

E infine, una notizia delle peggiori: la ragazzina R. S., una greca - ortodossa che era stata rapita da tre settimane da Bustan Diwan, nel quartiere cristiano di Homs è stata restituita ai suoi genitori in uno stato allarmante. Ella racconta che è stata condotta da uomini armati in una fattoria oltre lo svincolo di Palmira nell'entrata sud di Homs e là una trentina di uomini l'hanno violata. Ella si trova attualmente in un ospedale di Damasco. Le sue condizioni sono terribili ed è in stato di choc. Ella ha sentito gli uomini dirle che lei era stata loro concessa dallo Sceicco Arour come bottino di guerra.
Il fratello del curato greco- ortodosso di Doueir, il padre Tohmeh Haddad, è stato rapito dai ribelli. Essi chiedono un riscatto di € 200.000.

SITUAZIONE A KUSAYR

Kusayr è un grosso centro nei dintorni di Homs, vicino al Libano. La situazione è drammatica. Le minoranze sono il bersaglio di terribili soprusi. Molte persone innocenti sono morte, abbattute a sangue freddo. Andrè Arbache, un giovane marito di trenta anni è stato rapito oggi e non si sa nulla di lui. Alcuni terroristi arrestati dalle forze di sicurezza hanno confessato che sarebbe già stato sgozzato seguendo il rituale “Nahar” che Al Qaeda applica ai rinnegati.
La famiglia cristiana Kasouha, maggioritaria a Kusayr, ha perso molti dei suoi membri, uccisi a sangue freddo. Si parla di vecchi rancori. Bisogna però sapere che molti Cristiani sono stati massacrati dopo aver subito per mesi le angherie di miliziani armati che, tuttavia, sono stati presentati al mondo come combattenti valorosi che cercano di instaurare la democrazia. In realtà queste bande armate hanno applicato la legge della giungla: sia quando hanno cercato di far resuscitare i demoni di vecchi rancori tra comunità, sia quando, come ad Homs, hanno cercato di provocare una guerra confessionale.

Molti Cristiani di Kusayr sono stati assassinati, talvolta fatti a pezzi, per spingere la popolazione alla fuga. Come se questo non bastasse, per sgomberare Kusayr dei Cristiani, i terroristi hanno cominciato ad attaccare apertamente i loro quartieri. Li hanno bombardati con i mortai e i  lanciarazzi, poi li hanno invasi, scacciando gli abitanti e uccidendo quelli che non volevano andarsene. Molte case dei Cristiani sono state bruciate dopo essere state saccheggiate. Nei quartieri più lontani che non sono ancora stati investiti dai terroristi molti Cristiani si sono rifugiati presso dei parenti, ma le loro case sono sotto il tiro dei mortai. Persino la casa del nostro parroco Padre George Louis è stata colpita da quattro proiettili che l'hanno completamente distrutta. E' necessario ricordare che questi bombardamenti non entrano nel quadro di combattimenti con l'esercito regolare, ma costituiscono un'aggressione gratuita contro una popolazione non armata. I Cristiani di Kusayr hanno sentito islamisti affermare a più riprese che i comitati di coordinamento locali hanno già distribuito i beni mobili e immobili dei Cristiani alle famiglie sunnite. Questo progetto è ormai in fase di esecuzione. Un dirigente dell'esposizione a Kusayr , Oum Zahreddine Zhouri,  ha appena annunciato che “i beni dei cristiani erano distribuiti ai musulmani come bottino di guerra” ed in effetti è ciò che sta avvenendo, almeno nelle case e magazzini del quartiere del Suk orientale che è stato interamente investito dalle bande armate. I cristiani sono tutti stati gettati fuori, le loro case sono state spogliate e interamente bruciate. Confermiamo la notizia data dall'agenzia Fides: la maggior parte dei 10.000 cristiani di Kusayr è stata costretta a lasciare le loro case e i loro beni. Essi si sono rifugiati nei dintorni o sono fuggiti verso Damasco, la Valle dei cristiani o verso il Libano dove ci si informa che molti alauiti e cristiani hanno trovato casa nelle città costiere o nella montagna e dove più di 60 famiglie cristiane di Kusayr si sono rifugiate nella città di Zahlè.

