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giovedì 8 novembre 2012

Cosa farà Obama?

Siria - Obama : Gli interrogativi e le  aspettative del mondo cattolico


SIR  8/11:

Conflitto israelo-palestinese, Siria, Iran, primavera araba, tanto per citarne alcuni, in che modo vedranno Obama impegnato in questo secondo mandato presidenziale? Daniele Rocchi, per il Sir, lo ha chiesto a Janiki Cingoli, direttore del Cipmo (Centro italiano per la pace in Medio Oriente).
...Medio Oriente è anche Iran, la sua politica nucleare, la Siria in fiamme, la primavera araba…  “Riguardo all’Iran penso che Obama riconfermerà il tentativo negoziale. C’è stato, di recente, il segnale iraniano di sospendere le sue attività per l’arricchimento dell’uranio al 20%. Occorrerà vedere se la sua situazione interna consentirà all’Iran di aprire un po’ di più il tavolo negoziale e consentire una ripartenza del dialogo. Ricordo anche che il presidente Usa ha impedito a Israele, almeno fino a questo momento, di fare blitz unilaterali e credo continuerà su questa linea. Va sottolineato, poi, che l’insediamento di Obama coincide con la data delle elezioni in Israele, 22 gennaio 2013, in cui Netanyahu si presenta insieme al leader di destra Avigdor Lieberman, e questo non è molto rassicurante”.

Sulla Siria quale potrebbe essere l’impegno Usa?
“Credo che Obama non abbia nessuna intenzione d’impelagarsi direttamente nella crisi del Paese, al di là di un sostegno generico d’informazioni e di un po’ di armi ai ribelli. In Siria non c’è la lotta d’insurrezione di un popolo contro il tiranno ma una guerra civile tra componenti diverse della società. In una situazione simile si esce non con la vittoria di una parte sull’altra ma con una soluzione concordata di fuoriuscita”.

Altro file aperto sul tavolo di Obama è quello della primavera araba, ovvero della transizione in atto nel mondo arabo. Anche qui non mancano motivi di preoccupazione…
“È un dossier prioritario. La transizione, infatti, vede il consolidamento del controllo della componente sunnita dei Fratelli musulmani in tutta l’area, a partire dall’Egitto, passando per Marocco, Libia, Tunisia e Turchia. Obama ha appoggiato la fuoriuscita dei regimi autoritari ma il punto di approdo adesso è incerto e ciò rende difficile l’instaurazione di un rapporto con questa nuova e complessa realtà. Un’alleanza col fronte sunnita potrebbe essere il jolly per fronteggiare l’espansionismo sciita, ma a pesare ancora una volta è la mancata soluzione della questione palestinese che rientra in ambito sunnita così come Hamas, che sta registrando una crescente legittimazione, e i rapporti con l’Egitto che con Hamas ha un rapporto chiaro”.
http://www.agensir.it/pls/sir/v3_s2doc_a.a_autentication?target=3&tema=Anticipazioni&oggetto=249663&rifi=guest&rifp=guest



MISNA 8/11

PRESIDENTE ASSAD, “VIVRÒ E MORIRÒ IN SIRIA”

“Sono siriano, vivrò e morirò in questo paese”: pesano come pietre le parole pronunciate dal presidente siriano Bashar al Assad, sui tentativi dell’inviato Lakhdar Brahimi di intavolare un negoziato che preveda l’avvio di una transizione politica, mentre l’opposizione pone come condizione al dialogo la deposizione del presidente.
“Non sono una marionetta. Non sono stato fabbricato in Occidente per finire in Occidente o in un altro paese che non sia il mio” ha dichiarato il presidente all’emittente russa in lingua araba Roussiya al youm dopo che ieri il primo ministro inglese David Cameron aveva aperto alla possibilità di garantire un salvacondotto ad Assad e alla sua famiglia se questo potesse mettere fine alle violenze.
“Di certo non gli offro la possibilità di venire in Gran Bretagna – aveva detto Cameron – ma se vuole, potrebbe lasciare il paese, la cosa si potrebbe organizzare”.
Presentando la Siria come l’ultimo “bastione della laicità, della stabilità e della coesistenza” nella regione, Assad ha aggiunto che il costo di un’invasione straniera nel paese “sarebbe così alto che nessuno al mondo potrebbe sostenerlo”.
Una visione condivisa dal quotidiano al Baath, voce del partito al potere a Damasco, che esprime la previsione che l’amministrazione americana possa considerare una soluzione politica alla crisi dopo la rielezione del presidente Barack Obama.
“Per quanto riguarda la Siria, si prevede che l’amministrazione degli Stati Uniti sotto il secondo mandato di Obama potrebbe prendere in considerazione una soluzione politica in generale e in particolare la Convenzione di Ginevra” sottolinea il quotidiano in un editoriale dal titolo “Che succede dopo la vittoria di Obama”.
L’autore dell’articolo motiva la sua ipotesi con una serie di fattori, e principalmente “il rifiuto di Obama di spingere il suo paese in una nuova guerra dopo quello che ha lasciato intendere nel suo discorso della vittoria quando ha detto che ‘ci stiamo lasciando alle spalle un decennio di guerra”.
“Dopo aver tirato un sospiro di sollievo quando le sue truppe hanno lasciato l’Iraq – sostiene il quotidiano – Obama non può pensare a una nuova avventura militare che minaccia di infiammare l’intera regione”.
 
 
 
 
AsiaNews

Brahimi: la Siria sta diventando una nuova Somalia


"La Siria potrebbe divenire una nuova Somalia". È quanto afferma Lakhar Brahimi, inviato speciale di Onu e Lega Araba in Siria in un'intervista rilasciata al quotidiano al-Hayat. Secondo il diplomatico, il conflitto si sta trasformando in una guerra di usura dove milizie paramilitari e signori della guerra potrebbero avere la meglio in caso di un collasso del regime. Le dichiarazioni di Brahimi giungono a pochi giorni dal fallimento del cessate il fuoco proposto da Onu e comunità internazionale in occasione della festa islamica dell'Eid al-Adha. L'inviato speciale sottolinea che "si teme la divisione del Paese vari Stati basati sull'etnie e l'appartenenza religiosa, ma io non voglio che ciò accada".

