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sabato 5 febbraio 2022

Qualche considerazione sul malcontento popolare che sta attraversando la Siria

Riceviamo da un amico che abita in Siria un chiarimento circa le nuove decisioni governative di sospendere i sussidi che facilitavano l'acquisto di alcuni generi di prima necessità, decisione che ha suscitato grande preoccupazione e scontento nella popolazione siriana , provata da 11 anni di guerra e dalle ingiuste sanzioni occidentali.   OraproSiria


Da prima della guerra il Governo in Siria sussidiava vari beni - pane, gasolio, benzina, educazione, salute, acqua, luce. Lo faceva in nome di un certo "socialismo siriano" legato alla forma di potere politico. L'economia andava bene e il Paese produceva. Il sussidio era a beneficio di tutti i siriani, ricchi e poveri. Adesso, con 11 anni di guerra alle spalle - non finita ancora - e con sanzioni occidentali severe, le risorse dello Stato sono scarse e non bastano per continuare il sussidio anteriore quindi il governo ha deciso di orientare l'aiuto alle persone che veramente lo necessitano. Questo riorientamento del sussidio si sta però facendo in forma confusa quindi suscita malcontento popolare. Davanti alle proteste, si spera che il governo sappia fare delle scelte , ad esempio il cambio di ministri incapaci con altri più capaci...

Prima della guerra, educazione e salute erano gratis per tutti. I prodotti energetici con i prezzi accessibili per tutti. I libri gratis anche in tutte le tappe pre-universitarie. Acqua e luce con prezzi simbolici per tutti. Il pane quasi gratis nei forni dello Stato. Inoltre c'é una catena cooperativa che copre il territorio nazionale che vende prodotti commestibili e di uso quotidiano (zucchero, farina, oli, sardine, saponi, etc.) a prezzi sostenibili pure nel commercio libero. Faccio qualche esempio: io non ho pagato una lira per la educazione dei miei tre figli; mi sono operato due volte ricevendo buone cure, con il costo di un euro (uno) che ho pagato all'autobus per andare all'ospedale e ritornare a casa...

Adesso i costi di benzina, gasolio, pane e prodotti alimentari, gas domestico sono soggetti alle nuove decisioni, cioè a prezzi non calmierati. Tieni conto che ormai da mesi la elettricità non c'é quasi mai, però si paga... Comunque la inefficienza elettrica non é problema di sussidio, credo che sia piuttosto problema di non previsione, a volte penso che potrebbe essere anche lavoro di sabotaggio di qualche intruso...

Non è facile vedere vie d'uscita, sarebbe una questione da affrontare in sede politica, ma non abbiamo partiti in parlamento che rappresentino una opposizione significativa... Il popolo siriano ha grande fierezza e dignità, che sono il motivo della attuale pazienza con cui sopporta. Siamo consapevoli che non siamo usciti dal pericolo della falsa rivoluzione, quella del 2011 non era rivolta, era un progetto coloniale ben preparato e ancora non é finito; e vediamo bene che abbiamo ancora il pericolo USA-Israele...

Oggi tanti siriani se ne vanno, in cerca di opportunità di vita migliori, ma chi ci perde è la Siria: per chi come me decide di restare, occorre lavorare molto e con pazienza per salvaguardare la nostra coesione sociale. Io sono convinto che i siriani stanno risolvendo i problemi interni fra di loro e che non vogliono ingerenze. Che hanno avuto la capacitá di difendersi dall'attacco feroce dell' occidente e del terrorismo e quindi saranno ancora di più capaci di risolvere i loro problemi interni.

K.S.

lunedì 11 gennaio 2021

Ritorno nella mia Siria

foto: Issa Touma
 

Era passato un anno dal mio ultimo viaggio in Siria ed era tempo di rivedere la mia patria e ritrovare i miei cari. Tornare a visitare parenti e amici ad Aleppo, la mia città, non è mai facile. Non ci sono voli internazionali dall’Italia per la Siria: fatto scalo a Istambul, atterrato a Beirut, poi proseguirò via terra.  

 A Beirut vive mia sorella. Il nostro ultimo incontro risaliva a 5 anni fa: l’avevo salutata lasciando la Siria - destinazione: Italia - con la mia famiglia, dopo un bombardamento proveniente dai quartieri est di Aleppo occupati dagli islamisti che aveva danneggiato pesantemente la nostra casa. Passo una serata con mia sorella, a parlare della drammatica crisi in Libano: disoccupazione, inflazione, politici corrotti e Covid in giro...  

 Da Beirut verso la Siria partono, oltre ai pullman, i taxi collettivi. Sapevo, già dall’Italia, che a causa della pandemia le auto libanesi non possono entrare in Siria e quelle siriane non possono arrivare in Libano. Ma in Oriente una soluzione c’è sempre: parto dal Libano con una macchina libanese e alla frontiera ci attende una macchina proveniente dalla Siria. Durante il cambio di automobile mi guardo intorno: sono l’unico viaggiatore alla frontiera! Dopo poche ore eccomi a Tartous. La seconda tappa. La città di mia moglie. Fra gioia e abbracci entro in casa: è illuminata con le pile, non c’è corrente e fa freddo. Il combustibile manca.  

 I parenti della mia famiglia acquisita sono tutti radunati per accogliermi. Durante l’abbondante pranzo, preparato in mio onore, affronto un sacco di domande e curiosità. Un parente mi dice: “Non mi dire che hai deciso di tornare a casa in Siria!”. Un ragazzo giovane mi parla con gli occhi e la domanda è: “C’è modo di andare via? Partire dalla Siria, verso l’Italia o altrove, pur di non fare il servizio militare (che dura un tempo infinito), pur di costruirmi un futuro che qui non c’è”. Non so come rispondere. Nel pomeriggio mi reco in visita a parenti e amici nei dintorni. Le loro case? Quasi tutte nello stesso stato: niente energia elettrica, niente riscaldamento. La lotta per la sopravvivenza, una sfida quotidiana per avere lo stretto necessario. E tanti con quella frase: “Non dirmi che hai deciso di tornare!?”. La notte, al gelo, non è facile prendere sonno.  

 Il giorno seguente lascio Tartous e parto in corriera verso la mia città natale. Fra Tartous e Aleppo sono 280 chilometri, ma non si arriva mai. I posti di blocco dell’esercito e altre soste. Fa buio e non riesco a raccapezzarmi. Finalmente dopo cinque ore di Via Crucis arriviamo ad Aleppo. Siccome la mia casa è vuota e non abitabile, mio fratello che mi aspetta all’arrivo mi porta a casa sua. Strade poco illuminate, confusione di passanti e auto. La seconda città siriana è una sopravvissuta di guerra e si vede. La casa di mio fratello è illuminata grazie a un generatore privato che distribuisce la corrente agli appartamenti (si paga un abbonamento). Il poco gasolio che hanno risparmiato lo usano adesso che sono presente per riscaldare un po'…

 Mi invitano a cena in uno dei ristoranti popolari del quartiere: oltre ai miei familiari c’è un amico d’infanzia, con la sua famiglia, un responsabile del quartiere. Le sue parole mi colpiscono dolorosamente: “Hai fatto la cosa giusta, andandotene. Hai fatto bene, per i tuoi figli. I miei, ormai sono all’università e farò di tutto perché partano altrove, a trovare una vita normale. In Siria non c’è futuro”. Per tutta la serata mi parla delle difficoltà della vita, minori coinvolti in atti di delinquenza per bisogno estremo.

