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mercoledì 23 luglio 2014

Califfato della brutalità


Da Mosul ad Aleppo, tutte infibulate in nome di Allah

di Sandro Magister, 
L'Espresso, 23 luglio

Sulla prima pagina de “L’Osservatore Romano” che sarà in edicola domani 24 luglio spicca la seguente notizia.
*
Il leader dello Stato islamico ordina l’infibulazione per le donne nel territorio controllato dai miliziani
CALIFFATO DELLE BRUTALITÀ

Baghdad, 23. Infibulazione per tutte le donne che risiedono nel territorio dell’auto-proclamato califfato dello Stato islamico (Is): è questo l’ultimo, farneticante ordine impartito dal sedicente leader dell’Is, Abu Bakr Al Baghdadi. In un comunicato lo Stato islamico, che controlla ampie zone dell’Iraq e della Siria, afferma che Al Baghdadi ha chiesto l’infibulazione per tutte le donne del califfato – bambine comprese – adducendo alla brutale disposizione inesistenti motivazioni religiose.
Il comunicato, che risale ad alcuni giorni fa, è l’ennesimo che riguarda le donne, dopo quello che impone alle famiglie di dare le ragazze vergini in sposa ai jihadisti e quello che sancisce la segregazione dei sessi nelle università. Ma mentre negli altri comunicati si faceva riferimento a Mosul – città irachena controllata dall’Is e nella quale è in atto una vera e propria persecuzione ai danni della comunità cristiana – in quello sulle mutilazioni genitali si fa un esplicito riferimento ad Aleppo, nel nord della Siria.
Secondo fonti indipendenti, circa trenta bambine sarebbero già state sottoposte alla pratica dell’infibulazione negli ultimi giorni, mentre due donne sarebbero state lapidate senza che venissero rese note le accuse mosse loro.

Nel mondo più di 130 milioni di bambine e donne, secondo i dati Unicef, sono state sottoposte a mutilazioni genitali. E secondo fonti delle Nazioni Unite, nei prossimi dieci anni altre trenta milioni di bambine rischiano di subire lo stesso trattamento.

http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2014/07/23/da-mosul-ad-aleppo-tutte-infibulate-in-nome-di-allah/

Jihadisti: le donne devono essere infibulate. Ma l’Ue si preoccupa di sanzionare la Siria


Spondasud, 23 luglio 2014

L’ultima raccapricciante imposizione dello Stato Islamico, che si estende da Aleppo a Mosul in Iraq, colpisce direttamente le donne. D’ora in poi dovranno tutte subire l’infibulazione. Lo prevede un “decreto” promulgato dall’autoproclamato “Califfo” Abu Bakr al Baghdadi. La notizia è stata rilanciata da tutte le agenzie internazionali, molte delle quali hanno avvertito che l’autenticità della fonte non può essere verificata. In effetti la pratica dell’infibulazione non è islamica e i dubbi sulla veridicità di questa notizia sono tanti.
Il decreto è datato 21 luglio e ha le insegne dello Stato islamico ad Aleppo, nella regione di Azaz, a nord della metropoli siriana settentrionale. Il testo, che presenta numerosi errori tipografici, si basa su presunti detti attribuiti al Profeta Maometto, ma le fonti usate non sono quelle solitamente citate per sostenere la validità della tradizione profetica.

Tutto questo accade, o sarebbe meglio dire accadrebbe, mentre un’Europa sempre più distratta da ciò che avviene realmente in quella parte del mondo impone nuove sanzioni alla Siria. Le misure colpiscono 3 nuovi soggetti e 9 società “per il loro coinvolgimento – è scritto nel documento – nella repressione violenta contro la popolazione civile o per il sostegno al regime”. I loro fondi nelle banche europee saranno congelati, mentre l’entrata nell’Unione Europea sarà vietata alle persone sanzionate. La decisione adottata porta il numero totale dei siriani afflitti dalle misure restrittive della UE a 192, mentre il numero delle società siriane sanzionate raggiunge le 62.