La "somalizzazione" della Siria potrebbe destabilizzare tutta la regione e costringere a un intervento internazionale per prevenire un conflitto su larga scala. Oggi, James Cameron, Premier britannico in visita negli Emirati Arabi per sottoscrivere contratti militari, ha dichiarato di voler concedere ad Assad un salvacondotto e un processo equo davanti a una corte internazionale se si dimetterà e porrà fine alle violenze contro i civili.

In questi giorni, i bombardamenti dell'esercito regolare e gli attentati dinamitardi dei guerriglieri ribelli hanno colpito le principali città del Paese, facendo più di duecento morti fra i civili. Ieri, nella capitale un'autobomba è esplosa nel quartiere di Mezzah Jana, uccidendo 11 persone fra cui molte donne e bambini, Gli scontri fra ribelli e regime si sono spinti fino alle alture del Golan, pattugliate senza sosta dall'esercito dello Stato di Israele. Ieri sera una jeep dei militari israeliani è stata colpita da proiettili vaganti, facendo salire ancora di più la tensione fra i Paesi confinanti

Intanto, si accende il dibattito futuro del Paese, in guerra dal marzo 2011. Domani si concluderà l'Asseblea Generale del Consiglio nazionale Siriano, (Cns), principale piattaforma degli oppositori in esilio. Ieri sera, alla vigilia dell'incontro Abdel Basset Sayda, capo dell'Snc ha dichiarato "che partecipa con gioia all'incontro. Ma vorremmo sottolineare fin dall'inizio la necessità di mantenere il SNC, come la pietra angolare dell' opposizione siriana", La riunione è iniziata ieri a Doha (Qatar) e terminerà domani. Il gruppo dei ribelli, rappresentando in gran parte dall'Snc, rifiuta qualsiasi soluzione che vede Assad ancora seduto in posto di potere. A tutt'oggi gli unici che ancora difendono Assad sono: Russia, Cina e Iran. In visita in Giordania, il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha ribadito oggi la pericolosità di uno Stato nelle mani di ribelli armati, che continuano ad essere finanziati da Qatar e Arabia Saudita. Secondo il diplomatico i ribelli del Free Siryan Army avrebbero ottenuto dall'estero ben 50 missili Stinger da lanciare contro i jet dell'esercito e colmare in tal modo lo svantaggio strategico di non disporre di aerei ed elicotteri, forniti invece dalla stessa Russia, che ha legami con il Paese dai tempi dell'Unione Sovietica.
 
 
 
 
IL SUSSIDIARIO 8/11
 

Farouq: il doppio gioco di Obama ha distrutto la credibilità  dell’Occidente

 Intervista di Pietro Vernizzi
....
Professor Farouq, sbaglio o la vittoria di Obama non l’ha affatto entusiasmata?
In realtà sia Obama sia Romney purtroppo seguono la stessa politica di compromesso nei confronti del Medio Oriente. Il principale problema della politica estera degli Stati Uniti è il fatto di essere pragmatica e non morale.
La Casa Bianca in Egitto si è limitata a salire sul carro del vincitore, senza badare di chi si trattasse. Il bene del popolo egiziano per Washington è un aspetto secondario, come pure la libertà e la democrazia. Ciò che conta sono solo i benefici e gli interessi degli Stati Uniti. La moralità è quanto di più abusato vi sia in politica estera, e Obama non farà certo la differenza, come non l’avrebbe fatta Romney del resto.

Al pragmatismo di Obama avrebbe preferito la moralità di Bush, che ha scatenato una guerra contro Saddam Hussein?
 Non sono affatto d’accordo con chi afferma che l’intervento americano in Iraq
sia stato dettato da motivazioni ideali. Nessuna guerra è morale, come all’epoca
ricordò giustamente il Santo Padre Giovanni Paolo II.

In pochi nel mondo arabo si ricordano di quella presa di posizione di Wojtyla …
l problema dell’Occidente è la manifesta immoralità della sua politica estera
in Medio Oriente. E’ questo a fare sì che la testimonianza delle civiltà occidentali e del cristianesimo non sia accettata dalle popolazioni musulmane. I peggiori pregiudizi contro i cristiani nascono dal fatto di vedere il dualismo e la duplicità della politica estera dei Paesi occidentali.

Può spiegare meglio in che cosa consiste questo dualismo americano?
 Innanzitutto, non sono gli Stati Uniti a essere immorali, bensì la politica estera verso il Medio Oriente di quanti si sono succeduti alla Casa Bianca negli ultimi 20 anni. In questo lungo periodo sono salite al potere diverse amministrazioni, democratiche e repubblicane, senza che cambiasse alcunché nella loro politica estera verso i Paesi arabi.

Eppure non capisco: è giusto o sbagliato che gli Usa abbiano preso posizione
contro dittatori come Saddam Hussein o Assad?

Il problema sono i due pesi e le due misure di Washington. Saddam ovviamente era un dittatore, ma il Re dell’Arabia Saudita Abdullah non è da meno. Mentre parliamo è in corso una rivoluzione in Kuwait, il 15/20% della popolazione è scesa in strada a protestare ma nessuno ha nemmeno dato la notizia. Arabia Saudita, Kuwait e Qatar sono la fonte di tutti i mali nel mondo islamico. Sono loro per esempio a finanziare gli imam più fondamentalisti in tutti i Paesi, inclusa l’Italia. Eppure in Occidente nessuno condanna il comportamento di questi tre governi che sono in prima linea nella lotta contro i diritti umani.

Difficile operare una distinzione tra l’Islam e l’Arabia Saudita, il Paese
musulmano per antonomasia …

Europa e Stati Uniti continuano a ripetere: “Non possiamo interferire in questi Paesi, perché l’Islam è ovunque così”. Invece non è vero, esistono tanti musulmani moderati ma in Occidente nessuno fa nulla per aiutarli perché questo andrebbe contro gli interessi americani in Medio Oriente.