La guerra ha cambiato tanto la mia Aleppo, era una città gentile, prospera e tranquilla...

Nel tragitto di ritorno a casa, strade buie, piene del rumore dei generatori e dei loro fumi tossici. C’è chi chiede l’elemosina all’uscita di un negozio e chi cerca nell’immondizia. Sono triste vedendo per strada le facce ansiose, le teste inclinate verso terra, non è più la Aleppo di prima.

foto: Issa Touma

 Mio fratello ha un negozio di stampa e fotocopie per l’università. Vedo entrare i clienti. Li conosco da una vita, e anche da loro, la fatidica domanda: “Come mai sei qua? Non dirmi che sei tornato a vivere in Siria?!”. A un uomo della comunità armena chiedo quante famiglie siano rimaste. “Solo il 20%, l'80% sono partite”, risponde.

Sono le 14, prima di andare a pranzo facciamo un salto per la spesa al mercato del quartiere. C’è ottima frutta e verdura in abbondanza... ma i prezzi? Troppo alti per i clienti della città…

In vendita c’è di tutto ma per comprare non c’è denaro. La gente per strada è tanta, ma nelle mani i sacchetti sono piccoli, certo insufficienti per tutta la famiglia. Certi cibi come carne e frutta per tante famiglie sono inarrivabili da settimane o da mesi. In questo dopoguerra piegato dalle sanzioni e embargo, il governo ha messo in atto un sistema di approvvigionamento dei generi di prima necessità. Ogni nucleo famigliare riceve 10 pezzi di pane ogni due giorni, una bombola del gas ogni due mesi, 100 litri di gasolio per riscaldamento. Per il ritiro occorre aspettare un sms dal Comune, mettersi in fila per ore, e a volte non ce n’è per tutti...

 Il giorno dopo andiamo con amici a prendere qualcosa in un ristorante popolare dove si mangia e si chiacchiera. I clienti del posto non mancano. I buonissimi patti tipici della cucina di Aleppo sono un piacere, come il calduccio del locale – benessere così raro… viene voglia di dormire lì...

 Il terzo giorno devo salutare la mia città. Ma voglio passare a trovare alcune persone care. Fra queste, le suore e il personale dell’ospedale Saint Louis, una vecchia struttura sanitaria famosa ad Aleppo. Nel tragitto di venti minuti a piedi al centro della città mi immergo fra la folla che passa a piedi, desideroso di sentire il dialogo della pietra con me come una volta. Visto che vivo in Italia, dove il coronavirus colpisce duro, faccio attenzione a un particolare: le farmacie espongono cartelli con su scritto “vendiamo mascherine”… ma nessuno le ha. La priorità è, ovviamente, comprare il cibo. Già, chi ha perso tutto non ha più niente da perdere...

 All’ospedale gestito dalle suore, come sempre pulito e ben organizzato (ma ovviamente a pagamento), la suora coordinatrice, un’italiana, mi accoglie con gioia. Le ho portato un panettone per ricordarle il suo paese.

Sempre a piedi mi reco nella nostra parrocchia, da padre Ibrahim, il nostro parroco. Mi accoglie gentilmente, ascolta le notizie dall’Italia. Per lui sono un po’ la pecorella smarrita… Mi racconta la tragica situazione delle persone, fra povertà, penuria, timore della pandemia, sanzioni europee ed embargo statunitense. Venti minuti intensi e ci salutiamo.   


 Poche ore mi separano dalla partenza. Sono disorientato, colpito dalla situazione che ho visto e dalle notizie che ho avuto. Anche l’anno scorso gli aleppini erano in difficoltà, ma l’atmosfera era diversa. Non solo tutte le persone mi parlavano, ma io sentivo come la voce delle antiche pietre, delle strade, delle case… Adesso nessuno parla, tutto piange, pure le pietre...

 Non vedo l’ora di uscire da questa situazione insopportabile. Posso tornare a vivere qui con la mia famiglia? Ma i miei bambini… come posso offrire loro il necessario, una vita normale?  Qui tutti ormai sono costretti ad arrangiarsi come possono, chiusi agli altri, come mai i siriani erano stati. Grazie a tanta gente che mi ha offerto in Italia alcuni contributi ho potuto portare un piccolo sostegno ad alcune famiglie... ma la situazione è tragica, fra povertà, delinquenza e corruzione, furti e addirittura prostituzione… Il mio paese non è mai mai mai stato così.

Era ricco, la guerra lo ha rovinato. E tanti paesi sono arrivati qui a distruggere e saccheggiare la Siria. Terroristi da ogni nazionalità hanno fatto a pezzi questa patria come se fosse carta straccia.

Quanti anni occorreranno al mio paese per la ricostruzione anche delle persone? Ricostruire la sua mentalità e l'educazione … La generazione uscita da tanti anni di guerra è strana… 

  Sono partito senza guardarmi indietro. Porto nel cuore i miei che sono rimasti, i vecchi amici e conoscenti, che tagliano il fiore tra le spine per sentire il profumo della speranza.... E i quartieri e gli edifici cari... Li porto tutti nella mente sperando abbia fine un brutto sogno che, purtroppo, è una dolorosa realtà.

  J. M.

sabato 29 agosto 2020

Un ringraziamento a chi non dimentica i bambini della Siria


Da suor Lydia Assaf , asilo infantile San Joseph delle Religiose di 'Nostra Signora del Perpetuo Soccorso' di Damasco

29 agosto 2020

Caro Padre Raffaele, cari parrocchiani della Cappella Sacro Cuore dell'Ospedale di Lecco, cari benefattori...

i nostri ringraziamenti e la nostra gratitudine per tutto ciò che fate per noi, per i nostri bambini, le nostre famiglie e i nostri dipendenti, e per la Siria.

Siete stati generosi in questi giorni difficili di guerra, di sanzioni che ci puniscono pesantemente, di Virus Corona e di crisi economica. Il vostro aiuto è giunto come una benedizione!

In Siria languiamo da 10 anni per la guerra, 10 anni molto lunghi e molto duri. Ne subiamo ogni giorno le conseguenze nefaste: alto costo della vita, mancanza di prodotti (sanitari, alimentari) soprattutto mancano latte per bambini, pannolini, medicinali, e se esistono sono molto costosi (lo stipendio è di 20 € al mese = 50000 Lire Siriane).

L'80% della popolazione è al di sotto della soglia di povertà. La gente ormai cerca cibo nella spazzatura. La situazione è stata aggravata dalle nuove sanzioni che sono state imposte al nostro popolo.

Nella scuola, il nostro progetto raccoglie 62 bambini di età compresa dai 4 mesi ai 5 anni, li accudiamo fino alle 4 del pomeriggio.

Abbiamo otto educatrici che ci aiutano, due donne per le pulizie e una portinaia...

Abbiamo un ostello per ragazze universitarie (25 ragazze) provenienti dai diversi dipartimenti della Siria (i più lontani).

Il Virus Corona è molto diffuso in Siria in questo momento, con conseguenze orribili. Molte persone sono confinate, non lavorano, mancano di tutto, molti della popolazione siriana mangiano solo un pasto al giorno. La situazione economica è davvero molto difficile.