QUALCHE ESEMPIO SIGNIFICATIVO DI ATTI SELVAGGI PERPETRATI DALLE BANDE ARMATE AFFILIATE ALL'OPPOSIZIONE

Quando l'esercito regolare è entrato a Baba Amro i terroristi hanno radunato tutti i loro ostaggi alauiti e cristiani in un immobile di Khalidiyeh che hanno fatto saltare con l'esplosivo, commettendo un terribile massacro, che hanno attribuito alle forze regolari. Malgrado che di questo atto siano state accusate le forze governative persino dalla Lega Araba, le prove e le testimonianze sono inconfutabili: si tratta di una manovra delle bande armate affiliate all'opposizione.

La famiglia Al Amoura, del villaggio di Al Durdak, nei dintorni di Homs, è stata sterminata dai terroristi wahabiti. Quarantuno persone d questa famiglia sono state sgozzate lo stesso giorno. Un altro massacro è stato commesso dall'esercito libero della Siria in ritirata da Baba Amro: si sono fermati vicino a Rableh, alla frontiera libanese, e hanno massacrato quattordici membri di una stessa famiglia alauita a Hasibiyeh.

RETROSPETTIVA

Ecco: è da un anno che mi dedico allo studio della situazione in Siria per cercare di comprenderla. Da allora mi sono recata per tre volte sui luoghi caldi della nostra Diocesi e posso dire di essere diventata una testimone oculare. Guardando indietro io vedo che non mi sono ingannata nelle mie previsioni. Con dei giornalisti belgi siamo stati i primi al mondo a fare stato della presenza di “bande armate non identificate”. Oggi queste bande sono state identificate. Possiamo dare loro un nome. Esse sono raggruppate sotto l'etichetta di Esercito Libero della Siria, ma esse sono di matrice salafita o wahabita, vale a dire le formazioni paramilitari degli islamisti ultra radicali.

Noi ringraziamo tutte le realtà che durante l'anno trascorso hanno intimato al regime siriano, anche se spesso a torto e in conseguenza di false informazioni, di fermare le sue violenze contro la popolazione civile. Ma cosa dire delle crudeltà dell'opposizione siriana? O meglio, delle fazioni armate che proclamano di essere l'opposizione? Oggi il male è fatto. Quello che temevamo sta per succedere: l'esodo dei Cristani dalla Siria è cominciato. E' un dramma che condividono con i loro fratelli e sorelle di altre confessioni. Questo ci ricorda l'esodo dei Cristiani dell'Iraq. Speriamo che la tendenza sia arrestata dalla fine delle ostilità e dall'instaurazione di un dialogo tra tutte le componenti del popolo siriano.

Noi siamo tutti per la libertà e la democrazia. Sfortunatamente i nobili obiettivi indicati dall'opposizione siriana sono stati fagocitati dall'islamismo. Esaltando l'opposizione -all'inizio poteva essere a giusto titolo- si è creduto senza verifiche a tutto quello che raccontava l'inattendibile Osservatorio siriano dei diritti dell'uomo e poi i comitati di coordinamento locale. Ora, sulla base delle loro necessità, questi organismi hanno fatto più disinformazione che informazione. Non solo l'informazione fornita è stata unilaterale e di parte, ma spesso era monca e falsificata. La realtà non era più conforme alle loro fastidiose dichiarazioni. D'altronde gli avvenimenti mi hanno dato ragione e, cosa che mi consola, la comunità internazionale stessa sta accogliendo la tesi di una trasformazione dell'opposizione siriana che è divenuta, all'insaputa di molti dei suoi sostenitori, un paravento per il sunnismo radicale. I grandi mezzi di comunicazione cominciano poco a poco a comprendere la realtà del conflitto in Siria, raccontando alcuni dei suoi aspetti nascosti da troppo tempo: la presenza di fazioni armate l'obiettivo delle quali era quello di creare uno scenario di guerra confessionale simile a quello del Libano. Questo spiega le crudeltà subìte per mesi dagli alauiti da parte delle bande armate. I Cristiani sono stati vittime anche loro ma in misura minore. L'obiettivo di questi gruppi armati era spingere le minoranze ad armarsi per far esplodere una guerra confessionale. Ma questa reazione non c'è stata. A parte dei casi isolati, le minoranze non si sono armate ed hanno atteso pazientemente che le forze dell'ordine venissero a proteggerle. Hanno pagato così un pesante tributo di sangue attendendo la loro liberazione. La storia renderà omaggio alla maturità del popolo siriano che, in forza della sua millenaria saggezza, ha evitato fare la scelta peggiore quando tutto era a sua disposizione per vendicarsi dell'”altro”. E' necessario anche dire che la maggioranza dei Musulmani in Siria non danno credito ai salafiti e prendono le distanze dal wahabismo. Dicono che tutto l'estremismo è una deformazione e che il salafismo, ispirato dal wahabismo, è diventato un'eresia soprattutto quando è ricorso all'eliminazione dei “kuffar” o “rinnegati”, in pratica di tutte le persone che non accettano la sua dottrina.

