Traduci

lunedì 30 settembre 2013

Ecco le cifre del disastro siriano

Macchinari per la lavorazione del cotone da Deir Ezzor smantellati verso la Turchia














Agenzia Fides -

25/9/2013

merci rubate dalle industrie di Aleppo, portate in Turchia 



Aleppo – Le cifre della catastrofe siriana non si fermano al devastante conteggio dei morti e dei feriti. 
In una nota inviata all'Agenzia Fides, l'Arcivescovo Jean-Clément Jeanbart, Metropolita di Aleppo dei greco-cattolici, raccoglie altri dati quantitativi che contribuiscono a far comprendere le dimensioni del disastro. 
“In questi ultimi mesi, solo a a Aleppo” racconta l'Arcivescovo “1400 fabbriche e officine sono state saccheggiate, demolite o bruciate, mentre in tutto il Paese più di duemila scuole sono state devastate o messe fuori uso, 37 ospedali insieme a un migliaio di piccole cliniche e dispensari sono stati vandalizzati. La gran parte dei silos di grano sono stati svuotati, le centrali elettriche sabotate, le linee ferroviarie smantellate e le strade bloccate e rese pericolose e impraticabili a causa della bande armate che terrorizzano i viaggiatori che osano spostarsi e si azzardano a uscire fuori città. 

Davanti a queste avversità e alle sventura in cui siamo precipitati” aggiunge mons. Jeanbart “non ci resta che affidarci alla Misericordia divina, la sola capace di liberarci e ristabilire la pace nel Paese. (…). Che la Santa Croce del Signore illumini quelli che hanno il potere. Noi non possiamo che ringraziare Papa Francesco per i suoi appelli ripetuti e insistenti alla preghiera per la pace in Siria.

http://www.fides.org/it/news/53606-ASIA_SIRIA_L_Arcivescovo_greco_cattolico_di_Aleppo_ecco_le_cifre_del_disastro_siriano#.UkNAKW1H4ic

I Patriarchi cattolici d'Oriente: la primavera araba si è trasformata in ferro e fuoco. A novembre un summit con Papa Francesco


Agenzia Fides 28/9/2013

Bkerké - Nella giornata di venerdì 27 settembre, il Consiglio dei Patriarchi cattolici d'Oriente si è riunito nella sede del Patriarcato maronita a Bkerké (Libano) per una riflessione condivisa davanti alle convulsioni che sconvolgono la regione mediorientale, mettendo a rischio il futuro di comunità cristiane di tradizione apostolica radicate in quell'area. Alla riunione, ospitata dal Patriarca maronita e cardinale Bechara Boutros Rai, hanno preso parte tra gli altri il Patriarca caldeo Louis Raphael I Sako, il Patriarca greci-melkita Grégoire III Laham, il Patriarca siro-cattolico Ignatius Yusuf III Yunan e il Patriarca armeno cattolico Nerses Bedros XIX.

Nell'intervento d'apertura, il Patriarca Rai ha fatto riferimento al Sinodo ordinario sul Medio Oriente svoltosi in Vaticano nell'ottobre 2010, ricordando che proprio la fine di quel Sinodo “coincideva con l'inizio della Primavera araba. Disgraziatamente” ha commentato il Patriarca maronita “quella Primavera si è trasformata in inverno, in ferro e fuoco, in stragi e distruzioni, proprio quando i popoli aspiravano a una nuova vita e a delle riforme, nell'universo della globalizzazione”. Oggi più che mai – ha continuato il cardinale libanese - “questa regione ha bisogno del Vangelo di Gesù, quello della pace, della verità, della fraternità e della giustizia, perché se il mondo perde il Vangelo, conoscerà una situazione di distruzione, come quella che noi viviamo oggi”.

Il Patriarca Rai ha anche riferito che i Patriarchi cattolici d'Oriente si ritroveranno a Roma con Papa Francesco per un incontro “che avrà luogo a novembre e al quale si uniranno anche rappresentanti delle Chiese ortodosse”.
Fonti della Chiesa maronita confermano all'Agenzia Fides che l'incontro del Papa con i Patriarchi cattolici è previsto per il prossimo 22 novembre, dopo l'assemblea plenaria della Congregazione per le Chiese orientali. Nelle riunioni con il Papa e i suoi collaboratori, i Patriarchi cattolici del Medio Oriente, insieme agli Arcivescovi maggiori che guidano le altre compagini ecclesiali cattoliche di rito orientale, richiameranno l'attenzione su questioni pastorali e canoniche come l'elezione dei vescovi nelle Chiese cattoliche orientali. Il summit fornirà anche occasione per riflettere insieme sul futuro dei cristiani in Medio Oriente, nel tentativo di delineare criteri di discernimento pastorale condivisi davanti ai conflitti che dilaniano la regione, a partire dalla tragedia siriana.

http://www.fides.org/it/news/53626-ASIA_LIBANO_I_Patriarchi_cattolici_d_Oriente_la_primavera_araba_si_e_trasformata_in_ferro_e_fuoco_A_novembre_un_summit_con_Papa_Francesco#.Ukc2v21H4ic

sabato 28 settembre 2013

Missili sulle chiese, battaglia a Sednaya, storica sede della cristianità!



Agenzia Fides - 28/9/2013

Aumenta di giorno in giorno la preoccupazione dei cristiani siriani: dopo Maalula, villaggio a nord di Damasco invaso da gruppi jihadisti, è a rischio Sednaya, altro villaggio cristiano a Nord di Damasco, “cuore pulsante del cristianesimo siriano”, sede di numerosi monasteri e chiese di diverse confessioni e storico luogo di pellegrinaggi. 


Proseguono, inoltre, attacchi mirati contro le chiese: come appreso da Fides, ieri ne sono state colpite due, a Yabroud e Hassakè. “Mai nella storia della Siria avevamo registrato tali attacchi sacrileghi e settari. I siriani non lo farebbero mai, sono attacchi di gruppi stranieri e questo è un pericolo per noi cristiani. Continuiamo a pregare per la pace, seguendo la strada tracciata da Papa Francesco”, commenta addolorato all’Agenzia Fides il Patriarca greco cattolico Gregorio III Laham. 
chiesa siriaca di Deir Ezzor

Secondo il racconto del Patriarca, ieri alle porte del villaggio di Sednaya vi è stato uno scontro armato fra gruppi armati non identificati, che tentavano di infiltrarsi in città, e la gente del luogo. Un giovane greco-cattolico è rimasto ucciso. La popolazione di Sednaya e terrorizzata, ricordando quanto accaduto a Maalula.


Intanto ieri quattro missili hanno colpito la Chiesa cattolica di san Giorgio a Yabroud, causando gravi danni alla cupola e al centro catechistico-pastorale. L’Arcivescovo melkita Jean-Abdo Arbach, che sovrintende alla chiesa, è andato sul luogo per verificare i danni e confortare i fedeli impauriti. 

Nella notte, secondo quanto riferito a Fides da fonti locali, è stata bruciata una chiesa ortodossa ad Hassake, mentre due giorni fa gruppi islamisti hanno dissacrato due chiese a Raqqa, rimuovendo croci e immagini sacre. 


I cristiani di Raqqa, spiega a Fides il prete siro-ortodosso p. Boulos George, sono stati costretti a fuggire, soprattutto ad Hassake e Qamishli, e sono vittime di una “discriminazione religiosa”. Nell’area di Raqqa – dove è stato rapito il gesuita p. Paolo Dall’Oglio – si registrano feroci scontri fra gruppi islamici che si combattono fra loro. Lo “Stato islamico di Iraq e Siria” combatte contro “Jubhat al Nosra” e contro unità dell’Esercito Libero Siriano (FSA). “E’ un conflitto per potere e denaro”, nota il sacerdote.


Our Lady of the Annunciation Melkite Catholic Church, Raqqa

Parlando a Fides, un veterano del FSA nota: “Per noi diventa impossibile proteggerei i più fragili, come le minoranze religiose. In alcuni luoghi vorremo essere aiutati anche dall'esercito regolare, perchè abbiamo visto uccisioni barbariche”. Secondo fonti di Fides, “scopo di tali azioni contro le minoranze è mostrare che per loro è impossibile vivere qui e frantumare la Siria su base confessionale”.
http://www.fides.org/it/news/53624-ASIA_SIRIA_Missili_sulle_chiese_battaglia_a_Sednaya_storica_sede_della_cristianita#.UkamuW1H4ic

venerdì 27 settembre 2013

Si costituisce il nuovo fronte islamista in Siria: "Ci guida solo la sharia, instauriamo il Califfato"



Siria, ormai è guerra di tutti contro tutti


La Bussola Quotidiana- 27-09-2013
di Gianandrea Gaiani

Mentre al Palazzo di Vetro sembra configurarsi un’intesa tra Washington e Mosca per una risoluzione che imponga a Damasco il disarmo chimico citando solo generiche “conseguenze” nel caso l’impegno venisse disatteso, il conflitto siriano è ormi divenuto ufficialmente uno scontro tra tre diversi protagonisti politici e militari. Dopo mesi di scontri sempre più sanguinosi all’interno della galassia delle bande dei ribelli le milizie islamiste hanno annunciato la costituzione di un organismo congiunto. Di fatto oggi a contendersi il controllo del Paese sono non meno di tre fazioni:

i governativi fedeli a Bashar al Assad  con gli alleati hezbollah libanesi, pasdaran iraniani e miliziani sciiti iracheni

i ribelli laici (pochi) e islamici moderati della Coalizione Nazionale Siriana guidata da esponenti dei Fratelli Musulmani

- il neocostituito network “Islam e Sharia” che raccoglie almeno 13 gruppi armati salafiti e qaedisti.