Con tutto questo conserviamo la speranza, la fede in nostro Signore Gesù che ci sostiene e ci dà perseveranza e soprattutto l'attaccamento alla nostra fede e alla nostra patria Siria.

Che Dio ci liberi dal male, dal Maligno e dai malfattori.

Mettiamo tutte le nostre intenzioni e le nostre speranze sotto la protezione di Maria nostra madre.

Ancora una volta grazie per la vostra generosità.

Vi portiamo nelle nostre preghiere quotidiane con i nostri bambini.

Suor Lydia

domenica 4 marzo 2018

Lettera aperta delle Monache siriane: Chiamare le cose con il loro nome, è questo l'inizio della pace



Quando taceranno le armi ? E quando tacerà tanto giornalismo di parte ?
Noi che in Siria ci viviamo, siamo davvero stanchi, nauseati da questa indignazione generale che si leva a bacchetta per condannare chi difende la propria vita e la propria terra.
Più volte in questi mesi siamo andati a Damasco; siamo andati dopo che le bombe dei ribelli avevano fatto strage in una scuola, eravamo lì anche pochi giorni fa, il giorno dopo che erano caduti, lanciati dal Goutha, 90 missili sulla parte governativa della città. Abbiamo ascoltato i racconti dei bambini , la paura di uscire di casa e andare a scuola, il terrore di dover vedere ancora i loro compagni di classe saltare per aria, o saltare loro stessi, bambini che non riescono a dormire la notte, per la paura che un missile arrivi sul loro tetto. Paura, lacrime, sangue, morte. Non sono anche questi bambini degni della nostra attenzione?
Perché l’opinione pubblica non ha battuto ciglio, perché nessuno si è indignato, perché non sono stati lanciati appelli umanitari o altro per questi innocenti? E perché solo e soltanto quando il Governo siriano interviene, suscitando gratitudine nei cittadini siriani che si sentono difesi da tanto orrore (come abbiamo constatato e ci raccontano), ci si indigna per la ferocia della guerra?
Certo, anche quando l’esercito siriano bombarda ci sono donne, bambini, civili, feriti o morti. E anche per loro preghiamo. Non solo i civili: preghiamo anche per i jihadisti, perché ogni uomo che sceglie il male è un figlio perduto, è un mistero nascosto nel cuore di Dio. Ed è a Dio che si deve lasciare il giudizio, Lui che non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva.

Ma questo non significa che non si debbano chiamare le cose con il loro nome. E non si può confondere chi attacca con chi si difende.
A Damasco, è dalla zona del Goutha che sono cominciati gli attacchi verso i civili che abitano nella parte controllata dal governo, e non viceversa. Lo stesso Goutha dove - occorre ricordarlo ? – i civili che non appoggiavano i jihadisti sono stati messi in gabbie di ferro: uomini, donne, esposti all’aperto e usati come scudi umani. Goutha: il quartiere dove oggi i civili che vogliono scappare, e rifugiarsi nella parte governativa, approfittando dalla tregua concessa, sono presi di mira dai cecchini dei ribelli…
Perché questa cecità dell’Occidente? Come è possibile che chi informa, anche in ambito ecclesiale, sia così unilaterale?

La guerra è brutta, oh sì, sì se è brutta! Non venitelo a raccontare ai siriani, che da sette anni se la sono vista portare in casa… Ma non si può scandalizzarsi per la brutalità della guerra e tacere su chi la guerra l’ha voluta e la vuole ancora oggi, sui Governi che hanno riversato in Siria in questi anni le loro armi sempre più potenti, le loro intelligence... per non parlare dei mercenari lasciati deliberatamente entrare in Siria facendoli passare dai Paesi confinanti (tanti che poi sono diventati Isis, va ricordato all’Occidente, che almeno questa sigla sa cosa significa). Tacere sui Governi che da questa guerra hanno guadagnato e guadagnano. Basta vedere che fine hanno fatto i più importanti pozzi petroliferi siriani. Ma questo è solo un dettaglio, c’è molto più importante in gioco.
La guerra è brutta. Ma non siamo ancora arrivati alla meta, là dove il lupo e l’agnello dimoreranno insieme, e per chi è credente bisogna ricordare che la Chiesa non condanna la legittima difesa; e se anche non si augura certamente il ricorso alle armi e alla guerra, la fede non condanna chi difende la propria patria, la propria famiglia, neppure la propria vita. Si può scegliere la non-violenza, fino a morirne. Ma è una scelta personale, che può mettere in gioco solo la vita di chi lo sceglie, non si può certo chiederlo ad una nazione intera, a un intero popolo.

Nessun uomo che abbia un minimo di umanità vera, può augurarsi la guerra. Ma oggi dire alla Siria, al governo siriano, di non difendere la sua nazione è contro ogni giustizia : troppo spesso è solo un modo per facilitare il compito di quanti vogliono depredare il Paese, fare strage del suo popolo, come accaduto in questi lunghi anni nei quali le tregue sono servite soprattutto per riarmare i ribelli, e i corridoi umanitari per far entrare nuove armi e nuovi mercenari.. e come non ricordare quali atrocità sono accadute in questi anni nelle zone controllate dai jihadisti? violenze, esecuzioni sommarie, stupri… i racconti rilasciati da chi alla fine è riuscito a scappare ?

In queste settimane ci hanno fatto leggere un articolo veramente incredibile: tante parole per far passare in fondo una sola tesi, e cioè che tutte le Chiese di Oriente sono solo serve del potere…per convenienza… Qualche bella frase ad effetto, tipo la riverenza di Vescovi e Cristiani verso il Satrapo Siriano…un modo per delegittimare qualunque appello della Chiesa siriana che faccia intravedere l’altro lato della medaglia, quella di cui non si parla.
Aldilà di ogni inutile difesa e polemica, facciamo un ragionamento semplice, a partire da una considerazione. E cioè che Cristo - che conosce bene il cuore dell’uomo, e cioè sa che il bene e il male coabitano in ciascuno di noi, vuole che i suoi siano lievito nella pasta, cioè quella presenza che a poco a poco, dall’interno, fa crescere una situazione e la orienta verso la verità e il bene. La sostiene dove è da sostenere, la cambia dove è da cambiare. Con coraggio, senza doppiezze, ma dall’interno. Gesù non ha assecondato i figli del tuono, che invocavano un fuoco di punizione .
Certo che la corruzione c’è nella politica siriana (come in tutti i Paesi del mondo) e c’è il peccato nella Chiesa (come in tutte le Chiese, come tante volte il Papa ha lamentato)
Ma, appellandoci al buon senso di tutti, anche non credenti : qual è l’alternativa reale che l’Occidente invoca per la Siria? Lo Stato islamico, la sharia? Questo in nome della libertà e la democrazia del popolo siriano? Ma non fateci ridere, anzi, non fateci piangere…

Ma se pensate che in ogni caso non sia mai lecito scendere a compromessi, allora per coerenza vi ricordiamo, solo per fare un piccolo esempio, che non potreste fare benzina 'senza compromessi coi poteri forti', dato che la maggior parte delle compagnie ha comprato petrolio a basso costo dall’Isis, attraverso il ponte della Turchia: così quando percorrete qualche chilometro in auto, lo fate anche grazie alla morte di qualcuno a cui questo petrolio è stato rubato, consumando il gasolio che doveva scaldare la casa di qualche bambino in Siria..
Se proprio volete portare la democrazia nel mondo, assicuratevi della vostra libertà dalle satrapie dell’Occidente, e preoccupatevi della vostra coerenza, prima di intervenire su quella degli altri..