Una decisione inspiegabile e che rappresenta un enorme regalo ai nemici del governo di Damasco, a partire dai jihadisti dello Stato Islamico e dei qaedisti di al Nusra, artefici del terrore e di un numero impressionante di crimini commessi in Siria a danno di civili, donne e bambini su tutti.
Di fronte al rafforzarsi del terrorismo islamico, l’Occidente non mette in campo alcuna misura. Si colpiscono, invece, gli unici soggetti, il governo siriano e il presidente Bashar al Assad, capaci di fermare l’avanzata di gruppi armati che hanno cellule dormienti, come denunciato da numerosi servizi di intelligence occidentali, persino in Europa.

E mentre l’Europa e i suoi governi si preoccupano di affossare Assad, in Siria “per proteggere lo Stato islamico in Iraq e nel Levante e nel timore che il peccato e il vizio si propaghino tra gli uomini e le donne nella nostra società islamica, il nostro signore e principe dei fedeli Abu Bakr al Baghdadi ha deciso che in tutte le regioni dello Stato islamico le donne debbano essere cucite”.

Ma le atrocità contro le donne non si fermano qui: una ventina di giorni dopo la proclamazione del califfato, i terroristi dello Stato islamico hanno lapidato due donne nella provincia di Raqqa. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, entrambe erano accusate di adulterio. 
In Europa, anche in questo caso, non c’è stata nessuna reazione.

http://spondasud.it/2014/07/jihadisti-donne-devono-essere-infibulate-lue-si-preoccupa-sanzionare-siria-3480

Siria-Iraq: welcome to the Islamic State

monastère des martyrs Behnam et Sarah

Almeno 554 chiese distrutte e oltre 1 milione di cristiani costretti a fuggire dalla sola Siria, decine di migliaia di sfollati e decine di chiese attaccate nella città di Mosul e in altre città situate nella provincia irachena di Ninive. Sono questi i primi dati sulle conseguenze della dittatura islamica instaurata dallo Stato islamico in Iraq e Siria comandato da Abu Bakr al Baghdadi. Numeri che mostrano, in parte, la distruzione culturale che sta avvenendo nella culla del cristianesimo.
Dopo al Raqqa e i villaggi del Qalamoun, la furia devastatrice degli estremisti si abbattuta su Mosul, dove ha trovato un terreno fertile e la complicità di altre milizie sunnite che pur di rovesciare il governo sciita di Nouri al Maliki hanno chiuso gli occhi di fronte alle azioni disumane compiute dagli uomini dell’Isis. L’ultima in ordine di tempo è l’assalto al monastero di Mar Behnam, costruito dal re assiro Sannacherib II, come segno di penitenza e conversione per l’uccisione dei figli Behnam e Sarah, puniti dal padre pagano per la loro conversione al cristianesimo. Dalla sua costruzione il luogo è sempre stato abitato da monaci, oggi appartenenti alla chiesa siro cattolica.

