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martedì 23 febbraio 2016

“I rifugiati siriani devono poter rientrare a casa loro”


Patriarcato latino di Gerusalemme 
Quest’anno, l’incontro annuale organizzato in Germania, ha avuto luogo sabato 13 febbraio, anniversario della morte di suor Lucia dos Santos, testimone delle apparizioni di Fatima, e di padre Werenfried fondatore dell’ Aiuto alla Chiesa che Soffre. Una doppia, significativa, commemorazione dato che padre Werenfried aveva, in più occasioni, consacrato la sua opera alla Madonna di Fatima. L’Aiuto alla Chiesa che soffre è una fondazione internazionale cattolica di diritto pontificio che opera in 145 paesi, tra cui la Terra Santa, e aiuta i cristiani in difficoltà, minacciati, perseguitati, rifugiati o nel bisogno.
Nel suo intervento, mons. Shomali vescovo ausiliare di Gerusalemme ha parlato della tragedia siriana e del fondamentalismo islamico. A una domanda circa l’eventualità di un cambiamento nell’Islam, il vescovo ha risposto che tale cambiamento “non potrà venire che dall’interno dell’Islam”. Ha ricordato le iniziative del presidente Al-Sisi, in Egitto, e il suo intervento presso l’Unversità di Al-Azhar al Cairo per un rinnovamento del discorso religioso islamico, finalizzato a eliminare ogni deriva fanatica. Mons. Shomali ha anche citato la Lettera aperta al mondo musulmanodel filosofo francese e musulmano Abdennur Bidar. Questi invita l’Islam, in preda a una crisi profonda, a mettersi in gioco davanti ai problemi contemporanei e a un vero dialogo con le società occidentali. Secondo Abdennur Bidar, l’Islam si deve interrogare sul ruolo nella società di una religione che il Jihadismo vorrebbe totalitaria.
Sul punto della risoluzione del conflitto siriano, mons. Shomali ha detto: “è assolutamente necessario cooperare con Assad, presidente democraticamente eletto, al fine di sradicare il così detto Stato Islamico. Dopo di che dichiarare un cessate il fuoco immediato; poi ci saranno la ricostruzione della Siria e il ritorno dei rifugiati siriani”. A coronamento di questo processo, osserva il vescovo di Gerusalemme, “si terranno libere elezioni”.
Nella seconda tavola rotonda, l’arcivescovo emerito di Colonia, il cardinal Joachim Meisner, ha invitato i partecipanti a uno scambio sul tema delle apparizioni di Fatima e sul loro rapporto con la caduta del Muro di Berlino.

Caritas Libano ai Paesi donatori: più degli aiuti, serve fermare la guerra e il traffico di armi


AsiaNews

“La cosa più importante, il punto iniziale è fermare questa guerra. Bisogna far tacere le armi, oggi e non domani, l’urgenza aumenta ogni giorno che passa. Sino a che vi sarà la guerra non si potranno mai risolvere i problemi anzi, il conflitto è destinato a intensificarsi”.
È l’appello, lanciato attraverso AsiaNews, da p. Paul Karam, direttore di Caritas Libano, da quattro anni in prima fila nell’accoglienza del flusso continuo di famiglie siriane (e non) che fuggono dalla guerra. In questi giorni il sacerdote si trova a Londra, per partecipare alla Conferenza internazionale dei Paesi donatori iniziata oggi. “Sino a che vinceranno gli interessi personali - avverte p. Karam - e si continuerà ad alimentare il traffico di armi, a pagarne il prezzo sarà la popolazione civile, i poveri, quanti lavorano ogni giorno per guadagnare il pane quotidiano per sopravvivere e dare un’educazione ai figli”. 
A Londra si sono riuniti i leader mondiali per raccogliere i 9 miliardi di dollari necessari per rispondere ai fabbisogni dei milioni di profughi siriani, fuggiti dalla guerra civile. Il denaro servirà anche per attuare politiche di accoglienza ai rifugiati che hanno lasciato il Paese, in cerca di accoglienza nelle nazioni dell’area o verso l’Europa e il Nord America. Secondo fonti Onu nel 2015 sono stati raccolti solo il 43% dei fondi necessari (2,9 miliardi di dollari) per gli aiuti.
Il vertice dei Paesi donatori, il quarto, intende rispondere all’appello lanciato dalle Nazioni Unite che per il futuro chiedono 7,73 miliardi di dollari per la Siria, cui si aggiungono 1,23 miliardi per gli stati coinvolti nella crisi. Presenti almeno 70 fra capi di Stato e di governo, oltre al segretario generale Onu Ban Ki-moon e almeno 90 rappresentanti delle ong e degli enti attivi sul campo e in prima fila nelle operazioni di aiuto e soccorso. 
Caritas Libano in questi anni non ha mai fatto mancare l’assistenza, garantendo non solo cibo e aiuti ma anche sostegno psicologico e favorendo il confronto fra cristiani e musulmani, in particolare fra i giovani. “È importante intervenire sotto l’aspetto sanitario, garantire l’educazione dei bambini per dare loro un futuro, ma la cosa più importante è fermare la guerra. Questa è una responsabilità della comunità internazionale, che deve trovare una soluzione per bloccare il traffico di armi. Non si può continuare così… si trovano sempre i soldi per le armi, per distruggere, e non per fermare le violenze e aiutare la popolazione. Dobbiamo fermare questa tragedia”. 
Per il direttore di Caritas Libano il cammino è quello tracciato da papa Francesco nei suoi appelli alla pace. In questo senso il fallimento - attuale - dei negoziati di Ginevra è fonte di “grande dispiacere”, perché le parti “devono trovare la pace e guardare al bene del popolo, non all’interesse personale”. “Il Medio oriente è un vulcano in subbuglio - conclude il sacerdote - speriamo che la comunità internazionale si svegli, rilanciando la solidarietà fra i popoli e l’aiuto ai migranti”.