In definitiva il mondo occidentale, vittima di un'informazione tendenziosa, si inganna applicando a questi eterogenei gruppi islamisti il titolo di Esercito Libero di Siria. Bisogna saper distinguere le cose per non favorire il peggio.

Che dire di più? Human Rights Watch ha scritto una lettera aperta al “Consiglio Nazionale Siriano” per invitarlo a denunciare gli atti di barbarie contro la popolazione civile e le forze dell'ordine. Atti contrari alla Carta dei Diritti dell'Uomo ed alla Convenzione di Ginevra commessi dalle bande armate affiliate all'opposizione. L'ambasciatore degli Stati Uniti a Damasco si è lamentato delle violenze inaccettabili delle bande armate che agiscono in nome dell'opposizione. Le grandi potenze ed i media internazionali parlano apertamente di una deriva confessionale di certi settori armati affiliati all'opposizione siriana tra i quali si scoprono fazioni di Al Qaeda, dei salafiti e dei wahabiti. Pax Christi del Canada ha mandato una lettera a tutti i responsabili degli Stati per domandare loro di non intervenire più in Medio Oriente con mezzi militari. La Francia, da parte sua, ha rifiutato l'ingresso nel suo territorio allo cheikh Qaradawi che incita incessantemente su Al Jazirah araba ad una guerra confessionale. L'affare Merah a Tolosa contribuirà ad aprire gli occhi sui pericoli della catena Al Jazirah, i cui locali  nella torre Montparnasse sono stati perquisiti dalla polizia francese.

Nel momento in cui la comunità internazionale cerca di favorire il dialogo e la pacificazione è divenuto ormai inaccettabile che dei responsabili e dei giornalisti continuino a credere ciecamente alle dichiarazioni di una rete di informazione tendenziosa che copre i crimini di queste bande armate affiliate all'opposizione siriana con suo grande danno. Ignorando i soprusi e i crimini di queste bande armate e approvando la loro lotta si incoraggiano i loro crimini e non si porta aiuto alle persone in pericolo. Solo un'informazione obiettiva e senza partito preso, fedele alla realtà dei fatti, potrà aiutare a fermare la violenza e portare tutte le fazioni a dialogare in vista di un vero processo democratico. Occorre denunciare il male ove di trova, senza preconcetti. Serve un minimo di verifica e di messa a fuoco nella confusione che prevale.

CONCLUSIONE

Noi preghiamo affinchè la Siria esca purificata e pacificata da questa terribile prova e perchè la voce della maggioranza schiacciante del popolo siriano, di tutte le confessioni, sia ascoltata: avviare le riforme necessarie senza rompere il patto nazionale né cadere nella guerra confessionale.

Preghiamo che, in questo glorioso tempo pasquale, il Signore vincitore della morte, ci visiti come ha fatto con sua Madre e i suoi Apostoli e ci evangelizzi con la sua pace basata sulla distruzione del muro dell'odio attraverso il suo corpo sacrificato per noi. Lui solo ci insegna ad amare il prossimo fino a sacrificarsi per lui. Questo è il messaggio che noi ameremmo far capire sulla Siria a quelli che sono vicini e a quelli che sono lontani.

Qara,  1 aprile - domenica degli ulivi - 2012.