Di quest’ultimo raggruppamento, dichiaratosi ostile al Cns come al governo di Damasco, fanno parte le milizie militarmente più forti tra le tante presenti sul fronte degli oppositori a Bashar al Assad e quelle che hanno conseguito maggiori successi sul campo di battaglia e che controllano le porzioni più ampie dei territori “liberati”. Superfluo aggiungere che si tratta anche dei gruppi che hanno beneficiato dei miliardi di dollari e migliaia di tonnellate di armi e munizioni forniti da sauditi, qatarini e altri emirati del Golfo.
Al manifesto di Islam e Sharia, reso noto con un video sui siti internet jihadisti e reso noto dalla Bbc, hanno aderito il Fronte al-Nusra dichiaratamente legato ad al-Qaeda, la brigata salafita Ahrar al-Sham e dalla Brigata Tawheed considerata vicina ai Fratelli Musulmani ma poi passata quest’anno su posizioni islamiche più oltranziste.
Tutte milizie distintesi per le violenze sui prigionieri e sui civili sciiti e cristiani.

Raqqa: demolito il crocifisso, viene issato lo stendardo di al -Nousra sul campanile della Chiesa cattolica

Il nuovo organismo considera avversari gli oppositori “moderati” al regime siriano definiti «gruppi che si sono costituiti all'estero senza un ritorno nel Paese che non ci rappresentano». Per questo gli islamisti invitano “tutte le forze militari e civili” a unirsi sotto una «chiara cornice islamica sulla base della sharia, che dovrebbe essere l'unica fonte di diritto» come ben sanno migliaia di cittadini siriani “liberati” costretti a subire la legge coranica. Le forze confluite nel nuovo organismo «ritengono di poter essere rappresentate in modo legittimo solo da coloro che hanno vissuto la stessa esperienza e condiviso lo stesso sacrificio dei loro figli onesti» e «pertanto non riconoscono né la Coalizione nazionale né il governo ad interim degli oppositori nelle zone liberate della Siria».

Evidente quindi che l’obiettivo di Islam e Sharia è scardinare il consenso sorto intorno al CNS riconosciuto da oltre cento Paesi come rappresentante legittimo dell'opposizione siriana indirizzando la rivolta su basi prettamente islamiste che rinuncino a ogni pur vago richiamo alla democrazia per sostenere il Califfato, modello di Stato autoritario basato sulla sharia. A conferma che le armi e il denaro di cui dispongono gli islamisti contribuiscono a fare proselitismo tra i combattenti di altre milizie  ad Islam e Sharia hanno aderito anche alcune brigate dell'Esercito Libero Siriano (Els), la formazione militare composta da disertori dell’esercito di Assad ormai frazionatasi in diverse bande. Alcune laiche, altre islamiche moderate, altre ancora di ispirazione salafita. Al momento non sembra aver aderito al “cartello” lo Stato Islamico dell'Iraq e del Levante, braccio operativo di al-Qaeda in Iraq e Siria, forse desideroso di mantenere la propria autonomia da un organismo che pare essersi costituito su “suggerimento” di Riad.

Negli ultimi giorni le battaglie tra le milizie islamiste e quelle moderate si sono intensificate in tutta la Siria. Il 23 settembre almeno 26 persone sono morte in scontri tra qaedisti dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante e i ribelli dell'Els nella provincia di Idlib, nel nord della Siria, a pochi chilometro dalla frontiera con la Turchia. Tra i caduti anche Abu Abdullah al-Libi, uno dei più importanti comandanti qaedisti. Ieri invece i miliziani del Partito dell’unione democratica de Kurdistan (Pyd) hanno attaccato i jihadisti ad Atma, sempre sul confine turco. Dal giugno scorso è in corso un’offensiva dei gruppi jihadisti per cercare di togliere agli uomini del Pyd (che accusano Ankara di appoggiare gli islamisti) il controllo di parte delle aree del Nord prevalentemente curde da dove si sono ritirate le forze governative di Damasco.

Per Lakhdar Brahimi, il rappresentante speciale Onu nel Paese mediorientale, il rischio è che in Siria vi sia «una guerra nella guerra e che si arrivi alla conferenza di Ginevra senza una rappresentazione vera dell'opposizione visto che le divisioni sono evidenti anche tra le frange moderate. Nelle prossime ore il leader del Cns, Ahmad Al-Jarba cercherà di ricucire lo strappo tra le diverse fazione ma nel crescente caos che caratterizza il conflitto siriano emerge sempre più chiaramente che l’unica alternativa al regime di Assad è il Califfato islamista.

http://www.lanuovabq.it/it/articoli-siria-ormai-e-guerra-di-tutti-contro-tutti-7375.htm




Cattive notizie dal fronte orientale: con il passaggio di 13 brigate dei cosiddetti ribelli siriani nelle file di Al Qaeda, il network del terrore si allarga e diventa il protagonista unico della campagna militare contro Assad. I cosiddetti ribelli siriani, legati a doppio filo con gli apparati militari occidentali, restano una sparuta minoranza, con ruoli di rappresentanza, da portare ai convegni, e di monitoraggio, da utilizzare cioè come agenzia stampa per “documentare” i crimini del regime di Assad (non quelli di altri, ovvio).
Da tempo sul campo si assiste a una guerra intestina, alquanto sanguinosa, tra le fazioni avverse a Damasco: anche a Goutha, luogo dove è stata perpetrata la strage al centro dell’interesse internazionale, c’erano scontri tra fazioni avverse, cosa che ha aumentato la confusione intorno alla vicenda.
Con questa migrazione di miliziani sotto le proprie bandiere, al Qaeda incassa la più significativa vittoria dall’inizio del conflitto. 

Dal momento che sarà difficile portare al Qaeda al tavolo dei negoziati, la svolta risulta un ennesimo ostacolo sulla via della risoluzione del conflitto. Una pacificazione con la fazione egemonizzata dal cosiddetto libero esercito siriano avrebbe ben poche conseguenze sul campo. Per estinguere l’incendio, quindi, occorrerà altro: anzitutto prosciugare il fiume di denaro che alimenta queste fazioni estreme, che tutti sanno da dove proviene...


http://www.piccolenote.it/13898/si-spacca-la-coalizione-anti-assad-13-brigate-passano-con-al-qaeda

mercoledì 25 settembre 2013

Per non dimenticare le lacrime di Maalula



Nel piccolo villaggio siriano che custodisce il sepolcro di santa Tecla 

 da: L'Osservatore Romano 25 settembre 2013

di Manuel Nin

 Il 24 settembre nei calendari liturgici delle Chiese cristiane si celebra la festa di santa Tecla, che nel sinassario della Chiesa bizantina viene chiamata "megalomartire" e "isapostola" (pari agli apostoli), a causa del suo tradizionale vincolo con l'apostolo Paolo. La celebrazione di questa grande martire, mi ha riportato nel ricordo e nella preghiera a Maalula, luogo della Siria che ne custodisce il sepolcro, che dal primo secolo fino ai nostri giorni conserva la testimonianza del sangue versato per Cristo.

La celebrazione di santa Tecla mi ha portato anche alla sponda occidentale del Mediterraneo, alla sede "paolina" di Tarragona che venera Tecla in modo speciale. Tra le due rive del Mediterraneo la festa della santa martire diventa una festa oserei dire "pontifex" tra Oriente ed Occidente, dalla Siria a Tarragona. Oriente ed Occidente che hanno camminato insieme lungo i secoli nella devozione ai martiri, adesso nei nostri giorni non possono ignorarsi nella difesa e nella memoria dei cristiani delle terre del vicino oriente.