Non ultimo, non si può non dire che dovrebbe suscitare almeno qualche sospetto il fatto che se un cristiano o un musulmano denuncia le atrocità dei gruppi jihadisti è fatto passare sotto silenzio, non trova che una rara eco mediatica, per rivoli marginali, mentre chi critica il governo siriano guadagna le prime pagine dei grandi media.. Qualcuno ricorda forse l’intervista o un intervento di un Vescovo siriano su qualche giornale importante dell’Occidente? Si può non essere d’accordo, evidentemente, ma una vera informazione suppone differenti punti di vista.

Del resto, chi parla di una interessata riverenza della Chiesa siriana verso il presidente Assad come di una difesa degli interessi miopi dei cristiani, dimostra di non conoscere la Siria, perché in questa terra cristiani e musulmani vivono insieme. E’ stata solo questa guerra a ferire in molte parti la convivenza, ma nelle zone messe in sicurezza dall’esercito ( a differenza di quelle controllate dagli 'altri') si vive ancora insieme. Con profonde ferite da ricucire, oggi purtroppo anche con molta fatica a perdonare, ma comunque insieme. E il bene è il bene per tutti: ne sono testimonianza le tante opere di carità, soccorso, sviluppo gestite da cristiani e musulmani insieme.
Certo, questo lo sa chi qui ci vive, pur in mezzo a tante contraddizioni, non chi scrive da dietro una scrivania, con tanti stereotipi di opposizione tra cristiani e musulmani.

Liberaci Signore dalla guerra…e liberaci dalla mala stampa…”.
Con tutto il rispetto per i giornalisti che cercano davvero di comprendere le situazioni, ed informarci veramente. Ma non saranno certo loro ad aversene a male per quanto scriviamo…

Le sorelle Trappiste in Siria

martedì 23 gennaio 2018

Dalle famiglie di Damasco nel pianto, una preghiera:

"Vorrei fare una richiesta speciale che esce dal mio cuore e dalla mia anima a tutti i miei amici e parenti di pregare per mia nipote, la figlia di mia sorella, Christine Horani perché il Signore la guarisca e possa riprendersi dal suo terribile danno. È stata orribilmente ferita alle gambe da missili esplosivi e bombe che hanno preso di mira la regione di Bab Touma in Damasco, in Siria mentre stava uscendo dalla sua scuola.
Chiedo anche preghiere per il suo caro amico Pascal Al Khalil, anche lui ferito con lei e chiedo la misericordia di Dio sull'anima benedetta della sua altra amica Rita Al Eid che è stata uccisa ieri, anch'essa una martire di questa orribile tragedia".
Berjo Alkouri


Christine ha perso il piede e in queste ore è in sala operatoria per salvarla dall'amputazione delle gambe .
Ieri sono morti 9 giovani e 21 feriti per il bombardamento lanciato dai 'ribelli moderati' sul quartiere cristiano di Bab Touma all'ora dell'uscita dalla scuola.
Altre notizie dal Nunzio Zenari qui:

Nunzio a Damasco: colpi di mortaio sulla città vecchia, ancora vittime fra i cristiani

http://www.asianews.it/notizie-it/Nunzio-a-Damasco:-colpi-di-mortaio-sulla-citt%C3%A0-vecchia,-ancora-vittime-fra-i-cristiani-42902.html

mercoledì 17 gennaio 2018

Ancora missili su Aleppo













 La situazione della sicurezza in Aleppo da qualche settimana è molto peggiorata, con alcune granate che ogni giorno arrivano a colpire le zone centrali della città.
Ieri, 16 ottobre, i missili dei miliziani jihadisti ancora stanziati alla periferia occidentale della città hanno raggiunto un asilo, uccidendo l'autista della scuola, un' impiegata della struttura, 2 bambini, e molti altri piccoli sono rimasti feriti. Si alternano nella popolazione speranza di ripresa e avvilimento per una minaccia che non ancora finisce.


Per i pochi cristiani rimasti è il momento della prova della fede: eppure in tanti si rafforza come nell' amico cristiano che oggi ci scrive : Si miei cari, l'ora della vera pace non è ancora arrivata ! ma non dobbiamo perdere la speranza, i nostri nemici si fanno sentire ogni tanto per dirci che sono presenti e pronti per attaccare anche se l' esercito governativo resta in guardia. Gioco politico sporco!
Noi preghiamo, ci pare l'unica arma potente che ci può liberare da questi ribelli pagati bene per farci vivere nel terrore.
Aspettiamo la piena liberazione, intanto sappiate che la vita continua, riprende il suo corso con progressi giornalieri e tanta volontà di vivere. Il Signore non ci abbandona, e noi non ci lasciamo togliere la speranza”. S.A.O. 

giovedì 19 ottobre 2017

In morte del Generale Issam Zahr al Din


Il Generale Issam Zahr el Din della 104° brigata della Guardia repubblicana, ieri è stato ucciso: era un ufficiale dell'esercito siriano che ha combattuto contro i terroristi e difeso la sua patria.
Noi cristiani, come tutti i siriani, lo piangiamo come uomo retto, coraggioso e rispettoso verso tutti i suoi soldati, di qualsiasi fede fossero. Egli non era né alawita nè cristiano nè sunnita nè druso, era un onesto ufficiale siriano che ha dedicato la sua vita per combattere i terroristi e salvare la terra della Siria dal male del wahhabismo. Era un uomo semplice e mai coinvolto in interessi personali o in crimini e massacri, nonostante voi della Unione Europea lo abbiate colpito con le sanzioni.
Ha combattuto per la sua patria in Homs, in Aleppo e negli ultimi tre anni ha guidato la resistenza di Deir-el-Zor contro le ripetute ondate di attacchi di ISIS, sempre in prima linea alla testa dei suoi soldati.... E se ci pensate ha combattuto anche per voi!
Noi cristiani ci uniamo nella preghiera : che Dio abbia pietà del suo spirito puro.

                  Joseph Antabi, cristiano di Damasco

giovedì 14 settembre 2017

Le croci di suor Arcangela

 Aleppo, 14 settembre 2017
Festa dell'Esaltazione della Santa Croce

  Contemplando questo volto, con quelle scie di sangue, riviviamo la passione, una passione attuale, silenziosa, che si è consumata nel giro di sei anni di Via Crucis, con la guerra in Siria.
 I proiettili facevano un orribile fragore, cadevano senza sosta senza misurare dove arrivavano, ferendo persone di tutte le età, sembrava non avessero una meta da raggiungere.
 Quel Volto misterioso aveva una meta, è rimasto sempre lì, le cartucce ferivano i volti umani causando spesso la morte, ma Quel Volto è rimasto sempre lì, per un solo obbiettivo: rinnovare l'adesione di amore al Padre, di gridare con la Sua Voce "Perdona loro perché non sanno quello che fanno”.
 Quel corpo mutilato indica che era in mezzo al popolo Siriano, ne condivideva le lacrime, le ferite e l'attesa di una nuova speranza, che c'è... lo indica quell'unico braccio rivolto verso il Cielo.
 Quel volto delicato sereno, quel corpo insanguinato, ha raccolto, come i proiettili, il grido degli innocenti, ridando perdono, amore e speranza.
  Buona festa della nostra salvezza, in Cristo Crocifisso dimora la nostra forza!
Suor Arcangela, ospedale Saint Louis - Aleppo 