Come avvenuto a Maaloula con i monasteri di Mar Tecla e Sergio e Bacco, anche a i monaci iracheni hanno subito la devastazione dei terroristi islamici, che dopo aver cacciato tutti i cristiani da Mosul hanno intimato anche ai religiosi di andarsene o convertirsi all’islam. Secondo fonti locali ai religiosi è stato impedito di portare con sé non solo oggetti di valore, come ori o denaro, ma anche le sacre reliquie dei due santi martiri conservate nel monastero. I monaci, molte dei quali anziani, hanno camminato per decine di chilometri prima di essere soccorsi dai miliziani della regione autonoma del Kurdistan.
L’ideologia dell’Isis “non è nata in una notte”, ma è frutto dei cambiamenti ideologici e tattici all’interno della jihad islamica e della frammentazione e radicalizzazione di al Qaeda. L’organizzazione viene costituita il 15 ottobre del 2006 dopo un incontro fra vari gruppi armati iracheni. Come leader viene scelto Abu Omar, il primo a staccarsi da al-Qaeda allora guidata da Abu Musab al-Zarqawi. Il nome del gruppo che a quel tempo a poche migliaia di seguaci viene cambia da Stato islamico, a Stato islamico dell’Iraq dopo che un raid aereo uccide al-Zarqawi nella provincia di Diyala, nell’Iraq centrale. Pochi anni prima dell’esplosione della guerra civile siriana i miliziani dello Stato islamico appoggiano le fazioni locali di al–Qaeda contro Bashar al Assad, creando lo Stato islamico in Iraq e levante (Isil). Abu Omar, diventa Abu Omar al Baghdadi. Il 19 aprile del 2010 il leader dell’Isil viene ucciso e il comando passa ad Abu Bakr al-Baghdadi. Secondo gli analisti, l’Isis è strutturata come il movimento dei talebani, perseguendo un’ideologia basata sul jiadh contro gli infedeli e l’applicazione rigorosa della sharia, che impedisce l’esistenza di altre comunità religiosa al di fuori di quella islamica. Gli edifici religiosi di altre fedi vengono distrutti e di quelli già in rovina si impedisce la ricostruzione.
La comparsa dell’Isis ha riacceso antichi fantasmi fra i cristiani iracheni e siriani, spettri che risalgono al primo periodo musulmano, quando nel VII secolo l’Islam si diffuse dalla Penisola arabica verso il Mediterraneo, conquistando con la spada le regioni dell’Impero romano d’Oriente.

Sui siti internet cristiani e molte pagine Facebook, la popolazione vede l’instaurazione del califfato di al Baghdadi e l’imposizione della sharia come un ritorno al clima di terrore di 1400 anni fa.  Infatti nel 640 d.C., l’Iraq e poi la Siria vennero conquistate dagli eserciti arabi musulmani guidati da Khalid ibn al-Walid, che in breve tempo sbaragliò l’esercito dell’Impero romano d’oriente, impose la religione islamica e l’arabo come lingua, concedendo a chi non voleva convertirsi di pagare la tassa per gli infedeli la jizya.
Da quel giorno la Siria diviene Bilad al-Sham.
L’odierna situazione è di fatto quasi identica.

http://erebmedioriente.tumblr.com/post/92653583641/siria-iraq-welcome-to-the-islamic-state


In Iraq e Siria lo Stato islamico trasforma i bambini in soldati e si finanzia vendendo il petrolio rubato a prezzi stracciati




giovedì 17 aprile 2014

Ogni giorno i cristiani del Medio oriente si interrogano se restare o emigrare: ricordiamoli nel Venerdì Santo

Il card. Sandri: cristiani del Medio Oriente in gravi difficoltà, aiutiamoli a non fuggire



In occasione dell’annuale Colletta per la Terra Santa, la Congregazione per le Chiese Orientali ha indirizzato in questo tempo di Quaresima una lettera ai vescovi di tutto il mondo. Il documento — firmato dal cardinale prefetto Leonardo Sandri e dall’arcivescovo segretario Cyril Vasil’— raccomanda il sostegno della Chiesa universale ai cristiani d’oriente, che portano la responsabilità di custodire i luoghi delle origini della nostra fede e ancor più di essere essi stessi i testimoni viventi di quelle origini. Il giorno scelto dai Pontefici per l’importante iniziativa di fraternità è il Venerdì Santo. Le singole  diocesi potranno trovare altri momenti consoni ad esprimere la possibile sollecitudine verso  la Chiesa latina e le altre Chiese cattoliche orientali operanti nella Terra della Redenzione. È un dovere di gratitudine a Cristo e alla Chiesa collaborare perché la celebrazione dei misteri della salvezza sia garantita là dove ebbe inizio l’annunzio del Vangelo.   

LETTERA DEL PREFETTO DELLA CONGREGAZIONE PER LE CHIESE ORIENTALI


La Quaresima, quale cammino con Cristo verso la croce e la risurrezione, risveglia la fratellanza con quanti vivono nei luoghi santi. Là gli apostoli hanno ascoltato per primi la voce del Signore Gesù, ne hanno condiviso per grazia il mistero, e poi lo hanno annunciato e testimoniato. Attorno a essi sono fiorite le prime comunità cristiane, cominciando da Gerusalemme.