Maalula è un piccolo e bellissimo villaggio della Siria, arroccato nelle montagne che fanno da frontiera con il Libano; quasi la porta di passaggio o di ingresso tra l'uno e l'altro dei due Paesi fratelli. Infatti il significato siriaco della parola Maalula è "entrata", "ingresso". È un piccolo villaggio con delle casupole che scendono verso la valle, verso il deserto lungo la schiena delle montagne del Qalamoun, la catena dell'Antilibano. Vi risiedono qualche migliaio di persone a maggioranza cristiana, e si trova a una cinquantina di chilometri a nord di Damasco. Questo villaggio incorniciato tra le montagne e il deserto, di una bellezza unica; piccolo alveare di case bianche che fanno un tutt'uno quasi senza soluzione di continuità col giallo delle montagne; questo piccolo borgo che possiede uno dei monasteri più antichi della zona dedicato ai santi martiri Sergio e Bacco, curato dai monaci salvatoriani della Chiesa melchita greco cattolica; questo paesino che custodisce il corpo della santa martire Tecla, la discepola di Paolo; questa piccola comunità che si esprime nella lingua con cui il Signore insegnò ai suoi discepoli a pregare e dire "Abbun…", Padre nostro...

Questo villaggio piccolo, luminoso dal biancore delle mura delle case e dalla fede dei suoi abitanti a stragrande maggioranza cristiani, sia greco cattolici che ortodossi; curato e custodito come un gioiello da coloro che da secoli vi abitano, in questi giorni è riemerso nella cronaca, in prima pagina, per pochi giorni purtroppo come notizia, ma per molti giorni, troppi silenziosamente martellato e trucidato dalle armi impietose di coloro il cui unico linguaggio è la costrizione e la violenza; un linguaggio che non conosce sicuramente quella lingua con cui il Signore insegnò a perdonare e pregare per i persecutori.
Paesino luminoso che nei nostri giorni si è tinto di rosso e di nero. Di rosso col sangue di tanti dei suoi abitanti che l'hanno versato per causa della loro fede in Colui che parlava la loro stessa lingua, in Colui che insegna loro il perdono, la riconciliazione; in Colui che chiama loro e anche noi "beati" quando siamo operatori di pace, quando siamo perseguitati, uccisi a causa del suo nome. Di nero dal fumo delle chiese, delle case e dei monasteri bruciati e distrutti; dal fumo delle armi, e dell'accecamento che impedisce di vedere altro cammino che l'uso della forza e della morte.


Ho visitato quella regione nel luglio 2008, assieme a un gruppetto composto da due sacerdoti e altrettanti seminaristi greco cattolici, libanesi e siriani. Una visita di soltanto due giorni in quella parte della Siria, un viaggio che comprese Damasco, Maalula e Saydnaya, un altro paesino a pochi chilometri dal primo con delle testimonianze cristiane importanti. Fu certamente un pellegrinaggio al luogo della conversione di Paolo, la visita a quella "via diritta" a cui fu mandato Anania alla ricerca di quell'uomo accecato dalla luce del Risorto; il camminare per quelle stradine della vecchia Damasco, quei cunicoli da cui pareva che da un momento all'altro poteva apparire l'apostolo delle Genti in tutta la sua statura, con tutta la forza della sua parola. Potei stare poche ore in quel luogo, ma gustai l'accoglienza fraterna dei sacerdoti del patriarcato greco cattolico di Damasco.

La visita a Maalula e Saydnaia invece fu di un giorno e mezzo; è una regione che conta con una grande quantità di chiese e di monasteri. La tradizione vuole che santa Tecla si sia rifugiata nella zona di Maalula per sfuggire alla persecuzione della sua famiglia dopo essersi convertita al cristianesimo grazie a san Paolo. Per nascondersi ai persecutori, Tecla fuggendo si rifugiò tra le montagne che aprirono come un grembo le sue pareti per farle un passaggio; fessure tra le montagne ancora visibili nei nostri giorni.



Nel monastero di mar Sarkis (san Sergio) fummo accolti dal monaco salvatoriano che in quei giorni si trovava come custode del luogo; già alunno del Pontificio Collegio Greco di Roma, è uno dei principali conoscitori e studiosi delle tradizioni musicali bizantine. L'accoglienza veramente fraterna protrattasi per un paio d'ore attorno a un caffè, ma soprattutto attorno alla storia di quel luogo venerabile raccontata con la passione e l'amore di qualcuno che racconta la storia della propria famiglia, la storia "di casa"; la visita dettagliata del monastero, della bellissima chiesa, con delle icone di uno splendore unico, attorno a quell'antichissimo altare semi circolare 
sicuramente precedente al concilio di Nicea del 325; 


accoglienza veramente fraterna che si concluse con la preghiera del Padre nostro nella lingua del Figlio Unigenito, Verbo di Dio incarnato.
Oggi le notizie che ci arrivano di Maalula sono poche, confuse, frammentarie, ma tutte ci parlano di sofferenza, di distruzione, di morte. Di persone innocenti, uomini, donne, bambini, preda della rabbia cieca. Oggi Maalula è stata saccheggiata nelle sue chiese, monasteri, case; nelle sue sacre icone, rubate e profanate; in quella che è l'icona per eccellenza, l'uomo e la donna di quei luoghi da sempre pacifici, tolleranti, dialoganti, da sempre beati perché operatori di pace.

Quasi duemila anni fa le montagne siriane attorno a Maalula si aprirono per accogliere la grande martire Tecla; quelle stesse montagne, quelle stesse terre continuano ad aprirsi e accogliere oggi le lacrime, il sangue, la testimonianza cristiana dei nostri fratelli che in quei luoghi come Tecla confessano Cristo, confessano il Risorto che continua, ne siamo certi, a farsi vivo nel cammino di Damasco.


Appello del Patriarcato greco-ortodosso di Antiochia

Servono acqua e viveri per le religiose e i bambini dell’orfanotrofio del monastero di Santa Tecla a Maalula


Assicurare il necessario approvvigionamento di viveri per gli abitanti del monastero di Santa Tecla, vale a dire per le monache e i bambini dell’orfanotrofio, una quarantina di persone in tutto impossibilitate a uscire se non a rischio della loro vita: è quanto chiede il Patriarcato greco-ortodosso di Antiochia e di tutto l’Oriente nell’appello lanciato oggi alla Croce Rossa siriana e alla Croce rossa internazionale, nonché a tutte le organizzazioni umanitarie impegnate in territorio siriano. La guerra è arrivata anche nel villaggio di Maalula e i colpi di artiglieria sfiorano il monastero di Santa Tecla. «Le operazioni militari si amplificano nel nostro amato Paese», si legge nel comunicato, ed «è l’essere umano che paga il prezzo di questa tragedia», sopportando la sofferenza, fuggendo dai luoghi di origine, con la fame, con la sete. 





 http://www.vatican.va/news_services/or/or_quo/text.html#6 

lunedì 23 settembre 2013

Madre Marie-Agnes denuncia: Ghouta, la grande manipolazione


Lettera da Mar Yakub , di  Padre Daniel 
 ( venerdì 13 settembre – 20 settembre 2013)

Lettera di Vladimir Putin agli Americani  (N.Y.Times 12/9/2013)
Putin comunica in modo sottile che un’aggressione militare non è a vantaggio neanche dell'America e che le proteste sono nel mondo intero, fra l’altro anche da parte di papa Francesco. Putin ricorda che il Consiglio di Sicurezza dell’ ONU rimane fedele al principio di unanimità, precisamente per evitare aggressioni arbitrarie, di un popolo verso un altro. Putin avverte che sarebbe una catastrofe ripetere ancora una volta lo stesso errore compiuto in Iraq e Libia. C’è stato un attacco con il gas tossico, continua Putin, ma tutto indica che non è stato fatto dall’esercito Siriano, ma dai ribelli, precisamente per provocare un attacco militare. Il discorso di Obama al popolo Americano martedì scorso, Putin l’ ha studiato molto bene: in questo discorso il presidente Americano dice: “Quello che distingue l'America dagli altri paesi è che noi siamo eccezionali”. Questa, dice Putin, è una dichiarazione molto pericolosa. “Noi siamo tutti differenti, ma quando chiediamo la benedizione al Signore, non possiamo dimenticare che Dio ci ha creato tutti uguali”.
Con questo, Putin ha dato una rinfrescata alla memoria di Obama. Infatti, nella Costituzione Americana è scritto che Dio ha creato tutti gli uomini uguali! Oh sì, un presidente dell’America che si occupa di tanti affari “importanti ” può certamente dimenticare “questa bagatella”...