Quale dovrebbe essere invece il ruolo dell’Occidente in Medio Oriente?
 Vorrei che fosse chiaro che sono contrario a qualsiasi intervento americano in
Egitto, sia che esso avvenga per buone o per cattive ragioni. E ritengo che sia
la stessa posizione della maggior parte degli egiziani. Ciò che abbiamo bisogno
dall’Occidente è che testimoni i suoi valori e il suo grado di civilizzazione
nelle sue relazioni con il Medio Oriente, e che smetta di reagire agli eventi
secondo i loro interessi in continuo cambiamento. Il vero e più importante
interesse per le persone occidentali dovrebbe essere quello di fare sì che
questi valori siano vissuti, perché è l’unico modo affinché le nostre differenze
arricchiscano la nostra umanità senza bisogno di inutili compromessi.

E quindi?
 Il punto è la differenza tra “reazione” e “risposta”. La reazione significa che
sei prigioniero di qualsiasi evento indipendente dalla tua morale, cultura e
civilizzazione. Mentre la risposta significa che sei in grado di formulare un
giudizio, in modo che gli eventi diventino parte della tua pratica per i tuoi
valori e la tua cultura. E’ un esempio che abbiamo bisogno di vedere, e quindi
ciò che speriamo realmente di vedere è che la politica americana passi dalla
“reazione” alla “risposta”.
 http://www.ilsussidiario.net/News/Esteri/2012/11/8/EGITTO-Farouq-il-doppio-gioco-di-Obama-ha-distrutto-la-credibilita-dell-Occidente/335795/
 

 
 
La Perfetta Letizia
 

Davanti al dramma della Siria è ora di fare i conti con i volti delle vittime 

La popolazione civile sta pagando il prezzo più alto e la diplomazia langue
 
di Patrizio Ricci
...
Il giornale britannico Guardian riferisce che nei loro recenti dibattiti Romney e Obama, d’accordo su pochissime cose, concordano invece che “le sanzioni devono essere aumentate, e deve aumentare il sostegno per l'opposizione armata , mentre le armi devono andare solo ai in moderati”. Non vi è alcuna menzione di un cessate il fuoco, né delle iniziative dell'ONU, né della mediazione di Brahimi, né di una soluzione politica. Questa posizione rispecchia purtroppo quella della comunità internazionale, almeno di quella che conta. La linea decisa da Europa, Stati Uniti e paesi del Golfo dopo i ripetuti veti russo e cinese ad un intervento militare diretto ‘stile Libia’ non ha privilegiato la diplomazia. Anziché sostenere l’opposizione moderata che ha rifiutato la lotta armata, sono stati espulsi gli ambasciatori siriani e sono falliti sul nascere tutti i tentativi riconciliazione e di mediazione. Sono state invece adottate iniziative parallele che hanno discreditato l’ONU e che hanno galvanizzato la guerriglia, sicura di un intervento NATO imminente. Quest’atteggiamento si è tradotto sin dall’inizio in azioni concrete di supporto politico, finanziario e militare. Tenendo conto invece della fallimentare esperienza irachena, si sarebbe dovuta considerare la pericolosità di incoraggiare e mettere in atto processi di cui è difficile prevede gli esiti, ma così non è stato.
Le conseguenze sono terribili: i campi profughi in Libano, Giordania, Iraq e Turchia s’infoltiscono di giorno in giorno di gente che fugge, mentre il numero delle vittime cresce. I generi di prima necessità, già scarsi per il conflitto, con l’embargo sono diventati introvabili e quelli ancora reperibili hanno prezzi vertiginosi che li rendono inaccessibili per la maggior parte della popolazione.
Dire queste cose oggi è impopolare e criticare non le motivazioni della protesta ma la sua attuazione pratica è quasi proibito. Chi suggerire la ragionevolezza e la riconciliazione secondo gli accordi di Ginevra rischia di essere tacciato come pro-Assad. Ognuno insomma considera la parte rivale una malattia da distruggere, ma non si accorge che, accanendosi sulla malattia, il corpo, quello che dovrebbe essere l’oggetto delle cure, è moribondo. Finora ha prevalso l’insensatezza, ma l’unica vera via d’uscita resta una soluzione politica che preveda una transizione democratica, magari succedanea ad una riforma delle istituzioni statali; deve essere quindi avviato un processo politico in cui tutte le componenti sociali siano rappresentate. Se così non fosse le conseguenze materiali si farebbero sentire a lungo, la concordia tra le componenti della variegata società siriana sarebbe sempre più una chimera e la libertà e la democrazia occasioni perdute.
 
 

 

mercoledì 31 ottobre 2012

Cristiani sotto tiro in tutta la Siria: se questa è "l'eroica resistenza democratica " .....

Ucciso l’ultimo cristiano rimasto nel centro di Homs; colpito il convento dei Gesuiti

Agenzia Fides 31/10/2012
 
 
 


 
 

10 cristiani prelevati dai miliziani dell'ESL tra i passeggeri di un bus : "Se i nostri 150 camerati non verranno liberati entro tre giorni, li sgozziamo"

30 ottobre 2012

http://www.mecn.org/2012/10/islamic-terrorists-in-aleppo-abduct-and-threaten-to-kill-10-syrian-christians/

  


 

Deir Ezzor : Attentato con autobomba davanti a una Chiesa

27 ottobre 2012

Eglise de Deir Ezzor (syrienne orthodoxe détruite)
 

 



Damasco 27 ottobre 2012  Durante la tregua dell’Aïd al-Adha un'autobomba nel sobborgo di Damasco di Jaramana ha ucciso 47 civili tra cui molti bambini, ferito 41 persone e pesantemente danneggiato negozi e appartamenti nella zona fortemente abitata da cristiani e membri della minoranza drusa.(AFP)


 

 

Chiesa Armena bruciata in Aleppo

Martedì 30 ottobre 2012 - La chiesa Saint-Krevorg, nel quartiere di Midane ad Aleppo, è stata incendiata insieme alla "Ecole Béthléem" e a diverse case di famiglie Cristiane. Non per bombardamenti aerei ma per azioni criminali mirate.

Armenian church reportedly burned down in Aleppo
Photolure
La chiesa di San Gevorg in Aleppo situata nel popolato quartiere armeno di Nor Kyugh è stata data alle fiamme lunedi, ha riferito Tert.am, citando un rappresentante della prelatura locale armena. Il portavoce, Zhirayr Reisian, ha confermato che la chiesa era diventata un bersaglio di ribelli e che era quasi stata ridotta in cenere.
 