L’unità in Cristo redentore ci spinge a promuovere anche quest’anno l’importante iniziativa della Collecta pro Terra Sancta, adempiendo al debito della Chiesa universale verso quella Chiesa madre. Papa Francesco lo ha ribadito ricevendo i patriarchi, gli arcivescovi maggiori, i padri cardinali e i vescovi nella sessione plenaria della Congregazione per le Chiese orientali: «Il mio pensiero si rivolge in modo speciale alla terra benedetta in cui Cristo è vissuto, morto e risorto. In essa — l’ho avvertito anche oggi dalla voce dei Patriarchi presenti — la luce della fede non si è spenta, anzi risplende vivace. È “la luce dell’Oriente” che “ha illuminato la Chiesa universale, sin da quando è apparso su di noi un sole che sorge (Lc 1, 78), Gesù Cristo, nostro Signore” (Lett. ap. Orientale Lumen, 1). Ogni cattolico ha perciò un debito di riconoscenza verso le Chiese che vivono in quella regione. Da esse possiamo, fra l’altro, imparare la fatica dell’esercizio quotidiano di spirito ecumenico e dialogo interreligioso. Il contesto geografico, storico e culturale in cui esse vivono da secoli, infatti, le ha rese interlocutori naturali di numerose altre confessioni cristiane e di altre religioni» (21 novembre 2013).

Ancora oggi la colletta è la fonte principale per il sostentamento della loro vita e delle loro opere, secondo la volontà sollecita dei sommi Pontefici, i quali, specie nell’imminenza del Venerdì santo, hanno sempre esortato a gesti di autentica carità fraterna.
Ogni giorno i cristiani in varie regioni del Medio oriente si interrogano se restare o emigrare: vivono nell’insicurezza o subiscono violenza per il solo fatto di professare la loro e nostra fede. Ogni giorno ci sono fratelli e sorelle che resistono, scegliendo di restare là dove Dio ha compiuto in Cristo il disegno della universale riconciliazione. Da quella terra sono partiti coloro che, sulla parola di Cristo, hanno portato l’Evangelo ai quattro angoli del mondo. È là che la Chiesa ritrova sempre, con le sue radici, la “grande speranza” che porta il nome di Gesù, ma la situazione attuale è veramente delicata: basti pensare al conflitto tra Israele e Palestina, all’evoluzione che investe l’Egitto, alla tragedia della Siria. 

Nel Venerdì santo vorremo elevare al Crocifisso il grido della pace per Gerusalemme e perché il mondo, cominciando dalla terra di Gesù, divenga la città della pace. Ai discepoli di Cristo si chiede di operare per la pace ricordando che «le guerre costituiscono — tra l’altro — il rifiuto pratico a impegnarsi per raggiungere quelle grandi mete economiche e sociali che la comunità internazionale si è data» (Papa Francesco, Messaggio per la Giornata mondiale della pace 2014). Sono parole che assumono un significato preciso e chiaro in relazione all’odierna Colletta pro Terra Santa. La situazione di pesante incertezza sociale, e addirittura di guerra, si è aggravata, colpendo a ogni livello il fragile equilibrio dell’intera area e riversando sul Libano e sulla Giordania profughi e rifugiati che moltiplicano a dismisura campi di accoglienza sempre meno adeguati. Si rimane sconvolti per il numero di rapimenti e omicidi di cristiani in Siria e altrove, per la distruzione di chiese, case e scuole. Ciò non fa che alimentare l’esodo dei cristiani e la dispersione di famiglie e comunità. 