Ancora una volta: l’attacco con gas tossici in Ghouta
Sulla base delle dichiarazioni ufficiali dei Servizi di US, UK e FR, un nuovo studio ha dimostrato contrasti flagranti (Th.Meyssan, I massacri de la Ghouta. Les contradictions des services secrets occidentaux):
 Il numero delle vittime - secondo le loro dichiarazioni ufficiali - varia tra i 281 e 1429. Una sospetta, grande differenza nelle loro comunicazioni ufficiali. Non è vero? Certe immagini sono già apparse  sul Web prima. Nelle foto dei bambini non ci sono né mamme né genitori. Com’è possibile ciò in Medio Oriente? Di 1429 vittime ci sono solo due donne? Si tratta qui di un gas speciale che risparmia le donne? Le madri che sono sopravvissute al massacro di Lattakia due settimane prima (con centinaia di morti e di rapiti, su cui la stampa occidentale non ha pronunciato parola) hanno riconosciuto sulle foto di Ghouta i loro bambini rapiti. 
 James Clapper, Capo del servizio segreti d’informazione americana sostiene (naturalmente senza prova) che loro erano capaci di osservare l’esercito Siriano già quattro giorni prima dell’attacco e che loro hanno visto l’esercito Siriano nella preparazione del gas per l’attacco. Se ciò fosse vero, perché non lo avrebbero comunicato? E perché non sarebbero intervenuti prima? I servizi segreti dell’occidente pretendono di aver preso campioni e hanno comunicato subito i loro risultati con 100% di sicurezza che l’esercito Siriano ha fatto un attacco chimico sul proprio popolo mentre la commissione ufficiale ha bisogno di giorni per l’investigazione. È chiaro che questo “footage ”, accompagnato da una propaganda di massa, è un gioco deliberatamente pianificato. Il rapporto conclude: i “leader” di USA, UK e FR sono colpevoli davanti al Tribunale Internazionale Penale per aver commesso il reato di propaganda di guerra. Questo reato nel diritto internazionale è un crimine grave, perché contribuisce all’avvio di tanti altri crimini, compresi i crimini contro l’umanità.

Il generale Francese Dominique Delawarde dà un colpo ancor più serio. 
(“Syrie, ingérence déliberée, prétexte douleux”, 12 sept. 2013). Egli è un esperto del Medio Oriente . Le cosiddette “prove inequivocabili del governo Francese sono - secondo lui -completamente incredibili”. Il generale le considera una nuova manipolazione per provocare un intervento militare. Il generale riferisce infatti quello che abbiamo già comunicato prima e dà una risposta alla domanda essenziale: chi ha interesse veramente in tutto questo?
Il generale parla anche di fatti antecedenti in Timisoara, nel dicembre 1989, dove sarebbero stati  massacrati circa 4632 uomini, il che ha causato la caduta di Nicolae Ceauscescu. In seguito la verità è venuta fuori: alcuni cadaveri sono stati prima esumati, dopo malmenati e alla fine filmati e numerati. Cosi hanno ottenuto quello che volevano: l’esecuzione capitale di Ceauscescu. Il generale riferisce anche di manipolazioni identiche in Bosnia e Kosovo (quando lui era ancora in servizio). In seguito, il generale spiega come è facile per l’opposizione  organizzare un attacco con gas tossico in Siria : prima sequestrano persone, dopo le uccidono con gas e filmano gli ultimi momenti di vita delle loro vittime. Dopo chiamano l’ ONU e gli USA, e parlano di una cifra che nessuno sa controllare. Alcuni cosiddetti testimoni ingrandiscono la storia. Qui viene l’aiuto di esperti dei servizi speciali dei governi internazionali. Il generale aggiunge che oggi la Germania, Canada e le UK cominciano a dubitare di partecipare ad un intervento militare, perché anche loro hanno cominciato a sospettare che si tratta di manipolazioni che si verificheranno tra poco. Il generale comunica anche che Israele sarebbe stato soddisfatto di un intervento militare e di una Siria (e Egitto) paralizzata e rigettata 50 anni indietro nella storia. Il generale denuncia il disconoscimento delle convenzioni di Ginevra. Nel 2009 Israele ha fatto in Gaza un massacro di massa con bombe al fosforo; quello è proibito secondo le convenzioni di Ginevra. 1300 uomini hanno perso la vita di cui 900 civili e 300 bambini, una cifra tutto sommato controllabile. Perché non sono intervenuti dopo questo? Ci sono massacri di massa che sono permessi? Il generale ricorda che Carla Del Ponte ha già dichiarato il 6 maggio 2013 che i ribelli hanno usato gas tossico, su cui USA hanno subito risposto che non c’erano abbastanza prove. In seguito, il generale ricorda il rapporto degli osservatori della Lega Araba sulla violenza all’inizio della crisi Siriana. Nel numero 28-29 loro denunciano la manipolazione di massa (gennaio 2013)... E infine l’espressione “comunità internazionale", usata tanto generosamente dalla stampa e dai politici. Infatti, questa comunità internazionale comprende solo USA, UK e FR, che sono solo l’8 % della popolazione mondiale. Lui conclude: “Non credo un solo momento nelle prove inequivocabili del governo Francese per giustificare un intervento militare in Siria.” Il generale spera che il rapporto finale dell’attuale commissione inquirente dell’ ONU sarà imparziale. Ma il generale ha un atteggiamento molto critico. Se le sovvenzioni degli USA sono tanto vitali per l’esistenza dell’ONU, sarà possibile che l’ONU possa operare in modo  indipendente?

Come un razzo in pieno cielo c’è uno studio dettagliato ed esteso  sui 35 video, da parte di Madre Agnes-Mariam, presidente di ISTEAMS (International support for mussalaha in Siria).
Genitori di bambini rapiti in Lattakia hanno fatto un appello alla Madre per sapere quello che è successo ai loro bambini. Il 4 agosto, i combattenti di Al Nousra avevano invaso 11 villaggi Alawiti e hanno fatto un massacro di massa e rapimenti. Questo era il loro punto di partenza. Il 5 settembre 2013, gli USA e loro alleati hanno diffuso immagini dell’attacco chimico in Ghouta. Madre Agnes-Mariam ha studiato a fondo queste immagini video e foto, cioè il tempo quando sono stati fatti e il tempo nel quale sono state diffusi. Potete ad esempio vedere come è stata usata una foto delle vittime della Piazza Adawi al Cairo (Egitto), presentata come foto delle vittime dell'attacco chimico.
 Si vede come questi bambini sono presentati prima morti e dopo si vede gli stessi bambini di nuovo in vita. Si vede anche che gli stessi locali sono di nuovo riempiti di bambini nuovi… Questi bambini sono senza nome e senza famiglia. Come è possibile in un paese rurale dove tutti conoscono tutti? Per di più: la maggior degli abitanti erano già fuggiti a causa dei combattimenti intensi. Che fanno questi bambini in Est Ghouta senza madre e senza famiglia? I sopravvissuti di Lattakia hanno riconosciuto famigliari sulle immagini di Ghouta. Infine, nel video si mostrano 8 persone, da cui 3 non hanno il vestito bianco, come se li stessero seppellendo. Dove sono tutti gli altri? Al suo rapporto di 44 pagine, la madre Agnes-Mariam aggiunge una lista di 259 persone dei villaggi Alawiti di Lattakia menzionando i loro nomi, età e se erano stati uccisi, rapiti o dispersi. Tra poco il rapporto sarà completato ed ampliato con esperti, dottori legali o dei chimici, per poter investigare la presenza degli uomini con i bambini e se i sintomi dei bambini coincidono con quello che dicono. Stanno organizzando un gruppo internazionale di esperti, che investigheranno a fondo le prove per presentarle davanti alla Corte Penale Internazionale.


Lo stesso bimbo filmato è usato in diversi video con diversi scenari, in ambienti differenti.



Almeno 9 bambini nel video dell'Ufficio Stampa di Al Marj Regione (a destra) sono stati trasportati da Kafarbatna (a sinistra) "fuori di ogni spiegazione medica o umanitaria"



Il bambino in maglietta rossa nel video da Zamalka (a sinistra) è ritratto con altri bambini nel video da Jobar (a destra)