Reisian ha anche detto che anche la scuola armena Mesrobian adiacente alla chiesa è stata gravemente danneggiata, .Lunedi  precedente, nei pressi del quartiere armeno della capitale siriana Damasco, sono state uccise 10 persone e il ferimento di circa 50. Armeni si sono registrati sia tra i morti  che tra i feriti.
http://armenianow.com/news/40665/armenian_st_gevorg_church_aleppo
 
 



Militanti uccidono un Pastore Cristiano e la sua famiglia
Cristian Aid- 26 Ottobre 2012
 http://www.cbn.com/cbnnews/world/2012/October/Muslim-Militants-in-Syria-Murder-Christian-Pastor-Family/
 
 

giovedì 31 maggio 2012

Contro i tamburi di guerra....

Nunzio apostolico: L'Onu guardi i frutti del dialogo interreligioso non solo le cannonate
Damasco (AsiaNews) - "Onu e Paesi occidentali guardino i frutti del dialogo fra sunniti, alawiti cristiani, non solo le cannonate, i massacri e le violenze compiuti da regime e ribelli". E' quanto afferma ad AsiaNews, mons. Mario Zenari, nunzio apostolico a Damasco. Il prelato invita ancora una volta i Paesi occidentali e i cosiddetti "amici della Siria" a sostenere le iniziative di dialogo che stanno avvenendo in modo spontaneo fra la popolazione che tenta di cambiare dal basso l'attuale situazione. "Le immagini delle violenze di Houla - spiega - hanno scioccato tutti e hanno spinto i siriani al dialogo, soprattutto nelle aree più colpite dalla guerra".
Oggi, a Homs più di 20 leader religiosi cattolici, ortodossi, sunniti e alawiti si sono incontrati insieme ai rappresentanti del governo locale e nazionale per discutere in modo pacifico i problemi che da oltre un anno affliggono il Paese. In attesa di un comunicato ufficiale, mons. Zenari spiega che i capi religiosi e politici hanno condannato i massacri, per evitare un conflitto fra fazioni religiose e politiche. Ogni delegato è consapevole che il Paese sta andando alla deriva. Alle violenze si aggiungono atti di banditismo, furti, omicidi, regolamenti di conti fra famiglie rivali. "Fra i problemi più gravi - continua - vi sono le continue sparizioni di persone, rapite per estorcere denaro e utilizzate come merce di scambio". Ieri, i leader si sono scambiati le liste dei rapiti, impegnandosi a fare di tutto per fermare questa piaga, che in più di un'occasione è sfociata in massacri con morti e feriti.
"I cattolici - aggiunge mons. Zenari - sostengono queste piccole iniziative positive e cercano di lavorare su tutti i fronti". Il prelato spiega che in ogni città vi sono gesti e iniziative di carità, per soccorrere intere famiglie rimaste senza casa e cibo con cui sfamarsi, la speranza è che tale positività prevalga sull'odio e la violenza.
http://www.asianews.it/notizie-it/Nunzio-apostolico:-L%27Onu-guardi-i-frutti-del-dialogo-interreligioso-non-solo-le-cannonate-24891.html

I rifugiati siriani accolti dai Gesuiti nel convento di San Vartan
Famiglie di sfollati siriani, fuggite dal conflitto che infuri nell'Ovest del paese, hanno trovato accoglienza e ospitalità nel Convento di San Vartan, gestito dai gesuiti nel quartiere di Midan, nel cuore di Aleppo. Il convento, dedicato al Santo armeno, era un secolo fa una scuola armena, poi servita ad accoglier i rifugiati armeni. Nel novembre 2008 i gesuiti, tramite il “Jesuit Refugees Service”, dopo averlo restaurato, vi hanno aperto un Centro di accoglienza per rifugiati, con attività di dopo scuola per ragazzi e attività sociali. A beneficiarne sono stati rifugiati iracheni e bambini di famiglie povere siriane. Il Centro ha continuato ad accogliere fino al 2010 nuove famiglie dall’Iraq, che si sono gradualmente inserite nel tessuto sociale della città, stabilendosi n Siria. Oggi il Centro è aperto a sfollati e bisognosi, senza alcuna discriminazione di religione, gruppo etnico, provenienza. Data la violenza che prosegue in Siria, alcuni sfollati interni siriani sono arrivati al Centro e hanno trovato un'oasi di accoglienza e soldiarietà.
Il dramma dei rifugiati siriani continua: secondo l'ultimo rapporto Unicef, sono oltre 54.000 i rifugiati siriani in Giordania, Libano, Iraq e Turchia. Il 50% sono bambini che hanno lasciato le scuole, soffrono la povertà e traumi causati dalla fuga.
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39200&lan=ita