Chi è suor Arcangela:  "Ad Aleppo, Siria, suor Arcangela Orsetti coltiva una forma di arte dal riciclo che potremmo definire anti-bellica. Religiosa lucchese delle suore di San Giuseppe dell’Apparizione, vive nella città siriana da più di 40 anni e con cinque consorelle gestisce l’ospedale Saint Louis. Nel suo inesistente tempo libero in lunghi anni di guerra, suor Arcangela si è ingegnata a «trasformare oggetti di morte in simboli di vita e riscatto». Un enorme bossolo metallico contiene un ramo d’ulivo. Le mani della suora («fervide come la sua fantasia», osserva sorridendo suor Thèrese) hanno unito proiettili a formare scritte di pace in varie lingue, simboli cristiani classici, rosari, una colomba. Arredi sui muri e sulle finestre dell’ospedale. Pezzi di ordigni e ferraglia assortita si sono trasformati in portacandele, assai utili in questi ultimi anni di black-out, quando l’ospedale era interamente affidato al generatore a diesel – e nelle settimane più difficili non arrivava nemmeno quello, in città..... ( leggi qui : http://oraprosiria.blogspot.it/2017/06/suor-arcangela-e-le-altre-le-eroine-di.html  )

martedì 11 aprile 2017

Un siriano ci scrive: 'le bombe e il nostro appello'


Sono un siriano fuggito da Aleppo cercando una terra sicura per proteggere i miei bambini: un missile dei ribelli ha colpito la mia casa lasciando molti danni oltre il terribile spavento che hanno preso i miei bambini, queste condizioni mi hanno costretto a lasciare il mio paese dopo cinque anni dall'inizio della guerra....
  Nel paese ospitale Italia da quando sono arrivato mi sono messo in contatto con i parenti in patria per aggiornarmi sulle ultime notizie della mia città quasi tutti giorni, con l'intenzione di tornare in patria appena tutto sarà ristabilito. Nessuno può negare quanti sacrifici l'Esercito Nazionale ha sopportato fino ad oggi in questa guerra per rendere la terra di Siria una terra pura priva di qualsiasi tipo di terrore; finalmente quattro mesi fa circa, Aleppo tutta è stata liberata grazie all’Esercito Nazionale e non solo Aleppo ma anche sono state liberate Palmira, i dintorni di Homs, Hama e molte altre zone. Questo è un motivo importante per cui io sto pensando sul serio di ritornare in patria. 
 Sul telefono in linea c’era mio fratello di Aleppo dicendo “Aleppo tutta tranquilla, Aleppo non è più con le bombe potete tornare quando decidete”, appena finito questo discorso il giorno seguente scoppia la storia del bombardamento con il gas di cui è accusato il governo siriano e Assad. Eppure, tutti sappiamo che l’Onu ha chiesto al governo siriano di distruggere le armi chimiche e che le ha distrutte tutte. Tutti noi sappiamo che il deposito di queste armi con gas si trova in zona controllata dai terroristi quindi i siriani non sono colpevoli di questi armi, l’Occidente anziché accusare Assad di bombardarli non era meglio che si domandasse come hanno fatto ad arrivare queste armi pericolose fino qua?! attraverso la Turchia , Giordania, altro..
  Anziché fare questa ricerca, il presidente americano con una decisione singolare da parte sua, lancia suoi missili colpendo una base siriana come castigo, ma è possibile accettare questo fatto? Più si avvicina l’Esercito Siriano Regolare a pulire la Siria e più l’Occidente e gli USA trovano una scusa per parlare di nuovo di eliminare Assad, non sanno che Assad combatte oggi contro ottanta nazionalità di fanatici da tutto il mondo orientale e occidentale? Vengono per morire in terra siriana per raggiungere le sirene!! Fondamentalisti che nel nome della religione hanno distrutto questo mio paese Siria, il paese ricco di radici di storia e civiltà, il paese fatto per il ricco e il povero dove un chilo di pane costava venti centesimi e dove conviveva il cristiano a fianco del musulmano e tutto un tessuto di diverse etnie sono tutti sotto l’ombrello della tolleranza. 
 Io sono un siriano, ho imparato nelle scuole siriane e mi sono laureato in Università siriane pagando una quota simbolica, e tuttora dove governa Assad la gente vive in condizioni dignitose mentre dove governano i terroristi si trascorre la vita nel terrore. Perchè il paese cosi è ricco di tutto non vogliono lasciarlo in pace? Oggi organizzazioni islamiche combattono in terra siriana mentre gli Usa dicono “bisogna eliminare Assad”, ma io vi chiedo: eliminato Assad chi comanda al posto suo?, lasciamo il paese per l’Isis o lo lasciamo comandato dall' Islam fanatico o da chi altro??
Insomma ogni tanto una storia viene esplosa e gli Usa la utilizzano come scusa per continuare questa guerra, stasera addirittura leggo che si preparano a fare ancora altri attacchi alla Siria inventando qualche altra storia di bombe chimiche... 
 Da siriano, vi dico che io spero di poter tornare in patria e spero dal mondo che lasci la Siria in pace con il suo governo con la sua sovranità, finitela di voler decidere per noi. 
 Noi siriani perdiamo la nostra identità quando siamo all’estero vogliamo tornare, ma basta vittime, la morte è diventata un fatto di vita quotidiana , vi chiediamo solo : basta guerra, basta basta...

Joseph M.

domenica 12 febbraio 2017

La più grande sete di acqua e gasolio colpisce il popolo siriano



ALEPPO SENZA ACQUA DA 42 GIORNI! 

 "E' la più grande crisi idrica da molti anni.
La zona di alKafsa, vicino al fiume Eufrate, rimane sotto il controllo di Daesh che ha chiuso i canali che conducono l'acqua alla stazione di pompaggio di Aleppo.
 L'acqua si estrae solamente dai pozzi in città e la penuria di gasolio fa sì che i generatori per il pompaggio funzionino a orari sempre più ridotti.  Il generatore del quartiere dà 3 ore di elettricità invece che 10, allo stesso prezzo. 
 Non si trova metano per le case, le bombole del gas si reperiscono quasi solo al mercato nero; non si trova diesel per i generatori e per le vetture. 
 E purtroppo in questa situazione di bisogno prosperano le mafie e gli approfittatori!" 
                        messaggio da un amico aleppino


TUTTA LA SIRIA SENZA COMBUSTIBILE!