Madre Agnes-Mariam fa un appello ai responsabili religiosi e civili, e anche ai ministri, senatori, parlamentari, organizzazioni umanitarie e a tutti quelli che amano la verità, la giustizia e la responsabilità per atti criminali. Madre Agnes-Mariam chiede un' indagine indipendente per investigare questa manipolazione dei media sull' abuso criminale di bambini.
In breve, i servizi segreti dell’occidente apparentemente ci contavano che l’affermazione di Joseph Goebbels, il nazi-ministro della propaganda, si verificasse ancora una volta, cioè che è più facile far credere ad una menzogna gigantesca che a una piccola menzogna. Il nazismo è stato smascherato e superato solo dopo 4 anni. Questa menzogna mostruosa contro la Siria dura già da 2 anni e mezzo. Però per questo attacco con gas tossico, noi aspettiamo nel frattempo, come dice un proverbio Fiammingo: “Chi scava una trappola per un altro, vi cadrà un giorno lui stesso.”
Il rapporto della commissione ONU. Secondo il vice-ministro Russo degli affari esteri, si tratta di un rapporto politicizzato, parziale e prevenuto. Egli dichiara che la Russia e la Siria hanno trasmesso alla commissione il materiale relativo agli attacchi con gas tossico usati dai ribelli in altri posti in Siria. La commissione non ha neanche preso in considerazione questo materiale. Esperti Britannici dicono che non c’è nessuna indicazione e che la Siria è responsabile per l’attacco con gas tossico. 
In un rapporto dettagliato di 41 pagine (datato 13 sett 2013), la commissione è riuscita a rispondere a tante domande che avevano già risposte, tranne che alla domanda fondamentale: chi ha fatto l’attacco? No problem! La TV Belga VRT ha il suo uomo che “segue gli sviluppi in Siria”. Lui è subito pronto con la sua accurata “analisi” con la chiara conclusione che l’attacco è stato eseguito dall’esercito Siriano. Di tutte le domande e problemi riferiti qui sopra, lui non sa niente. Lui vede solo combattenti innocenti della libertà che fanno un po’ di bricolage intorno a una tavola di cucina e che certamente non sono in grado di fare un tale attacco chimico. Il nostro esperto non si è accorto di niente degli orrendi massacri e delle distruzioni professionali in tutta la Siria durante questi 2 anni e mezzo, realizzati da questi “buoni” combattenti della libertà con l’aiuto dei servizi specializzati degli USA, Israele, UK, Francia, Turchia, Saoudi-Arabia e Qatar. Fin qui il nostro esperto che “segue gli sviluppi in Siria in modo accurato”. Ammetto che dopo questo, la TV Fiamminga VRT ha comunque segnalato il punto di vista della Russia, che dice che il rapporto è politicizzato, parziale e prevenuto (unilaterale). Cosi, c’è ancora speranza, anche per la nostra VRT.
Siamo felici di apprendere che la commissione ONU ritornerà sul luogo. Noi dobbiamo esigere un' investigazione indipendente fatta da uomini , confrontando i fatti, per mettere fine a questo gioco ipocrita e criminale.


E c’è il nostro amico Kimyongur Bahar con video molto imbarazzanti per i ribelli. Questi video provengono dagli smartphones di ribelli uccisi il 15 settembre al confine con la Turchia (Des vidèos de l’attaque chimique de Damas?). La signora ambasciatrice Americana all’ONU ha dichiarato che il tipo di macchina con cui è stato sparato il missile con gas tossico, appartiene all' esercito Siriano. La commissione inquirente dell’ONU lo ha confermato volentieri. Solo che la signora ambasciatrice ha dimenticato di menzionare che precisamente questi macchine sono state rubate dai ribelli dalla base dell’esercito Siriano del 46 reggimento presso Aleppo. E su questo video si vede anche i ribelli che stanno lavorando con queste macchine e con maschere antigas. I ribelli aggiungono anche ad alta voce la data, il luogo e il nome del loro gruppo di eroi, Allah Akbar! La commissione respingerà anche queste prove?



Noi continuiamo ad usare le nostre armi spirituali e questa settimana facciamo adorazione durante la giornata e faremo anche una adorazione notturna, cioè la notte tra giovedì e venerdì, fino a venerdì mezzogiorno
Nell’Eucarestia preghiamo ogni giorno per un’ intenzione differente: per i combattenti fanatici che commettono tante atrocità, che  possano aprire il loro cuore per l’amore di Dio; per i media/stampa che possano testimoniare la verità e non lasciarsi trascinare dalle facili menzogne; per il presidente, il governo, l’esercito e il popolo Siriano, per i 50.000 soldati uccisi e anche per gli uomini che hanno dato la loro vita per la protezione del popolo Siriano…

La guerra contro la Siria durerà ancora per lungo?
Penso che due elementi sembrano essenziali. Prima l’afflusso dei ribelli (insieme sono 100.000, di cui la metà sono fanatici; che Paese sa resistere a un tale peso ?). Questi ribelli sono finanziati e armati in modo molto generoso da potenze straniere, che nel frattempo come “amici di Siria” provano a guadagnare tempo con discussioni sui “piani per la pace”, così che le bande criminali siano libere di continuare loro attività in Siria.
E' per quello che noi accogliamo la proposta del ministro degli affari esteri di Brasile, che esige che ora l’afflusso di armi verso Siria deve essere fermato in modo definitivo. 
Per il resto, c’è la potenza accecante dei mass-media. Ci sono molti video e immagini manipolati in giro che trattano i cosiddetti orrori dell’esercito Siriano. (bambini che sarebbero martoriati a morte negli ospedali, esecuzione capitali nell’esercito, etc..) Tutto questo serve a sviare l’attenzione mentre i ribelli possono  continuare vere atrocità senza limiti. I nostre media pubblicano volontariamente queste false informazioni e contribuiscono all’ulteriore massacro e alla distruzione della Siria!







Basta! A tutti i combattenti stranieri in Siria : ritornate al vostro paese d’origine. Rendete pubblica la verità delle vere atrocità in Siria. Dominatori del mondo: smettete di distruggere questo paese! Lasciate che questo popolo riprenda a vivere in pace e unità come ha fatto sempre prima che voi aveste deciso di conquistare questo paese.

Anche tu puoi aiutare di smascherare questo mostro-menzogna di questa guerra, e così anche tu puoi mettere fine a questo crimine contro l’umanità…e salvare la fine della cristianità.
Non solo i cristiani, ma l’intera popolazione Siriana vi sarà grata.
Santa Maria, sveglia la famiglia umana e il popolo cristiano addormentato e proteggi la Siria, la culla della civiltà umana e della nostra fede cristiana, così che si avveri di nuovo quello che si dice di Gesù, Tuo Figlio e nostro Signore : “ Si spargeva la Sua fama per tutta la Siria…(Mt, 4,24)


Aggiungo il 19 settembre 2013:  Mahdi Darius Nazemroaya (sociologo, che ha ricevuto un encomio per la sua analisi geopolitica) scrive che una sola suora ha ridicolizzato l’intera US intelligence Community (Trends : One nun puts entire US Intelligence Community to shame over “stage-managed” Syria footage). La US Intelligence Community è una rete quasi universale che dispone di immensi mezzi tecnici, fondi enormi e una massa di personale. La US Community contiene tutte le ”intelligence bodies” del governo Americano e ha 16 divisioni, proveniente dal ministero delle finanze, dell’energia, del CIA (Central Intelligence Agency, che agisce indipendentemente da ogni governo). La US Community ha anche otto divisioni proveniente dal Pentagono (forze armate di terra, forze armate dell’aria, la sicurezza nazionale, e.a.). Loro hanno valutato i video dell’attacco con gas tossico in Damasco e hanno concluso che il 21 agosto c’è stato un attacco chimico in Ghouta e che il governo Siriano è responsabile. Hanno selezionato 13 video come fonte di informazione per i membri dell’amministrazione Obama. Cosi John Kerry poteva dire nel suo discorso del 30 agosto che lui aveva visto “con i suoi propri occhi” le atrocità del regime Siriano e ha raccomandato a tutti di guardarla.
Adesso la Madre Agnes-Mariam sta dimostrando che questi 35 video sono una grande truffa con immagini falsificate, che non coincidono con la realtà... Testimoni parlano di un odore chimico mentre il gas Sarin è senza odore. I corpi degli bambini sono usati per fare foto in differenti situazioni. Non si vedono mai le madri o i genitori etc..etc.. E soprattutto le famiglie Alawite che sono sopravvissute alla strage di massa e ai sequestri di Al Nosra in Lattakia del 4 agosto, hanno riconosciuto i  propri bambini su questi video.
Madre Agnes-Mariam ha comunicato che sta organizzando “un team di ricercatori internazionali sul 21 agosto” con dottori della legge, chimici, medici dell’urgenza, specialisti della fabbricazione di video, etc.. per rendere pubblica tutta la verità.
Chi vuole partecipare è invitato a presentarsi. La famiglia umana deve essere liberata da queste atrocità impunite e da questi despoti mondiali oscuri.

  (traduzione A.Wilking)

qui il Report inviato all'ONU da Isteams: http://www.scribd.com/doc/169025372/Study-the-Videos-That-Speaks-About-Chemicals-Beta-Version

domenica 22 settembre 2013

Siria, due terzi dei ribelli sono integralisti



La Bussola Quotidiana 
di Gianandrea Gaiani17-09-2013

Gli sforzi di Washington di spiegare che il sostegno in denaro e armi fornito ai ribelli siriani “buoni” (moderati) permetterà di sconfiggere il regime di Bashar al Assad e di scalzare i ribelli “cattivi” (qaedisti e salafiti) sono destinati ad infrangersi di fronte a due elementi. 
Il primo è costituito da un dato di fatto: anche ieri lungo il confine tra Siria e Iraq i miliziani jihadisti di Al Qaeda in Iraq e nel Levante hanno ingaggiato battaglia non contro i lealisti, ma contro altri gruppi di insorti che combattono Assad ma non per instaurare il Califfato in Siria. Scontri come questi si moltiplicano ormai da settimane in tutto il Paese e vedono i gruppi qaedisti e salafiti affrontare armi in pugno curdi e miliziani dell’Esercito Siriano Libero o di altri gruppi non islamisti con l’obiettivo di sconfiggerli e assimilarne combattenti e popolazioni nelle aree sotto il loro controllo. Inutile farsi illusioni: in Siria è meglio essere consapevoli che combattere la dittatura di Assad significa portare Al Qaeda, i salafiti e altre sfumature dell’estremismo islamico di matrice saudita al potere sulle sponde del Mediterraneo.