Il Gesuita p. Paolo Dall'Oglio in preghiera a Qusayr per fermare il conflitto confessionale
Il minareto lo sveglia nel cuore della notte ma, in tal modo, “lo aiuta nella preghiera prima dell’alba, quella dei monaci orientali”. Un'oasi di preghiera “nel bel mezzo della lotta, in una città circondata; un’orazione costante, turbata da colpi di mitragliatrice”. E’ il Gesuita padre Paolo Dall'Oglio il prete cattolico che si è stabilito a Qusayr, città a Sud di Homs, martoriata dalla violenza, per fare un'esperienza prolungata di digiuno e preghiera per la pace. Come rivelato nei giorni scorsi dall'Agenzia Fides, il suo vuol’essere “un segnale contro corrente”, un modo non violento di vivere e testimoniare la fede in Cristo nel bel mezzo del conflitto. “Ho scelto Qusayr perchè, con la mia presenza, voglio cercare di sanare la polarizzazione confessionale che si è verificata in città. Ho ascoltato la supplica di alcune famiglie cristiane che hanno visto i propri cari rapiti e vorrei fare del mio meglio, con la preghiera e con il dialogo, per ricomporre le fratture”, spiega a Fides p. Dall'Oglio. Nella città vi è stata crescente conflittualità fra musulmani e cristiani, con una lunga scia di rapimenti, vendette, omicidi.
Bande armate di miliziani fuori controllo, riconducibili alla galassia dell’opposizione siriana, hanno compiuto violenze sui cristiani. Il cristiano André Arbache, padre di famiglia di 30 anni, nel gennaio scorso è stato rapito e poi trovato morto. Molti altri cristiani sono vittime di sequestri. Qusayr è una città dove viveva un comunità greco-cattolica fra le maggiori della Siria, di circa 10mila persone, accanto a 15mila musulmani sunniti. “I cristiani – spiega p. Dall’Oglio – sono quasi tutti fuggiti dalla città, ne sono rimasti pochissimi”.
Il Gesuita è ospite di un famiglia cattolica, dato che la casa parrocchiale a Qusayr non è un luogo sicuro. “La mia preghiera e la mia presenza vuol'essere anche un segno di speranza, perchè questa primavera siriana possa sbocciare, verso un futuro di unità e dialogo all'insegna del pluralismo”, rimarca. Intorno alla sua persona si sta ricostruendo un tessuto di relazioni strappato dalle dinamiche della violenza, che facilmente sconfina in una spirale di odio e vendetta fra persone, famiglie, comunità di diversa religione. Le parole chiave sono “riconciliazione e perdono, fratellanza nel nome di Dio”. Nella speranza di costruire, anche con la preghiera, una Siria più umana, rispettosa della dignità e dei diritti di tutti. (PA) (Agenzia Fides 30/5/2012)
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39199&lan=ita


«La Siria rischia di diventare come l’Iraq. Per colpa dell’Occidente»
«L’Occidente rischia di farci diventare un nuovo Iraq» ha dichiarato ad Avvenire in un’intervista dell’11 maggio l’ex custode di Terra Santa e vicario apostolico di Aleppo, Giuseppe Nazzaro. Intervista di Luca Geronico
Ex custode di Terra Santa, Giuseppe Nazzaro è vicario apostolico di Aleppo dopo una vita intera spesa in Medio Oriente. Nessuna tentazione di fuga, ora che la violenza sembra dilagare: «Noi restiamo qui», afferma irremovibile.

Eccellenza, dopo il duplice attentato di Damasco siamo sull'orlo di una guerra civile?
No no. Non siamo sull'orlo di una guerra civile. Qui in Siria stiamo rischiando un'altra cosa.

Quale, eccellenza? Faccia attenzione a quello che le dico. In Iraq ora a cosa siamo arrivati? Me lo dica lei. Forse a una situazione di ingovernabilità?
Esatto. E chi l'ha causata?

Prego.
Devo dirlo io? È l'Occidente che ha portato a questo. E qui stiamo, più o meno, arrivando alla stessa situazione. È l'Occidente che vuole questo. Ma veramente l'Occidente, mi chiedo, vuole continuare un embargo contro un popolo che non ha alcuna responsabilità? Queste domande me le pongo io, ma anche tanti altri qui ad Aleppo. È stato l'Occidente a ridurre l'Iraq così, mentre ci sono tante altre strade per arrivare a discutere. I kanirkaze dove sono nati? In Giappone e poi in Palestina. E a chi facevano comodo?

Mi vuole dire che ci sono infiltrazioni terroristiche dall'estero funzionali a creare uno stato di tensione che giustifichi un intervento internazionale? Sarebbe tremendo se si verificasse un intervento internazionale?
Una coalizione internazionale in Iraq a che cosa ha portato? Ieri il capo della missione Onu qui ad Aleppo ha detto che, se si vuole discutere, gli attacchi non fanno bene a nessuno, né all'interno né all'esterno. Quindi cerchiamo di darci una regolata dall'esterno per poter intervenire anche dall'interno.

Una «regolata dall'esterno»? Più precisamente? I governi occidentali si chiedano in coscienza chi ha portato a questa situazione e perché si continua così.
L'Egitto, che il mondo ha tanto applaudito, ha ottenuto quello che voleva? Vediamo o non vediamo che gli interventi dell'Occidente, che con tutto il rispetto non capisce per nulla la psicologia di questi popoli, non portano a nulla? Chi pretende di portare la democrazia in Siria venga a vivere qua e allora si renderà conto con cosa hanno a che fare. Questo mi chiedo io, assieme a molta gente di buona volontà.

Per uscire da questa crisi sociale e politica, il piano Annan le sembra una buona possibilità o va contro il sentire profondo della Siria?  Ho già dichiarato che il piano Annan è buono, ma chi lo segue? L'Occidente colpevolizza solo una parte, i notiziari riportano solo i morti di una parte sola. Adesso si comincia a vedere che ci sono anche altri morti. Chi ha fatto questi 55 morti, il governo o l'esercito? E allora perché non si riesce a fare un discorso anche su chi ha provocato queste vittime? Chi li ha istigati, chi li sostiene? L'Occidente. E allora forti di questo appoggio si va avanti così. L'Occidente sta riducendo questo Paese come l'Iraq.

Quindi per lei bisogna dare credito al governo e alle riforme che Assad ha iniziato?
Certamente. Se non si prendono seriamente in considerazione entrambe le parti, non arriveremo a nulla. Se invece si impone una soluzione dall'esterno, l'effetto è controproducente. La minoranza cristiana teme che alla fine questo legittimi il fondamentalismo e riduca ulteriormente, la vostra libertà? Guardi, quanto a libertà qui io non ho alcuna restrizione. Qui nessuno ci costringe. Quale altro Paese vicino gode di tutta questa libertà? Invece c'è chi crede di sapere esattamente cosa avviene in tutti questi Paesi senza esserci mai stato.


venerdì 11 maggio 2012

Attentati a Damasco: la nostra Rassegna Stampa

Da diversi organi di Stampa la lettura dei tragici attentati
( 60 morti, 395 feriti)