"L'embargo imposto dall'Occidente alla Siria sui prodotti petroliferi colpisce pesantemente tutte le città e province siriane. 
 Oltre a questo, ISIS ha dato fuoco a impianti petroliferi di Homs e ai gasdotti di Hayyan vicini a Palmyra.
 La crisi della benzina paralizza il traffico e ai distributori si creano code di 3 ore per i rifornimenti razionati. I taxi e i mezzi pubblici sono quasi fermi, per cui la gente si sposta a piedi per chilometri. 
 E' stato introdotto il razionamento elettrico, per cui nella giornata viene erogata energia per 5 volte solo per la durata di un'ora. 
I prezzi naturalmente sono lievitati..., il mercato nero fiorisce... 
 E fa ancora un gran freddo!
  Ma resistiamo! "
                 messaggio da un amico in Damasco 

venerdì 3 febbraio 2017

Lettera dall'ospedale S Louis di Aleppo al gelo e assetata


E' vero che Aleppo è stata liberata da oltre un mese, e questo ci permette di vivere in pace e sicurezza. Si tratta però di una fragile pace, perché nella periferia di Aleppo i jihadisti sono sempre lì e pronti ad attaccare la città. Possiamo sentire di tanto in tanto colpi di cannone (hanno missili di 40 km di gittata).
In Aleppo città le difficoltà continuano, e continuano in modo drammatico: niente acqua da tre settimane, l'elettricità non parliamone, non la vediamo da mesi, olio combustibile e bombole di gas sono introvabili e quando li troviamo costano troppo, fa un freddo cane (-5 di notte), le persone non hanno nulla per riscaldarsi, ad alcuni fortunati le coperte sono distribuite da varie organizzazioni che fanno di tutto per migliorare questa situazione. Personalmente vi posso dire attraverso la testimonianza diretta del nostro personale di servizio, essi si riscaldano bruciando bottiglie di plastica, cartoni di farmaci che prendono con loro al momento di lasciare l'ospedale. Per questo abbiamo ammucchiato il cartone da dar loro e fornito coperte, per evitare che abbiano problemi respiratori soprattutto per i bambini a causa del fumo tossico della plastica. Bisogna dire poi che la maggior parte delle persone così come il nostro staff, sono sfollati e nelle abitazioni non vi sono più riscaldamento o installazione di gas...
Da 20 giorni è totale mancanza di acqua, una situazione ancora peggiore di quella vissuta negli anni scorsi quando i miliziani interrompevano la fornitura d'acqua dalla centrale di pompaggio di Suleiman Halabi a loro piacimento; adesso il problema è che il canale che riempie il fiume che attraversa Aleppo è stato totalmente tagliato da ISIS molto vicino al lago Assad e le cisterne non vengono più rifornite.
Che dire delle persone che vivono nelle tende? E' ben triste, perché prima della guerra c'erano sì dei poveri in Aleppo, ma non c'era la miseria, nessuno moriva di fame o di freddo. Questa guerra ingiusta ha distrutto un paese per niente .... La Siria non sarà più come prima, chi potrà ricostruirla, ricostruire anche l' Uomo ?
Noi cerchiamo di guarire lo spirito e le ferite che sanguinano ancora .... Il tempo le guarirà, ma le cicatrici rimangono, per ricordare tutte le sofferenze che hanno sperimentato.
Ma vi posso assicurare che le persone che incontriamo hanno grande fede, e la Speranza non è morta, perché vediamo intorno a noi che la vita sta tornando lentamente. In effetti, gli impiegati delle strade stanno cercando di riportare la città pulita, rimuovono i blocchi stradali, e le persone riparano i loro negozi come possono ... ESSI VOGLIONO VIVERE! E noi continuiamo a mettere tutte le nostre forze per incoraggiarli e andare avanti con fiducia!
I nostri giorni sono molto pieni, abbiamo un sacco di pazienti, e la mancanza di personale si sente tanto... ..

Con tutto il cuore vi abbraccio e vi chiedo di ricordarci nella preghiera,
 suor Arcangela, ospedale San Louis
Aleppo, 2 febbraio 2017

È possibile inviare aiuto per emergenza freddo attraverso il Progetto 'Riscaldiamo Aleppo':
http://www.aiulas.org/i-nostri-progetti/riscaldiamo-aleppo/

mercoledì 21 dicembre 2016

Suor Arcangela da Aleppo "il Natale di quest'anno per il piccolo resto dei Cristiani Aleppini è nel segno della libertà"

Aleppo, 20 dicembre 2016

Carissimi amici,
tra pochissimo tempo, il Signore sarà qui per annunciare la PACE agli uomini che Egli ama! Sì, Dio viene nella nostra storia per liberarci dalla schiavitù che noi abbiamo vissuto, per mettere la Sua tenda in mezzo a noi e condividere la nostra vita, guarire le nostre piaghe, curare le nostre ferite e donarci una nuova vita.

Questa vita nuova, cari amici, veniamo ad annunciarvela perché da alcuni giorni la città di Aleppo è stata liberata e la nostra gioia con quella di tutti gli Aleppini è grande! Perché cinque anni di guerra, assediati dai jihadisti e sotto il terrore delle bombe che cadevano di giorno e di notte, hanno reso il nostro quotidiano molto difficile.

Cinque anni in cui Aleppo ha subito il martirio nel silenzio dei media, o quando i loro articoli e i loro reportage erano impastati di menzogne ... fino ad oggi.
Cinque anni in cui nell' ovest di Aleppo, dove siamo, abbiamo resistito agli attacchi dei jihadisti con mortai, con le bombole di gas, coi razzi Grad, volutamente mirati su scuole, ospedali, chiese e moschee. Interi quartieri sono stati distrutti e le persone sono state costrette a traslocare per evitare la morte. Il nostro personale ogni mattina ci ha raccontato come era trascorsa la notte nei loro quartieri nella paura ... senza dormire e tutto ciò quasi ogni giorno !!!!
Cinque anni in cui abbiamo combattuto quotidianamente per cercare di fortificare la loro Speranza dicendo loro con le parole di Isaia: "Prendete coraggio, non temete, Dio mantiene la sua promessa, Lui stesso verrà e ci salverà."
Ecco, il giorno per noi è arrivato, l'attesa è stata lunga, ma Dio ha mantenuto la sua promessa: Egli ci ha protetto, Egli ci ha salvato, Lui ci ha liberato!

Per noi personalmente, religiose che abbiamo scelto di restare in mezzo a questo popolo, questi cinque anni di guerra hanno fatto crescere la nostra Fede, la nostra Speranza si è fortificata, e la nostra fiducia nella Provvidenza è aumentata. Soprattutto, abbiamo sentito la vicinanza e la comunione con tutte le nostre comunità, e con i nostri amici e benefattori siamo diventati un solo corpo che ci ha permesso di perseverare e mantenere la nostra Presenza in mezzo a questa popolazione, martoriata sotto tutti i punti di vista.

A tutti ed a ciascuno di voi, vogliamo dire un grande grazie per tutti questi gesti di solidarietà fatta di pensieri e di preghiere.
Continuate a pregare per noi, per questo popolo, perché ora un'altra dimensione della nostra presenza è necessaria: ci attende la ricostruzione dell'uomo a tutti i livelli: spirituale, umana, fisica, e ci è chiesto di essere degli strumenti di riconciliazione e di perdono.
Il Natale di quest'anno per noi e per il piccolo resto dei Cristiani Aleppini è nel segno della libertà. Con noi, ringraziate il Signore, uniamo il nostro canto con gli angeli di Betlemme: " Gloria a Dio nell'alto dei cieli, e Pace sulla terra agli uomini che ama! "

Col nostro affetto e la nostra riconoscenza, vi auguriamo :
un gioioso Natale e un felice e Santo Anno 2017!