Il secondo elemento, a conferma di questa tragica realtà che dovrebbe scoraggiare quanti romanticamente sognano una Siria democratica e libera sorgere dalle ceneri del regime di Assad, è costituito dal rapporto reso noto ieri dall’istituto IHS Jane’s di Londra . «Le forze di opposizione che combattono contro il regime di Bashar al-Assad in Siria sono composte da circa 100mila uomini che dopo due anni di guerra risultano suddivisi in un migliaio di fazioni e bande», sostiene lo studio precisando che tra i ribelli ci sono 10mila jihadisti, tra cui un certo numero di combattenti stranieri, che fanno capo a gruppi legati ad Al Qaeda. Altri 30/35mila sono islamisti estremisti che, a differenza dei jihadisti, sono focalizzati unicamente sulla guerra in Siria e non sulla lotta internazionale. Infine, circa 30mila combattenti sono “islamici moderati”, in gran parte appartenenti alle milizie dei Fratelli Musulmani. Solo 25 mila miliziani sarebbero quindi animati da ideologia laica o spirito nazionalista, come nel caso dei curdi. Il rapporto fotografa una situazione che demolisce la retorica della lotta per la libertà. Siriani sunniti e una sorta di “legione straniera islamica” combattono il jihad contro il regime laico e chiunque ostacoli l’imposizione della sharia, già legge in molte aree “liberate” dai guerriglieri, e istituire il Califfato.
Ordine FSA 's Consiglio Sharia: tutti gli uomini nati tra 1983-94 saranno costretti a unirsi al Jihad

«Gli insorti – ha commentato al Daily Telegraph Charles Lister, autore dello studio - sono ormai dominati da gruppi islamisti e dall'analisi non esce certo confermata l'idea che l'opposizione sia guidata soprattutto da gruppi laici». Lo studio si basa su stime e colloqui con attivisti e militanti. Il conflitto ha visto emergere centinaia di bande autonome ognuna delle quali opera in piccole sacche di resistenza del paese, normalmente leali a fazioni più grandi. Sommando i combattenti di Al Qaeda con salafiti e fratelli musulmani le milizie di ispirazione islamica rappresentano i tre quarti delle forze dei ribelli e in termini militari anche di più poiché gli aiuti e i fondi provenienti dalle monarchie del Golfo hanno ingigantito le capacità di queste milizie in particolare dei due gruppi legati ad Al Qaeda, Jabhat Al Nusra e lo Stato islamico dell'Iraq e del Levante che sono diventati dominanti. Secondo Lister «la loro influenza è cresciuta in modo significativo nel corso dell’ultimo anno».



Tra le armi giunte in grandi quantità ai qaedisti pare vi siano anche quelle chimiche. Fonti militari statunitensi avrebbero infatti ammesso in un rapporto segreto che anche i ribelli ne dispongono. Il documento dell’intelligence militare dell’Esercito statunitense rivelerebbe che i terroristi di Al Nusra dispongono di gas Sarin, notizia del resto già fatta trapelare in più occasioni dagli stessi ribelli. Il report realizzato da una branca dell’intelligence dell’US Army (National Ground Intelligence Center) è stato reso noto on line negli Stati Uniti da WND.com con un articolo di Michael Maloof, ex analista politico del segretariato della Difesa statunitense. Il gas dei ribelli non avrebbe la stessa letalità anche in piccolissime dosi di quello militare perché sarebbe stato prodotto in modo “artigianale” in Iraq, presso laboratori clandestini gestiti da Al Qaeda e che impiegano probabilmente tecnici che avevano lavorato al programma di armi chimiche di Saddam Hussein.

Nel maggio scorso i militari turchi avevano confiscato due chili di “Sarin fatto in casa” a miliziani di Al Nusra diretti in Siria che avrebbero usato quest’arma nel marzo scorso ad Aleppo uccidendo una trentina di soldati lealisti. Il fatto è che il gas Sarin “artigianale” è stato utilizzato con ogni probabilità anche il 21 agosto nei sobborghi di Damasco. L’assenza di contrazioni nei cadaveri mostrati dai video diffusi dai ribelli e la presenza di soccorritori privi di protezioni accanto ai corpi induce a ritenere che si trattasse di un gas letale ma solo in grandi quantità e poco persistente rispetto al Sarin “militare”. 
Un ulteriore elemento che dovrebbe imporre una riflessione sulle responsabilità di quell’attacco e in ogni caso, se si impone ad Assad di consegnare le armi chimiche, sarebbe il caso di imporlo anche ai ribelli.


sabato 21 settembre 2013

Cosa ci vuol dire oggi il messaggio di Soufanieh?




 "Maria ci preparava…"

Soufanieh è un sobborgo di Damasco , dove Cristo e la Vergine Maria apparvero a una donna . Che cosa rivela il suo messaggio ?
Con i recenti eventi verificatisi nel mondo arabo , in particolare in Siria , lasciamo  la parola al “Verbo” e alla Vergine Maria , ambedue menzionati  nel Vangelo e nel Corano .

Per la prima volta nella storia , Gesù e sua madre hanno  inviato un messaggio in arabo , a una sposa e madre, Mirna Akhrass che vive a Damasco.
Sì , il dialogo del Verbo e sua Madre con questa semplice donna si  svolto in arabo! .
Il momento dell’apparizione , la scelta della città e del luogo , il linguaggio adottato , sono  casuali o riflettono il  disegno di Dio ?

1 - Perché ora ?

Questi messaggi rivelati sono assolutamente recenti e allo stesso tempo antichissimi . Si tratta di un invito agli uomini a tornare a Dio con la fede , la carità , l'umiltà e il pentimento . L' uomo può ancora vivere senza Dio ?

Queste parole si applicano in primo luogo alla Siria ferita , poi  all' Oriente arabo e finalmente al mondo intero .

Queste apparizioni sono iniziate nel 1982,  al tempo dei primi tumulti dei fratelli musulmani in Siria, e sono continuate fino al 2004 .

2 – Cosa dissero Gesù e la Santa Vergine a Mirna ?
Myrna con il Patriarca libanese Rai


Santa Vergine : 
" Non aver paura  figlia mia. Attraverso di te io  educherò  i miei fedeli… Pregate, pregate, pregate: Padre, attraverso le piaghe del tuo Figlio diletto, abbi pietà di noi " ... 
Ripetete : Dio mi salva , Gesù mi illumina, lo Spirito Santo è la mia vita , perciò  io non ho paura " ...

Gesù: " Da qui [ Damasco] la Luce  è apparsa di nuovo per ridare una possibilità a un mondo sottomesso a ciò che è materiale , all'avidità umana e alla vanagloria, al punto tale che ha perso le sue virtù e i suoi valori ... "

Con il diluvio di sangue e di fuoco che la Siria sta vivendo , queste parole di San Paolo suonano sempre vive da Soufanieh a Damasco:
 “Io ritengo, infatti, che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi. La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio; essa infatti è stata sottomessa alla caducità - non per suo volere, ma per volere di colui che l'ha sottomessa - e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio”

Testo arabo originale di Padre Elias Zahlawi , parroco di Nostra Signora di Soufanieh .
Traduzione e commenti di Claude Zerez .

http://www.fcsartheorient.com/Dernieres-nouvelles/queveutnousdireaujourdhuilemessagedesoufanieh





  • Testimonianza di un siriano che crede fermamente nel messaggio di Soufanieh  


    I prepotenti sono impegnati in tante cose, e quelli che stanno al trono hanno perso i loro talenti…  il mondo soffre in silenzio, ci sarà una speranza? I Politici come dei bambini vogliono disciplinare i popoli… e fanno guerre per divertimento…ma ci sarà una speranza? Gesù Cristo ci ha comperato e noi l’abbiamo venduto…perchè Lui è il presente e noi siamo il passato…lui ha perdonato/ perdona ancora chi l’ha ucciso per salvare i suoi fratelli figli dell’umanità. E siccome Dio parla con le sue creature in maniera segreta e pubblica, il Cristo e  Maria hanno trasmesso questo dono ad una donna di nome Mirna per trasmettere i loro messaggi ai cristiani dell’Oriente ed al mondo intero.
     