Tanti fratelli e sorelle nella fede stanno scrivendo una pagina della storia con “l’ecumenismo del sangue”, che li affratella, e noi vogliamo essere al loro fianco con ogni sollecitudine.
Le comunità cattoliche di Terra Santa, quella latina della diocesi patriarcale di Gerusalemme, come della Custodia francescana e delle altre circoscrizioni, e quelle greco-melchita, copta, maronita, sira, caldea, armena, con le famiglie religiose e organismi di ogni genere, grazie alla colletta del Venerdì santo, riceveranno il sostegno per essere vicine ai poveri e ai sofferenti senza distinzione di credo o di etnia. Le parrocchie manterranno aperte le porte a ogni bisogno; così le scuole, ove cristiani e musulmani insieme preparano un futuro di rispetto e collaborazione; gli ospedali e ambulatori, gli ospizi e i centri di ritrovo continueranno a offrire la loro assistenza, affinché nello smarrimento di questi nostri giorni, la carità ecclesiale faccia risuonare la parola di Gesù: «Coraggio... non temete» (Mc 6, 50). 

Così accompagneremo fin da ora Papa Francesco, che si appresta a farsi pellegrino di unità e pace in Terra Santa: una visita tanto attesa, desiderata e necessaria. Essa confermi nella fede i cristiani, li renda ancora e sempre più capaci di misericordia, di perdono e di amore. 

A lei, ai sacerdoti, ai religiosi e ai fedeli, che si adoperano per la buona riuscita della colletta, ho la gioia di trasmettere la viva riconoscenza del Santo Padre Francesco, col grazie della Congregazione per le Chiese orientali. E invoco copiose benedizioni divine, mentre porgo il più fraterno saluto nel Signore Gesù.

Suo dev.mo
Card. Leonardo Sandri,
Prefetto
Cyril Vasil’, S.I.,
Arcivescovo Segretario

http://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2014/03/07/0168/00352.html#LETTERA%20DEL%20PREFETTO%20DELLA%20CONGREGAZIONE%20PER%20LE%20CHIESE%20ORIENTALI

Tra i profughi aumenta il numero dei cristiani


Agenzia Fides 14/4/2014

Amman  - Tra i profughi siriani rifugiati in Giordania i cristiani “sono in continuo aumento e si preparano a vivere una Pasqua segnata per loro dallo sconforto e dalla stanchezza spirituale”.
Lo riferisce all'Agenzia Fides Wael Suleiman, direttore di Caritas Giordania. “Avevamo pensato di far celebrare delle liturgie per i rifugiati siriani di fede cattolica” spiega Suleiman, “ma ci siamo accorti che non c'era tra loro la disposizione d'animo adeguata. Preferiscono partecipare alle celebrazioni nelle parrocchie della Giordania, in mezzo ai fedeli di qui. Sono stanchi, rassegnati, e non sono interessati a celebrazioni e liturgie riservate a loro, che li richiamerebbero alla loro condizione di sfollati e alle sofferenze che hanno vissuto. Attendono con speranza, questo sì, l'arrivo in Giordania di Papa Francesco. Nel programma della visita papale è previsto che il Papa incontri alcuni di loro a Betania, oltre il Giordano, vicino al luogo del battesimo di Gesù”.

Il direttore di Caritas Giordania conferma a Fides il progressivo aumento dei cristiani nella moltitudine di rifugiati siriani oggi presenti nel Regno Hascemita: “Non è come all'inizio, quando nelle prime ondate di profughi non c'erano cristiani. Adesso” spiega Suleiman “sono sicuramente più di 20mila. Un numero esiguo rispetto alla massa di un milione e 300mila profughi siriani che secondo i dati del governo di Amman sono ospitati in Giordania. Ma si può prevedere che difficilmente i cristiani fuggiti torneranno in Siria alla fine della guerra. Questo vuol dire che in alcune città, come Homs o Aleppo, tanti quartieri cristiani rimarranno vuoti dei loro abitanti di un tempo”.



Quel che resta dei cristiani d'Oriente


Nei paesi arabi sono sempre di meno, spinti all'esodo da crescenti ostilità. Una mappa aggiornata di quanti sono e chi sono, tre mesi prima del viaggio del papa in Terra Santa

di Sandro Magister

   leggi qui:
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1350714