Suor Arcangela,
ospedale Saint Louis di Aleppo

il quartiere Aziziyeh festeggia il Natale 2016

E' commovente questa lettera che ci giunge da una suora che svolge la sua opera in un Ospedale di Aleppo. Commuove, perché ci tocca e ci fa riflettere sulla fede loro e sulla nostra, spesso così fragile e superficiale.
Ci commuove ma al tempo stesso è stridente: stride con quasi tutto ciò che leggiamo e ascoltiamo dai nostri TG, Gr, giornali e servizi, che invece di ascoltare le voci di chi sta lì, in mezzo alla gente, non fanno altro che ripetere i soliti mantra.
Siamo amareggiati, perché noi, occidentali, gente cresciuta a pane e Vangelo (almeno gli anziani tra noi) divulghiamo e amplifichiamo con i nostri media (anche cattolici!), le menzogne che ci vengono raccontate dall'inizio di questa sporca guerra. Menzogne sulla genesi del conflitto, sulle parti in conflitto, menzogne sulle vittime e sugli aguzzini, menzogne sulle cause della sofferenza dei civili ... Potremmo continuare per pagine e pagine a descrivere l'enorme e tragica mistificazione alla quale ci hanno sottoposto e continuano a sottoporci.
Se Dio vuole, però, in Siria, in Iraq e in queste terre dove il cristianesimo è nato, continuano ad esserci Pastori con l'odore delle pecore che non temono di gridare forte, dovunque essi siano chiamati a parlare, la pura e semplice verità. La verità di una guerra combattuta per procura da una miriade di gruppi jihadisti, voluta dalle vicine potenze regionali del Golfo , sostenuta dai loro alleati occidentali (USA. UE, Turchia) che mirano a distruggere secoli di pacifica convivenza per dividere una nazione sovrana, depredarne le risorse attraverso un cambio di regime, instaurare una forma statuale islamista.

Grazie quindi a Suor Arcangela e tutti i Religiosi che come lei si spendono per aiutare la popolazione di Aleppo (come di altri luoghi), senza fare distinzioni tra Cristiani o altre confessioni, e grazie di fare piazza pulita di tutta la disinformazione, anche in queste ore imperante.

Grazie Suor Arcangela e Buon Natale a lei e a tutti gli Aleppini che le sono affidati! 
da OraproSiria

lunedì 18 luglio 2016

Intraprendere per restare? : "Se non ci fossero le sanzioni ... "

I nostri lettori ricorderanno che nel periodo natalizio abbiamo sostenuto e presto concluso il Progetto "Fabbrica di cioccolato", coordinato e diretto nella cittadina di Kafroun (Valle dei Cristiani) dall'amico Johnny Ghazzy. Ecco ora gli aggiornamenti, le speranze e i desideri:


Cari amici,
salve, vi mando tanti saluti da Kafroun.

Come avevo già scritto la volta scorsa, il lavoro principale che ho fatto ultimamente è stato di riuscire a trovare una ricetta di buona qualità di cioccolato, questo significa anche dover cercare e trovare sempre la materia prima di buona qualità.
Sarebbe tutto più facile se l’attuale situazione di embargo non impedisse a noi Siriani di fare ordini anche all’estero. Purtroppo dobbiamo arrangiarci anche se le difficoltà non sono di poco conto.

Sono due i principali problemi: il primo è quello della sicurezza: la guerra in corso rende poco sicuro e difficile anche il trasporto di persone e di cose, anche se noi viviamo in una zona relativamente sicura.
Il secondo problema è di tipo economico, perché il cambio Euro-Dollaro varia spesso notevolmente e allo stesso tempo la Lira siriana continua a perdere di valore. Inutile dire che anche questo problema è legato alla guerra, ma in maggior misura alle sanzioni alle quali la Siria è sottoposta.

Le sanzioni affamano la popolazione e soffocano la nostra economia che, nonostante la nostra voglia di fare, rende difficilissimo anche trovare il credito per finanziare ogni iniziativa. Molti tra noi vorrebbero darsi fa fare in qualche modo per dare più servizi alla gente, ma mettere in piedi una piccola impresa di qualsiasi tipo è diventato proibitivo: qui non si trova quasi più nulla dei materiali o delle attrezzature necessarie per poter lavorare. Se davvero voi, in Italia e in Europa desiderate aiutarci, dovete far di tutto perché venga tolto ai Siriani questo ingiusto embargo che danneggia solo noi che viviamo nelle zone controllate dal governo, ma non viene applicato nelle zone sotto il controllo degli altri.

Nonostante queste grosse difficoltà, la qualità del cioccolato che sono riuscito a produrre è tra le migliori che si trovano in zona, e dal punto di vista del prezzo è più conveniente di altri (entra nella fascia media): ad oggi vendo un kilo di cioccolatini al prezzo di 5.75 € e il costo di produzione è di 3.80 €.
Per la vendita del prodotto, fino adesso ho fatto pubblicità nella zona di Kafroun dove mi trovo, e lo vendo ai negozi privati, dopo averlo confezionato senza mettere una marca (nome...ecc!), perché non ho ancora concluso le pratiche che mi permettano di ottenere la registrazione aziendale.
Nel 2015 sono riuscito a produrre circa 250 kg. di cioccolato pronto per essere venduto, con l’aiuto di due signore “Siham e Mariette” , e altre due saltuariamente, avendo il sostegno dalla casa salesiana che mi ha messo a posizione lo spazio sufficiente per lavorare. Il lavoro si faceva secondo la richiesta dei negozi, e fino adesso sono soltanto 2 i negozi centrali che si interessano di provvedere a tutto ciò che serve per le feste (matrimoni, battesimi, prime comunioni... ecc). Lavoravamo 6 ore al giorno, per 5 giorni a settimana.
In generale il lavoro con il cioccolato rallenta durante l’estate a causa dell’alta temperatura, e poi sempre a motivo del caldo, la mancanza di energia elettrica è molto maggiore di altri periodi, perciò lavoriamo solo su richieste da parte dei clienti.

Per il futuro, sto pensando di ingrandire la dimensione della piccola fabbrica e conseguentemente la possibilità di avere nuove fette di mercato anche in altre zone (Tartous e paesi vicini), ma questo sarà possibile, a Dio piacendo, solo dopo la fine dell’estate.
Come sapete già, ho comperato tutto il materiale e i macchinari che mi servono adesso per poter lavorare, ma passo imprescindibile è trovare un locale adeguato (piccola fabbrica) per lavorare bene, e spero di poterlo fare entro ottobre 2016.