DICHIARAZIONE DEL DIRETTORE DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE, P. FEDERICO LOMBARDI, A RIGUARDO DEGLI ATTENTATI DI IERI IN SIRIA
Davanti ai tragici attentati che ieri hanno insanguinato le strade di Damasco non si può che esprimere una ferma condanna e la commossa vicinanza del Santo Padre e della comunità cattolica alle famiglie delle vittime. Questi attentati dovrebbero spingere tutti ad operare una svolta per un rafforzato impegno nel dare attuazione al Piano Annan, che è stato accettato dalle parti in conflitto. Gli attentati di ieri attestano inoltre che la situazione in Siria richiede un impegno congiunto e deciso da parte di tutta la comunità internazionale perché si ponga in atto quel Piano e al più presto siano inviati altri Osservatori. È sempre più attuale l’appello formulato dal Santo Padre il giorno di Pasqua: Occorre intraprendere senza indugio la via del rispetto, del dialogo e della riconciliazione.
http://press.catholica.va/news_services/bulletin/news/29175.php?index=29175&lang=it


SIRIA/ Khalil Samir: dopo le bombe si avvicina l’incubo della guerra religiosa
.....  Come uscire da questa spirale di violenza?
Le possibilità sono due: o si continua a combattere e il più forte vincerà, o si passa alla diplomazia. La prima soluzione significa che la guerra continuerà senza tregua, dal momento che il Governo, forte dei suoi armamenti, continuerà a combattere. Questo incita l’opposizione a richiedere l’aiuto di Governi contrari al regime di Bashr Al Assad, in particolare l’Arabia Saudita o il Qatar che sono pronte ad intervenire. Il risultato però non cambia e vuol dire migliaia di persone morte per le strade. E’ un’assurdità e va contro lo stesso popolo siriano.
Se i ribelli, continuando a combattere, dovessero far cadere l’attuale dittatura?
Non c’è garanzia che un nuovo governo sia sinonimo di democrazia, poiché chi ha accettato il principio di difendersi con la violenza finirà per usarla e accettarla anche in futuro.

Strage a Damasco: diluvio di menzogne parlare ancora di rivolta popolare contro l'oppressione della dittatura, perchè l'ha superata
......
Che grande responsabilità è dei nostri paesi, che non sanno più che cos’è la moralità, la pietà ed il bene comune. Mi domando come qualcuno può ancora affermare che la pace si costruisce così.
La giustizia può partire solo da un tessuto sociale incline al cambiamento, nell’unità, alla valorizzazione. E’ evidente che la stragrande maggioranza del popolo siriano, è considerata dall’opposizione armata come insignificante perché non usa le armi , per questo è al di fuori della storia che conta, della storia in cui si raccontano soprattutto le guerre. Così in Siria chi non è a favore della lotta armata è contro la democrazia e quindi non è degno di vivere: non si è solo contro Assad ma anche contro idee diverse dalle proprie, contro appartenenze politiche o religiose differenti, ostili ad un diverso modo di concepire il perseguimento della democrazia.
Chi ragiona ed agisce in questo modo violento non può essere ancora legittimato a dire ancora che persegue la giustizia e la democrazia. Non c’è nulla di vero e di sostanziale in in una simile affermazione! Perché se è l’uomo la prima cosa che i diritti devono salvaguardare, perché mai si può trattare l’uomo come carne da macello, sacrificabile? Non si può dire ancora che ‘ la colpa è del cattivo’, non si può essere così ipocriti!
... La domanda è semplice : come si può dire di voler arrivare ad una soluzione pacifica e riempire la Siria di armi ?


Nunzio Apostolico Zenari: impegno internazionale contro le forze ostili alla pace
... L’impressione è che gli attentati compiuti ieri siano strumento di una forza che intende compromettere gli sforzi di pace portati avanti in questo momento e su cui tanta speranza è stata riposta dalla popolazione... Tutti noi dovremmo però ricordare che in discussione non c’è soltanto la pace in Siria, e che quanto avviene in questo paese può avere effetti e conseguenze sull’intera regione”....
http://www.misna.org/copertina/nunzio-apostolico-alla-misna-impegno-internazionale-contro-forze-ostili-a-pace-11-05-2012-813.html
...
D. – Sappiamo che in Siria continuano ad arrivare armi. Fermare questo commercio potrebbe già portare a qualche risultato...
R. – Anche qui la comunità internazionale deve sentirsi impegnata a fermare un eventuale traffico di armi, perché è chiaro che se arrivano le armi, arriva la violenza e quindi arriva il sangue. Bisogna cercare quindi una soluzione negoziata di questo conflitto. Vorrei anche chiudere, per non finire sotto questa cappa di piombo sotto la quale viviamo in questi giorni, dicendo che bisogna cercare la speranza cristiana. Siamo nella città di Damasco, la città dove il giovane Saulo è stato convertito dalla luce di Dio. Dobbiamo avere fiducia in un’arma che è molto potente e che è l’arma della preghiera, l’arma della grazia di Dio: che possa toccare il cuore di tanta gente, di tanti persecutori dell’immagine di Cristo, perché ogni uomo porta in sé l’immagine di Dio. Quindi, che con quest’arma della preghiera, la comunità cristiana possa ottenere questa grazia del Signore: la conversione di coloro che trafficano armi, che hanno progetti di sterminio, di persecuzione e che possano sentire questa voce di Dio “Perché mi perseguiti?” In fondo, ogni uomo, ogni donna, ogni bambino porta questa immagine di Dio, che deve essere rispettata al massimo.