    L’ultimo messaggio che ha ricevuto Mirna da Gesù, era nel 2004, in cui dice: “ Ognuno di voi torni a casa sua, ma portate l’Oriente nei vostri cuori…da qua è uscita una nuova luce, e voi ne siete i raggi e farete illuminare un mondo preso dalle cose materiali, dalle voglie, e dalle celebrità, un mondo che quasi sta perdendo i suoi valori… Ma voi: continuate la conservazione della vostra orientalità e non permettete a nessuno che tolga la vostra volontà, la vostra libertà, e la vostra fede in questo Oriente”. 
    A Mirna fu rivelato da Gesù: “ l’Oriente subirà distruzione, caos, fame, e guerre. E la salvezza ci sarà solo con Lui”. Allora noi cristiani dell’Oriente abbiamo una croce da portare, abbiamo un messaggio da mandare, abbiamo una testimonianza da presentare. Messaggio di amore, di dolore, di angoscia, ma alla fine, noi ne siamo certi, ci sarà la resurrezione, e la gioia. La Madonna ha già detto a Mirna: "pentitevi e credete, e ricordatevi di noi nelle vostre gioie...Annunziate il nome del mio figlio Emmanuele, perchè chi lo annunzierà sarà salvato e chi non lo farà la sua fede è vana”. 
    Samaan da Damasco

    Per conoscere le apparizioni di Soufanieh - Damasco - visita il Sito :  http://www.soufanieh.com/main.index.html

venerdì 20 settembre 2013

Il vero crimine è non fermare questa guerra



La Bussola Quotidiana-  18-09-2013
di Riccardo Cascioli

Stando a quanto si legge da alcuni giorni e alle dichiarazioni dei leader politici mondiali, sembrerebbe che la questione fondamentale riguardo la guerra in Siria ruoti tutta attorno al possibile uso delle armi chimiche e alla ricostruzione precisa della strage dello scorso 21 agosto compiuta a Ghouta con il gas sarin. Peraltro ci sono anche su questo punto molte perplessità.
Un primo rapporto presentato al Consiglio di sicurezza dell’Onu punta chiaramente il dito contro il regime di Assad quale responsabile della strage (pur senza mai nominarlo direttamente). E il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha rilasciato dichiarazioni pesanti sull’uso di queste armi e sulla necessità di punirne i responsabili, proprio il giorno dopo l’accordo tra Russia e Usa per mettere sotto controllo l’arsenale chimico di Assad. Oltretutto lo scorso 13 settembre una nota rilasciata dalle Nazioni Unite spiegava chiaramente che la Missione degli esperti incaricati di accertare quanto accaduto non è finita e che gli stessi esperti devono tornare in Siria «per completare la propria indagine e preparare il rapporto finale».  Dunque, tempi e modi scelti da Ban Ki-moon per il suo discorso sono quanto meno intempestivi e fanno nascere molte domande.
La cosa però più grave è che la questione delle armi chimiche rischia di far passare in secondo piano la vera tragedia della Siria: una guerra civile sanguinosa che va avanti da due anni e mezzo, ha provocato intorno ai 100mila morti e quasi due milioni di profughi. La testimonianza di Domenico Quirico dopo il rilascio, e le immagini viste in questi giorni delle violenze perpetrate sia dai ribelli sia dai soldati di Assad, fanno largamente percepire l’abisso di male in cui questo paese è caduto.

Gas o non gas, ciò che davvero è urgente in questo momento è fermare questa guerra, e su questo la comunità internazionale dovrebbe sentirsi tutta coinvolta. L’aver bloccato l’intervento armato di Stati Uniti e Francia è stato il primo passo, si è almeno evitata una escalation che avrebbe rapidamente propagato l’incendio siriano ai paesi confinanti. Ma non può bastare, e sarebbe davvero tragico se i paesi più influenti si sentissero già a posto con la coscienza per aver trovato l’accordo sul controllo delle armi chimiche.
Lo ripeto: è necessario fare di tutto per fermare questa guerra, il che implica – ad esempio - bloccare sul serio l’afflusso di armi verso l’uno e l’altro fronte e costringere tutte le parti a sedersi intorno a un tavolo negoziale. Passaggio sicuramente non facile perché due anni e mezzo di guerra hanno reso tutti più “cattivi” e poi le potenze regionali e mondiali devono davvero convincersi che la pace conviene a tutti, senza dimenticare – come abbiamo scritto ieri – che tra i ribelli ci sono tantissimi miliziani stranieri venuti in Siria per combattere la “guerra santa”.

Eppure, per quanto difficile, questa strada non ha alternative credibili.

http://www.lanuovabq.it/it/articoli-il-vero-criminee-non-fermarequesta-guerra-7313.htm


Maaloula, il martirio della Chiesa d'Oriente




La Bussola Quotidiana - 16-09-2013
di Giorgio Bernardelli 

La festa dell'Esaltazione della Croce - la festa per eccellenza dei cristiani di Maaloula - vissuta da esuli nelle chiese di Damasco. Mentre nella loro città continua la battaglia tra esercito siriano e guerriglieri islamisti di Jabat al Nusra.
Grazie ai reportage di Gian Micalessin mandati in onda dai RaiNews24, abbiamo potuto vedere in questi giorni quale sia la situazione in questa città dalle antichissime radici cristiane, divenuta il simbolo della sofferenza delle Chiese d'Oriente. Dopo l'assalto degli islamisti iniziato ormai una decina di giorni fa, l'esercito siriano è rientrato a Maaloula. Ma la cittadina - nota per il fatto che qui si parla ancora l'aramaico, la lingua utilizzata da Gesù - è appoggiata a una montagna impervia. E da lì i miliziani di al Nusra sparano sulle case, ormai in gran parte abbandonate dalla gente fuggita a Damasco, che dista appena 50 chilometri.
Le notizie più aggiornate ieri sera le ha fornite l'agenzia russa Itar-Tass: secondo un suo corrispondente che si trova sul posto, anche ieri gli scontri sarebbero stati molto pesanti: i ribelli avrebbero cercato di contrattaccare scendendo dalla montagna, ma sarebbero stati respinti. Una fonte dell'esercito siriano ha parlato all'Itar-Tass di 300 o 400 miliziani uccisi; numeri impossibili da verificare nella guerra di propaganda che puntualmente affianca quella che si combatte in questo angolo della Siria. Ma il dato certo è che si continua a sparare in questo luogo simbolo del cristianesimo siriaco. E dunque chi fino a pochi giorni fa affollava le sue chiese si è dovuto unire ai 450 mila cristiani che - secondo il dato fornito dal patriarca greco-melchita Gregorio III Laham - hanno già dovuto abbandonare le loro case a causa di questo conflitto. Lasciando solo gli uomini e le donne di Dio - i monaci - a tenere radicata una tradizione cristiana millenaria (e a stare accanto ai più deboli, quelli che dal cuore di una guerra non possono nemmeno fuggire).


È la storia di Maaloula, divenuta in questi giorni simbolo potente grazie anche alla sua vicinanza rispetto a Damasco. Bisognerebbe però anche cominciare a ricordare che non è una storia nuova: la stessa cosa è già successa ai cristiani di Homs, a quelli di Aleppo, agli armeni di Deir el Zor... Luoghi importanti quanto Maaloula per la storia del cristianesimo d'Oriente. Luoghi che sono come le stazioni di una Via Crucis che coinvolge intere comunità.

Proprio in questi giorni si è tenuto in Libano il Sinodo della Chiesa siro-ortodossa, che insieme a greco-ortodossi e melchiti rappresentano le tre maggiori confessioni cristiane della Siria. Bastava guardare l'ordine del giorno dei lavori per rendersi conto della situazione: tra i punti in discussione figurava la vicenda del rapimento di uno dei vescovi che avrebbero dovuto essere lì presenti: il metropolita di Aleppo Youhanna Ibrahim, sequestrato nell'aprile scorso insieme al greco-ortodosso Boulos Yazigi. Il Sinodo non ha potuto far altro che ripetere come nessun gruppo abbia rivendicato il rapimento e che la Chiesa non può far altro che appellarsi «agli uomini di buona volontà, ai religiosi e a quanti cercano la pace, siano essi governi o istituzioni umanitarie, per proseguire gli sforzi per il loro rilascio».

Ma anche questo è un dramma che, nella catena senza fine delle lacrime della Siria, ne richiama subito tanti altri. «Le chiese e i monasteri dei cristiani del Medio Oriente oggi sono distrutti – scrivono i vescovi siro-ortodossi allargando lo sguardo -, le nostre istituzioni demolite, le famiglie disperse e bandite dalla terra dei propri padri e dei propri antenati, forzate a cambiare la propria religione, innocenti per queste tragedie e violenze subite. Molti sono i martiri per i quali invochiamo la misericordia dell'Altissimo e offriamo ai parenti le nostre condoglianze. Noi vescovi del Santo Sinodo - scrivono ancora - facciamo appello alle nazioni del mondo, specialmente a quelle che hanno più influenza, affinché operino per preservare quest'area da calamità e disastri che potrebbero estendersi ad altre parti del mondo. E chiediamo ai nostri fedeli di essere pazienti e continuare a pregare nonostante tutte queste avversità, per salvaguardare la nostra storia, la nostra tradizione, la nostra fede e anche la nostra lingua siriaca (l'aramaico ndr) che fu parlata da Nostro Signore Gesù Cristo e fu anche la lingua dell'antica Siria».

