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giovedì 19 settembre 2013

"Sono rimasto ad Aleppo con il mio popolo che sta soffrendo"


SIR - Martedì 17 Settembre 2013

Alla Conferenza dei vescovi latini delle Regioni arabe, la cui assemblea si apre oggi a Roma (fino al 20) mancherà il padre francescano Georges Abou Khazen, amministratore apostolico del Vicariato apostolico di Aleppo, che non ha potuto lasciare la città del nord della Siria, isolata da mesi sotto l’assedio delle milizie anti-Assad. In occasione dell’assemblea, il francescano fa il punto della situazione umanitaria in città e nel Paese.

Padre, lei doveva essere oggi in Vaticano per l’assemblea della Celra, dove si parlerà anche di Siria. Ma l’assedio cui da mesi è sottoposta Aleppo, sua città, le ha impedito di partecipare…
“È così. Partire da Aleppo sarebbe stato, in qualche modo, possibile attraverso strade poco praticate e controllate ma sarebbe stato, poi, impossibile rientrare. Ho scelto di rimanere anche per non lasciare questa gente da sola. Il momento, infatti, è drammatico”.

Qual è la situazione attuale ad Aleppo, città-martire, simbolo di questo conflitto ?
“Si combatte aspramente. Quasi tutte le periferie sono controllate dalle forze dei ribelli, mentre il centro città e la parte nuova è nelle mani dell’esercito regolare. Gli abitanti hanno bisogno di tutto, a cominciare dal pane quotidiano che non è sufficiente. Si registra mancanza di energia elettrica e di acqua. In tantissimi sono rimasti senza lavoro e non hanno di che sfamare le loro famiglie. I generi alimentari che entrano di contrabbando hanno prezzi elevatissimi. Dobbiamo aiutare queste famiglie, cristiane e musulmane, in qualche modo e lo facciamo con le derrate che riceviamo da tante associazioni come le Caritas, ong come Ats (Associazione Terra Santa) e Jesuit Refugee Service, la Fondazione Giovanni Paolo II ed anche la Cei”.


Il 15 settembre si sono riaperte le scuole. Un segnale di speranza in una situazione così difficile?
“È un segno di vita per la popolazione siriana, un piccolo, timidissimo segno di normalità, nonostante tanti istituti siano stati distrutti, occupati da profughi, saccheggiati. Le strutture che hanno potuto… hanno riaperto i cancelli, ma non si può dire quanti alunni siano presenti e quanti siano andati via con le loro famiglie”.

Un altro segnale di speranza, più consistente, sembra essere anche l’accordo a Ginevra tra Russia e Usa sull’arsenale chimico di Assad che pare abbia scongiurato l’attacco americano. Cosa pensa a riguardo?
“Io credo fermamente che questo accordo sia giunto grazie anche all’intervento e alle preghiere di Papa Francesco come anche a quelle del mondo e ai digiuni della gente. Sono certo che la riconciliazione in Siria sia possibile a patto che non ci siano interferenze militari esterne che non fanno altro che alimentare divisioni. Prima in Siria queste non esistevano oggi invece… Nessuno, prima della guerra, chiedeva all’altro di che fede era, si metteva tutto in comune e ci si aiutava senza nessuna difficoltà. Oggi assistiamo a violenze, morti, rapimenti, abusi. Immaginate, inoltre, come si senta frustrato quel padre che arrivato a sera senza poter lavorare non ha di che dare da mangiare ai suoi figli. E sono decine di migliaia le persone in questa condizione”.

impossibile continuare la produzione del famoso "sapone di Aleppo"

Davanti a tutto ciò come reagisce la gente? È rassegnata oppure segue le vicende sui negoziati e cerca di approfondire quanto sta accadendo?
“La popolazione è molto stanca, chiede un cessate-il-fuoco, la pace, la sicurezza, la stabilità. Non armi. Molti partono, ma c’è anche chi vuole tornare nelle proprie case, alla propria terra, tornare a vivere insieme. Non sono rassegnati e chiedono la pace. Hanno bisogno di pace. Solo la pace potrà, infatti, dare loro tutto ciò di cui hanno bisogno, non ultimi gli aiuti materiali necessari a vivere. Per questo seguono le notizie riguardanti il loro Paese. Per tutti loro, per la gente di Siria, vorrei fare un appello al mondo…”.
Quale, padre?
“Non abbandonate la Siria ed il suo popolo. L’abbraccio di preghiera, di digiuno e di solidarietà concreta, lanciato da Papa Francesco, non cessi di stringerci e di farci sentire amati. Abbiamo bisogno della solidarietà di tutti. La preghiera sostenga anche i responsabili che hanno il potere di prendere decisioni coraggiose e faccia capire alle potenze straniere che non abbiamo bisogno di armi ma di stabilità e sicurezza. Preghiamo anche per i due vescovi e i due sacerdoti rapiti e per padre Dall’Oglio, dei quali non si hanno più notizie”.




Scene da Aleppo: i tentativi della popolazione di attraversare l'unico varco tra i quartieri controllati da ESL e quelli sotto controllo del Governo assediati dai ribelli, per procurarsi il cibo a rischio della vita.


L'Arcivescovo di Aleppo Marayati: “Dai ribelli nessun segnale che rassicuri i cristiani”


Agenzia Fides - 13/9/2013

 “Da nessuno dei tanti gruppi che compongono le milizie ribelli, né da quelli del fondamentalismo islamista, ma neanche dagli altri è mai arrivato un segno in grado di rassicurare i cristiani. Per questo adesso, se ci sarà una fase di tregua, i cristiani penseranno soltanto a fuggire”. Così l'Arcivescovo armeno cattolico di Aleppo Boutros Marayati descrive all'Agenzia Fides le paure e i sentimenti prevalenti tra i cristiani della metropoli del nord della Siria, isolata da mesi sotto l'assedio delle forze anti-Assad. 
Secondo Marayati l'attacco al villaggio di Maalula “ha anche un aspetto simbolico. E c'è da chiedersi come mai non l'abbiano fatto prima”. La prospettiva di un attacco militare a guida Usa – avverte Marayati - “aveva alimentato in tutti altri motivi di paura. Si pensi a cosa può succedere se un missile colpisce un deposito di armi chimiche... Adesso quell'ipotesi sembra sospesa, ma tutto continua a apparire buio: questa guerra ha distrutto la Siria non solo nelle pietre e negli edifici, ma anche nei cuori. Non c'è più la speranza di tornare a convivere in pace, come accadeva prima”.

Le Chiese di Aleppo si sono unite all'invito di preghiera per la pace di Papa Francesco, anticipando le veglie di preghiera nel giorno di venerdì 6 settembre. Poi, chi ha potuto ha seguito per televisione la veglia del 7 settembre a piazza San Pietro e in molti hanno ascoltato le parole forti pronunciate domenica all'Angelus dal Vescovo di Roma sulle “guerre commerciali” fomentate dal mercato delle armi. 
“Il Papa ha parlato forte e chiaro, ha detto quello che si doveva dire” commenta Marayati “ma quelli che hanno in mano le sorti della guerra preferiscono non sentire. La sensazione”, confida l'Arcivescovo armeno cattolico “è che siamo tutti presi in un gioco più grande di noi. Camminiamo nelle tenebre. Non riusciamo a immaginare come finirà tutto questo. E continuiamo a pregare”.