http://www.radiovaticana.org/IT1/articolo.asp?c=587226


«La Siria rischia di diventare come l’Iraq. Per colpa dell’Occidente»
«L’Occidente rischia di farci diventare un nuovo Iraq» dichiara ad Avvenire l’ex custode di Terra Santa e vicario apostolico di Aleppo, Giuseppe Nazzaro. «ma veramente l’Occidente, mi chiedo, vuole continuare un embargo contro un popolo che non ha alcuna responsabilità?».
Ribelli e governo siriano si sono accusati a vicenda sulla responsabilità degli attentati ma il vicario afferma accusando ancora l’Occidente: «I governi occidentali si chiedano in coscienza chi ha portato a questa situazione e perché si continua così. Chi pretende di portare la democrazia in Siria venga a vivere qua e allora si renderà conto con cosa hanno a che fare. L’Occidente colpevolizza solo una parte, i notiziari riportano solo i morti di una parte sola. Adesso si comincia a vedere che ci sono anche altri morti. Chi li ha fatti, il governo o l’esercito?».
Bruce Riedel, analista della Cia per trent’anni, in un’intervista a Repubblica conferma che «la Siria sta per diventare un nuovo Iraq. Il responsabile dell’attacco è Al Qaeda, con ogni probabilità. La sua specialità è infiltrarsi all’interno di società indebolite, vicine al fallimento, cioè quello che la Siria è diventata oggi. Ed è credibile ritenere che questa strategia sia in atto grazie ad elementi qaedisti arrivati dall’Iraq». Se l’analista della Cia però ritiene che per risolvere la situazione ci voglia un intervento esterno, Nazzaro è categorico: «Se non si prendono seriamente in considerazione entrambe le parti, non arriveremo a nulla. Se invece si impone una soluzione dall’esterno, l’effetto è controproducente. Noi non siamo sull’orlo di una guerra civile, ma rischiamo di diventare come l’Iraq. Per colpa dell’Occidente. C’è chi crede di sapere esattamente cosa avviene in tutti questi Paesi senza esserci mai stato». ..
http://www.tempi.it/la-siria-rischia-di-diventare-come-liraq-per-colpa-delloccidente

SIRIA: Riflessioni dal vicino Libano
di LUCA PAOLO CIRILLO
Continuano le esplosioni, continuano le morti. Il gioco si ripete: il governo accusa gli insorti, gli insorti accusano il governo. Ma cosa accade in Siria? Di chi è questa rivoluzione? Una possibile risposta arriva dal Libano

Come finirà in Siria?
Continuano le violenze nelle città, ma a fare paura è l'aumento del numero degli stranieri arrivati in Siria per combattere per la democrazia.

 SIRIA - Report del viaggio di Joe Fallisi


Gregorios III: «Voi, complici dell’orrore in Siria»
Maurizio Blondet 12 Maggio 2012
«Ma quale rivoluzione, non c’è più rivoluzione, non ci sono più manifestazioni; c’è solo criminalità e il mondo intero rifiuta di riconoscerla». Davanti all’immane strage nel centro di Damasco, con oltre cinquantacinque morti e 400 straziati, fra cui bambini che andavano a scuola, Gregorios III – il patriarca greco-cattolico di rito melchita, la cui sede è Damasco – lancia il suo grido esasperato, e solitario.
Non è solo l’atrocità inaudita dell’eccidio, l’evidenza di una mano straniera (non è certo facile, di questi giorni, far arrivare mille chili di esplosivo nel centro della capitale), ma l’evidente malafede dei governi e dei media occidentali a disgustare l’alto prelato. Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha «condannato il gesto», invitando «entrambe le parti» a rispettare il cessate il fuoco. Ovviamente le fonti dei cosiddetti ribelli e il regime si scambiano accuse: questo accusa «terroristi pagati dall’estero», secondo i primi è stato il regime a farsi da sè l’attentato, quando è evidente che il bersaglio era l’edificio di dieci piani dove ha sede una parte dell’intelligence militare. Il fatto disgustoso è che i media riportano equanimi le due versioni, come se avessero ugual peso. ....
http://effedieffe.com/index.php?option=com_jcs&view=jcs&layout=form&Itemid=135&aid=82251

sabato 24 marzo 2012

Siria: ecco chi viola i diritti umani - ON-LINE


mercenari in Siria
L'articolo «Siria: ecco chi viola i diritti umani» di Maurizio Blondet di cui abbiamo dato notizia in un precedente post, è leggibile per intero sul Blog Grognards:


IL SOGNO INFRANTO. La nuova primavera araba di Souad Sbai

A sostegno delle notizie ultimamente postate nel blog, ieri notte (23/03/2012), la Rai2 nell'ambito delle trasmissioni di RAI PARLAMENTO ha trasmesso una intervista del direttore Gianni Scipione Rossi all'on.  Souad Sbai, scrittrice fra le altre cose di un libro IL SOGNO INFRANTO, La nuova primavera araba, ed. Armando Curcio, che denuncia le falsità che la stampa occidentale ci ha propinato sulla questione della Primavera Araba, fin nei suoi ultimi risvolti in Siria ed Egitto.

Per chi volesse vedere l'intervista (on-demand) sul sito di RAI2, il link al video è:
Per chi non desiderasse vedere il video dall'inizio, l'intervista inizia a min 7:36.

Per altre informazioni e video sul libro clicca qui

Per approfondire la conoscenza di Souad Sbai, e accedere ad altri video, si può consultare il sito dell'onorevole:  http://www.souadsbai.com/home/index.php 
che fornisce informazioni sulla persona, sulla sua attività e numerosi articoli e video.

Per altri video su YouTubeclicca qui

Notizie escluse dai media nazionali: contraddizioni e disinformazione

Nuove sanzioni Ue contro la Siria, mentre l'Onu condanna le crescenti violenze.

RADIO VATICANA notizia del 23/03/2012

L’Ue ha deciso nuove sanzioni contro la Siria. Vietati visti e congelati i beni di moglie, sorella e cognata del presidente Assad. Circa 150 in totale le persone colpite fino ad ora dalle restrizioni. “Un passo molto positivo” commenta la Casa Bianca. L’emissario speciale di Onu e Lega araba, Kofi Annan, si recherà questo fine settimana a Mosca e a Pechino, mentre fonti delle Nazioni Unite precisano che i negoziati con Damasco continuano.
Il consiglio Onu sui diritti umani ha intanto approvato una risoluzione sulla Siria per condannare le crescenti, sistematiche e gravi violazioni dei diritti umani commesse dalle autorità siriane.



Siria: ecco chi viola i diritti umani

Maurizio Blondet 20 Marzo 2012

Ora che il regime siriano inferisce gli ultimi colpi alla «resistenza», e gli arrestati cominciano a confessare, ne esce un quadro alquanto diverso dalla narrativa mediatica occidentale, sempre più inverosimile. In che progetto si iscrive questa violenza di massa indiscriminata, questo terrorismo pagato dall’estero e che si vale di guerriglieri stranieri? Il piano ha avuto una battuta d’arresto, ma la strategia del terrore continua. Non una strategia di «liberazione» di un popolo oppresso, ma di «conquista» e di terra bruciata. Chi è colpevole di questi delitti?     


e ancora...