Restare nei luoghi della propria storia. È quanto chiedono i cristiani di Maaloula, che si augurano di poter tornare al più presto nella propria città. Ed è quanto anche i vescovi siro-ortodossi si sono impegnati in prima persona a fare. Tra i punti in discussione del Sinodo c'era, infatti, anche la questione della sede patriarcale: storicamente sarebbe Antiochia, ma dal 1959 è già stata trasferita a Damasco, la capitale della Siria. E domani? Il Sinodo ha dato una risposta chiara: «Abbiamo deciso - scrivono i presuli - che Damasco deve rimanere la capitale spirituale della Chiesa ortodossa siriaca, mantenendo così viva la tradizione apostolica. E abbiamo insistito sul fatto che non la sposteremo da Damasco in nessuna circostanza».
Di fronte alle minacce degli islamisti, parlano anche di questo oggi i cristiani in Siria. Sapendo che la fedeltà alla propria terra e alle proprie radici potrebbe comportare anche un prezzo molto alto da pagare.

http://www.lanuovabq.it/it/articoli-maaloulail-martirio-della-chiesa-doriente-7295.htm


Siria, il business dei sequestri di persona. Reportage di Gian Micalessin

A Damasco e nel resto del paese l'estendersi della guerra ha portato ad un drammatico deterioramento della sicurezza. Sequestri e rapimenti si susseguono a ritmo continuo e nessuno può più dirsi al sicuro. Ma più esposti sono molto spesso i cristiani.

giovedì 19 settembre 2013

"Sono rimasto ad Aleppo con il mio popolo che sta soffrendo"


SIR - Martedì 17 Settembre 2013

Alla Conferenza dei vescovi latini delle Regioni arabe, la cui assemblea si apre oggi a Roma (fino al 20) mancherà il padre francescano Georges Abou Khazen, amministratore apostolico del Vicariato apostolico di Aleppo, che non ha potuto lasciare la città del nord della Siria, isolata da mesi sotto l’assedio delle milizie anti-Assad. In occasione dell’assemblea, il francescano fa il punto della situazione umanitaria in città e nel Paese.

Padre, lei doveva essere oggi in Vaticano per l’assemblea della Celra, dove si parlerà anche di Siria. Ma l’assedio cui da mesi è sottoposta Aleppo, sua città, le ha impedito di partecipare…
“È così. Partire da Aleppo sarebbe stato, in qualche modo, possibile attraverso strade poco praticate e controllate ma sarebbe stato, poi, impossibile rientrare. Ho scelto di rimanere anche per non lasciare questa gente da sola. Il momento, infatti, è drammatico”.

Qual è la situazione attuale ad Aleppo, città-martire, simbolo di questo conflitto ?
“Si combatte aspramente. Quasi tutte le periferie sono controllate dalle forze dei ribelli, mentre il centro città e la parte nuova è nelle mani dell’esercito regolare. Gli abitanti hanno bisogno di tutto, a cominciare dal pane quotidiano che non è sufficiente. Si registra mancanza di energia elettrica e di acqua. In tantissimi sono rimasti senza lavoro e non hanno di che sfamare le loro famiglie. I generi alimentari che entrano di contrabbando hanno prezzi elevatissimi. Dobbiamo aiutare queste famiglie, cristiane e musulmane, in qualche modo e lo facciamo con le derrate che riceviamo da tante associazioni come le Caritas, ong come Ats (Associazione Terra Santa) e Jesuit Refugee Service, la Fondazione Giovanni Paolo II ed anche la Cei”.


Il 15 settembre si sono riaperte le scuole. Un segnale di speranza in una situazione così difficile?
“È un segno di vita per la popolazione siriana, un piccolo, timidissimo segno di normalità, nonostante tanti istituti siano stati distrutti, occupati da profughi, saccheggiati. Le strutture che hanno potuto… hanno riaperto i cancelli, ma non si può dire quanti alunni siano presenti e quanti siano andati via con le loro famiglie”.

Un altro segnale di speranza, più consistente, sembra essere anche l’accordo a Ginevra tra Russia e Usa sull’arsenale chimico di Assad che pare abbia scongiurato l’attacco americano. Cosa pensa a riguardo?
“Io credo fermamente che questo accordo sia giunto grazie anche all’intervento e alle preghiere di Papa Francesco come anche a quelle del mondo e ai digiuni della gente. Sono certo che la riconciliazione in Siria sia possibile a patto che non ci siano interferenze militari esterne che non fanno altro che alimentare divisioni. Prima in Siria queste non esistevano oggi invece… Nessuno, prima della guerra, chiedeva all’altro di che fede era, si metteva tutto in comune e ci si aiutava senza nessuna difficoltà. Oggi assistiamo a violenze, morti, rapimenti, abusi. Immaginate, inoltre, come si senta frustrato quel padre che arrivato a sera senza poter lavorare non ha di che dare da mangiare ai suoi figli. E sono decine di migliaia le persone in questa condizione”.

impossibile continuare la produzione del famoso "sapone di Aleppo"

Davanti a tutto ciò come reagisce la gente? È rassegnata oppure segue le vicende sui negoziati e cerca di approfondire quanto sta accadendo?
“La popolazione è molto stanca, chiede un cessate-il-fuoco, la pace, la sicurezza, la stabilità. Non armi. Molti partono, ma c’è anche chi vuole tornare nelle proprie case, alla propria terra, tornare a vivere insieme. Non sono rassegnati e chiedono la pace. Hanno bisogno di pace. Solo la pace potrà, infatti, dare loro tutto ciò di cui hanno bisogno, non ultimi gli aiuti materiali necessari a vivere. Per questo seguono le notizie riguardanti il loro Paese. Per tutti loro, per la gente di Siria, vorrei fare un appello al mondo…”.
Quale, padre?
“Non abbandonate la Siria ed il suo popolo. L’abbraccio di preghiera, di digiuno e di solidarietà concreta, lanciato da Papa Francesco, non cessi di stringerci e di farci sentire amati. Abbiamo bisogno della solidarietà di tutti. La preghiera sostenga anche i responsabili che hanno il potere di prendere decisioni coraggiose e faccia capire alle potenze straniere che non abbiamo bisogno di armi ma di stabilità e sicurezza. Preghiamo anche per i due vescovi e i due sacerdoti rapiti e per padre Dall’Oglio, dei quali non si hanno più notizie”.




Scene da Aleppo: i tentativi della popolazione di attraversare l'unico varco tra i quartieri controllati da ESL e quelli sotto controllo del Governo assediati dai ribelli, per procurarsi il cibo a rischio della vita.


L'Arcivescovo di Aleppo Marayati: “Dai ribelli nessun segnale che rassicuri i cristiani”


Agenzia Fides - 13/9/2013

 “Da nessuno dei tanti gruppi che compongono le milizie ribelli, né da quelli del fondamentalismo islamista, ma neanche dagli altri è mai arrivato un segno in grado di rassicurare i cristiani. Per questo adesso, se ci sarà una fase di tregua, i cristiani penseranno soltanto a fuggire”. Così l'Arcivescovo armeno cattolico di Aleppo Boutros Marayati descrive all'Agenzia Fides le paure e i sentimenti prevalenti tra i cristiani della metropoli del nord della Siria, isolata da mesi sotto l'assedio delle forze anti-Assad. 
Secondo Marayati l'attacco al villaggio di Maalula “ha anche un aspetto simbolico. E c'è da chiedersi come mai non l'abbiano fatto prima”. La prospettiva di un attacco militare a guida Usa – avverte Marayati - “aveva alimentato in tutti altri motivi di paura. Si pensi a cosa può succedere se un missile colpisce un deposito di armi chimiche... Adesso quell'ipotesi sembra sospesa, ma tutto continua a apparire buio: questa guerra ha distrutto la Siria non solo nelle pietre e negli edifici, ma anche nei cuori. Non c'è più la speranza di tornare a convivere in pace, come accadeva prima”.

Le Chiese di Aleppo si sono unite all'invito di preghiera per la pace di Papa Francesco, anticipando le veglie di preghiera nel giorno di venerdì 6 settembre. Poi, chi ha potuto ha seguito per televisione la veglia del 7 settembre a piazza San Pietro e in molti hanno ascoltato le parole forti pronunciate domenica all'Angelus dal Vescovo di Roma sulle “guerre commerciali” fomentate dal mercato delle armi. 
“Il Papa ha parlato forte e chiaro, ha detto quello che si doveva dire” commenta Marayati “ma quelli che hanno in mano le sorti della guerra preferiscono non sentire. La sensazione”, confida l'Arcivescovo armeno cattolico “è che siamo tutti presi in un gioco più grande di noi. Camminiamo nelle tenebre. Non riusciamo a immaginare come finirà tutto questo. E continuiamo a pregare”.