Un affettuoso saluto. Grazie a tutti voi,

Jony 

giovedì 8 ottobre 2015

Il dramma dei profughi nella testimonianza di un siriano cristiano, che finisce detenuto in Turchia

" solamente il mare ha avuto pietà dei siriani" 

Ci racconta Yousef, un cristiano arrestato in Turchia, come è iniziata la sua fuga dalla guerra in Siria,  come è stata affondata la barca che portava 150 persone, il 15 di settembre 2015, e come sono finiti tutti in un campo di detenzione in Turchia vivendo in condizioni pessime.
Con lui ci sono 65 cristiani tra cui bambini e donne, con loro stanno pure gli integralisti

Ascoltiamo la sua storia inviata  attraverso Whatsapp:

" Studiavo alla facoltà di ingegneria meccanica a Damasco, ma sono andato fuori dal paese perchè la situazione si era fatta molto pericolosa. 
Prima sono andato in Libano, e da li sono andato nei Paesi del Golfo, spostandomi in continuazione perchè nessuno di essi mi ha voluto dare un permesso di soggiorno. Dopo di che sono partito per la Turchia e sono rimasto circa 6 mesi, ma non sono riuscito a trovare un lavoro. Così sono rientrato in Libano dove sono rimasto 2 anni, lavorando in una casa farmaceutica, ma ultimamente la situazione in Libano e' diventata pessima per i siriani, quindi sono ritornato di nuovo in Turchia con i miei cugini. Siamo atterrati ad Adana e dopo ci siamo diretti verso Bodrum, abbiamo tentato di scappare verso l'Europa col gommone ma non siamo riusciti. E nel secondo tentativo il motore si e' spento mentre eravamo a poca distanza dalle acque greche,  nel terzo tentativo il gommone ha perso l'equilibro. Allora abbiamo deciso di partire con lo yacht perchè è più sicuro. Eravamo un gruppo di 7 persone (io , i cugini più un amico con la sua famiglia e sua sorella).
Eravamo in un albergo dove c'erano pure altri siriani (circa 300), tra di loro c'erano circa 50 cristiani, poi si sono aggregate altre due famiglie. Così eravamo in totale circa 75 cristiani. 
Ci hanno divisi in gruppi (ogni gruppo di 30 o 40 persone) ed ogni gruppo l'hanno fatto salire dentro un camion chiuso, che viene utilizzato per il trasporto della carne. Siamo rimasti dentro il camion per circa un' ora e mezzo, in quel tragitto pensavamo di morire dentro. Con il GPS seguivo tutto il tragitto, alla fine siamo arrivati a Sorba. Da li e' iniziata la durissima camminata per due ore e mezzo tra le rocce e le spine fino ad arrivare al mare. Eravamo distrutti dalla stanchezza, alcuni di quelli che erano con noi hanno provato a tornare indietro, ma i camion erano già andati, ormai eravamo nelle mani dei trafficanti turchi che ci hanno trattato malissimo, ma non potevamo fare niente. Siamo arrivati ad una scogliera d circa 200 m2, e lì abbiamo aspettato 3 ore. Alla fine e' arrivato lo Yacht che era un po' malandato. Siamo saliti tutti, le famiglie erano messe nel piano sotto mentre i giovani nel piano sopra. Quando e' arrivato lo Yacht l'autista turco e' andato via ed e' salito uno siriano di Lattakia che era uno di noi e voleva come noi scappare in Europa. 
Abbiamo fatto un' ora di navigazione ed andava tutto bene, finchè abbiamo visto una barca della guardia costiera turca. La guardia ha puntato una luce contro di noi ed ha iniziato a girare intorno al nostro Yacht. Non abbiamo voluto fermare, ma la barca della guardia ha iniziato a girare velocemente intorno al nostro Yacht causando delle onde forti. La gente ha iniziato a sentire il panico perchè la barca cominciava a perdere l'equilibrio. Abbiamo fatto vedere alla guardia turca che non avevamo niente di pericoloso, e che abbiamo con noi dei bambini. Abbiamo chiesto all'autista di fermare. Ma la guardia ha iniziato a sparare, non sappiamo se hanno sparato contro di noi o in aria, perchè al momento della sparatoria ci siamo buttati in terra. Quelli che erano sotto hanno sentito un grande rumore che usciva dal motore della Yacht, non sappiamo se era il motore colpito dalla guardia o se e' stato un guasto. Le guardie hanno continuato a girare intorno a noi ed avevano nelle loro mani delle telecamere per filmare tutta la scena. Alcuni di noi parlavano il turco ed hanno detto loro che abbiamo dei bambini ma nessuno ci dava retta. Alla fine si sono fermati ma nel frattempo l'acqua ha cominciato a salire dentro la barca, in poco tempo ci siamo trovati nell'acqua. Alcuni bambini, donne e uomini sono stati salvati grazie ad una piccola barca era dentro lo Yacht. Alcuni avevano un salvavita, alcuni si sono buttati nell'acqua senza niente, ma alcuni di quelli che erano rimasti nel piano sotto sono morti. Sono morte circa 30 persone tra di loro c'erano 13 bambini. Una famiglia intera è finita nella bocca del mare. 
La situazione era drammatica, nel frattempo sono arrivati altri Turchi a guardare la scena avendo delle telecamere, e mentre cercavamo di avvicinarci loro si allontanavano. Dopo di che si sono avvicinati ed hanno cominciato a tirarci su filmando tutto anche da un elicottero. Ci hanno lasciti sotto il sole per 2 o 3 ore. Dopo un'ora di navigazione siamo arrivati al centro di polizia di Bodrum dove ci hanno lasciati per 4 ore. Dopo ci hanno divisi in 3 o 4 gruppi. Siamo finiti in un centro di polizia dove ci hanno lasciato li per 20 ore all'aperto, senza una coperta dandoci poco da mangiare e non bastava per tutti, anzi, alcuni del nostro gruppo non hanno avuto niente da mangiare. Ci hanno dato un po' di acqua dopo che abbiamo perso la pazienza. Eravamo sotto un forte controllo fino all'ora di dormire. 
Al secondo giorno sono arrivati dei bus, e ci hanno detto che ci portano a Mugla (dista 60 km), ma siccome qualcuno di noi capisce il turco, abbiamo saputo che ci volevano portare ad un campo di profughi, allora abbiamo protestato ed abbiamo creato un muro di donne e bambini e noi uomini ci siamo messi dietro, sperando che non ci caricassero, ma la polizia ha iniziato a colpirci e ci hanno messi nei bus per forza. Con noi solo saliti dei poliziotti armati vestiti in borghese, molto probabile che erano dei servizi segreti turchi. I bus hanno viaggiato per circa 20 ore senza che nessuno ci dicesse dove ci portano. Ci siamo fermati una volta sola per mangiare e bere, abbiamo chiesto a loro "dove ci portate?” ma nessuno ci rispondeva.
Alla fine siamo arrivati in un campo che si chiama Uthmanya nella regione di Doschi. Quando siamo entrati dentro abbiamo capito che ci hanno portato dentro un campo di detenzione e non un campo di profughi. Un campo dove c'è una sorveglianza forte, torri, telecamere, filo spinato. Ci hanno messo dentro delle carovane (non erano male) ma non ci proteggeva dal caldo durante la giornata o dal freddo della notte (eravamo in una zona di montagna). Il cibo non era nè di buona qualita' e nè di quantita', il pasto e' Burgul o riso sia al pranzo che alla cena.
La grande sorpresa è che ci hanno messi in una prigione con gli estremisti islamici, abbiamo visto alcuni di loro feriti per le battaglie in Siria. Ci sono pure dei mendicanti, la nostra accusa era quella di mendicanza, ma senza darci nessun tipo di spiegazione, noi dobbiamo solamente obbedire.
Quando siamo arrivati nel campo di detenzione abbiamo saputo che un giovane è morto perchè ha rifiutato di mangiare (protestando), questo giovane siriano e' morto dopo tre giorni della sua protesta ed i suoi amici lo hanno portato fuori dalla camera .
Ieri e' arrivato un gruppo dal UN che ha fatto delle interviste. Non ci hanno promesso niente, ma ci hanno detto che faranno un verbale e lo portano alla UN. "




Video:   Siria, il patriarca di Antiochia: 
"La Russia fa bene a intervenire"