Qui est responsable des crimes en Syrie ?
Un article de Nadia Khost
http://www.silviacattori.net/article2975.html#nb4

venerdì 2 marzo 2012

Nel 2012 divampa la guerra contro i cristiani

 Adesso tocca alla Siria

da " Corrispondenza Romana"
(di Giulio Meotti su Il Foglio del 18-02-2012)

“The war on christians”. La guerra ai cristiani. Così ha titolato la copertina di Newsweek. Il servizio di otto pagine della rivista era firmato da Ayaan Hirsi Ali, la dissidente e apostata di origini somale attualmente residente a Washington, dove lavora per l’American Enterprise Institute for Public Policy Research. Adesso un nuovo rapporto dell’organizzazione no profit Open Doors getta nuova luce sulle dimensioni di questa agonia nel mondo islamico.

Nel documento annuale World Watch List 2012, Open Doors elenca otto su dieci paesi islamici fra le nazioni dove la fede cristiana viene di più perseguitata. Gli altri due, Corea del nord e Laos, sono regimi comunisti in cui l’anticristianesimo è dogma di stato. A Pyongyang, da quando si è instaurato il regime comunista nel 1953, sono scomparsi circa 300 mila cristiani e adesso si stima che vi siano dai 50 ai 70 mila cristiani nei terribili campi-prigione a causa della loro fede. Ma più generalmente ben 32 delle 50 nazioni della classifica sono islamiche.
“Si tratta di un genocidio in corso che meriterebbe un allarme globale”, scrive Ayaan Hirsi Ali. “La cospirazione del silenzio che avvolge quest’espressione di intolleranza religiosa deve finire”. Un consistente peggioramento è registrato per i cristiani in Pakistan, che entra nella top ten, mentre il Sudan passa dal 35esimo al sedicesimo posto. La Nigeria vanta il più alto numero di martiri cristiani e passa dal 23esimo al tredicesimo posto.
Nell’Egitto della “primavera araba” scenari di attentati a chiese e gruppi di cristiani portano il paese dalla diciannovesima alla quindicesima posizione. L’Afghanistan è al secondo posto, seguito dall’Arabia Saudita, custode della Mecca e di Medina, che vieta ufficialmente ogni culto non islamico. Poi troviamo la Somalia e l’Iran, dove un pastore aspetta la condanna a morte per apostasia.
Questa preziosa World Watch List, la lista nera dei paesi ove la persecuzione è più dura, è compilata attraverso un questionario appositamente progettato, composto da cinquanta domande sui vari aspetti della libertà religiosa. Dal 2003 a oggi, oltre 900 cristiani iracheni (per gran parte assiri) hanno trovato la morte negli attacchi terroristici nella sola Baghdad e 70 chiese sono state date alle fiamme.
Nel 2011 estremisti islamici hanno ucciso almeno 510 cristiani in Nigeria, dato alle fiamme o distrutto più di 350 chiese in dieci stati del nord. Impiegano armi da fuoco, bombe di benzina, persino machete, gridando “Allah Akbar” (Dio è grande) quando attaccano gruppi di cittadini. Tra i loro obiettivi si contano chiese, pub, consigli comunali, saloni di bellezza, banche.
Gli islamisti di Boko Haram si sono concentrati nell’eliminazione dei cattolici. Nel Sudan meridionale i cristiani sono bersaglio di bombardamenti aerei, omicidi mirati, sequestri e altre atrocità. Per la fine dell’anno, oltre 200 mila cristiani d’Egitto avranno abbandonato le loro case. Tutti gli occhi sono adesso puntati sulla Siria, dove si è passati da una rivolta contro il regime di Bashar el Assad a una guerra religiosa fra la maggioranza sunnita e le minoranze che detengono il potere: alawiti, ismailiti, cristiani, drusi e curdi.
I cristiani rappresentano poco meno del dieci per cento, tanto quanto gli alawiti, mentre i tre quarti dei siriani sono sunniti. Adnan al Aroor, sceicco esiliato in Arabia Saudita e fra i leader della rivolta contro Assad, ha incitato i seguaci, attraverso appelli e sermoni, a “fare a pezzi, tritare e dare in pasto ai cani” la carne dei cristiani, bollati come “collaborazionisti”.
La condizione dei cristiani è stata denunciata in un recente rapporto dell’agenzia cattolica Asia News: “Rivoluzione più ‘islamica’, cresce la violenza contro i cristiani”. A Homs, epicentro degli scontri, si contano già più di 230 cristiani uccisi. Nei quartieri misti l’80 per cento degli abitanti cristiani sono partiti e si sono stabiliti presso amici o parenti nelle regioni cristiane, spesso nei rifugi sulle montagne. I cristiani di Hama e della sua provincia fanno lo stesso. Il fenomeno è progressivo e implacabile.
Il paese si sta spaccando attorno alle linee etniche e confessionali. Musulmani sunniti non entrano più nei quartieri alawiti e viceversa. Al Qaida ha allungato le mani nella rivolta. Insieme al Libano, la Siria è oggi l’unico paese arabo dove l’islam non è formalmente definito religione di stato e la religione non è riportata sulle carte d’identità. Il regime degli Assad ha sempre usato la laicità per tenere assieme le etnie e dominare il paese.
Nel 1971, con la presa del potere da parte del colonnello Hafez el Assad, dal progetto di Costituzione venne omesso ogni riferimento all’islam come “religione di stato”. Migliaia di persone, mobilitate dai Fratelli musulmani, scesero in piazza per denunciare il “testo ateo”. Agnès-Mariam de la Croix, una delle voci più significative oggi della comunità cristiana siriana, ha dichiarato che “fino a ieri i cristiani non erano stati oggetto di una persecuzione ‘diretta’.
Ma oggi sembra che il dato stia cambiando. Come se la tendenza che covava stia diventando una consegna”. Il 25 gennaio è stato ucciso il primo prete cristiano, Basilios Nassar. Uno slogan della resistenza anti Assad promette scenari poco edificanti: “I cristiani a Beirut e gli alawiti al muro”.
Giulio Meotti